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Le intercettazioni di conversazioni e di comunicazion

III Capitolo: Il concorso esterno alla prova del processo

4. Le intercettazioni di conversazioni e di comunicazion

La riservatezza è riconosciuta come diritto fondamentale dell’individuo ai sensi dell’art. 2 Cost. e ai sensi dell’art. 8 C.e.d.u., in quanto garantisce la libertà di ogni cittadino di determinare la propria sfera privata e trova attuazione sia all’interno dell’art. 14 Cost. che tutela l’inviolabilità del domicilio, sia all’interno dell’art. 15 Cost. che assicura la segretezza della corrispondenza428.

Nel 1991 la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni venne riformata al fine di renderne più agevole l’impiego nei processi avverso la criminalità organizzata429. Le modifiche apportate semplificarono i requisiti necessari per l’impiego di tale mezzo di ricerca della prova, ma diminuirono le garanzie poste a tutela della privacy. Le intercettazioni sono, infatti, uno strumento essenziale ed irrinunciabile, ma mortificano indiscutibilmente la libertà

428 A. Bargi, S. Furfaro, Le intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni, in A. Gaito, La prova penale, vol. 2, Milano, Utet, 2008, pp. 127-132; per un maggior approfondimento in materia

S. Furfaro, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, di programmi informatici o di tracce

pertinenti in un sistema informatico o telematico, cit., pp.559-567

429 G. Conso, V. Grevi, M. Bargis, Compendio di procedura penale, cit., p. 379; Catalano, Requisiti investigativi, procedimento probatorio e decisione nei procedimenti di mafia, cit., 1016.

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e la segretezza delle comunicazioni dell’indagato, nonché di soggetti terzi rispetto alle indagini430.

Per questo motivo, nel rispetto del secondo comma dell’art. 15 Cost., esse possono essere ordinariamente impiegate solo in presenza di gravi indizi di reato e quando risultano assolutamente indispensabili per la prosecuzione delle indagini. L’art. 13 del d.l. n. 152 del 13 maggio 1991, invece, stabilisce che quando si procede per delitti di mafia, basta essere in presenza di sufficienti indizi di reato e che l’intercettazione risulti necessaria per lo svolgimento delle indagini431. Ne consegue che le operazioni intercettative possono protrarsi talmente a lungo da condizionare le indagini, mentre la regola generale vuole che esse siano soltanto lo strumento atto a far proseguire la (già impostata) attività investigativa432.

Inoltre, il fatto stesso che gli indizi di reato debbano essere sufficienti e non più gravi, facilita l’emanazione di decreti autorizzativi da parte del giudice, anche nei casi in cui gli elementi a sostegno della tesi accusatoria sono per vero esigui433. A ciò si aggiunge il fatto che le intercettazioni possono essere disposte per la mera necessità di svolgere le indagini proprio perché, in un simile contesto, sono spesso indispensabili per articolare ed organizzare l’intera attività investigativa. Quindi, quando vengono perseguiti reati di particolare gravità, viene giustificata una compressione del diritto di riservatezza del cittadino al fine di tutelare l’intera

430 A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale. Tra garanzie e prospettive di riforma, Milano, Cedam, 2011, p. 26

431 A. Bargi, Intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, in Digesto delle discipline penalistiche, 2005, p. 799. Secondo l’Autore la semplificazione dei requisiti per disporre le

intercettazioni dovrebbe aversi solo in riferimento a reati di mafia in senso stretto e non all’attività criminale espressione della pervasività delle associazioni nel mondo politico ed imprenditoriale.

432

S. Furfaro, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, di programmi informatici o di tracce

pertinenti in un sistema informatico o telematico, cit., p. 571; A. Bargi, Intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, p. 798

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società dal compimento di delitti il cui primo elemento indiziario molte volte deriva proprio dalle intercettazioni434.

Quando, però, il reato in questione è il concorso esterno, l’autorità giudiziaria esercita un potere persino maggiore, in quanto l’assenza di una fattispecie di reato tipizzata fa sì che, come abbiamo visto, sia il giudice di volta in volta a stabilire quando la condotta concorsuale in esame sia penalmente rilevante. Conseguentemente, se è l’autorità giudiziaria ad individuare l’oggetto del reato in relazione al caso concreto, sarà rimessa al suo discrezionale giudizio anche la valutazione dei sufficienti indizi necessari per predisporre l’utilizzo delle intercettazioni, con il rischio che ad essi sia attribuito un valore diverso a seconda del procedimento in cui emergono.

