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Un breve excursus all’interno della concezione della religione di Freud

Parte I: La religione nelle società moderne tra secolarizzazione, de-

1. Religione e società moderne: le origini del problema

1.7 Un breve excursus all’interno della concezione della religione di Freud

Secondo Sigmund Freud, le rappresentazioni religiose, dal punto di vista della loro origine psichica, «non sono precipitati dell’esperienza o risultati finali del

pensiero, sono illusioni, appagamenti dei desideri più antichi, più forti, più pressanti dell’umanità; il segreto della loro forza è la forza di questi desideri»82. Il desiderio principale dell’uomo è rappresentato da quello di trovare protezione rispetto a tutti i pericoli presenti nella vita. Tale desiderio trae la sua origine dal perdurare, anche in età adulta, del bisogno di protezione avvertito dal bambino di fronte alla «terribile

impressione di impotenza»83 che egli sperimenta nei confronti del mondo circostante. Se il bambino trova soddisfacimento a questo bisogno attraverso la protezione fornitagli dal padre, allo stesso modo, l’uomo adulto tende a crearsi una nuova figura paterna, molto più potente di quella reale, che continuerà a proteggerlo durante tutta la sua intera esistenza. Tale identificazione tra il padre reale e quello creato dalle proprie illusioni, secondo Freud, è talmente forte che egli giunge ad affermare che «il dio si configura

per ognuno secondo l’immagine del padre, che il rapporto personale di ognuno con dio dipende dal rapporto con il padre carnale, oscillando e trasformandosi parallelamente a esso, e che in fondo il dio non è altro che un padre a livello più alto»84. In effetti, nella concezione freudiana, la stessa origine della religione risulta strettamente collegata ad un rapporto ambivalente dei figli con la figura paterna. La prima forma di religione è stata, secondo Freud, quella totemica «con la sua venerazione di un sostituto paterno,

con l’ambivalenza mostrata nel pasto totemico, con l’istituzione di celebrazioni commemorative, di divieti la cui trasgressione era punita con la morte»85. Tutto nasce dall’uccisione del padre da parte dell’orda dei fratelli scacciati dalla comunità originaria. Dopo l’uccisione il padre viene divorato crudo dai suoi figli nell’intento di

82 Freud S., L’avvenire di un’illusione, in Freud S., op. cit., 1997, pag. 170. 83 Ibidem, pag. 170.

84 Freud S., Totem e tabù, Mondadori, Milano, 2006, p. 173.

85 Freud S., Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica, in Freud S., L’uomo Mosè e la religione monoteistica. Tre saggi, Boringhieri, Torino, 2006, p. 94.

«assicurarsi l’identificazione con lui incorporando un pezzo di lui»86. In seguito, però, la memoria del padre sopravvisse attraverso la scelta, come animale totemico, di un animale robusto e temuto che ne rappresentava il sostituto. L’alleanza fraterna, nel rapportarsi a questo animale totemico mantenne «interamente la dicotomia originaria

della relazione emotiva col padre (ambivalenza). Da un lato il totem valeva come progenitore carnale e genio tutelare del clan, doveva essere venerato e protetto; dall’altro fu istituita una solennità in cui gli era riservato il destino toccato al padre primigenio. Esso veniva ucciso e consumato da tutti i membri della tribù, insieme»87. Strettamente collegata a questa lettura, appare l’interpretazione di Freud del Cristianesimo. Secondo Freud la morte di Cristo non è la morte di un innocente, ma di un colpevole che vuole pagare la sua colpa originaria, o meglio il suo “peccato originale” rappresentato dall’uccisione del padre, del Dio-Padre. È molto interessante notare che il risultato finale cui giunge il Cristianesimo mostra in maniera evidente «l’ambivalenza che domina il rapporto paterno»88 nella misura in cui essa «Volta

apparentemente alla riconciliazione con Dio Padre, finì col detronizzarlo e sopprimerlo. Il giudaismo era stato una religione del Padre, il cristianesimo diventò una religione del Figlio»89.

Dal punto di vista sociale la principale funzione della religione è storicamente stata quella di contribuire a «domare le pulsioni asociali in misura notevole»90 imponendo, tra l’altro, divieti e tabù, quali quelli dell’incesto e dell’omicidio finalizzati alla realizzazione di una pacifica e duratura convivenza fra gli uomini.

Tuttavia, secondo Freud, la religione, proprio perché apporta tali restrizioni ossessive, rappresenta una forma di nevrosi ossessiva universale91 e infatti, per esempio, nel saggio Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica egli sostiene che: «il nostro

lavoro ci porta a un risultato che riduce la religione a una nevrosi dell’umanità e spiega il suo formidabile potere allo stesso modo della coazione nevrotica di nostri singoli pazienti»92. Ma proprio perché paragonata ad una forma di nevrosi universale scaturita, come quella del bambino, dal complesso edipico, cioè dalla relazione con il

86 Ibidem, p. 93. 87 Ibidem, pp. 93-94. 88 Ibidem, p. 99. 89 Ibidem, p. 99.

90 Freud S., op. cit., 1997, pag. 177. 91 Ibidem, p. 183.

padre, la religione sembra prima o poi destinata ad estinguersi, a venir superata così come vengono superate le fasi di nevrosi dei bambini. Freud sostiene, infatti, che «Stando a tale concezione, é da prevedere che l’abbandono della religione debba aver

luogo con l’inesorabilità fatale di un processo di crescita e che ora ci troviamo in pieno proprio in questa fase di sviluppo»93. Una sostanziale spinta che tenderà a favorire tale processo di crescita è rappresentata, secondo Freud, dallo sviluppo dello spirito scientifico che «di fronte alle cose della religione sosta un attimo, esita, da ultimo

anche qui varca la soglia. In questo processo non c’é interruzione, quanto maggiore é il numero di uomini cui i tesori del nostro sapere diventano accessibili, tanto più si diffonde il rifiuto della fede religiosa»94. Da questo punto di vista, le teorizzazioni freudiane relative alla religione si inscrivono ancora all’interno di quel quadro di riferimento di tipo positivistico entro il quale religione e modernità, e, soprattutto, religione e sviluppo della razionalità scientifica sono visti come termini antitetici e inconciliabili il cui reciproco interelazionarsi non può che sfociare nella morte della religione e l’affermarsi definitivo dello spirito scientifico.

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