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L’attività dei Comitati per l’imprenditoria femminile di Mariangela Gritta Grainer (11)

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 154-161)

2) Analisi settoriale (“Studio di “Settore”). Il prodotto si configura come uno studio di settore con informazioni di tipo micro economico

4.12. L’attività dei Comitati per l’imprenditoria femminile di Mariangela Gritta Grainer (11)

Il 20 maggio 1999 Pierluigi Bersani, Ministro delle Attività Produt-tive, e Danilo Longhi, Presidente dell’Unioncamere firmano, con solen-nità, un atto importante: è il primo Protocollo d’intesa per il sostegno e la promozione dell’imprenditoria femminile, che prevede la possibilità di costruire un Comitato presso ogni Camera di commercio.

È l’atto di nascita della rete dei Comitati che da anni opera oramai in tutto il territorio nazionale. Entro l’anno in corso, alcuni appunta-menti di riflessione, di elaborazione e confronto delineeranno i cardi-ni di una nuova fase dell’attività dei Comitati a partire:

• dai punti di forza e dai nodi critici incontrati in questi anni (è in corso, attraverso un questionario, la raccolta e la elaborazione di informazioni);

• dalla ricerca di nuovi paradigmi da introdurre nella discussione politica e programmatica che rendano esplicita e comprensibile la ne-cessità di azioni di mainstreaming e di empowerment perché la ri-sorsa femminile diventi concretamente soggetto attivo dello sviluppo complessivo del Paese in termini quantitativi e qualitativi;

• dall’individuazione di un rinnovato profilo culturale, politico e strategico di promozione dell’imprenditoria femminile e di un quadro legislativo coerente e conseguente;

• dalla nuova programmazione dei fondi strutturali 2007-2013.

Si tratta di un obiettivo ambizioso ma credibile, se condividiamo l‘idea che l’esperienza del Protocollo d’intesa e la nascita dei Comitati presso le Camere di commercio è davvero straordinaria. Sono in campo centinaia di donne brave, intelligenti, animate da impegno e passione.

I Comitati operano “dall’interno” delle Camere di commercio, ma

(11) Coordinamento nazionale dei Comitati per l’imprenditoria femminile – Rete-camere.

“fuori”, nel senso che si proiettano con autonomia nel contesto ester-no. Nascono dall’idea che se l’impresa è “neutra” l’imprenditore non lo è: donna o uomo è differente.

Cresce, non ovunque con la stessa intensità e convinzione, ma cresce l’impegno del sistema camerale a promuovere e sostenere le donne nello (per lo) sviluppo. L’impegno dei Comitati (significativa l’esperienza emiliano-romagnola) sulla “conciliazione” dei tempi di vita e di lavoro che, per le donne, è un nodo cruciale, ha portato alla sigla di un Protocollo d’intesa tra il Ministero del Lavoro e delle Poli-tiche sociali e l’Unioncamere nel 2005 per la promozione della legge 53 dell’8 marzo 2000 (“disposizioni per il sostegno della maternità e paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”).

Quando il network per l’imprenditoria femminile ha incomincia-to ad acquisire consistenza (nel senso che oramai tutte le Camere di commercio avevano deliberato l’adesione al primo Protocollo d’intesa e quindi alla costituzione dei Comitati) è emersa in modo prorompen-te la necessità di costruire uno strumento di informazione e di coordi-namento coerente con la particolarità della rete dei Comitati.

Si tratta infatti di una struttura impostata con logica “orizzontale”, non gerarchica né burocratica, a rete, appunto, dove la linfa vitale è l’informazione, la conoscenza e la circolazione delle idee. Una rete delle (nelle) reti, in dialogo e collaborazione incessante con le associa-zioni d’impresa, con le istituassocia-zioni locali, con le istituassocia-zioni della scuola, della formazione, con il mondo associativo femminile.

Si è attivato il portale www.if-imprenditoriafemminile.it che ha reso visibile, autorevole la rete dei Comitati e l’impegno del sistema camerale per il suo consolidamento e sviluppo. Ha contribuito a valorizzare un gia-cimento enorme di esperienze, di progetti realizzati nei diversi territori;

ha evidenziato l’esistenza di talenti e di preziosità femminili come risorsa positiva per lo sviluppo complessivo del paese e anche per la struttura camerale. Si tratta di uno strumento che agevola il “lavoro in rete”.

C’è una particolarità, una “eccentricità” in questa rete. Non nasce come rete ma lo diventa, in qualche modo sceglie di diventarlo, in un processo che ancora non è compiuto.

