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4 - Le basiliche circiformi

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 86-95)

I SANTUARI DI R OMA

III. 4 - Le basiliche circiformi

Presso i sepolcri venerati di Roma, Costantino e i suoi discendenti finanziarono la costruzione di basiliche funerarie d’impianto circiforme, col proposito di far fronte all’afflusso sempre più massiccio di pellegrini e di organizzare nuovi spazi di sepoltura estremamente privilegiati (fig. 139). Le circiformi furono edificate su terreni di proprietà imperiale, lungo le principali strade consolari: S. Lorenzo sulla via Tiburtina (330-350); S. Agnese sulla Nomentana (337-351); SS. Marcellino e Pietro sulla Labicana (315-330 ca.); basilica anonima di Tor de’ Schiavi sulla Prenestina (costantiniana o della seconda metà del IV sec.); basilica di papa Marco sull’Ardeatina (336 ca.); Basilica Apostolorum, poi S. Sebastiano, sull’Appia (oscillazione tra il 320 e il 340) (fig. 140)196. In realtà, la mancanza di informazioni storiche

194

Sulla Hyerusalem: ROPERTI 2003, pp. 36-37; FIOCCHI NICOLAI 2001, pp. 52-53; KRAUTHEIMER 1986, p. 48.

195 DAVID 2012, p. 687, invece, ritiene le reliquie della croce fossero state collocate nella Cappella di Elena.

196 Per un inquadramento generale delle basiliche circiformi romane: SCORZA BARCELLONA 2005, pp. 124-129; FUSCO 2004, pp. 10-28; FIOCCHI NICOLAI 2003, p. 35;PERGOLA 2002, pp. 141-142; 149; 164; 183-184; FIOCCHI NICOLAI 2001, pp. 57-59; LA ROCCA 2000, p. 210; KRAUTHEIMER 1986, pp. 53-57;MARINONE 2003, pp. 27-28;

Christiana Loca 2001, pp. 115-123. Sulla basilica dell’Ardeatina, in particolare: FIOCCHI NICOLAI 1996, pp. 69-139; DI LIELLO 2003, pp. 112-113; Christiana Loca 2001, pp. 117-121. Sui SS. Marcellino e Pietro: GUYON

1987, pp. 207-260; DI LIELLO 2003, pp. 116-117. Su S. Agnese: VENTURINI 2004, pp. 29-40; PAVOLINI 2004, pp. 126-144; DI LIELLO 2003, pp. 119-121; MAGNANI CIANETTI,PAVOLINI 2001, pp. 466-470. Su S. Lorenzo: DI

87 sull’edificio prenestino ne rende sconosciuta la dedicazione e, poiché non è documentata alcuna relazione con un santuario, è stata messa in dubbio perfino la sua valenza cristiana. Stando al Liber Pontificalis, invece, S. Agnese, S. Lorenzo e i SS. Marcelino e Pietro sono ricondotti all’iniziativa di Costantino, all’epoca di papa Silvestro (I, p. 180), mentre la basilica dell’Ardeatina fu fondata da papa Marco, ma con il contributo dell’imperatore (I, p. 202)197

. La famiglia imperiale ci teneva a palesare il proprio evergetismo. Nella basilica di S. Agnese, infatti, nell’abside o sull’arco trionfale, campeggiava l’iscrizione marmorea in versi in cui si ricordava che fu Costantina, a sue spese, a dedicare l’edificio (ICUR VIII 20752)198

. Nell’Apostolorum, invece, inciso sulla soglia dell’ingresso all’atrio, è stato rinvenuto il monogramma costantiniano, forse attribuibile Costante (fig. 141).

iii.4a - Caratteristiche architettoniche

Le basiliche circiformi, lunghe tra gli ottanta e i cento metri, erano caratterizzate da una specifica planimetria “a deambulatorio”, con le navate laterali che avviluppavano l’abside componendo un ambulacro continuo, una forma che chiaramente alludeva a quella dei circhi (fig. 142). A differenza che negli altri casi, nell’Apostolorum le navate si raccordano tra loro anche presso la facciata, mediante una navata trasversale che ricorda un endonartece.