Un’ulteriore limitazione della privacy deriva dal fatto che quando vi è il sospetto che l’indagato sia un affiliato o un concorrente eventuale del sodalizio mafioso, egli potrà essere intercettato per un periodo molto più lungo rispetto agli ordinari quindici giorni (prorogabile per periodi di altri quindici). Si ritiene, infatti, che la peculiarità dei delitti perseguiti renda opportuno che le operazioni si svolgano per quaranta giorni, prorogabili per periodi di venti. La maggior durata delle intercettazioni si giustifica per il fatto che, in relazione ai reati di mafia, ci vuole spesso molto tempo per ricostruire episodi apparentemente isolati, specialmente quando i soggetti coinvolti sono persone che tenderanno ancor di più a “rimanere nell’ombra”. Per riscontrare un collegamento fra il concorrente esterno e il sodalizio sarà necessario un sforzo interpretativo maggiore che può portare ad un risultato positivo solo se gli inquirenti hanno la possibilità di raccogliere molto materiale da confrontare. Il problema è che, data la particolarità del concorso

434 A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale. Tra garanzie e prospettive di riforma, cit., p. 89

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eventuale, l’autorità requirente non sa con certezza quale sia il tipo di collegamento da dimostrare, per cui potrebbe succedere che i sufficienti indizi vengano rinvenuti in corso d’opera, solo dopo che sono state disposte le intercettazioni che, in tal caso, avranno contribuito a definire la condotta illecita perpetrata dal concorrente.

Un’altra significativa eccezione alla disciplina delle intercettazioni è prevista al primo comma dell’art. 13, d.l. 152/1991 che stabilisce, in deroga all’art. 266, 2° comma c.p.p., che le intercettazione ambientali sono consentite nel luogo del domicilio «anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l’attività criminosa». L’assenza di riferimenti ad evenienze effettive che correlino luoghi e fatti rilevanti rischia di ledere ancor di più l’inviolabilità del domicilio435, tuttavia se si limitasse l’ammissibilità delle intercettazioni ambientali ai soli casi di probabile flagranza di reato, nelle indagini di mafia questi strumenti si rivelerebbero spesso inutili436, sopratutto se l’accertamento verte su una condotta concorsuale. Si pensi al caso di “aggiustamento di un processo”437: la Corte di Cassazione è unanime nell’affermare che qualora il giudice venga accusato di aver condizionato soltanto una volta un processo a favore del sodalizio, sarà necessario dimostrare che tale “aggiustamento” si sia concretamente verificato. Ora, è chiaro che l’intercettazione ambientale può rivelarsi molto utile per raccogliere conversazioni relative al contributo dell’agente, ma se esse potessero esser disposte solo in caso di flagranza di reato,

435 A. Bargi, S. Furfaro, Le intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni, cit., p. 136; S.

Furfaro, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, di programmi informatici o di tracce

pertinenti in un sistema informatico o telematico,cit., p. 577.

436 V. Grevi, Nuovo codice di procedura penale e processi di criminalità organizzata: un primo bilancio, in V. Grevi (a cura di), Processo penale e criminalità organizzata, Roma-Bari, Editori

Laterza, 1993, p. 17

437 Si veda in proposito il “caso Carnevale”, infra cap. 2, par. 4: Uno nuovo intervento delle Sezioni Unite: il “caso Carnevale”

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in questa ipotesi non potrebbero mai essere utilizzate in quanto la condotta illecita si perfeziona in aula e non nel domicilio dell’imputato.

Non si può, poi, non fare un riferimento alle cc.dd. intercettazioni preventive, che esulano totalmente dalla disciplina codicistica per trovare regolamentazione nell’art. 226 disp. att. c.p.p.438. Sono uno strumento decisamente peculiare in quanto vengono autorizzate dal Procuratore della Repubblica del Tribunale del distretto in cui si trova il soggetto da controllare (o dove è emersa l’esigenza di un siffatto intervento) su richiesta del Ministro dell’Interno o di un suo delegato. Come è evidente, non vi è un controllo da parte del giudice, infatti gli elementi acquisiti non potranno essere utilizzati per fini diversi da quelli investigativi.

Come suggerisce la loro denominazione, dette intercettazioni hanno pura finalità preventiva, ossia possono essere disposte per acquisire informazioni concernenti la prevenzione dei reati di cui agli artt. 51, 3° comma bis e 407, 2° comma, lett. a), n. 4 c.p.p.439. Nonostante non possano essere utilizzate all’interno del procedimento penale, né altrimenti essere divulgate, le intercettazioni preventive sono uno strumento particolarmente invasivo. Abbiamo osservato che per i delitti di mafia i requisiti per disporre le intercettazioni sono meno stringenti rispetto alle regole ordinarie, ma è comunque necessario essere in possesso di indizi che facciano presumere la commissione di determinati reati. Le intercettazioni preventive, invece, hanno la finalità di fornire agli inquirenti le conoscenze necessarie per scongiurare la commissione di delitti particolarmente gravi, per cui l’emergenza criminale risulta di per sé sufficiente a giustificare la limitazione del

