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Dai banchi del Liceo classico «Berchet» nasce un’iniziativa di presenza cristiana chiamata

Parte II: Le religioni alla riconquista del mondo secolarizzato: il caso d

4. Comunione e Liberazione: storia di un movimento religioso alla riconquista

4.2 Sulle “tracce di CL: le principali tappe cronologiche della storia del movimento

4.2.1 Dai banchi del Liceo classico «Berchet» nasce un’iniziativa di presenza cristiana chiamata

In questo paragrafo tenteremo di ricostruire le origini e le tappe fondamentali della storia di CL, partendo dal 1954, anno in cui don Luigi Giussani, un sacerdote di Desio, abbandona l’incarico di docente nella Facoltà teologica di Venegono per andare a insegnare religione nel liceo classico “Berchet” di Milano. Prima di andare avanti, crediamo possa essere utile ricostruire molto brevemente il quadro culturale e politico- sociale entro il quale nasce CL. La metà degli anni Cinquanta è caratterizzata in Italia da una presa di coscienza, soprattutto da parte dell’associazionismo cattolico ambrosiano, del «processo di laicizzazione e – del – (…) progressivo declino della sensibilità

religiosa all’interno dell’universo giovanile»477 e «dalla percezione di una società che

oramai si evolve senza alcun legame reale con qualsiasi identità religiosa»478. Dal punto di vista politico, il 1953, con la mancata vittoria elettorale della coalizione di centro, guidata dalla Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi, segna la lacerazione del cordone ombelicale che fino a quel momento aveva tenuto fortemente legati religione e politica in Italia. La situazione, pertanto, appare essere quella di una società secolarizzata entro la quale tende a ridursi la possibilità per una testimonianza di una presenza cristiana. Questa è, a grandi linee, la diagnosi dei mali che in quei tempi

477 Abbruzzese S., Comunione e liberazione, il Mulino, Bologna, 2001, p. 11. 478 Ibidem, p. 12.

sembravano minacciare la capacità delle istituzioni ecclesiastiche di influenzare la società politica e civile italiana, diagnosi che, per esempio, tra gli altri, viene fatta propria dall’allora arcivescovo di Milano monsignor Montini e che viene condivisa in pieno da don Giussani. Secondo quest’ultimo, la sfida atta a riaffermare una presenza visibile del cristianesimo nella vita sociale, va intrapresa innanzitutto sul terreno culturale e infatti, come sostenuto da Abbruzzese, «egli contesterà la premessa

fondamentale del processo di razionalizzazione: l’illegittimità della fede religiosa a declinarsi sul piano culturale, e il conseguente e inevitabile confinarsi di quest’ultima in un universo sovramondano a causa della sua manifesta inutilità sul piano concreto della vita sociale»479. In quegli anni Giussani guardava con grandissima preoccupazione al fatto che, salvo in rarissime eccezioni, gli stessi insegnanti cristiani tendessero ad applicare «accanitamente»480 il principio della separazione tra religioso e temporale. La stessa Università Cattolica di Milano «risultava essere proprio il luogo in cui con più

ampia articolazione culturale si sosteneva e si diffondeva quel principio della separazione fra temporale e religioso che in seguito avrebbe causato l’eclissi della presenza cattolica dalla società italiana»481. Le stesse associazioni cattoliche non riuscivano ad avere alcuna capacità incisiva in tutti «quegli ambienti in cui la

stragrande maggioranza delle persone passa le ore decisive della propria giornata: dalle fabbriche, agli uffici, alle scuole»482. Tenendo fortemente in conto questi presupposti, don Giussani, nel 1954 diede vita, a partire dal Liceo classico «Berchet» di Milano, a un’iniziativa di presenza cristiana chiamata Gioventù Studentesca (GS), che nacque appunto, innanzitutto, come risposta ad «un contesto di crisi complessiva della