Trattandosi di edifici di grosse dimensioni, si dovette ricorrere talvolta ad interventi di livellamento analoghi a quelli che interessarono la basilica di S. Pietro, evidenziati chiaramente proprio sull’Appia. La separazione tra navata centrale e deambulatorio era ottenuta per mezzo di pilastri in laterizio sorreggenti archi, con l’eccezione di S. Lorenzo, dove si riscontrano colonne ed architravi di spoglio (fig. 143). Un triforio di delimitazione dell’esedra costituito da arcate sorrette da pilastri era forse presente negli impianti dell’Apostolorum, Tor de’ Schiavi e S. Marco, come documentano le strutture trasversali congiungenti i due pilastri delle navate laterali, prossimi alla curva absidale (figg. 144-145). Nella Basilica Apostolorum, le quattro basi rinvenute sotto il pavimento, presso l’esedra, potrebbero essere servite a sorreggere una sorta di presbiterio rialzato.

L’ingresso principale delle basiliche era sempre ad Oriente, con la parete di facciata obliqua (con orientamenti differenti), forse per accentuare la somiglianza con la pianta dei circhi, i cui

carceres erano inclinati (fig. 146). Non si può escludere, tuttavia, che tale peculiarità debba

essere imputata alla conformazione dei terreni o all’intenzione di allinearsi alle strade adiacenti. La facciata era solitamente preceduta da un portico o nartece, che assumeva l’aspetto di un grande atrio quadriporticato a Sant’Agnese (fig. 147); davanti alla Basilica

Apostolorum, invece, era uno spazio delimitato da recinzione (fig. 148). Alle spalle

dell’abside dell’edificio nomentano, caso unico, una serie di contrafforti regolarmente disposti ne sostenevano la struttura (figg. 149-150).

Gli esterni erano piuttosto semplici (in mattoni, quasi sempre in opus vittatum mixtum e privi di decorazioni) (fig. 151) ma gli interni erano rifulgenti di architetture in marmo di reimpiego ed arredi in materiale prezioso, spesso frutto di donazioni imperiali. Si ricordano gli altari d’argento e i vasi rituali della labicana, i vasi sacri, i lampadari e le lucerne d’oro e d’argento a S. Agnese (LP I, p. 180). Le pareti delle basiliche di S. Sebastiano e dei SS. Marcellino e Pietro erano decorate da affreschi a fondo rosso e da lastre di rivestimento di marmo cipollino che costituivano, forse, una sorta di zoccolatura; frammenti relativi a questo genere di decorazioni furono rinvenuti anche durante gli scavi di S. Marco. Gli elevati erano caratterizzati dall’emergenza delle navate centrali rispetto alle navatelle, coperte,

LIELLO 2003, pp. 118-119. Sulla Basilica apostolorum, NIEDDU 2009, pp. 45-148; FERRUA 1990, pp. 23-27; DI

LIELLO 2003, pp. 113-114; Christiana Loca 2001, pp. 122-123.

197 NIEDDU 2009, pp. 140-141

198 Il testo, noto da Silloge, doveva essere scritto su lastra marmorea poiché aveva sviluppo verticale e, attraverso l’espediente dell'acrostico, celava la dedica “Costantina Deo” (CUSCITO 2012, p. 455; CARLETTI 2008, 249-250).

88 rispettivamente, da capriate e da mezze capriate (fig. 152). Le prime erano illuminate da grossi finestroni mentre le seconde da aperture più piccole e strombate.

In tutti i casi sono documentati accessi absidali. A S. Agnese le sette porte furono aperte per istituire un collegamento diretto con la via Tiburtina mentre il raccordo con l’Ardeatina o un suo diverticolo, a S. Marco, era assicurato da un portico su arcate tangente la curva absidale, occupato da sepolture. La struttura era costituita da due settori disposti specularmente ai lati del vano quadrangolare centrale, collegato all’esedra per mezzo di ampie aperture sorrette da pilastri. Se la sua presenza non era esclusivamente legata alla viabilità, il portico messo in luce potrebbe anche configurarsi come una parte di un recinto funerario di grosse dimensioni, come quelli rinvenuti ai due lati della basilica Labicana, il meridionale dei quali porticato. Con l’eccezione dei cas9 ardeatino e nomentano, la carenza di dati stratigrafici, unitamente all’imprecisione delle fonti, rende ardua la precisa datazione degli edifici. Sulla base delle caratteristiche edilizie, tuttavia, si può supporre che le basiliche più piccole e con la pianta del deambulatorio che si raccorda direttamente ai muri delle navate laterali siano le più antiche. Quelle di S. Lorenzo e S. Agnese, più grandi e con una rientranza all’altezza del raccordo tra muri delle navate e quello dell’abside, secondo questa ipotesi, sarebbero più tarde.

