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La nascita del progetto: le esigenze e i vincoli

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 67-70)

3. La storia e i prodotti del progetto network

3.1. La nascita del progetto: le esigenze e i vincoli

L’idea del progetto network nasce nel 1996 in occasione di un se-minario riservato ai Segretari generali, che aveva come tema “i mana-gement dei servizi camerali”. In quella occasione maturò l’idea di un progetto di ampio respiro con l’obiettivo di rafforzare, coerentemente con la nuova impostazione della legge di riforma, le capacità operati-ve del sistema camerale emiliano-romagnolo, creando una rete inte-rorganizzativa capace di produrre sinergie tra i diversi enti.

La decisione di sviluppare il progetto network maturò nell’ambito del Comitato Tecnico dei Segretari Generali (la “cabina di regia” per coor-dinare gli indirizzi attuativi delle diverse Camere), che così si espresse tramite le parole del suo coordinatore, Claudio Pasini: “il sistema came-rale ha bisogno di funzionare come tale, creando sinergie ed economie di rete, per acquisire maggiori efficienza, autorevolezza ed influenza”.

La visione sistemica alla base del progetto dunque, era fin dal prin-cipio chiara. Le Camere avevano già sviluppato numerose iniziative comuni per far fronte alle richieste poste dal nuovo ordinamento, san-cito dalla legge di riforma di tre anni prima. Parte di queste azioni di sistema si concretizzavano, come nel caso dell’internazionalizzazio-ne o della politica delle partecipazioni societarie, attraverso strutture

“esterne” all’ente camerale per “ammortizzare” la crescente incertezza generata dall’ambiente. La sfida più cruciale e decisiva, l’innovazione delle strutture, dei processi e delle culture organizzative degli enti, veniva affrontata da ciascuna Camera prevalentemente da sola, con insufficienti connessioni di rete.

Era necessario superare le idiosincrasie che fisiologicamente carat-terizzano ciascuna cultura organizzativa. La soluzione trovata è stata di mettere al centro la logica delle competenze, facendo precedere gli interventi da un’attenta analisi preventiva del contesto, e affidando il coordinamento del progetto a un soggetto esterno al mondo came-rale, che potesse portare nuovi approcci metodologici e una visione aperta circa le prospettive del cambiamento organizzativo.

La scelta è ricaduta su un consulente esperto di dinamiche orga-nizzative e progettazione di sistemi di gestione, Carlo Romanelli,

pre-sidente di una società di consulenza specializzata (Net Working S.r.l.).

Da allora i consulenti di questa società, prima in collaborazione con Profingest e poi in autonomia, hanno affiancato i decisori e il perso-nale degli enti nel percorso verso lo sviluppo del network camerale emiliano-romagnolo, agendo come facilitatori dei processi di cambia-mento e sviluppo organizzativo.

Il mandato ricevuto era duplice. Nell’immediato, si trattava di po-tenziare le funzioni di supporto al sistema camerale svolte da Union-camere Emilia-Romagna, che già dalla sua nascita le rappresentava nei confronti del governo regionale e si impegnava per il coordina-mento di tutte le attività di respiro interprovinciale. L’obiettivo in que-sto caso era di ampliare queque-sto ruolo, arrivando a promuovere forme di integrazione strutturale, di scambio di esperienze, di co-produzio-ne di servizi. Da questo derivava il secondo, più ambizioso, traguardo:

realizzare un vero e proprio progetto di sviluppo organizzativo del network camerale dell’Emilia-Romagna, ovvero arrivare a istituire un nuovo sistema ordinato di scambi e transazioni tra le Camere, basato su logiche e processi stabili e riconoscibili, capace di apprendere dalle esperienze e di perseguire obiettivi complessi.

Questa seconda finalità è divenuta ben presto la vera mission del progetto. Limitarsi a potenziare le capacità di Unioncamere regionale di offrire servizi alla rete senza coinvolgere in modo attivo le strutture camerali avrebbe significato, paradossalmente, indebolire la rete. Non è possibile creare sistema delegando a un soggetto terzo lo sviluppo del network: senza la partecipazione attiva di ciascun ente non si pos-sono ottenere le sinergie desiderate. Il ruolo di Unioncamere è sempre stato centrale per lo sviluppo di una logica di network, ma la sua fun-zione è facilitare l’incontro e il confronto tra le diverse realtà, fornire una infrastruttura per la diffusione delle esperienze, rappresentare nei tavoli istituzionali il sistema camerale. Non è, né può riassumere interamente all’interno della propria attività, “la rete” delle Camere.

