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Parte II: Le religioni alla riconquista del mondo secolarizzato: il caso d

4. Comunione e Liberazione: storia di un movimento religioso alla riconquista

4.7 I rapporti fra CL e la Chiesa ufficiale: letture sociologiche

Come ha evidenziato Alberoni, «Per comprendere che cosa sia stata Comunione

e Liberazione bisogna studiare il modo con cui le grandi istituzioni come la Chiesa e il Pci riescono a impadronirsi dell’energia dei movimenti collettivi trascinando ciò che in un primo tempo si rivolge contro di loro in qualcosa che li alimenta e dà loro forza e vigore»643. In altre parole, l’oggetto di analisi di questo paragrafo, è rappresentato dall’evoluzione dei rapporti che si sono venuti ad instaurare tra CL e la Chiesa ufficiale partendo da un’iniziale conflittualità, neanche tanto latente, fino ad arrivare all’integrazione. Le origini dell’iniziale conflittualità sono innanzitutto da ricercarsi nella pretesa di CL di rappresentare la maniera più autentica dell’essere chiesa644, anche rispetto agli altri movimenti e associazioni presenti all’interno del cattolicesimo. Confermando tale interpretazione, infatti, Giussani sosteneva che le persone formatesi in CL «sanno diventare intelligentemente e generosamente adulte nella fede, e con un

senso della Chiesa che di rado vedo percepito e vissuto altrove»645. Il messaggio di riforma di CL è rappresentato, innanzitutto, dal nuovo modo di vivere la religiosità che viene proposto al suo interno. Esso, come abbiamo visto viene inteso come esperienza comunitaria, come esperienza totale che incide all’interno di ogni ambito della vita degli individui e che pertanto si discosta, in maniera irriducibile, dalla religiosità di Chiesa che invece si riduceva e continua a ridursi, il più delle volte, ad una mera «partecipazione di massa al culto cattolico, dovuta spesso a forza d’inerzia»646 e

643 Alberoni F., Movimenti sociali e società italiana, in Carboni C., ( a cura di), Classi e movimenti in Italia 1970-1985, Laterza, Roma-Bari, 1986, p. 134.

644 Pace E., op. cit., 1998, p. 148.

645 Ronza R., (a cura di), op. cit, 1976, p. 208. 646 Ibidem, p. 15.

«all’osservanza precettistica di alcuni pochi comandamenti»647 e cioè ad un tipo di religiosità praticata esclusivamente in alcuni momenti prestabiliti della vita privata delle persone (per es. il momento della messa domenicale), senza alcuna possibilità di divenire una proposta culturale totale, una fonte reale di orientamento dell’agire quotidiano. La consapevolezza di tale differenza di fondo tra la religiosità come viene generalmente vissuta dalla maggioranza dei cristiani al di fuori di Cl e come invece andrebbe vissuta, così come avviene all’interno del movimento fondato da Giussani, crediamo si possa evincere anche da queste poche righe tratte da un’intervista al leader dei ciellini apparsa sul Corriere della Sera del 15/10/2004, a cura di Gian Guido Vecchi, dove si legge che «bisognerebbe correggere l’impostazione solita con cui si concepisce

la fede. Tutto l’inizio nuovo dell’esperienza cristiana - e quindi di ogni rapporto - non si genera da un punto di vista culturale, quasi fosse un discorso che si applica alle cose, ma avviene sperimentalmente. È un atto di vita che mette in moto tutto. L’inizio della fede non è una cultura astratta ma qualcosa che viene prima: un avvenimento. La fede è presa di coscienza di qualcosa che è accaduto e che accade, di una cosa nuova da cui tutto parte, realmente. È una vita e non un discorso sulla vita»648. Pertanto, la maniera più autentica di vivere la fede, per Giussani, appare essere esclusivamente quella in cui l’esperienza cristiana viene intesa come “un atto di vita che mette in moto tutto” e cioè attraverso quel modo di vivere la religiosità che si realizza all’interno di CL. Ma il rapporto conflittuale con la Chiesa ufficiale non si riduce alla sola proposta religiosa, poiché investe l’intero modo di intendere una comunità religiosa ideale entro la quale è possibile essere autenticamente cristiani. Infatti, contro le rigidità tipiche delle organizzazioni ufficiali quali la Chiesa, Giussani, sin dalle origini, sosteneva l’importanza di «affermazione di quella libertà della coscienza che è un tratto

caratteristico di qualsiasi esperienza ecclesiale autentica, e che anzi proprio in tale ambito trova il massimo della propria espressione»649 poiché «Per sua natura, infatti,

un’organizzazione ufficiale non è in grado di contenere e di esprimere tutta la grande e multiforme ricchezza di un’esperienza di vita cristiana»650 e di «dare spazio senza

discriminazioni a tutti i carismi che emergono dalla base della Chiesa, certamente in

647 Ibidem, p. 15.

648 Vecchi G. G., (intervista a cura di), Giussani. Io e i ciellini. La nostra fede in faccia al mondo”, in Il Corriere della Sera del 15/10/2004.