iii.4b - Il simbolismo della planimetria circiforme

L’utilizzo della pianta circiforme da parte degli architetti costantiniani trova varie spiegazioni. Innanzitutto, l’usanza di seppellire defunti eccezionali, assimilabili ad eroi, presso i luoghi in cui erano celebrati gli agoni, rimanda ad età greca e fu recepita anche dai romani come dimostra, solo per fare un esempio, la vicinanza del mausoleo di Romolo al circo massenziano dell’Appia. È evidente che i cristiani si siano appropriati di questo modello poiché l’accoppiamento tra un mausoleo monumentale e una basilica a deambulatorio, come vedremo, si riscontra costantemente. La base teorica di questa emulazione si trovava sia nei testi neotestamentari che negli scritti patristici, dove l’assimilazione tra martire e atleta/eroe era spesso rimarcata. A tal proposito, non dimentichiamo che le tombe delle due colonne della Chiesa, così come le loro stesse reliquie, erano considerate alla stregua di “trofei” . A ciò si aggiunga che il martirio dei principali eroi della fede, e tra questi Pietro, avvenne frequentemente durante i ludi circensi, facendo proprio del circo, analogamente a quello che avvenne per la croce, un simbolo di redenzione. Non va tralasciato, infine, il simbolismo funerario tradizionalmente insito nei giochi.

La ripresa di un modello architettonico romano, reinterpretato in ottica cristiana, non è inusuale se si considera che anche la pianta delle basiliche canoniche sembra essere stata mutuata, pur con le dovute differenze, dal modello delle basiliche civili199. Nel caso specifico delle circiformi, proprio la ripresa del modello basilicale romano, destinata alla ricezione dei fedeli, si combinava con l’utilizzo del deambulatorio, elemento mutuato dall’edilizia funeraria. L’abbandono del tipo architettonico, già dopo la metà del IV sec., potrebbe dipendere dalla volontà delle gerarchie ecclesiastiche d’affrancarsi dai modelli architettonici pagani e, in particolar modo, dalle liturgie sincretistiche fondate sul refrigerio.

iii.4c - L’occupazione funeraria

Le basiliche costantiniane erano chiese funerarie, veri e propri “coemeteria” o “coemeteria

subteglata” come attestano le fonti dell’epoca (LP I, p. 202; ICUR IV 12458), essendo

occupate da centinaia o migliaia di sepolture di fedeli d’ogni rango e classe sociale (figg. 153-154)200. Le tombe, disposte in modo regolare, quando si trovavano sotto i piani pavimentali erano a cassa o, come dimostrano i casi dell’Ardeatina, Appia e Labicana, soprattutto del tipo

199KRAUTHEIMER 1986, p. 25, a tal proposito, sostiene che le forme monumentali penetrarono più facilmente proprio nell’architettura cristiana a destinazione funeraria.

200

89 a pozzetto (figg. 155-156)201. Le sepolture emergenti, invece, erano di solito raggruppate in spazi recintati da plutei o transenne e potevano essere costituite anche da sarcofagi, tombe a cassa in muratura e arcosoli addossati ai perimetrali, come quelli polisomi della Basilica

Apostolorum, con pile di nicchie sulla parete esterna del deambulatorio, su tre piani al di

sopra del pavimento e fino a cinque al di sotto. I loculi rettangolari disposti lungo i prospetti interni delle pareti a S. Agnese, erano chiusi da lastre di marmo o tegole (fig. 157). Poiché erano piuttosto piccoli, è probabile che accogliessero inumazioni infantili, con o senza sarcofagi; non sorprende se si considera che il cimitero nomentano era dedicato alla “martire giovinetta”202. Nello stesso contesto, alcuni arcosoli si dislocavano lungo i lati interni dei deambulatori, in uno spazio particolarmente privilegiato.