Chiesa: più precisamente essa si è affermata in conseguenza della consapevolezza di un’estraneità crescente della società civile nei confronti della religione»483. GS inizialmente si colloca nell’ambito del tradizionale associazionismo cattolico (A.C.) e il suo elemento caratterizzante, sin dal principio, come sostenuto dal suo stesso fondatore, è rappresentato proprio dalla decisione «netta e immediata di rivivere il fatto di Cristo e

della Chiesa come eventi determinanti ogni aspetto e momento della vita»484 congiunta

479 Ibidem, p. 15.

480 Ronza R., (a cura di), op. cit, 1976, p. 21. 481 Ibidem, p. 22.

482 Ibidem, p. 22.

483 Abbruzzese S., op. cit., 2001, p. 45. 484 Ronza R., (a cura di), op. cit, 1976, p. 34.

all’ «invito a mettersi insieme perché quella decisione e venisse capita e avesse la

possibilità di diventare incidente sulla vita d’ogni giorno»485. Pertanto, già all’interno di GS, il modo di vivere la religiosità consiste innanzitutto in un’esperienza totale di vita, che si esplica all’interno di una dimensione comunitaria poiché «per la prima volta,

infatti, si introduceva nella gnoseologia comune la tesi secondo cui la dimensione comunitaria determina la possibilità stessa del percepire e del conoscere, e che non l’enfiagione aristocratica della volontà, ma piuttosto la povertà del riconoscersi in una comunità che coinvolga il proprio essere rende possibili gesti morali ed in genere un livello etico che di solito all’individuo non sono facilmente concessi»486. La prima sistematizzazione delle idee guida e del metodo di vita di GS trova realizzazione nella pubblicazione di uno scritto dal titolo Gioventù Studentesca: riflessioni sopra

un’esperienza. Oltre alla religiosità vissuta come esperienza totale di vita e all’aspetto

comunitario un terzo elemento caratterizzante il metodo di GS è costituito dal livello educativo che si esplicita soprattutto in una serie di riunioni settimanali nella sede del gruppo in Via Statuto a Milano entro le quali vigono due principi essenziali: che gli interventi di ognuno siano focalizzati su valutazioni scaturenti dall’esperienza concreta e personale e che la discussione venga conclusa, sempre e comunque, con una sintesi elaborata dalla persona più matura, spesso un sacerdote. Alle riunioni settimanali si accompagnano altri forti momenti di vita comunitaria quali le settimane di ritiro spirituale, la “tre giorni” fuori Milano all’interno di strutture diocesane o religiose, le gite e le vacanze. Ulteriori elementi caratterizzanti l’esperienza di GS sono il momento caritativo che si concretizza, innanzitutto, nei progetti di intervento di diversa natura nell’hinterland povero di Milano e nelle prime attività missionarie nelle favelas brasiliane e il momento educativo-culturale che si realizza nella diffusione e rilettura di testi religiosi e non. A partire già dal 1963-64 l’esperienza di GS entra in crisi a causa, nelle stesse parole di Giussani, del «venir meno, proprio nell’ambito del gruppo che

dirigeva il movimento, di quell’unità di vedute riguardo all’essenza del cristianesimo che invece era esistita fino ad allora»487. In seguito alla crisi, si assiste al trasferimento di «alcune centinaia di universitari giessini nelle formazioni extraparlamentari

485 Ibidem, p. 37. 486 Ibidem, pp. 39-40. 487 Ibidem, p. 78.

impegnate in azioni di violenza e di rottura»488. Don Giussani lascia la direzione di GS e prende a dedicarsi a tempo pieno al suo incarico di docente di “Introduzione alla teologia” presso l’Università Cattolica di Milano, intrapreso già a partire dal 1964. La suddetta motivazione della crisi data da Giussani è quella ufficiale. Tuttavia egli stesso ne lascia intuire un’altra quando sostiene di non condividere «il giudizio di chi ritiene

che quella promozione a docente universitario di morale fosse in realtà un modo elegante per allontanarmi dalla base del movimento»489 da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Infatti, come ha fatto notare Massimo Camisasca, nonostante che Giussani non abbia mai voluto parlare volentieri di quel momento «si può comprendere