649 Ronza R., (a cura di), op. cit, 1976, p. 93. 650 Ibidem, p. 93.

funzione dell’unità ecclesiale»651. Da questo punto di vista, l’utilità dei movimenti, secondo Giussani, consiste proprio nel «riportare la vita nella casa dell’istituzione e

quindi di renderla vera dimora»652 e pertanto, compito della Chiesa, è quello di dare loro spazio, riconoscendoli ed inglobandoli al suo interno poiché «un movimento nella

Chiesa è come un figlio che può essere indesiderato ma che non si può abortire»653. E in effetti, l’esperienza di CL si è proprio contraddistinta per il suo porsi innanzitutto come un corpo quasi estraneo e malvisto all’interno dell’ambiente ecclesiale, come “un figlio indesiderato”, sfociando, in seguito, nel riconoscimento formale e l’inglobamento da parte della Chiesa stessa. Come ha scritto Alberoni «Comunione e Liberazione è

nata, come tanti altri gruppi del dissenso cattolico, da una esigenza di purificazione evangelica della Chiesa ma, a differenza di tutti gli altri gruppi che dopo una certa fase si sono dissolti o si sono convertiti al marxismo, questo, sotto la leadership carismatica di don Giussani, non ha abbandonato il papato. La sua natura profonda è perciò quella stessa del dissenso e arriverei a dire di lotta continua, però trasformata in un ordine come quello di San Francesco o di San Domenico»654.

D’altra parte, vogliamo ribadire che, come abbiamo visto soprattutto nell’ultimo paragrafo del capitolo precedente, l’iniziale contraddittorietà dei rapporti fra istituzione ecclesiastica e movimenti ha caratterizzato, in maniera abbastanza generalizzata, la maggior parte dei processi di innovazione che hanno investito la storia del cattolicesimo. Come ha scritto Bova, infatti, «la maggiore vitalità della presenza

ecclesiale si oggettiva laddove esistono capacità innovative particolari (carismi locali) che, pur ponendosi inizialmente come “altro” rispetto all’organizzazione preesistente di chiesa, si strutturano in spazi e con metodi di “frontiera” ma pur sempre radicati o sussumibili nell’esperienza cattolica»655. Dopo un’iniziale conflittualità si passa in seguito alla sussunzione da parte dell’istituzione ecclesiastica dell’esperienza carismatica innovativa poiché «L’istituzione, riconoscendolo, offre solidità al carisma,

mentre questo ultimo garantisce la possibilità per l’istituzione di riprodurre la sua presenza di fronte al mutare delle condizioni di contesto e di fronte alle sfide che il

651 Ibidem, p. 93.

652 Di Martino C., (a cura di), op. cit., 1993, p. 61. 653 Ibidem, p. 62.

654 Alberoni F., op. cit., in Carboni C., op. cit., 1986, p. 136. 655 Bova V., op. cit., 1999, p. 53.

particolare pone per verificare l’adeguatezza e la storicità dell’universale»656. Ma il riconoscimento formale e la sussunzione da parte dell’istituzione non significano anche azzeramento delle differenze concernenti il tipo di proposta religiosa contenuta nei due diversi contesti che, in effetti, come nel caso di CL, possono persistere e, pertanto, uno degli aspetti che sarà interessante approfondire, all’interno della nostra analisi empirica, è il modo attraverso il quale i singoli membri di CL percepiscono tale contraddittorio modo di porsi del movimento cui appartengono nei confronti della Chiesa. Concludendo, se la differenziazione delle proposte all’interno del cattolicesimo è fonte di arricchimento per il cattolicesimo stesso lo è solo nella misura in cui tale differenziazione non si traduce in un contrasto insanabile ma in possibilità concreta di convivenza di più voci animate, pur nelle loro specificità, dal medesimo scopo: l’ampliamento di un’offerta religiosa che, in ogni caso, per ciò che concerne l’elemento identitario originario, deve rimanere unitaria. Pertanto, la parola d’ordine, per ciò che concerne i rapporti fra i diversi movimenti e fra questi e la chiesa, deve essere in ogni caso quella della collaborazione poiché «Se la diversità arrestasse la collaborazione,

significherebbe che l’attaccamento ad aspetti particolari prevaricherebbe l’amore alla Chiesa come tale»657, cosa che, per Giussani, non deve mai verificarsi.

Conclusasi questa parte dedicata al movimento inteso come corpo unico, passeremo adesso all’analisi delle interviste partendo da un tentativo di ricostruzione delle tappe fondamentali che hanno contraddistinto il cammino che ha portato i nostri intervistati all’entrata dentro CL.

656 Ibidem, p. 53.

657 Giussani L., Un caffè in compagnia. Conversazioni sul presente e sul destino con Renato Farina,

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