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Dalla definizione di movimento religioso alle prime teorizzazioni riguardanti

Parte I: La religione nelle società moderne tra secolarizzazione, de-

3. La differenziazione dell’offerta religiosa nelle società contemporanee: il caso

3.4 Dalla definizione di movimento religioso alle prime teorizzazioni riguardanti

In questo paragrafo proveremo innanzitutto a definire che cosa intendiamo per movimento religioso partendo però da un concetto preliminare rispetto a quello che a noi interessa in maniera specifica e cioè dal concetto più generale di movimento. Faremo ciò utilizzando una teoria tratta dalla letteratura sociologica classica e cioè la definizione idealtipica del potere carismatico di Weber. Per potere carismatico, si deve

348 Ibidem, p. 65. 349 Ibidem, p. 64.

intendere, secondo Weber, quel tipo ideale di potere che «poggia sulla dedizione

straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona, e degli ordinamenti rivelati o creati da essa»350. Il potere carismatico è un potere irrazionale e straordinario nel senso che «manca assolutamente di regole»351 poiché «conosce soltanto determinazioni interne e limiti tratti da se stesso»352. Esso è, inoltre, un potere che «si atteggia perciò in modo rivoluzionario, sovvertendo ogni cosa

e rompendo in modo sovrano con qualsiasi norma tradizionale o razionale»353 e, infatti, tipica del capo carismatico è la frase «sta scritto ma io vi dico »354. Ma all’interno della teoria weberiana possiamo anche individuare quello che è il passaggio dal momento straordinario incarnato dal potere carismatico al momento ordinario rappresentato dall’istituzionalizzazione del carisma. Ciò avviene nel momento in cui il tipo di relazione instaurata in maniera carismatica «non resta effimera ma acquista un

carattere durevole – dando luogo ad una “comunità” di compagni di fede, di guerrieri o di discepoli oppure ad un gruppo di partito o ad un gruppo politico o ierocratico – allora il potere carismatico che esisteva nella sua purezza tipico-ideale, per così dire, soltanto allo status nascendi, deve mutare in modo essenziale il proprio carattere: esso si trasforma in senso tradizionale o razionale (legale), oppure in entrambe queste direzioni»355. Da straordinario, irrazionale e imprevedibile il carisma si trasforma in un potere ordinario, razionale, cristallizzato in forme prevedibili, in altre parole si istituzionalizza. Proprio le dinamiche che si vengono a creare tra carisma e sua trasformazione in pratica quotidiana e tra carisma e potere precedentemente istituzionalizzato sono quelle che maggiormente interessano il nostro discorso in ordine ad una definizione di cosa sia un movimento. Tenendo in conto la teoria weberiana finora delineata possiamo sostenere che le caratteristiche del potere carismatico sembrano a noi adatte a definire in maniera idealtipica un movimento come una pluralità di soggetti, dediti al carattere sacro o alla forza eroica di un capo carismatico, i quali sovvertono l’ordine istituzionale costituito, rompendo in maniera irrimediabile col passato, con la tradizione. Caratteristica essenziale di un movimento è quella di trovarsi,

350 Weber M., op. cit., vol. I, 1995, p. 210. 351 Ibidem, p. 240.

352 Weber M., op. cit., vol. IV, 1995, p. 219. 353 Ibidem, p. 222.

354 Ibidem, pp. 222-223.

rispetto a ciò che è già istituzionalizzato, nella condizione dello status nascendi356, cioè nella condizione non cristallizzata del costituente rispetto a ciò che si è già costituito.

Passando da tale concetto a quello più specifico e a noi più utile di movimento religioso, sempre utilizzando Weber, possiamo affermare che un movimento religioso è un tipo particolare di movimento che si distingue, rispetto a quello precedentemente definito, in virtù di due principali caratteristiche. La prima è rappresentata dal fatto che il capo carismatico è individuabile in questo caso nella più specifica figura del profeta che secondo Weber, è «un portatore di carisma puramente personale, che annuncia in

forza della sua missione, una dottrina religiosa o un comando divino»357 ed è proprio in virtù di tale sua “vocazione personale” che egli si distingue dal sacerdote il quale «è al

servizio di una tradizione sacra, mentre il profeta esige autorità in conseguenza della sua rivelazione personale ed in virtù del suo carisma»358. Come si può notare, la definizione non distingue volutamente tra profeta come “rinnovatore di religioni” e profeta come “creatore di religioni” e cioè non fa riferimento al fatto se tale figura carismatica si faccia esclusivamente portatrice di «un’antica rivelazione o pretenda