Possiamo dire che si è “materializzato” il modo di pensare delle donne che Helen Fisher definisce “a rete” rispetto a quello degli uo-mini “a gradini”. (“Le donne… integrano, generalizzano, sintetizzano, tollerano anche l’ambiguità, perché vedono una maggiore quantità di fattori in ogni questione… Gli uomini sono in grado – meglio delle donne – di focalizzare la propria concentrazione su un fatto, ma per loro è più difficile prestare attenzione a più sfumature

contempora-neamente.” La citazione è tratta dal libro “Donne: il primo sesso”, di Helen Fisher antropologa americana).

Dentro un quadro nazionale dinamico, la realtà dei Comitati per l’imprenditoria femminile in una Regione come l’Emilia Romagna attenta al tessuto produttivo e alla valorizzazione della risorsa fem-minile presenta un’esperienza significativa che ancora non ha dispie-gato al massimo le sue potenzialità. I Comitati hanno positivamente contribuito alla definizione e realizzazione di una serie di iniziative, a partire dal progetto PAULA e dal Tavolo tecnico che è stato attivato.

Il Programma della Regione per l’imprenditoria femminile conferma la strategia “di rete” dei precedenti programmi e si propone di svilup-parla ulteriormente esaltando la relazione con la rete dei Comitati e, più complessivamente, con il sistema camerale.

Nel programma regionale viene sottolineata l’esemplarità di questa esperienza di “rete”, in sintonia con gli assunti teorici e pratici contenu-ti nel primo capitolo di questa pubblicazione. Nel programma regionale si legge ad esempio: “…importante ci pare dover richiamare il fatto che l’attivazione di azioni e interventi che hanno specificatamente riguar-dato le pari opportunità e l’imprenditorialità femminile hanno anche avuto ricadute che indirettamente hanno coinvolto le organizzazioni, gli enti e le strutture che operano nel contesto territoriale regionale. In-fatti, la partecipazione al Tavolo tecnico Paula da parte di organizzazio-ni diverse, ha fatto sì che all’interno di queste stesse strutture sia stato incentivato il tema delle pari opportunità, sensibilizzando i soggetti e le strutture a individuare aree di attività dedicate, ha contaminato l’agire delle stesse strutture, e alcune di queste, al loro interno, hanno dato vita a strutture interne dedicate al tema delle donne, alle prassi di parità e ad interventi specifici di promozione della partecipazione delle donne ai diversi livelli e contesti economici…” (pag. 20).

Nati con lo scopo di sostenere, qualificare e promuovere le imprese femminili, i Comitati rappresentano di fatto una rete permanente di mo-nitoraggio, attraverso gli strumenti attivati dal sistema camerale, primo fra tutti l’osservatorio dell’imprenditoria femminile. A partire dal dicem-bre 2002, l’osservatorio aggiorna i dati statistici quantitativi relativi alle imprese femminili (e non) ogni sei mesi, consentendo una lettura “di genere” e non “separata” della realtà produttiva del nostro paese.

È così che il primo Rapporto nazionale sull’imprenditoria femmi-nile “Impresa in genere” ha potuto affrontare il quesito se esista uno stile imprenditoriale “differente” e ricercare elementi comuni, di reci-procità e di dialettica tra i due generi. Per considerazioni esaustive si rimanda al rapporto citato. Preme qui sottolineare come gli elementi emersi dal Rapporto in ambito regionale risultino più evidenti. Una

lettura dei dati socio-economici della Regione Emilia-Romagna com-parati con il dato nazionale fa emergere che:

• è più marcata la presenza femminile nel fare impresa e il tasso di occupazione femminile al 60,2% segnala che le donne hanno prodotto la principale dinamica che ha investito la domanda di lavoro nell’ul-timo decennio;

• è forte, più che altrove, il legame dell’occupazione femminile con l’andamento più generale dell’economia;

• l’aumento occupazionale femminile si colloca non solo dentro una crescente terziarizzazione dell’economia e dentro l’aumento del lavoro “non standard”, soprattutto part time, ma ciò che fa davvero la

“differenza” è una più estesa e migliore qualità dei servizi alla persona sui quali la Regione continua ad investire innovando e qualificando;

• in Emilia-Romagna le donne fanno impresa “per scelta” piuttosto che per “necessità” in maggior misura rispetto ad altri contesti territo-riali; il dato risulta confermato dal numero maggiore di imprenditrici concentrato nella fascia di età compresa tra i 30 e i 49 anni;

• le imprese femminili emiliano-romagnole presentano una “taglia dimensionale” mediamente assai ridotta, anche se con qualche signi-ficativa eccezione: il 72% è costituito da imprese individuali (contro il 74% nazionale) e il 28% da società, di cui il 22% società di persone; si registra peraltro un numero maggiore di società di capitale (il 36% a fronte di un valore nazionale del 31%);