438 Disposizione sostituita dall’art. 5 d.l. 18 ottobre 2001, conv. con modif. dalla l. 15 dicembre

2001, n. 438

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G. Conso, V. Grevi, M. Bargis, Compendio di procedura penale, cit., p. 391; Furfaro, Le

intercettazioni telefoniche ed ambientali, di programmi informatici o di tracce pertinenti in un sistema informatico o telematico, in A. Bargi , Il «doppio binario» nell’accertamento dei fatti di

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diritto di riservatezza dei cittadini, anche in assenza di sufficienti elementi indiziari440. Infatti, quando lo scopo dell’attività intercettativa è esclusivamente preventivo, per autorizzare simili operazioni basterà essere in possesso di meri elementi investigativi: dovrà sussistere qualcosa in più di un semplice sospetto, ma qualcosa in meno di un indizio vero e proprio; ciò significa che dall’esito dell’attività investigativa posta in essere deve emergere il fondato timore che l’indagato commetta un delitto ex artt. 51, 3° comma bis c.p.p. e 407, 2° comma, lett. a), n. 4 c.p.p.441.

Si può, allora, concludere che quando le intercettazioni vengono utilizzate per contrastare il fenomeno della “contiguità” mafiosa, il presunto concorrente esterno può subire una forte limitazione del suo diritto alla privacy poiché, se l’attività intercettativa viene predisposta post delictum, essa potrà fondarsi su indizi che variano in relazione al caso concreto, se, invece, l’autorità inquirente riterrà opportuno agire in via preventiva le intercettazioni potranno essere utilizzate sulla base di meri elementi investigativi la cui rilevanza è valutata dal pubblico ministero invece che dal giudice.

Infine, uno degli aspetti nevralgici della disciplina delle intercettazioni riguarda la loro utilizzabilità in altri procedimenti. Il primo comma dell’art. 270 c.p.p. stabilisce che i risultati di tali operazioni non possono trasmigrare in altri processi, a meno che ciò non sia necessario ai fini dell’accertamento di reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza.

Ebbene, con particolare riferimento alla criminalità organizzata, l’esperienza ci insegna che dalle intercettazioni emergono spesso connessioni fra più ipotesi di reato, ma anche fatti delittuosi riconducibili alla rete di connivenze esterne creata

440 A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale, cit., p. 42 441 A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale, cit., p. 45

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dai sodalizi. La ratio legis dell’eccezione è, per l’appunto, fondata sul fatto che la circolazione dei risultati delle intercettazioni è permessa in ordine a reati la cui particolare gravità ne rende l’accertamento molto complesso.

Individuare un fil rouge tra i singoli delitti di mafia può richiedere molto tempo sia per l’apparente assenza di collegamenti, sia per via del linguaggio cifrato usato dagli affiliati442. A tal fine, l’impiego del contenuto di intercettazioni formatesi aliunde può rivelarsi fondamentale. Come la ratio dell’art. 238 c.p.p. consiste nella necessità di permettere la circolazione delle nozioni raccolte sulla criminalità organizzata e sulla contiguità mafiosa443, anche l’art. 270 c.p.p. risponde all’esigenza di non dispersione della prova. Specialmente quando il processo verte su reati, quali il concorso eventuale, la cui condotta attuativa muta in relazione alle circostanze del caso concreto, è essenziale poter sfruttare ogni tipo di informazione utile ai fini di un corretto accertamento probatorio. Del resto, già da tempo anche la Corte Costituzionale ha evidenziato che l’art. 270 c.p.p. garantisce il bilanciamento tra due valori contrastanti, ossia il diritto dei cittadini alla libertà e alla segretezza delle loro comunicazioni e l’interesse pubblico alla repressione dei reati444.

L’emergenza sociale derivante dal concorso esterno in associazione mafiosa (e da reati di pari gravità) non può, tuttavia, comportare un’eccessiva compressione del diritto di riservatezza dei consociati. Per questa ragione in dottrina445 fa

442 M. Maddalena, I problemi pratici delle inchieste di criminalità organizzata nel nuovo processo penale, in V. Grevi (a cura di), Processo penale e criminalità organizzata, Roma-Bari, Editori

Laterza, 1993, pp. 127-128; in merito al linguaggio cifrato Falcone, Cose di Cosa Nostra, cit., p. 59: «L’interpretazione dei segni, dei gesti, dei messaggi e dei silenzi costituisce una delle attività principali dell’uomo d’onore. E di conseguenza del magistrato».

443 Per un approfondimento in merito si rinvia al cap. 3, par. 3: Le deroghe al contraddittorio in tema di circolazione della prova: l’art. 238 c.p.p.