invece di offrire rivelazioni del tutto nuove»359, poiché, secondo Weber, entrambe queste due opzioni rientrano nell’attività possibile del profeta. La seconda caratteristica che definisce in maniera specifica un movimento religioso rispetto ad un movimento sociale in generale è data dal fatto che la tradizione nei confronti della quale esso si contrappone, per stravolgerne o rinnovarne i contenuti, è una tradizione religiosa. Date queste caratteristiche, riassumendo, i movimenti religiosi sono quei tipi particolari di movimenti sociali caratterizzati da un particolare tipo di figura carismatica, il profeta, il quale, assieme ai suoi seguaci, tende a rompere con la tradizione religiosa istituzionalizzata dei suoi tempi per rinnovarla o per stravolgerla totalmente creando una nuova religione. Il dualismo carisma-istituzione, come detto precedentemente, rappresenta la base di partenza obbligata che ci ha permesso di definire i movimenti religiosi. Tale dinamica dicotomica tra movimenti religiosi e istituzioni, all’interno

356 L’autore che per primo e in maniera più compiuta ha rielaborato il concetto weberiano di

trasformazione del carisma in pratica quotidiana, integrandolo con le teorie di Marx, di Durkheim e di parte della psicoanalisi, per giungere ad una definizione concettuale dei movimenti collettivi, è stato Francesco Alberoni soprattutto nella sua opera Alberoni F., (1984), Movimento e istituzione. Teoria

generale, il Mulino, Bologna.

357 Weber M., op. cit., vol. II, 1999, p. 140. 358 Ibidem, p. 140.

della letteratura sociologica classica, a cominciare dallo stesso Weber, è stata tradotta, inizialmente, nel dualismo tra sette e chiese.

Secondo Weber «La Chiesa è un istituto per dispensare grazia, amministrare beni

religiosi di salvazione per fidecommesso al quale è obbligatorio (in teoria) appartenere, e non dà, quindi, alcuna indicazione delle qualità etiche dei membri, mentre una “setta” è una congregazione volontaria di individui, qualificati esclusivamente (in teoria) per le proprie idee etico-religiose. L’adesione è volontaria, condizionata unicamente dalla conferma delle qualità religiose»360. Và detto che tale generale distinzione, giocata sulla obbligatorietà (in teoria) dell’appartenenza alla chiesa da una parte e sulla volontarietà (ancora una volta in teoria) dell’adesione alla setta dall’altra, crediamo funzioni molto bene anche in relazione alla distinzione tra chiesa e movimenti religiosi, anche se bisogna tenere presente un’importante precisazione e cioè che rispetto ai movimenti religiosi di cui ci occupiamo nel nostro lavoro non è sempre possibile parlare di una loro netta contrapposizione nei confronti dell’istituzione chiesa, per lo meno non in maniera esplicita e aperta. Infatti, come abbiamo accennato precedentemente, all’interno del cattolicesimo, per esempio, si è assistito sul piano giuridico-formale ad un processo di assimilazione e inglobamento da parte della chiesa di tali movimenti. Fermo restando che la contrapposizione, invece, rimane per quanto riguarda i contenuti delle proposte religiose che nei due contesti vengono offerti, contenuti che a volte sembrano addirittura quasi contrapposti. Prima di passare al secondo autore che si è occupato della distinzione tra sette e chiesa vogliamo proporre altre quattro categorie concettuali proposte da Weber che risultano indispensabili per la lettura dei movimenti religiosi che vogliamo avanzare nel nostro lavoro. Ci stiamo qui riferendo ai differenti modi di approcciarsi al mondo da parte delle diverse religioni e cioè le categorie dell’intra ed extramondano e quelle del misticismo e dell’ascesi. Secondo Weber tali concetti esprimono i differenti atteggiamenti pratici che vengono assunti all’interno delle concezioni religiose in relazione ai differenti modi di concepire la ricerca della salvezza. L’agire ascetico risulta strettamente connesso con la concezione di un Dio creatore trascendente mentre quello mistico con una concezione spersonalizzata e immanente del divino. Nelle parole dello stesso Weber, da tali differenti concezioni sono scaturiti: «Da un lato, l’ascetismo attivo: un agire, voluto da