• guardando ai dati per settore, si conferma una consistente pre-senza in settori tradizionalmente a caratterizzazione femminile: i ser-vizi concentrano il 60% delle presenze;

• non mancano segnali di crescita e di maggiore partecipazione in settori meno tradizionali, in comparti e processi innovativi quali spin-off accademici e di ricerca, oltre all’aumento di profili professio-nali legati alle nuove tecnologie;

• il profilo prevalente delle imprese femminili presenta le seguen-ti caratterisseguen-tiche: piccole dimensioni, frequente gesseguen-tione “familiare”, sottocapitalizzazione, forte radicamento territoriale, management non sempre preparato ad affrontare la globalizzazione, una certa al-lergia all’indebitamento/investimento delle imprenditrici, presenza in settori di “servizio” e “di nicchia” a volte marginali, estraneità ai cir-cuiti economico-finanziari;

• il tessuto produttivo a economia “diffusa” , che ha fatto il succes-so della Regione, oggi si trova fortemente succes-sollecitato dai cambiamenti del “competere globale”;

• il fenomeno dell’imprenditorialità si alimenta, in questa Regione, di una nutrita e crescente presenza di lavoro autonomo e professionale;

• l’imprenditrice emiliano-romagnola presenta un identikit “intri-gante”: è convenzionale e statica, tradizionale e conservatrice ma anche moderna, esploratrice, innovativa e dinamica (tratti presenti anche a livello nazionale, ma che in ambito regionale appaiono accentuati).

Tutte queste considerazioni sono presenti nei programmi della Re-gione Emilia-Romagna che conferma la scelta di operare per un esteso mainstreaming e per il consolidamento e lo sviluppo del network, affin-ché lo stile “differente” che avanza si possa affermare come modello.

Diverse imprenditrici emiliano-romagnole hanno partecipato a “Don-ne al Timo“Don-ne”, il concorso nazionale promosso dalla rete dei Comitati e nato per valorizzare i talenti femminili e per dare visibilità a quanto le donne hanno fatto e stanno realizzando in campo imprenditoriale. Un concorso di storie e di avventure personali raccolte in un libro con un eccezionale reportage fotografico di Gianni Berengo Gardin.

Il progetto europeo “Woman in business and in decision making”, è stato il primo terreno di sperimentazione del network europeo EWN (presentato a Bruxelles il 12 settembre 2003), varato da Eurocham-bres in partenariato con Unioncamere, le CCIAA e i Comitati per la promozione dell’imprenditoria femminile, l’Unione delle Camere di commercio e industria della Grecia, la Camera di commercio e indu-stria di Cipro con il supporto della Cyprus Federation of Business and Professional Women e la Camera di commercio e industria di Ambur-go. Il progetto ha rafforzato il network europeo sull’imprenditorialità femminile, anche con la costruzione della rete www.if-europa.it, un allargamento dell’esperienza del portale italiano dei Comitati.

Che la cultura di “rete” con le sue relazioni (fili che “trama-no”) e con i suoi patti (nodi che si intrecciano) sia vincente e “contagiosa”

emerge da tutta l’esperienza dei Comitati per l’imprenditoria femmi-nile sia per quanto ha prodotto dentro il sistema camerale italiano che per la sua capacità espansiva. Si cita come esempio il Forum delle Camere dell’Adriatico (sponda est e sponda ovest: le Camere delle sette Regioni italiane che si affacciano sul mare, della Grecia, Croa-tia, Slovenia, Bosnia, Erzegovina, Albania e Montenegro) che oltre ad aver attivato un Tavolo permanente sull’imprenditoria femminile, ha organizzato la scorsa primavera il primo congresso delle imprendi-trici dell’Adriatico e lanciato nella sesta edizione del Forum (Durazzo maggio 2006) la strategia del mainstreaming e dell’empowerment per azioni articolate a vari livelli, finalizzate a far diventare le donne davvero protagoniste dello sviluppo e della sua qualità.

La formazione e una maggiore qualificazione professionale e mana-geriale sono leve specifiche per raggiungere l’obiettivo di offrire pari op-portunità alle donne nel mondo dell’impresa e a questo scopo i

Comi-tati promuovono corsi di formazione e informazione su temi specifici.

Anche su questo terreno passare da un’idea di formazione tradizionale a una di rete fa la differenza. Un esempio: trasferire il know how da chi ha già esperienza imprenditoriale a chi esordisce nel mondo del busi-ness. Creare una relazione forte basata non sulla gerarchia ma sulla reciprocità tra chi ha saputo affermarsi e chi ancora è agli esordi nel mondo dell’impresa, per consentire alla neoimprenditrice di imprati-chirsi, passo dopo passo, guidata da una mano sicura e “amica”, tra i mille problemi tecnici, burocratici, gestionali, familiari e personali che solitamente accompagnano l’ingresso di una donna negli affari.