Sull’organizzazione funeraria degli spazi interni getta luce la basilica di S. Marco, scavata più di recente con criterio stratigrafico203. Dall’analisi di questo contesto, purtroppo in parte disturbato da tarde manomissioni, è emerso che le tombe a pozzetto, che costituivano la stragrande maggioranza delle sepolture note, erano di solito predisposte per accogliere uno o due piani sovrapposti, nei quali i defunti (uno o due per livello) erano adagiati supini, con la testa verso il fondo della chiesa e le braccia distese lungo i fianchi. In casi particolari, tuttavia, il numero degli inumati poteva essere maggiore: sviluppo della tomba su tre o quattro livelli (soprattutto dove la statica lo consentiva, normalmente presso le fondazioni dei perimetrali); deposizioni multiple, contenenti fino a cinque defunti; aggiunta di loculi nelle pareti tufacee delle fosse più profonde o scavo di formae terragne sul fondo di quelle che lo erano meno; rioccupazioni delle tombe, con ammucchiamento delle ossa ai lati (fig. 158). Eccezioni erano costituite dalle tombe i cui pozzetti erano rivestiti d’intonaco o i cui piani di deposizione erano foderati di laterizi, di lastre marmoree, o di un sottile strato di malta.

Anche l’occupazione funeraria degli spazi era coerente e razionale, rispondente ad uno schema programmato che prevedeva l’allineamento delle tombe su file parallele, disposte in successione cronologica a partire dalla facciata verso l’abside e, nell’ambito di un’unica fila, dai perimetrali al centro. La stessa strategia era sottesa all’occupazione cimiteriale del portico (da collocarsi entro la fine del IV sec.), dove le tombe, anche in questo caso, occupavano tutto lo spazio disponibile, a partire dai muri fino al centro, sebbene fossero disposte in modo meno regolare rispetto a quanto riscontrato nella chiesa. La minore accuratezza nell’esecuzione delle strutture, le ridotte dimensioni delle tombe (con una maggiore frequenza di sepolture monosome) e la totale assenza di rivestimenti con lastre o intonaco e la scarsità di corredi ed epigrafi, lasciano intendere che in questo spazio esterno gli inumati godessero di un prestigio relativamente minore.

In tutto lo spazio funerario, poco diffusi ma comunque attestati, sono i corredi funebri, costituiti essenzialmente da oggetti d’ornamento personale, recipienti e monete, che offrono un inquadramento cronologico delle sepolture compreso tra la metà del IV e il V sec., con sporadici attardamenti tra VI e VII. Essi, inoltre, documentano un livello sociale degli inumati non molto elevato e sostanzialmente omogeneo.

I recenti scavi nell’abside della basilica di S. Agnese confermano i dati emersi sull’Ardeatina: sfruttamento intensivo a scopo funerario dell’interno (fig. 159); utilizzo preponderante della tipologia “a pozzetto”; programmazione coerente dell’occupazione funeraria, con tombe disposte in file parallele ad assecondare la curvatura dell’abside, costruite a partire

201 Le tombe a pozzetto erano delimitate da muretti costruiti contro terra, costituite da uno o più piani sovrapposti (fino a quattro) e coperte alla cappuccina in modo da lasciare un’apertura quadrata (il pozzetto, anch’esso chiuso con una cappuccina mobile) per l’immissione di nuovi cadaveri. Sulla cappuccina fissa era steso un conglomerato cementizio spianato, chiuso da lastre di marmo, talvolta con epigrafi, che costituivano al contempo il piano pavimentale dell’edificio; più raramente, le lastre coprivano il settore del pozzetto o l’intera struttura.

202 Su S. Agnese: VENTURINI 2004, p. 32; BARBINI,SEVERINI 2004, pp. 98-113; PAVOLINI 2004, pp. 131-135.

203 Sull’occupazione funeraria della basilica di papa Marco: FIOCCHI NICOLAI 1996, pp. 69-139; DEL MORO

90 dall’interno del deambulatorio verso l’abside stessa e sfruttando i muretti delle precedenti casse a cui si addossavano; datazione delle sepolture tra IV e V sec., con attardamenti sino al VII, documentato dal rinvenimento di pochi elementi di corredo, qualche moneta e frammenti di iscrizioni; riutilizzo di alcune delle tombe per l’inumazione di nuovi cadaveri; sconvolgimenti dei contesti funerari determinati da interventi di spoliazione più tardi204. Un breve approfondimento merita l’occupazione funeraria di queste basiliche da parte della gerarchia ecclesiastica. A differenza di quello che ci si potrebbe spettare, infatti, le sepolture del clero sono poco numerose, limitate a quelle di: un presbitero (ICUR V 13586a), un diacono (ICUR V 13587a), un lettore (ICUR V 13289), un esorcista (ICUR V 13564), un notaio della Chiesa di Roma (ICUR V 13687b), uno o due fossori (ICUR V 13568, 13735g), un mansionario (ICUR V 13412), forse una diaconessa (ICUR V 13695a) e una badessa (ICUR V 13670)205.