come in lui sia rimasta l’amarezza per un “esilio” sentito come una grande ingiustizia subita. L’immagine del figlio non voluto, che non rientrava nelle previsioni del padre e non si sa dove collocare, ritorna più volte sulle sue labbra»490. Sin dalla prima apparizione di GS, pertanto, i rapporti fra la creatura di Giussani e il resto del mondo cattolico non appaiono propriamente idilliaci. Innanzitutto a causa della pretesa da parte dei giessini di essere i portatori del più autentico messaggio cristiano, del modo più consono di vivere il cattolicesimo. Tale modo nuovo di vivere il cristianesimo andava difeso contro qualsiasi ingerenza o tentativo di assimilazione da parte del resto del mondo cattolico491. Da questa posizione scaturivano da parte di Giussani e dei suoi delle critiche più o meno velate nei confronti del differente modo di vivere il cattolicesimo all’interno del resto dell’associazionismo cattolico492 e delle stesse gerarchie ecclesiastiche493 che a loro volta temevano che GS tendesse sempre di più a porsi come una “Chiesa nella Chiesa”494. A testimonianza di questi timori da parte delle gerarchie ecclesiastiche esiste tra le altre cose un lungo scambio di lettere tra Giussani e l’arcivescovo di Milano, Giovanni Colombo. Le lettere di quest’ultimo «sono le lettere

di un padre che richiama il figlio perché stia al suo posto»495. Nonostante tutto, dopo

488 Bosco T., Don Giussani, Elle Di Ci, Asti, 1980, p. 5. 489 Ronza R., (a cura di), op. cit, 1976, p. 78.

490 Camisasca M., Comunione e Liberazione. La ripresa (1969-1976), San Paolo, Cinisello Balsamo

(Milano), 2003, p. 270.

491 Ronza R., (a cura di), op. cit, 1976, p. 90.

492 Ibidem, p. 23, pp. 25-26, p. 92 in relazione all’Azione Cattolica e p. 97 in relazione alle FUCI.

Camisasca M., op. cit., 2003, p. 288 in relazione ad entrambe.

493 Ibidem, p. 169. Si veda anche in Di Martino C., (a cura di), Un avvenimento di vita cioè una storia. Itinerario di quindici anni concepiti e vissuti, EDIT Editoriale Italiana – Il Sabato, Roma, 1993, pp. 64-

65.

494 Di Martino C., (a cura di), op. cit., 1993, p. 62. 495 Camisasca M., op. cit., 2003, p. 272.

l’abbandono di GS, Giussani fonda il centro Charles Péguy dove confluiscono tutti i dirigenti e gli universitari rimasti fedeli all’ispirazione fondatrice di GS continuandone l’opera. Fin quando questa esperienza sembrò essere nient’altro che uno dei soliti centri culturali come ce n’erano tanti in giro non fu fatto oggetto di stupore o ostilità, ma nel momento in cui «il Péguy cominciò a dimostrarsi non solo una semplice istituzione

culturale ma anche veramente un centro, ossia il punto di riferimento di tutta una trama di vita che si ispessiva sempre di più e che dimostrava una sua volontà ed anche una sua effettiva capacità di incidenza, allora non fu certo con simpatia che lo si guardò»496

soprattutto da parte delle associazioni ufficiali che vedevano nel Péguy «una

concorrenza illecita, un’alternativa anomala»497. Nonostante questi giudizi negativi il centro, a detta dello stesso Giussani, non venne mai concretamente minacciato498 riuscendo pertanto a fungere da nuovo punto di partenza del tentativo di costituire la nuova forma di esperienza cristiana avviata con GS. Intanto nel 1966 nasceva la casa editrice Jaca Book che nelle intenzioni dei fondatori voleva soprattutto essere, rifacendosi agli insegnamenti di Giussani, un «tentativo di documentazione

dell’umano»499.

4.2.2 Dalla nascita di Comunione e Liberazione al primo riconoscimento formale (1969-

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