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Complessità organizzativa e benchmarking

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 39-43)

La principale sfida che si trova di fronte chi dirige un’organizzazione, è governare la complessità. L’idea di un’organizzazione meccanicistica, dai confini nettamente definiti e dotata di obiettivi chiari e misurabili,

perseguiti coerentemente grazie a procedure e norme ben assestate è ormai scomparsa dal dibattito scientifico sull’organizzazione, sebbene sia ancora presente nelle brochures di molti produttori di sistemi infor-matici per la gestione dell’azienda e nei sogni di molti managers.

Le organizzazioni sono sistemi complessi. Questa affermazione è ormai entrata nel gergo comune, tanto che viene data per scontata, e spesso recitata come una sorta di mantra per giustificare o esorciz-zare la difficoltà incontrata da dirigenti, consulenti e ricercatori nel proporre spiegazioni e soluzioni ai numerosi problemi e dilemmi che caratterizzano la vita delle organizzazioni. Ma cosa significa esatta-mente sistema complesso? Il concetto è preso a prestito dalla matema-tica: formalmente un sistema si definisce complesso quando è com-posto da diversi elementi tra loro connessi in modalità non-lineare; le parti che costituiscono il sistema si influenzano vicendevolmente in maniera dinamica, e una parte influenza ma non determina il cambia-mento del sistema. Di conseguenza non è possibile (o è estremamen-te difficile) prevedere il comportamento di un sisestremamen-tema complesso; gli stessi confini del sistema sono difficili da determinare.

Integrando i principali studi in materia, possiamo definire quattro principali fattori che concorrono a definire la complessità di un’or-ganizzazione, e che possono essere considerati fonti originarie della complessità, dal momento che non emergono a seguito di scelte del management dell’organizzazione, ma sono intrinsechi al compito e alla collocazione sociale dell’azienda o ente:

1. la molteplicità dei suoi fini e delle sue funzioni;

2. la debolezza e non linearità del legame causale tra azioni ed im-patti esterni (outcomes) dell’organizzazione;

3. il livello di turbolenza dell’ambiente di riferimento;

4. la complessità della tecnologia utilizzata.

Definire il grado di complessità di una organizzazione è fondamenta-le per affrontare consapevolmente ogni processo di innovazione che la ri-guarda, e in particolare per progettare e implementare un network che la coinvolga. In particolare è necessario tenere sotto controllo tre aspetti:

• un’organizzazione ad elevata complessità deve fronteggiare nume-rosi problemi contemporaneamente, e la sua struttura è spesso sotto pressione e sottoposta a continue emergenze; quindi è necessario dedi-care notevole attenzione al project risk management, ma al tempo stes-so mantenere una costante pressione sui decistes-sori, per evitare che altre contingenze locali distolgano l’attenzione dai progetti di network;

• le logiche soft (culturali e politiche) hanno in queste organizza-zioni una rilevanza particolarmente alta. Ogni azione tende ad avere implicazioni politiche, tecniche, relazionali importanti, e valutare i

suoi esiti non è semplice. Diventa quindi necessario prestare attenzio-ne alla compresenza di differenti razionalità, soprattutto attenzio-nella scelta degli obiettivi progettuali, nei processi di valutazione e nella gestione delle relazioni intra e inter organizzative;

• le organizzazioni ad alta complessità (a differenza di quelle a media complessità e in maniera analoga a quelle meno complesse) di-mostrano una limitata capacità di apprendimento, a causa del sovrac-carico informativo cui i suoi membri sono sottoposti: è necessario prendere in considerazione caratteristiche della cultura organizzativa e procedere in una logica di cambiamento incrementale.

Le variabili da considerare nel momento della progettazione e rea-lizzazione del progetto sono assai più numerose e difficilmente preve-dibili e controllabili. La realizzazione di un network può costituire la migliore strategia per “imbrigliare” parte della complessità ambienta-le e per aumentare ambienta-le competenze e ambienta-le capacità d’azione degli attori.

