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Il sistema di gestione del servizio e l’impresa come costella- costella-zione di valori

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 32-36)

1.5. Il network per il miglioramento delle prestazioni: modelli prescrittivi

1.5.2. Il sistema di gestione del servizio e l’impresa come costella- costella-zione di valori

La specificità degli enti istituzionali che perseguono lo sviluppo del-le economie locali – come del-le Camere di commercio – comporta il fatto che non abbiano i medesimi problemi delle organizzazioni che produ-cono beni materiali, e ciò ha conseguenze sui loro assetti strutturali.

In particolare, la natura effimera dei servizi, l’importanza di un sistema di erogazione che vede il coinvolgimento attivo e costante del cliente, e la rilevanza della relazione con questo, comportano la ne-cessità di applicare modelli gestionali aperti e più ispirati alla logica di network che a quella di burocrazia.

Lo studioso che ha per primo evidenziato questi aspetti è Richard

Normann: con il concetto di “sistema di gestione del servizio” propo-ne un nuovo modello per rappresentare e progettare le organizzazioni che erogano servizi.

Il sistema di gestione di un servizio è dato da una serie di elementi chiave, combinati fra di loro in modo specifico:

• il concetto del servizio, ovvero l’insieme organico dei benefici offerti all’utente, volti a soddisfare un suo bisogno. I benefici possono essere di natura fisica o psicologica, impliciti o espliciti. Per ottenere questi benefici l’organizzazione fornisce un pacchetto di servizi, che può articolarsi in servizi centrali e servizi ausiliari;

• un segmento di mercato, che comprende gli specifici clienti per cui è stato progettato l’intero sistema di servizi. Poiché un servizio deve dare risposte coerenti ad esigenze specifiche, non risposte gene-riche ad esigenze indifferenziate, l’organizzazione deve dotarsi di una strategia di segmentazione del mercato. Il cliente deve percepire il servizio come unico ed esclusivo, cioè tagliato sulle sue esigenze;

• uno specifico sistema di erogazione, costituito dai ruoli e dalle interazioni fra il personale di contatto, l’ utente e i supporti (ambiente e strumenti). A causa della loro immaterialità i servizi non possono essere prodotti e immagazzinati in assenza del cliente, e quindi per erogare ogni servizio è necessaria una interazione con il cliente, che diviene parte integrante del sistema di erogazione e valuta, oltre al contenuto, la modalità di erogazione;

• l’immagine che il servizio comunica, in base alle risposte che dà ai bisogni dei clienti, del modo in cui l’organizzazione opera, da chi vi lavora. L’immagine può essere gestita come una strategia di comuni-cazione, mediante cui influenzare la percezione del servizio da parte della clientela, del personale, e di altri detentori di risorse. Essa deve trasmettere il tratto distintivo del servizio, suscitare interesse, deside-rio e senso di appartenenza;

• la cultura del servizio: se il servizio scaturisce da un processo so-ciale, allora il management dei servizi è la capacità di dirigere proces-si sociali. La cultura del servizio è l’inproces-sieme dei principi fondamentali mediante i quali viene controllato, mantenuto e sviluppato il processo sociale che conduce all’erogazione del servizio. La cultura organizza-tiva è il fattore di integrazione degli elementi del sistema di gestione, e ciò che ne caratterizza la specificità.

La coerenza e consonanza fra questi elementi è la condizione fon-damentale per un efficace sistema di gestione del servizio. In pratica, il servizio offerto deve essere coerente con le esigenze delle fasce di clientela a cui si rivolge; le modalità di erogazione devono essere in sintonia con la qualità del servizio offerto; l’immagine deve

comuni-care all’utenza un messaggio coerente con la realtà del servizio; l’im-magine deve improntare il sistema erogazione, motivare il personale e suscitare appartenenza. Il fattore comune che lega questi elementi deve appunto essere la cultura del servizio.

La qualità di un servizio è quindi data dalla sua capacità di gene-rare valore aggiunto per il cliente, rispondendo alle sue esigenze. Il vantaggio competitivo di un’azienda di servizi risiede – secondo Nor-mann – nella sua capacità di innovare le relazioni tra i vari attori coin-volti (ovvero di configurare una forma innovativa di rete di scambi), così da sfruttare energie altrimenti inespresse, e combinare in manie-ra coerente e mutualmente vantaggiosa i contributi dei vari attori.

I confini tra organizzazione e ambiente diventano dunque alquanto sfumati: per produrre il servizio non è più necessario “proteggere il nucleo tecnologico” dalle interferenze esterne, ma piuttosto creare am-bienti – reali e virtuali – che coinvolgano clienti, produttori, fornitori.