È questa l’idea-base da cui prende spunto il progetto di mentoring (ideato da Retecamere) denominato Madrefiglia (Mentoring Accom-pagnamento Donne in Rete e Formazione Imprenditoriale Giovani Leaders Imprenditrici Autonome). L’acronimo è un po’ forzato, ma il titolo del progetto è altamente simbolico e complesso (come lo è la relazione madre-figlia). L’obiettivo è di creare – grazie anche all’inter-vento di “facilitatori” – un rapporto tra una coppia di donne, un’im-prenditrice affermata (la madre/mentor) e un’aspirante imun’im-prenditrice o neoimprenditrice (la figlia/mentee) per aumentare in quantità e so-prattutto in qualità la nascita e/o il consolidamento di imprese femmi-nili e la messa in evidenza di una cultura imprenditoriale delle donne che valorizzi la ricchezza delle risorse umane investite e le doti fem-minili. L’obiettivo è costruire una rete permanente di donne, “madri e figlie” in cui le madri possono diventare figlie e in cui le figlie possono diventare “madri” a loro volta, in un percorso teoricamente infinito:

un progetto quindi che inizia, si sviluppa e si estende nel tempo. Un primo modulo è stato sperimentato in Toscana, promosso dall’Asses-sorato alle attività produttive nell’ambito del programma regionale.

Mi sembra di poter dire, in conclusione, che ci sono le condizioni, in Emilia- Romagna ma anche nel resto del Paese, per investire ener-gie, idee, risorse sulle donne, sulla loro capacità, sulle reti che hanno attivato e attivano perché possano esercitare un peso politico forte per il rilancio del Paese nel quadro di uno sviluppo economico, occupa-zionale e sociale più equo, armonioso e solidale.

La rete dei Comitati per l’imprenditoria femminile del sistema ca-merale ha dato e continuerà a dare il suo contributo scegliendo con più determinazione i terreni della ricerca e della innovazione, della qualità e della responsabilità. “Includere” compiutamente le donne nello svi-luppo, questo il traguardo da raggiungere, significa introdurre nuovi paradigmi culturali politici ed economici che realizzino una “sostenibi-lità” umana, sociale e ambientale dello sviluppo fondata sul principio che le donne e gli uomini non sono mezzi ma fini dello sviluppo.

Pone la necessità di ricercare un nuovo equilibrio nel rapporto mercato/etica considerando quest’ultima non un vincolo ma una ri-sorsa, un’opportunità. Etica, responsabilità, qualità e innovazione co-me fattori di competitività, di crescita, di sviluppo.

Ecco che allora le politiche pubbliche non vanno intese come spe-sa corrente bensì come un investimento sul futuro: azioni, strategie che tendono a incidere anche sui comportamenti dei soggetti, sulla domanda e sull’offerta in termini virtuosi, che tendono a porre quesiti (e a costruire risposte) non solo sul perché e come produrre ma an-che su an-che cosa e per chi.

Schumacher riflettendo e proponendo un tentativo di ridetermina-zione delle caratteristiche di un progresso orientato verso la qualità piuttosto che verso la quantità affermava in modo fermo che: “Ogni attività che non riconosce un principio autolimitativo è diabolica” (Er-nst Friedrich Schumacher, Piccolo è bello. Una tecnologia dal volto umano, Mozzi ed., 1977). Diabolico, da diabolos (il divisore). Penso che si debba intendere non solo diabolos come ciò che divide l’uomo da Dio ma l’uomo dall’uomo, gli uomini dalle donne, le donne e gli uomini dall’ambiente naturale e così via.

Per andare nella direzione di uno sviluppo “sostenibile” nel senso sopra descritto, se pur sommariamente, senza cadere nella trappola del rifiuto dello sviluppo, della nostalgia del passato sono necessarie, come in ogni lavoro, in ogni impegno, in ogni attività umana due cose che se ci sono costituiscono già una garanzia positiva.

Una è lo spirito di esplorazione e la sete di conoscenza: se vogliamo pensare, agire, realizzare progetti dobbiamo conoscere e non soltanto quelle cose che si vogliono fare ma molto di più a partire da chi ci sta attorno. L’altra è la condotta morale, l’etica. Per dirla anch’io con E.

Kant: “il cielo stellato sopra di me la legge morale dentro di me” (è incisa sulla sua tomba ed è presa dalla Critica della ragion pratica).

5. La realtà del network camerale

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 154-161)

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