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Parte I: La religione nelle società moderne tra secolarizzazione, de-

1. Religione e società moderne: le origini del problema

1.9 Religione e religiosità: le riflessioni di Simmel

La teoria della religione di George Simmel è legata strettamente ad una sua opera, dal titolo La religione, rimasta per lungo tempo quasi sconosciuta ai più, sia in Germania sia in Italia. Essa si basa su di una distinzione fra religiosità e religione che anticipa un punto di vista ampiamente accettato nella sociologia delle religioni contemporanea. Tali riflessioni sul tema della religione, per lo più, occupano un posto tutt’altro che marginale all’interno del pensiero sociologico generale di Simmel, e pertanto è da quest’ultimo che partiremo cercando di esporne in maniera sintetica i contenuti essenziali.

Nella teoria simmeliana, all’interno della realtà comprensibile, esistono una pluralità di mondi che convivono uno accanto all’altro, ognuno dei quali dotato di una specifica logica interna e di una propria verità. Pertanto, accanto al mondo della vita quotidiana, in cui viviamo concretamente come individui, esistono altri mondi come quelli della scienza, dell’arte, della filosofia e della religione. Gli individui esperiscono quotidianamente nelle loro esistenze la sovrapposizione incoerente di diversi frammenti di tali mondi. In questo senso, la vita, secondo Simmel, è definibile come un continuo conflitto fra le forme create dallo spirito e lo spirito stesso, fra ciò che diventa la rappresentazione stabile e cristallizzata in forme concrete di valori spirituali e la tendenza da parte dello spirito a non lasciarsi ingabbiare in esse, fra le forme delle

interazioni sociali e i loro intrinseci contenuti. Partendo da tale idea, Simmel, distingue, contrapponendole, religiosità e religione. La religiosità rappresenta la spinta vitale, un tipo di emozione particolare attraverso la quale l’uomo dà senso e valore al mondo esterno mentre la religione è definibile come l’incarnazione sociale che incapsula e costringe dentro schemi concreti, oggettivati e istituzionalizzati la prima. Per il nostro autore è la religiosità che produce la religione e non il contrario «Se questo

atteggiamento – egli infatti scrive - fin dall’inizio, dall’interno, è religioso, alla fine produce per così dire la religione come configurazione, nella quale la funzione religiosa ora arricchitasi di contenuti, ora strutturatasi solo grazie al contenuto, si è consolidata»110. Tale passaggio dalla religiosità alla religione viene spiegato da Simmel utilizzando la nozione di “pietà” che è un tipo di emozione che permette all’animo umano di intuire i legami sociali che legano gli uomini fra loro. Il nostro autore scrive a tal proposito: «La pietà è quella disposizione d’animo che diventa religione non appena

essa si proietta in figure particolari: nel nostro contesto è significativo che la “pietas” esprima l’atteggiamento pio tanto verso gli uomini che verso gli dèi»111. Noi crediamo che l’aspetto più importante da sottolineare nella teoria simmeliana, è il fatto che, dato il suddetto modo di distinguere ed intendere religiosità e religione si può dare il caso, come in effetti si dà, che esistano delle disposizioni d’animo classificabili come religiose che però non si concretizzano in forme oggettivate nella religione. Così come si può essere artisti senza creare opere d’arte allo stesso modo si può avere un animo religioso senza per questo aderire ad alcuna religione storicamente consolidata. In questo lungo ma bellissimo brano, Simmel, infatti, sostiene che: «La pietà, che al tempo

stesso è la religiosità ancora allo stato fluido, non ha bisogno di progredire verso la forma solidificata dell’atteggiamento verso gli dèi, cioè verso la religione. È un caso tipico che le disposizioni o le funzioni, che in base alla loro essenza logica ci portano al di là dell’anima, permangano tuttavia in essa e non si manifestano in alcun oggetto. Vi sono animi pieni di affetto, la cui intera esistenza e azione è tutta imbevuta della singolare dolcezza, calore e dedizione dell’amore e che tuttavia non sentono mai amore vero verso una singola persona; ci sono cuori cattivi per i quali ogni pensiero e desiderio scorre sul terreno di una disposizione d’animo crudele ed egoista, senza che questo si concretizzi in cattive azioni vere e proprie; vi sono nature artistiche il cui

110 Simmel G., La religione, Bulzoni, Roma, 1994, p. 63. 111 Ibidem, p. 75.

modo funzionale di concepire le cose, di vivere la vita, di dar forma alle proprie impressioni e sentimenti è di tipo assolutamente artistico e che invece non creeranno mai un’opera d’arte. C’è gente pia, che non rivolge la propria pietà verso alcun dio, cioè non a quella figura che non è altro che l’oggetto puro della pietà: nature religiose che non hanno una religione. Queste si troveranno tra coloro che vivono e sentono le situazioni di cui abbiamo parlato in senso religioso. Il fatto che le chiamiamo religiose si verifica naturalmente in quanto esiste la struttura della religione compiuta, nata da esse sole e sostanzialmente resasi autonoma, così come la cultura degli impulsi, delle disposizioni e della necessità, che in quelle condizioni originano del materiale sociale ed empirico»112. La religione è solo la manifestazione tangibile della religiosità, il suo corrispondente “materiale sociale ed empirico”, la “forma solidificata” del sentimento di

pietas. Come “forma solidificata”, tale sentimento, viene indirizzato nei confronti di un

oggetto individuato in un dio o negli uomini, permettendo alle società di trovare «nella

religione una potente metafora della coesione cui essa tende ma non realizza mai, dilaniata com’è dalla divisione e dalla competizione degli interessi individuali»113. In questo senso, intesa come immagine di un’unità più grande, la religione è un luogo entro il quale vengono prodotti valori simbolici che sulla vita terrena, in società, non trovano posto, ma che servono da stimolo per tentare di cambiare lo status quo con il fine di renderlo il più possibile simile a quella immagine irraggiungibile. Vorremmo inoltre evidenziare il fatto che, come conseguenza logica della teoria di Simmel, non è errato sostenere che sia possibile rinvenire un senso religioso della vita anche in individui che dal punto di vista della religione si dichiarano non credenti e anche in un’epoca come quella che andava delineandosi quando scriveva Simmel, un’epoca cioè in cui la secolarizzazione delle forme storiche di espressione della religiosità sembrava un processo già in atto. Come scrive Carlo Mongardini, nell’introduzione all’opera simmeliana presa in esame, «Se per Nietzsche Dio è morto, Simmel riscopre Dio

attraverso la religiosità, scavando dentro l’animo umano e scoprendo le differenze fra religiosità e religione, fra il senso della vita che aspira all’unità e all’unificazione nei confronti della natura, del mondo umano e del destino e le forme attraverso le quali questa unificazione si realizza. Queste forme, prodotte e demolite dalla modernità con una accelerazione crescente, lasciano emergere la forza vitale pura, dietro la quale si

112 Ibidem, p. 76.

nasconde il mistero di Dio: un Dio che, in quanto mistero indefinibile, viene collocato da Simmel al posto del Superuomo di Nietzsche»114. Se le forme attraverso le quali la religione tende a manifestarsi si presentano come secolarizzate nelle società moderne, allora il modo attraverso il quale riuscire a recuperare una traccia di trascendenza è probabilmente rappresentato dalla religiosità individuale, esperita privatamente.

1.10 La religione come fattore di cambiamento sociale e il disincantamento del

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