Dio stesso, in qualità di strumento divino. Dall’altro lato, il possesso contemplativo della salvezza proprio del misticismo, il quale implica un “avere” e non un agire»361, dove «La contrapposizione fra ascetismo e misticismo è radicale quando, da un lato,

l’ascetismo dell’agire si pone come istanza che plasma razionalmente il mondo, al fine di moderarne la corruzione creaturale, attraverso il lavoro esercitato all’interno di una “vocazione” mondana (ascesi intramondana) e, dall’altro, il misticismo trae la estrema conclusione di una radicale fuga dal mondo (fuga contemplativa dal mondo) »362. Ma, come sostenuto dal nostro autore, tale netta contrapposizione tende ad attenuarsi nel momento in cui «l’ascetismo attivo si limita a reprimere e a superare la corruzione

creaturale all’interno dell’attore e conseguentemente accentua la propria attenzione su quelle prestazioni redentrici che risultano stabilmente volute da Dio, fino al punto di evitare del tutto di agire negli ambiti mondani»363 e in questo caso avremo un tipo di ascetismo extramondano, e quando «il mistico contemplativo non giunge a trarre come

conseguenza la fuga dal mondo, ma rimane ancorato, come l’asceta intramondano, all’ambito mondano (misticismo intramondano)»364. È molto interessante notare come secondo il nostro autore l’ascetismo extramondano non sia però mai caratterizzato da una “fuga dal mondo”, come nel misticismo contemplativo extramondano, bensì da un “rifiuto del mondo” che implica comunque, sempre «la relazione interna negativa della

lotta ininterrotta con il “mondo”»365 e quindi mai un totale estraniarsi rispetto ad esso. Pertanto, riassumendo, nell’idea weberiana, i possibili atteggiamenti pratici relativi alla ricerca della salvezza possono essere, in senso ideal-tipico, almeno quattro: ascetismo intra e extra-mondano e misticismo intra e extra-mondano.

La distinzione individuata da Weber tra setta e chiesa, che noi interpretiamo come assimilabile a quella tra movimento e istituzione, è stata ripresa da moltissimi altri autori.

Un primo esempio è quello di H. R. Niebhur366 che nel suo lavoro The social

Sources of Denominationalism, pubblicato per la prima volta nel 1929, occupandosi dei

processi che portano alla trasformazione delle sette in chiese, sostiene che i gruppi

361 Weber M., op. cit., 2002, pp. 46-47. 362 Ibidem, p. 47.

363 Ibidem, p. 47. 364 Ibidem, p. 47.

365 Weber M., op. cit., vol. II, 1999, p. 233.

366 Niebhur H. R., The Social Sources of Denominationalism, The World Publ. Co., Cleveland (N. Y.),

religiosi rimangono nella forma settaria solo per una generazione e in seguito si istituzionalizzano per almeno tre motivi principali:

1) gli effetti generazionali: la seconda e le successive generazioni nate all’interno del movimento non condividono il fervore dei membri originari poiché non hanno vissuto i conflitti con lo status quo che tipicamente sorgono nel momento in cui una setta nasce;

2) mobilità sociale verso l’alto e conseguente integrazione sociale: il duro lavoro e la gratificazione differita conducono la setta al successo economico e alla crescente rispettabilità sociale dei suoi membri con la conseguente difficoltà a mantenersi incontaminati dai modi di vita e dai valori della società circostante;

3) la routinizzazione del carisma e la burocratizzazione: man mano che la setta cresce dal punto di vista dimensionale al suo interno si sviluppa, inevitabilmente, la tendenza alla specializzazione e professionalizzazione delle figure direttive le quali si sostituiscono all’originario capo carismatico.

Anche Ernest Troeltsch è debitore nei confronti di Weber per ciò che concerne la sua lettura dei rapporti tra chiesa e gruppi religiosi367, i quali ultimi, anche in questo caso, vengono definiti attraverso il concetto di setta. Nell’idea di Troeltsch ciò che innanzitutto distingue queste due forme di organizzazione religiosa è rappresentato dalla differente dottrina sociale che le caratterizza, nel senso che quella della «Chiesa, in

quanto istituto universale di grazia e di redenzione, fornito di verità assoluta e autoritaria e di potere sacramentale miracoloso, accoglie in sé gli ordinamenti mondani, derivanti dal diritto naturale relativo e adattati alle condizioni dello stato di peccato, quali stadii inferiori e preparatori naturali della moralità della grazia e del miracolo, dell’ordinamento mondiale spirituale-gerarchico»368 mentre l’essenza della setta è contraddistinta dal fatto che «la comunione religiosa genera puramente dal

