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Un breve excursus nel pensiero di De Martino: la secolarizzazione intesa come

Parte I: La religione nelle società moderne tra secolarizzazione, de-

2. Dal dibattito sulla secolarizzazione alle teorie contemporanee sul re-incanto

2.7 Un breve excursus nel pensiero di De Martino: la secolarizzazione intesa come

La lettura che intendiamo ora proporre appare vagamente legata a quella della scomparsa del riferimento al soprannaturale nelle società occidentali contemporanee elaborata da Berger. La lettura in questione è quella della fine del mondo di Ernesto De 221 Ibidem, p. 246. 222 Ibidem, p. 246. 223 Ibidem, p. 247. 224 Ibidem, p. 247. 225 Ibidem, p. 249.

Martino. Secondo questo autore «Nella vita religiosa dell’umanità il tema della fine del

mondo appare in un contesto variamente escatologico, cioè come annunzio di un definitivo riscatto dei mali inerenti alla esistenza mondana: si pensi alla ottuplice via del Budda per attingere la beatitudine del nirvana, al piano della storia della salvezza della tradizione giudaico-cristiana, ai millenarismi di cui è disseminata la storia dell’occidente, ai movimenti escatologici dei popoli cosiddetti primitivi nei secoli XIX e XX. L’attuale congiuntura culturale dell’occidente conosce invece il tema della fine al di fuori di ogni orizzonte religioso di salvezza, e cioè come nuda e disperata presa di coscienza del mondano “finire”»226. Pur ammettendo che «Senza dubbio l’attuale

congiuntura culturale dell’occidente non si esaurisce in questo tema disperante e disperato, e anche quando se ne lascia sfiorare o toccare o addirittura investire con soffio di tempesta reagisce variamente al suo mortale richiamo: tuttavia il momento dell’abbandonarsi senza compenso al vissuto del finire costituisce innegabilmente una disposizione elettiva della nostra epoca»227. Come si può evincere da questi passi tratti dall’opera postuma, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, secondo De Martino, la fine del mondo, in occidente, tende sempre di più a coincidere con una fine senza possibilità di riscatto, senza escaton. Sia ben chiaro, De Martino non sostiene in questo contesto che la tematica di un’apocalisse senza escaton venga fomentata dalle tradizioni religiose, bensì che essa rappresenta una presa di coscienza sempre più diffusa nel modo di pensare della gente. E infatti egli sostiene che il successo di tanti prodotti letterari in cui domina questo tema «testimonia in quale

misura essi trovino rispondenza nella disposizione degli animi, e quindi come sia diffusa la sensibilità cui si richiamano»228. E allora, il terrore per la fine che tende a dominare all’interno della cultura occidentale non è più quello legato all’idea religiosa con la sua possibilità di ripresa, bensì alla minaccia della dissoluzione di un’intera civiltà. Esso, da questo punto di vista, è costituito dal terrore di una vera e propria apocalisse culturale e la minaccia di una guerra nucleare rappresenta allo stesso tempo la realtà e il simbolo di un’intera società che può totalmente disperdersi nel nulla. «La

“guerra nucleare” – scrive infatti De Martino – è una breve catena di delitti veramente perfetti, che nessuno scoprirà mai per la semplice ragione che nessuno resterà per

226 De Martino E., op. cit., Einaudi, 2002, p. 467. 227 Ibidem, p. 470.

scoprirli, o nessuno potrà farsene giudice, scagliando la prima pietra»229. La razionalizzazione del mondo e l’affermarsi del progresso scientifico hanno comportato infiniti benefici ma anche rischi terribili per le società contemporanee. «La guerra

