• Non ci sono risultati.

La religione in un’ottica funzionalista: le riflessioni di Durkheim

Parte I: La religione nelle società moderne tra secolarizzazione, de-

1. Religione e società moderne: le origini del problema

1.8 La religione in un’ottica funzionalista: le riflessioni di Durkheim

Nel pensiero di Durkheim gli studi sulla religione si inscrivono all’interno di una tematica che sin dal principio percorre in maniera quasi ossessiva la sua intera produzione scientifica. A partire da “La divisione del lavoro sociale”, infatti, la preoccupazione del nostro autore fu quella di individuare gli elementi che permettevano ad una società, e in particolare una società moderna, di avere un minimo di coesione interna consentendole di reggere ai processi di cambiamento e di conflitto. Proprio la religione, secondo Durkheim, rappresenta quella forma originaria di coesione sociale attraverso la quale i soggetti, superando la trama dei propri egoismi individuali, si sentono parte di una collettività. L’opera in cui è più evidentemente rintracciabile tale concezione é quella che può essere considerata come il testamento spirituale95 di Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa. In essa, il nostro autore, si propone di studiare, tentando di spiegarne i significati profondi che ne giustifichino la nascita e

93 Freud S., op. cit., 1997, p. 183. 94 Ibidem, p. 178-179.

95 Durkheim E., Le forme elementari della vita religiosa, Comunità, Milano, 1982. L’espressione viene

la persistenza, la religione più primitiva e più semplice che si conosca, e cioè la religione totemica. Secondo Durkheim, tale religione può essere vista come la rappresentante più autorevole di tutte le forme religiose, poiché, queste ultime, pur nelle loro differenze, sono comunque tutte accomunabili e pertanto considerabili uguali, per ciò che concerne la funzione intrinseca che sottendono. In altre parole, riuscire a scoprire il significato e la funzione della religione totemica significa scoprire il significato e la funzione di qualsiasi forma di religione, significa svelare l’essenza stessa della religione, rappresentata, secondo il nostro autore, dalla sua capacità di mettere in moto il senso collettivo degli individui. Ciò sembra venir confermato dalle stesse parole dell’autore quando afferma che «Non studieremo perciò la religione arcaica di cui si

parlerà per il solo piacere di raccontarne le bizzarrie e le singolarità. Se l’abbiamo assunta come oggetto della nostra ricerca é perché ci é sembrata adatta più di ogni altra a far comprendere la natura religiosa dell’uomo, cioè a rivelarci un aspetto essenziale e permanente dell’umanità»96. All’interno della religione totemica, ogni clan ha il suo totem, il quale trasferisce al clan stesso sia il nome, sia un vero e proprio blasone che contraddistingue e diversifica i vari clan l’uno dall’altro; gli oggetti che fungono da totem, sono talvolta appartenenti al regno vegetale e più spesso a quello animale; di tali regni il totem non rappresenta un individuo, ma una specie o una varietà. Per ciò che concerne i riti, li si può distinguere in quelli che riguardano il culto positivo e in quelli che riguardano il culto negativo. Fra i riti che riguardano il culto negativo, i principali sono rappresentati dalle varie proibizioni a mangiare e toccare cose e a pronunciare parole, considerate sacre. Tuttavia, quelli più interessanti, sono i riti che riguardano il culto positivo i quali vengono celebrati attraverso due diverse fasi: una prima, in cui si tenta di assicurare la prosperità della specie animale o vegetale della quale il totem é simbolo, e una seconda, in cui i rappresentanti di tale specie animale o vegetale vengono sacrificati; fra la prima e la seconda fase, la vita religiosa del clan, rimane comunque molto intensa «essa si manifesta con un aggravamento del sistema

ordinario delle interdizioni. Il carattere sacro del totem é come rafforzato: si osa meno toccarlo»97 mentre «l’interdizione alimentare é rigorosa e senza riserve»98. Ciò che contraddistingue e quindi differenzia i riti del culto negativo da quelli del culto positivo,