Vangelo e dalla legge di Cristo l’ideale sociale, e ripone il suo carattere cristiano e la sua santità nel collegamento e nella prassi degli individui, non nelle garanzie obbiettive dell’istituto; quindi non riconosce in generale gli ordinamenti, gruppi, valori exstracristiani, ma o li evita e li esclude da sé in silenziosa e paziente rinuncia al

367 In Le sette e lo spirito del capitalismo, è lo stesso Weber, in nota, a ricordare che il suo concetto di

setta è stato con sua «grande gioia ripreso e ampiamente trattato da Troeltsch nel suo libro: Le dottrine

sociali delle chiese» (Weber M., op. cit., 1977, p. 59 all’interno della nota 1).

368 Troeltsch E., Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani, vol. II, La nuova Italia, Firenze,

mondo, o li combatte con l’assalto entusiastico-escatologico e li sostituisce con un ordinamento puramente cristiano»369. Pertanto, innanzitutto, la differenza sostanziale è giocata sul differente modo di relazionarsi al mondo circostante, nel senso che mentre nella chiesa viene favorita l’accettazione, nella setta si tende verso il rifiuto che può tradursi o in una lotta perenne o nella rinuncia al mondo. Troeltsch ribadisce questa posizione, arricchendola, quando sostiene che «Ciò che per il nostro assunto è decisivo

è la differenza sociologica fondamentale tra l’istituto e l’associazione, e la connessa differenza tra le due etiche, per cui gli uni integrano l’etica cristiana e diventano con ciò capaci di dominare le masse, mentre gli altri respingono l’integramento e restano quindi limitati a piccoli gruppi pazienti e rivoluzionari. Gli uni accettano un’etica naturale diversa dalla norma cristiana, gli altri la respingono. Gli uni considerano la “natura” come alcunché di diverso dalla grazia, ma da questa organizzabile, gli altri considerano la “vera natura” come identica con la grazia, e rifiutano la natura decaduta in quanto affatto inconciliabile con la grazia»370. Riassumendo, secondo Troeltsch, chiesa e setta possono essere distinte definendole, rispettivamente, la prima come «l’istituto di salvazione e di grazia, dotato del risultato dell’azione redentrice,

che può accogliere masse e adattarsi al mondo, perché fino a un certo punto può fare a meno della santità soggettiva e compensarla col tesoro oggettivo della grazia e della redenzione»371 e la seconda, invece, come una «libera riunione di Cristiani rigidi e

coscienti, che si raccolgono insieme come veracemente rigenerati, si separano dal mondo, restano limitati a piccoli gruppi, invece della grazia insistono sulla legge e nel loro gruppo instaurano con maggiore o minore radicalismo l’ordine cristiano della vita inspirato all’amore, tutto ciò come avviamento e nell’attesa dell’imminente regno di Dio»372.

Bisogna altresì ricordare che, secondo Troeltsch, accanto alla chiesa e alla setta, esiste un terzo tipo di aggregazione religiosa, il misticismo, ossia un tipo di esperienza religiosa che può prescindere, e spesso in effetti prescinde, dal formalismo dogmatico sia della chiesa sia della setta e che nelle parole dello stesso autore, è definito come nient’altro «che la spinta verso l’immediatezza, interiorità e presenzialità

369 Ibidem, pp. 1-2. 370 Ibidem, pp. 3-4. 371 Ibidem, p. 684. 372 Ibidem, p. 684.

dell’esperienza religiosa»373. In altre parole, il misticismo rappresenta «la riduzione a

interiorità e immediatezza del mondo d’idee consolidatosi nel culto e nella dottrina, che diventa possesso puramente personale e interiore dell’animo, intorno a cui possono soltanto formarsi gruppi fluidi e determinati affatto personalmente, mentre del resto del culto, dogma e riferimento storico tendono ad evaporizzarsi»374.

Con Troeltsch si conclude il nostro excursus all’interno delle teorie classiche sui rapporti tra istituzioni ecclesiastiche e gruppi religiosi (denominati nei casi specifici come sette). Adesso passiamo alle letture che invece si sono occupate, in maniera più precisa, dell’interpretazione di quelli che sono stati denominati come nuovi movimenti religiosi e cioè quei particolari movimenti che si sono affermati nel mondo a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta.

3.5 Mutamenti sociali, differenziazione dell’offerta religiosa e “nuovi movimenti

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