I dirigenti camerali che hanno promosso il progetto erano consape-voli dell’esigenza di andare oltre la ricerca del buon funzionamento del-la singodel-la Camera di commercio, per edel-laborare invece, come sistema, politiche di relazione e di offerta con l’ambiente più ampio, ispirate da logiche comuni e caratterizzate da maggiore visibilità ed efficacia.

Se nella prospettiva odierna questa può apparire una scelta naturale, nel solco di una politica nei confronti del “contesto esterno” delle Came-re che aveva già prodotto un complesso e articolato insieme di iniziative e di strutture comuni, si trattava in realtà di una impresa dal significato politico e organizzativo rilevante e dalle implicazioni innovative.

Non si parlava infatti di mettere in comune risorse economiche per

creare un nuovo soggetto o per potenziare le funzioni di una struttura esistente, né di riassegnare ad altri parte della riconquistata autonomia dell’ente per svolgere meglio il ruolo di propulsione dello sviluppo lo-cale. Essere parte di una rete integrata e capace di sviluppare iniziative sistemiche, innovando i processi organizzativi e modificando la confor-mazione strutturale delle singole Camere, comporta certo una parziale rinuncia alla propria “potestà organizzativa”. Ma determina un “valore aggiunto” che consente ai singoli enti di utilizzare anche nel territorio di riferimento i vantaggi di processi di outsourcing, dell’erogazione di ser-vizi complessi e dell’attivazione di iniziative di grande impatto esterno.

Le differenti storie e culture organizzative di ciascuna Camera, la vitalità – tipica del contesto italiano – dei localismi e dei distretti e, da ultimo, il rafforzamento dell’autonomia dell’istituto camerale, indi-rizzato da organismi direttivi scelti in ambito provinciale, rendevano impegnativo un percorso di sviluppo di un lavoro in rete, finalizzato a costruire sintesi trasversali di interessi in ambiti territoriali più am-pi dei confini amministrativi provinciali. La coesione di un gruppo di manager pubblici come i Segretari generali è stata in questo sen-so imprescindibile. Si è comunque sentito l’effetto di due forze trai-nanti, che hanno dato slancio all’iniziativa del Comitato Tecnico dei Segretari. Da un lato le strutture camerali erano sottoposte a stress a causa della mole di funzioni particolarmente impegnative affidate dalla legge 580. Dall’altro la consapevolezza che il sistema camerale emiliano-romagnolo evidenziava un potenziale di offerta molto inte-ressante, ben al di là dei servizi per i quali le Camere di commercio sono conosciute nelle rispettive realtà provinciali: l’agire in una delle aree più attive e diversificate d’Europa metteva gli enti di fronte a un

“mercato” esigente ma ricco di stimoli. In sostanza, le domande guida che hanno costituito la premessa del progetto sono state le seguenti:

• “è possibile affrontare come sistema le sfide del decentramento e del federalismo?”

• “è necessario che tutte le Camere facciano tutto con le stesse moda-lità, o è possibile specializzare alcuni punti del sistema, ovvero sviluppa-re progetti strategici che csviluppa-reino valosviluppa-re aggiunto?”

• “che cosa ogni singola Camera di commercio ha da imparare dalle altre?”

• “è possibile valorizzare le esperienze e le competenze di eccellenza a livello di sistema?”

• “come sviluppare una visibilità sistemica delle Camere di commercio?”

• “si possono realizzare economie in termini di risorse migliorando al contempo le performance del sistema e dei singoli nodi della rete?”

• “come diffondere una cultura maggiormente orientata all’efficacia e all’efficienza all’interno del sistema camerale?”.

3.2. Lo studio preliminare: i risultati dell’analisi organizzativa

Nel documento LAVORARE IN RETEPER LO SVILUPPO (pagine 67-70)

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