96 Ibidem, pag. 3. 97 Ibidem, p. 365. 98 Ibidem, p. 365-366.

é che mentre i primi possono venir esplicati anche in maniera individuale, i secondi hanno invece carattere esclusivamente collettivo; é soltanto nel culto positivo che i componenti del clan si riuniscono in comunità. In relazione al culto positivo, Durkheim sostiene che: «La ragion d’essere autentica dei culti, anche di quelli in apparenza più

materialistici, non deve essere cercata nei gesti che prescrivono, bensì nel rinnovamento interiore e morale che questi gesti contribuiscono a determinare»99, e cioè il rinnovamento morale e interiore dell’intera collettività cui si appartiene così come specificato più avanti: «per quanto scarsa sia l’importanza delle cerimonie

religiose, esse mettono in moto la collettività; i gruppi si raccolgono per celebrarle. Il loro primo effetto è perciò quello di riavvicinare gli individui, di moltiplicare tra loro i contatti e di renderli più intimi»100. Ciò significa che, grazie alle cerimonie religiose, un gruppo eterogeneo di individui diventa una comunità integrata e, grazie al moltiplicarsi dei contatti, il senso di comune appartenenza viene continuamente ribadito e di volta in volta rafforzato. Pertanto, per il nostro autore, al di là della loro apparente scarsa importanza, le cerimonie religiose hanno una funzione importantissima e cioè quella di riaffermare periodicamente l’identità del gruppo sociale, le sue tradizioni fondanti, le sue norme, la sua cultura, come confermato ulteriormente da queste poche ma incisive righe: «Ciò che il fedele dà realmente al suo dio non sono gli elementi che posa

sull’altare, né il sangue che lascia scorrere dalle sue vene; è il suo pensiero»101. Attraverso le cerimonie religiose, il gruppo sociale celebra sé stesso, i suoi valori vitali, fa rivivere quel momento originario di effervescenza collettiva entro il quale è stato fondato un nuovo ordine sociale, in altre parole, attraverso le cerimonie, il gruppo sociale «si riafferma periodicamente»102. È proprio durante quell’originario momento extra-ordinario di creazione di un nuovo ordine che secondo Durkheim gli uomini producono il sacro che in un secondo momento la religione, intesa proprio come forma organizzata ed istituzionalizzata del sacro, tende ad amministrare legittimando in base ad esso il nuovo ordine sociale che è stato costituito. La religione, pertanto, nell’idea di Durkheim, ha la capacità di costituire e mantenere unita una collettività legittimandola, di far percepire le norme agli individui che la compongono come indiscutibilmente

99 Ibidem p. 364. 100 Ibidem, p. 365. 101 Ibidem, p. 364. 102 Ibidem, p. 406.

giuste poiché emanazione diretta di quella realtà superiore che essi venerano. Secondo la teoria durkhemiana, in ogni religione positiva viene colta una verità fondamentale e cioè che esiste una realtà superiore che trascende gli individui. Tale realtà, secondo Durkheim, non è altro che la società e i caratteri religiosi della trascendenza, della superiorità e dell’imperatività, non sono altro che i caratteri stessi della società. La religione è la base originaria dalla quale nascono tutte le istituzioni, il senso di socialità e qualsiasi tipo di esperienza che, in seguito, nel tempo, a causa di un processo di secolarizzazione, assumono un significato proprio, slegato da quello prettamente religioso, come confermato da queste parole: «D’altra parte è noto da molto tempo che,

fino a un momento relativamente avanzato dell’evoluzione, le regole della morale e del diritto non si distinguevano dalle prescrizioni rituali. Si può quindi dire, riassumendo, che quasi tutte le grandi istituzioni sociali sono sorte dalla religione (…) Se la religione ha generato tutto ciò che c’è di essenziale nella società, è perché l’idea della società è l’anima della religione»103. Se quindi è vero che quasi ogni aspetto inerente il vivere in comune da parte degli uomini ha tratto origine dalla religione è altrettanto vero che dietro di essa, inconsciamente, non si nasconde altro che la società stessa. Probabilmente, in questo caso, la secolarizzazione coincide con nient’altro che una presa di coscienza del reale significato degli atti religiosamente motivati.