iii.4d - La presunta tomba di papa Marco

Stando alla Depositio Episcoporum (VZ II, p. 15), papa Marco era deposto sul sopraterra del cimitero di Balbina, come ricordano peraltro il Liber Pontificalis (I, p. 202) e un’iscrizione, “in Balbinis basilica locum sub teglata” (ICVR IV12458). Se si accetta l’ipotesi che le fonti siano state un po’ imprecise (il cimitero di Balbina non si trovava propriamente sull’Ardeatina, ma neanche molto distante da essa), potremmo ipotizzare che la basilica dedicata a Papa Marco, che ne fu il fondatore, ne accolse anche le spoglie206. Non è un caso, peraltro, che le fonti di VI e VII sec. (VZ II, pp. 46-47, 64, 89, 110, 149) consideravano il pontefice eponimo della chiesa e dell’intera area funeraria. Dagli scavi della circiforme, infatti, emerge in modo chiaro la predisposizione, già in fase costruttiva, di un apposito spazio da destinare a sepolture di una certa importanza. Al centro e sul fondo dell’esedra, la presunta tomba del pontefice (82) era costituita da una grande vano coperto da volta a botte e contenente un sarcofago in marmo non decorato, munito di nicchia e chiuso da un coperchio a doppio spiovente decorato da coppi e acroteri (fig. 160). Il sarcofago, centrato lungo l’asse longitudinale della basilica, fu seppellito sotto una gettata di conglomerato che, occupando gli spazi liberi dell’ambiente, creò un piano orizzontale sopra il quale fu sistemata una grande lastra di marmo, ritrovata in frammenti (figg. 161-162)207.

La tomba 82 era attorniata da altri cinque sepolcri monumentali a pozzetto, tre dei quali poi modificati per accogliere anch’essi dei sarcofagi. Le sei sepolture, nel loro insieme, costituivano un gruppo il cui carattere particolarmente privilegiato era ribadito dal ritrovamento, negli accumuli di riempimento, di frammenti di grandi piatti marmorei rotondi che, tra IV e V sec., connotavano solitamente i contesti funerari di maggiore importanza. Anche a S. Agnese è stata individuata una tomba (T1), d’incerta attribuzione, il cui carattere privilegiato può desumersi dalle maggiori dimensioni (forse funzionali all’accoglimento di un sarcofago) e dalla presenza di una copertura con volta in laterizi a sesto ribassato.

iii.4e - I mausolei ad sanctos

Come in Vaticano, anche all’esterno delle basiliche circiformi si addensarono imponenti strutture funerarie, come i monumenta dell’imperatrice Elena (meglio noto come Tor Pignattara), davanti all’ingresso della basilica dei SS. Marcellino e Pietro, e di Costantina, tangente al fianco meridionale di Sant’Agnese, presso il nartece.

204Sulle tombe dell’esedra di S. Agnese: BARBINI,SEVERINI 2004, pp. 98-113; MANCINELLI 2004, pp. 114-116.

205 NIEDDU 2009, p. 369. È evidente che il clero preferisse sepolture più vicine alle spoglie sante.

206

La vicinanza tra l’Ardeatina e l’Appia ha portato le fonti a contraddirsi poiché il Liber fa riferimento alla costruzione della basilica di Marco sulla prima mentre il Geronimiano commemora il papa sull’Appia (FIOCCHI

NICOLAI 2006 (c), pp. 25-28).

207 Un secondo sarcofago, anch’esso rinvenuto in pezzi, andò ad occupare il sepolcro in un momento successivo alla sua costruzione. Sulla presunta tomba di papa Marco, FIOCCHI NICOLAI 1996, pp. 99, 126-139.

91 Oltre ai sepolcri imperiali, grossi mausolei aristocratici e famigliari erano addossati alle strutture basilicali, come alla Basilica Apostolorum (al centro del fianco meridionale, mentre sul lato opposto non avevano alcun rapporto fisico con essa) (fig. 163) e a Tor de’ Schiavi (dietro l’abside)208

. Il mausoleo di Elena, come ricordano gli Itinerari (VZ II, pp. 83, 113, 146), divenne esso stesso venerabile e frequentato da pellegrini.