Poiché, per definizione, non esiste una complessità identica all’al-tra, ogni organizzazione della rete costituisce una miniera inesauribi-le di conoscenze sperimentate, maturate nel tempo affrontando inesauribi-le in-numerevoli sfide quotidiane. Se sfruttato e messo in comune questo giacimento di idee diventa uno dei principali collanti del network. Per questo motivo diventa vitale l’applicazione di una metodologia crea-ta proprio al fine di permettere la condivisione e il trasferimento di best practices organizzative: il benchmarking. In ambito organizzativo il benchmarking è un processo di miglioramento continuo e sistematico, realizzato per mezzo della misurazione dei prodotti, servizi e metodi e del confronto con quelli di altre organizzazioni. È una strategia di indi-viduazione di centri, esperienze e modi di fare “eccellenti ” all’interno di un’organizzazione, per valorizzarli, renderli noti e farne pietre di pa-ragone, parametri di qualità o modelli da imitare per l’intero sistema.

L’applicazione continuativa di questo strumento porta non solo al-la formual-lazione di traguardi di realistico raggiungimento, ma incenti va anche il personale, impiegato a tutti i livelli all’interno dell’azienda, a conoscere a fondo il proprio prodotto e attività, individuando punti di forza e di debolezza e aree critiche di gestione sulle quali interve-nire. Inoltre, aumenta l’elasticità e la flessibilità verso il cambiamento e l’innovazione e il flusso di informazioni scambiate all’interno e al-l’esterno, favorendo maggiore coesione.

Per il successo di un progetto di benchmarking sono necessarie:

• la convinzione, il supporto e la partecipazione del vertice aziendale;

• l’apertura al cambiamento e all’innovazione;

• una profonda conoscenza dei processi e dei meccanismi di fun-zionamento dell’organizzazione;

• la volontà di condividere i risultati dei propri studi con i partners di benchmarking;

• una direzione interessata al miglioramento costante della qualità e delle prestazioni.

I passaggi essenziali per un’efficace attività di benchmarking sono:

1. definire gli obiettivi del benchmarking: quali processi e presta-zioni devono essere migliorate e in quale orizzonte temporale;

2. scegliere un metodo il più possibile oggettivo di descrizione e di misurazione dei processi, in modo da renderne possibile il confronto;

3. effettuare un’approfondita analisi dei processi interni prima di con-frontarli con gli altri: è assolutamente inutile fare “turismo industriale”, visitare altre realtà organizzative sperando magicamente di raccogliere idee applicabili nel proprio contesto organizzativo. È al contrario fonda-mentale avere una chiara visione dei propri processi, delle loro presta-zioni e delle loro logiche di funzionamento. Anche la consapevolezza del contesto culturale e dei vincoli sistemici è di grande importanza, per co-noscere i vincoli e le opportunità all’introduzione di nuovi modelli;

4. accettare l’idea che altri reparti o organizzazioni potrebbero avere sviluppato soluzioni e metodi migliori di quelle in uso nella propria realtà. È purtroppo diffusa la convinzione che accettare innovazioni sviluppate da altri significhi ammettere la propria inferiorità. Per supe-rare questo ostacolo alla realizzazione di un’attività di benchmarking è opportuno considerare che quasi sempre altri soggetti hanno sviluppato metodi migliori non perché più intelligenti o capaci, ma semplicemente perché si sono trovati ad affrontare un problema in anticipo, e hanno quindi avuto il tempo di trovare e sperimentare soluzioni efficaci;

5. pianificare accuratamente le attività progettuali, individuando un responsabile del processo di benchmarking, dotando il progetto di risorse (umane e materiali) e di un orizzonte temporale coerenti con gli obiettivi;

6. identificare le organizzazioni e/o i reparti partners con i quali rea-lizzare lo scambio ed il confronto di metodi, e prendendo chiari accordi con loro nella fase iniziale del progetto, stabilendo i dati che si dovran-no scambiare, gli ambiti e le metodologie di indagine ammessi, il pro-cesso di condivisione e pubblicazione dei risultati, i tempi dell’attività;

7. tenere sempre a mente che l’obiettivo dell’esercizio non è racco-gliere dati, ma soprattutto decidere cosa farne, ovvero come applicare all’interno del proprio contesto organizzativo i metodi e le soluzioni individuate all’esterno.

Al di là delle tecniche utilizzate, il benchmarking è un processo di ap-prendimento organizzativo, ovvero di indagine collettiva, mediante cui gli individui, agenti nei ruoli di un’organizzazione, generano nuove per-cezioni e cognizioni della realtà e ristrutturano gli schemi dell’azione.

1.8. Una sintesi: le categorie chiave per la descrizione di un

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