Anche in un’altra sua famosa opera, Il suicidio, Durkheim si occupa, seppure in maniera apparentemente indiretta del rapporto fra religione e senso di appartenenza a una comunità. In tale studio, il nostro autore infatti giunse a sostenere che il minor numero di suicidi riscontrabili nei paesi di origine cattolica rispetto a quelli di origine protestante era dovuto proprio al fatto che all’interno della religione cattolica veniva offerta alle persone una comunità capace di imporre un codice valoriale e comportamentale di tipo collettivo, cosa che non succedeva in ambito protestante dove invece gli individui venivano lasciati da soli di fronte al rischio soggettivo della propria responsabilità. Il problema, secondo Durkheim, è rappresentato dal fatto che la tendenza delle religioni nelle società moderne è quella di una loro progressiva protestantizzazione. Pertanto, se «siamo premuniti contro il suicidio egoistico solo in

quanto siamo socializzati»104 e «le religioni possono socializzarci soltanto nella misura

103 Ibidem, pp. 440-441

in cui ci tolgono il diritto del libero esame»105 ne consegue che esse non possano più facilmente avere tale funzione nelle società moderne poiché in seguito alla loro progressiva tendenza verso la individualizzazione del credere, verso una sorta di protestantizzazione in cui le persone si autonomizzano nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche «esse non hanno più, né, presumibilmente, avranno mai più abbastanza

autorità su di noi per ottenere da noi un simile sacrificio. Non possiamo quindi contare su di esse per arginare il suicidio»106. In queste parole sembra essere presente un’interessante anticipazione del processo di secolarizzazione inteso come trasformazione dell’esperienza religiosa che sempre di più si emancipa dall’influenza delle istituzioni ecclesiali per divenire religione vissuta in maniera personale, soggettiva, privata. L’analisi che Durkheim fa della religione all’interno del Suicidio diviene ancora più interessante rispetto ai fini della nostra ricerca quando il nostro autore sostiene che in relazione al suo rapporto col mondo la religione, in generale, «raccomanda la moderazione nei desideri. Ma questa rassegnazione passiva è

inconciliabile col posto che gli interessi temporali hanno oggi assunto nell’esistenza collettiva»107 e pertanto «La disciplina di cui hanno bisogno deve avere come oggetto,

non di relegarli in secondo piano o di ridurli il più possibile, ma di dar loro un’organizzazione adeguata alla loro importanza»108. Sembra essere una delle caratteristiche principali dei nuovi movimenti religiosi, e in particolare di CL, proprio quella di tenere in giusto conto l’importanza dei desideri mondani delle persone nelle società moderne (ascesa professionale, successo economico ecc.) cercando di dar loro delle risposte che non implichino una rinuncia ad essi ma, semmai, il tentativo di soddisfarli connotandoli di significati religiosi.

Prima di concludere con la trattazione riguardante Durkheim vorremmo però ricordare un secondo approccio da parte di questo autore al fenomeno religioso, un approccio desumibile nuovamente dalla sua opera Le forme elementari della vita

religiosa e dal quale affiora la sua formazione di tipo positivista. Nelle conclusioni del

suo libro, Durkheim afferma che la religione, oltre a quella principale di far muovere la collettività, ha un’altra funzione, che egli chiama speculativa e che consiste nel tradurre

105 Ibidem, p. 336. 106 Ibidem, p. 336. 107 Ibidem, p. 342. 108 Ibidem, pp. 342-343.

in un linguaggio intelligibile il mondo frammentato e dispersivo della realtà. Nell’espletazione di questa seconda funzione, la religione, diventa molto simile al pensiero scientifico, il quale, pertanto, a sua volta, può essere visto come una forma più perfetta del pensiero religioso. Questo ultimo, secondo Durkheim, sempre per quanto riguarda la sua funzione speculativa, é destinato, prima o poi, a cedere il passo al primo, come egli stesso sembra sostenere nel seguente brano: «il pensiero scientifico non é che

una forma più perfetta del pensiero religioso. Sembra dunque naturale che questo scompaia progressivamente davanti al primo, nella misura in cui esso diventa più adatto ad assolvere il suo compito. Ed é fuori di dubbio, infatti, che questo regresso si sia prodotto nel corso della storia. Nata dalla religione, la scienza tende a sostituirsi ad essa per tutto quanto concerne le funzioni conoscitive e intellettuali»109.

Outline

Documenti correlati