444 Corte Costituzionale, 11 luglio 1991, (dep. 23 luglio 1991), n. 366, in

www.cortecostituzionale.it

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discutere molto l’orientamento fissato dalle Sezioni Unite nel 2004 in merito alle condizioni di utilizzabilità nel processo delle intercettazioni disposte aliunde: la Corte di legittimità ha stabilito che non è necessario depositare, insieme ai verbali e alle registrazioni, il decreto autorizzativo, poiché l’inutilizzabilità di tali intercettazioni nel procedimento ad quem non può desumersi dalla mancata presentazione della relativa documentazione, bensì è la parte che solleva l’eccezione di inutilizzabilità a dover dimostrare l’illegalità delle operazioni svolte all’interno del procedimento a quo446.

Quando il processo ha per oggetto fatti di mafia una siffatta semplificazione della modalità di trasmigrazione dei risultati intercettativi e tutte le eccezioni previste alla disciplina delle intercettazioni sono rese necessarie dal difficile accertamento di tali reati. In riferimento al concorso eventuale, è innegabile che, oggi più che mai, i concorrenti esterni siano soggetti essenziali per la vita delle associazioni, in quanto permettono alle organizzazioni mafiose di infiltrarsi nei vari settori leciti della società inquinandone il funzionamento. Per cui, in un contesto dove vige la regola dell’omertà, le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per salvaguardare l’intera comunità dal divulgarsi di un fenomeno criminale altamente pericoloso. La tutela dell’ordine pubblico in questi casi deve prevalere sul diritto alla privacy, anche quando l’attenuazione dei presupposti

446 Corte di Cassazione, SS. UU., 17 novembre 2004, Esposito, in

www.dirittopenalecontemporaneo.it; l’orientamento è stato poi ripetutamente confermato Corte di Cassazione, I sez. pen., 8 marzo 2011, (dep. 7 aprile 2011), n. 13986, in www.dirittopenalecontemporaneo.it; Corte di Cassazione, VI sez. pen., 19 ottobre 2012, (dep. 28 dicembre 2012), n. 49970, Muia, in Guida al diritto, n. 9, 2013, p. 84; Corte di Cassazione, II sez. pen., 10 ottobre 2013, (dep. 23 gennaio 2014), Costa, in www.archiviopenale.it. In questa pronuncia la Corte ammette l’utilizzo, a fini cautelari, delle risultanze di intercettazioni svolte in un altro procedimento solo come dimostrazione dei gravi indizi di reato richiesti dal 1° comma dell’art. 267 c.p.p. Pur non avendo ancora acquisito il verbale di autorizzazione delle intercettazioni nel processo a quo, le informazioni raccolte assumono rilevanza come input per l’impiego del suddetto mezzo di ricerca della prova nel procedimento ad quem.

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delle intercettazioni determina una limitazione delle garanzie processuali dell’individuo447.

Per quanto ciò possa apparire in contrasto con il principio di uguaglianza, i reati di mafia obbligano il legislatore ad adottare dei meccanismi di tutela dell’equità processuale differenziati. Vedremo, ad esempio, più avanti l’istituto delle contestazioni che permette il recupero di dichiarazioni rese in fasi predibattimentali dal testimone che, intimidito dal sodalizio, modifica la sua deposizione in dibattimento. In questo caso se non venisse concessa la deroga al contraddittorio, l’imputato verrebbe messo nella condizione di eliminare una fonte di prova mediante la strumentalizzazione dei principi del giusto processo paralizzando, così, l’intero iter procedimentale448.

Ancora una volta, però, il concorrente esterno è costretto a pagare un prezzo più alto rispetto agli affiliati, in quanto le intercettazioni e la loro circolazione da un procedimento ad un altro dipendono da come il giudice interpreta la sua condotta. L’organo giudicante, dopo aver valutato in totale discrezionalità se il comportamento tenuto dall’agente è penalmente rilevante, decide se si è in presenza o meno di circostanze sufficienti a rendere necessarie le operazioni intercettative. Gli indizi di reato sono rimessi a tal punto al giudizio soggettivo del giudice che difficilmente in sede dibattimentale si potrà obiettare che non vi erano ragioni per disporre le intercettazioni.

La domanda da porsi, allora, è se l’esigenza di economia processuale, la tutela delle fonti di prova e la salvaguardia dell’incolumità dei testimoni siano elementi sufficienti a giustificare l’adozione di meccanismi procedurali diversi rispetto alle

447 A. Vele, Le intercettazioni nel sistema processuale penale, cit., p. 88

448 V. Grevi, Nuovo codice di procedura penale e processi di criminalità organizzata: un primo bilancio, cit., pp. 40-41

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regole ordinarie del giusto processo. La risposta positiva al quesito è surrogata anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, in riferimento a determinati reati, riconosce che, per la complessità delle indagini e i rischi di inquinamento e soppressione delle fonti di prova, sia necessario rinunciare, seppur parzialmente, al principio del contraddittorio449.

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