Talvolta, i mausolei erano architettonicamente collegati alle basiliche: quello quadrangolare dei SS. Apostoli, poi distrutto per lasciare spazio ad edifici funerari di minori dimensioni, era accessibile dall’interno della chiesa per mezzo di un triforio; sulla Labicana, un nartece comune dava accesso congiunto a mausoleo e basilica e li metteva in comunicazione con un diverticolo dalla strada; a S. Agnese, il collegamento avveniva per mezzo di un atrio a forcipe (fig. 164).

All’interno dei mausolei più imponenti, i defunti erano deposti in sarcofagi riccamente decorati, come quelli in porfido di Costantina ed Elena che portavano, rispettivamente, raffigurazioni di eroti tra racemi d’acanto e scene di battaglia (fig. 165). Proprio la bellicosità di quest’ultima raffigurazione ha portato a ritenere che il mausoleo della madre fosse inizialmente destinato a Costantino in persona. Schemi planimetrici complessi, rivestimenti decorativi murali e parietali, decorazioni scultoree sintomatiche di committenze elevate si riscontrano anche nei monumenti sepolcrali non chiaramente legati alla famiglia imperiale. Il mausoleo di Elena, pavimentato e rivestito da lastre di marmo, era a pianta rotonda, con basamento cilindrico e tamburo superiore sorreggente la cupola (figg. 166-167)209. Il basamento presenta nicchie interne semicircolari e rettangolari alternate, mentre il tamburo è contraddistinto da nicchie esterne, coperte a calotta e finestrate. L’accesso era costituito da un vestibolo bi absidato mentre tutto l’edificio era circondato da una peristasi di colonne. Il sarcofago porfiretico doveva trovarsi nella nicchia principale rettangolare, sul lato orientale. Destinazione cimiteriale aveva anche l’atrio che collegava il monumento all’adiacente basilica dei SS. Marcellino e Pietro, dal momento che gli scavi archeologici hanno portato al rinvenimento, al suo interno, di diverse tombe pavimentali (fig. 168).

Edificato da Costantina tra il 337 e il 351, assieme ad un battistero, l’edificio della Nomentana, trasformato nella Chiesa di S. Costanza nel IX sec., costituisce un altro esempio di notevole interesse210. Si tratta di una costruzione laterizia a pianta circolare, coperta da una cupola sorretta da dodici coppie di colonne disposte radialmente, ed originariamente decorata da mosaici a soggetto biblico, vegetale, geometrico e di genere (fig. 169-170). Si distinguono la Traditio clavium nell’abside laterale destra e la Largitio Pacis in quella sinistra (fig. 171). Le due parti concentriche che costituiscono l’interno sono il vano centrale, delimitato dalle colonne e rischiarato da finestroni aperte nel tamburo, e un deambulatorio anulare più esterno, coperto da volta a botte, illuminato da finestre, e caratterizzato da nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, due absidiole mediane e un nicchione rettangolare opposto all’ingresso. Il sarcofago in porfido occupava verosimilmente il centro del mausoleo ma non è escluso che si trovasse nel nicchione rettangolare.

Probabilmente destinato a un membro della famiglia imperiale (si è pensato a Elena o a Fausta) era il mausoleo rettangolare (I) aperto sul lato meridionale della basilica degli Apostoli, come indicano la contemporaneità rispetto ad essa, le dimensioni considerevoli e la posizione privilegiata, in asse con l’altare (fig. 172)211

. Il mausoleo, con abside occupata da

208 I 25 mausolei dell’Apostolorum, utilizzati fino alla metà del VI sec., erano caratterizzati da piante longitudinali absidate, intensa occupazione funeraria, ricca decorazione (NIEDDU 2009, p. 351; NIEDDU 2004, pp. 84-86).

209

VENDITELLI 2001, pp. 281-283; GUYON 1986, p. 174

210 Il mausoleo era di tipo dinastico poiché accolse nel 360 anche le spoglie di Elena, sorella minore di Costantina e moglie di Giuliano: BRANDENBURG 2004, pp. 140-147; PARENTI 2004, pp. 64-73; DI LIELLO 2003, p. 120.

211

92 sepolture e triforio d’ingresso, fu precocemente abbandonato, forse perché soggetto a dissesti o per motivi ideologici a noi sconosciuti.

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 86-95)