nucleare – scrive ancora De Martino – è la fine del mondo non come rischio o come simbolo mitico-rituale di reintegrazione, ma come gesto tecnico della mano, lucidamente preparato dalla mobilitazione di tutte le risorse della scienza nel quadro di una politica che coincide con l’istinto di morte»230. La possibilità di una dissoluzione totale, impersonale e asettica dell’intera civiltà umana rappresenta un rischio concreto che accompagna la vita dell’uomo moderno. La scienza, per dirla con Comte, è la nuova religione dell’umanità, una religione che reca con sé la minaccia di un’apocalisse senza riscatto che pertanto si accende, brucia e si consuma tutta in ambito terreno. Basta la pressione di un dito su di un tasto per rendere concreta un’apocalisse secolarizzata privata com’è di ogni possibilità di escaton che invece caratterizzava l’apocalisse di tipo cristiana. La paura dominante, all’interno delle società occidentali, è ormai, secondo De Martino, la paura delle dissoluzione definitiva del proprio orizzonte culturale.

Strettamente legata a questa lettura appare la concezione della religione di De Martino e cioè una concezione entro la quale svolge un ruolo fondamentale il concetto di rito. Secondo De Martino, infatti, la religione può essere definita come «una tecnica

per: a) destorificare il passaggio critico; b) riprendere la alienazione della presenza; c) reintegrare la presenza nella storia »231 dove la tecnica in questione è quella mitico- rituale. In particolare, nella teoria demartiniana, il rito può essere definito come la reiterazione di un mito entro il quale è stata superata un’originaria crisi della presenza232. La logica che sottende a questo tipo di discorso è la seguente: ogniqualvolta mi trovo di fronte ad un momento critico dell’esistenza tento di superarlo ripetendo quell’insieme di pratiche (il rito) che originariamente furono utilizzate per superare quel

229 Ibidem, p. 476. 230 Ibidem, p. 476. 231 Ibidem, p. 663.

232 Per presenza, De Martino, in Il mondo magico (De Martino E., Il mondo magico, Boringhieri, Torino,

1986) intende la consapevolezza del proprio esserci nel mondo, della propria esistenza, la coscienza di sé. Tale consapevolezza, presso i popoli “primitivi” era molto labile poiché anche un colpo di vento veniva percepito come una possibile minaccia del proprio esserci nel mondo, come un momento critico della propria esistenza che andava superato attraverso una serie di riti che ripetevano un momento tipico-ideale in cui tale momento critico era già stato superato. In Sud e magia (De Martino E., Sud e magia, Feltrinelli, Milano, 2003) il concetto di presenza viene attualizzato e la crisi della presenza diviene una possibile crisi esistenziale, un qualsiasi momento critico della vita (per es. il tentativo di conquistare un amore, un esame da sostenere, una malattia) da superare attraverso i riti religiosi.

medesimo momento in un passato situato nella metastoria (il mito). Riconducendo i momenti critici dell’esistenza a quell’ordine superiore, metastorico, in cui ogni negatività è già stata superata, secondo De Martino, «si instaura un regime protetto di

esistenza, che per un verso ripara dalle irruzioni caotiche dell’inconscio e per un altro verso getta un velo sull’accadere e consente di “stare nella storia come se non ci si stesse”»233. Il forte accento posto sul rito inteso come modo attraverso il quale superare i momenti critici dell’esistenza concreta e quotidiana a nostro avviso implica una concezione della religione in cui il richiamo ad una vita dopo la morte, all’escaton, detiene un’importanza del tutto secondaria. La religione, in De Martino, è un fenomeno legato soprattutto ai bisogni concreti dell’esistenza. Noi crediamo che tale idea della religione e della secolarizzazione, evidenziata attraverso la teoria di De Martino, sia molto importante per il nostro discorso, poiché si collega fortemente ad una delle caratteristiche principali dei nuovi movimenti religiosi e in particolare di CL e cioè la loro capacità di offrire ai propri membri un tipo di religiosità che punta innanzitutto a migliorare la qualità della vita mondana, offrendo un prodotto legato maggiormente ai bisogni terreni e secolarizzati e tenendo, probabilmente, in secondo piano proprio il riferimento all’escaton, al riscatto ultraterreno234.

2.8 Le riflessioni sulla secolarizzazione legate alla nozione di sacro: Bellah, Eliade e

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