Un ulteriore contributo di Normann all’idea di un’organizzazione

“priva di confini”, viene dal modello di progettazione dell’impresa co-me “costellazione di valori”. Analizzando i casi di alcune organizza-zioni di successo negli anni ’90, si rende conto di come la concezione tradizionale del valore, fondata sugli assunti ed i modelli dell’econo-mia industriale, non sia più in grado di spiegare il modo in cui molte imprese contemporanee sviluppano il proprio vantaggio competitivo.

Secondo il modello classico della “catena del valore” ogni azien-da occupa una posizione: in alto, i fornitori conferiscono gli input;

l’azienda aggiunge valore a questi input, prima di trasferirli al suc-cessivo attore della catena, il cliente (sia esso un’altra azienda oppu-re il consumatooppu-re finale). L’attività di produzione-erogazione ricorda quindi una catena di montaggio, e la strategia è vista come l’arte di posizionare una impresa nel giusto punto della catena del valore.

Questo approccio è caratterizzato da una concezione di passività di clienti e fornitori: l’attenzione di chi eroga il servizio è rivolta alle atti-vità che “aggiungono valore”, sotto forma di know how e tecnologie di trasformazione, alle materie prime, provenienti dal fornitore. Di conse-guenza fornitore e cliente sono soggetti passivi: del primo interessa solo l’output, e del secondo solo le richieste, che sono da soddisfare senza che egli debba intervenire in alcun modo nel processo di erogazione.

Non interessano le modalità di scambio, di interazione con questi, per-ché sono dati per scontati; ciascuno può preoccuparsi di ottimizzare la propria parte di attività: importanti sono solo i prodotti e non i processi.

Ma nel momento in cui l’ambiente nel quale l’organizzazione agi-sce diventa sempre più turbolento, primariamente a seguito dell’ evo-luzione delle tecnologie dell’informazione e dei processi di

globalizza-zione, aumentano le possibilità di interazione tra i soggetti economici, e il rapporto con clienti e fornitori non è più stabile.

E nuove imprese di successo non si limitano ad aggiungere valore, ma lo reinventano. Il punto focale della analisi strategica non è la sin-gola azienda e neppure l’industria, ma lo stesso sistema di creazione del valore, all’interno del quale diversi attori economici – fornitori, partner di affari, alleati, clienti – lavorano assieme per co-produrre valore.

Il compito strategico diventa la riconfigurazione dei ruoli e delle relazioni tra la costellazione di attori, al fine di mobilitare la creazione di valore in nuove forme; in altre parole le aziende devono porre in discussione tutte le loro relazioni con il mondo esterno. La domanda che i partner dello scambio debbono porsi è: “come ci organizzerem-mo diversamente se fossiorganizzerem-mo parte della stessa organizzazione invece che due o più attori distinti che si stanno incontrando per concludere una transazione?”. La principale differenza tra vecchia e nuova con-cezione del valore può essere descritta con il concetto di “densità”

del valore, intesa come misura dell’ammontare di informazioni, cono-scenza e altre risorse che un attore economico detiene in un momento dato per far leva sulla propria creazione di valore.

Le implicazioni sul rapporto organizzazione-ambiente di questo approccio sono evidenti: se si assume questa logica, non è possibile pensare all’organizzazione come una monade isolata che intrattiene con fornitori e clienti scambi solo a livello di acquisto e vendita. Le aziende creano valore quando rendono non solo le proprie offerte, ma anche i propri clienti e fornitori, più intelligenti. Per far ciò, le aziende debbono costantemente rivalutare e riprogettare le proprie competen-ze e relazioni al fine di mantenere il loro sistema di creazione di valo-re malleabile, fvalo-resco e valo-reattivo. Nella nuova logica del valovalo-re, questo dialogo tra competenze e clienti spiega la sopravvivenza e il successo di alcune aziende e il declino e fallimento di altre. Sempre di più, le aziende che sopravvivono e prosperano sono quelle che sanno vedere al di là dei loro immediati confini, fino nel sistema sociale nel quale sono inserite, e scoprono nuovi modi di riconfigurare questi sistemi al fine di reinventare valore per i clienti.

L’applicazione di questi principi ha una serie di implicazioni stra-tegiche:

1. il fine del business non è tanto realizzare qualcosa di valore, quanto mobilitare i clienti e creare valore per loro stessi;

2. man mano che le potenziali offerte diventano complesse, lo di-ventano altrettanto le relazioni necessarie a produrle. Solo raramente una singola azienda fornisce tutto: le offerte più attraenti coinvolgono clienti e fornitori, alleati e partner di affari, in nuove combinazioni. Il

principale compito strategico di un’azienda è la riconfigurazione del sistema di relazioni e del business system;

3. l’unica vera fonte di vantaggio competitivo è la capacità di con-cepire l’intero sistema di creazione del valore e di farlo funzionare.

Per continuare a vincere, un’azienda deve creare un dialogo con i clienti al fine di replicare nuovamente la sua prestazione e mantenere l’offerta competitiva.

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 32-36)

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