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5 - La presunta traslazione delle reliquie apostoliche

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 67-70)

I SANTUARI DI R OMA

I. 5 - La presunta traslazione delle reliquie apostoliche

Chiarita la conformazione degli spazi confessionali, resta da spiegare per quale motivo le reliquie degli apostoli, in un momento in cui l’inviolabilità dei sepolcri era rigorosamente rispettata, soprattutto a Roma, siano state rimosse dalla loro originaria collocazione per essere trasferite sull’Appia. Tra le tante ipotesi avanzate nel passato, una delle più plausibili ravvisa nelle persecuzioni perpetrate da Decio, Valeriano e Diocleziano, una spinta alla traslazione forzata dei due corpi o, come vedremo, di parte di essi120.

Le persecuzioni di Decio e Valeriano, le prime ad essere concepite come un intervento programmaticamente applicato in ogni parte dell’Impero, secondo questa teoria, avrebbero indotto i capi della Chiesa, timorosi che le persecuzioni potessero esercitare il loro nefasto effetto anche sulle reliquie apostoliche, a spostarle segretamente in un cimitero meno noto. A sostegno di questa teoria, ci sono tre prove. Innanzitutto, la coincidenza delle date riportate

118 Il numero delle iscrizioni, il 22% dei quali era in greco, sembra elevato ma se si considera la durata d’uso della Triclia, tra i cinquanta e i sessant’anni, mediamente non furono tracciati più di dieci graffiti l’anno. I proscinemi contenevano frequentemente più nomi nonché il soggetto al plurale, evidenze della prassi dello “scrivere per gli altri” e della dimensione collettiva del pellegrinaggio. Il nome di Pietro compare prima di quello di Paolo con una maggiore frequenza, comunque non schiacciante rispetto ad altri contesti romani. Laddove l’invocazione non è rivolta ad entrambi, addirittura, si riscontra una predilezione per Paolo. Sorprende notare che, laddove è esplicitata la data di visita al santuario, questa non corrisponde mai al giorno commemorativo. Dal punto di vista tecnico, le scritte erano caratterizzate da rozze capitali atipiche di modulo grande, talvolta alternate ad elementi minuscoli. Si vedano: FELLE 2012, pp. 477-502; PAPI 2011, pp. 198-214; CARLETTI 2009, pp. 266-270; MAZZOLENI 2005, pp. 91-93; CARLETTI 2000, p. 87.

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L’interpretazione di questa struttura ha dato adito a diverse interpretazioni non soltanto in merito alla sua articolazione ma anche alla sua funzione. Vi è il dubbio che abbia realmente contenuto reliquie (reali o rappresentative) o che richiamasse semplicemente alla memoria i trofei apostolici.

120 Una sintesi delle più accreditate ipotesi per spiegare la formazione del polo cultuale sull’Appia è in TESTINI

68 nei calendari: ricordavano le celebrazioni sull’Appia nel 258, in concomitanza delle persecuzioni di Valeriano e della fondazione della Memoria Apostolorum, attestata archeologicamente proprio alla metà del III secolo. In secondo luogo, evidenti segni di manomissioni furono riscontrate, al momento dello scavo, sulla tomba di Pietro, mentre il mancato ritrovamento della sua testa starebbe a dimostrare che fu propria quella la parte del corpo ad essere traslata. D’altronde, come ricordava il giurista romano Paolo, una testa bastava a costituire un sepolcro. L’avvio delle persecuzioni dioclezianee, al contrario, avrebbe costituito la molla per l’allontanamento delle reliquie da un luogo divenuto particolarmente frequentato dai fedeli, per ricondurle nelle rispettive sedi originarie. Lo dimostrerebbe vari indizi: l’indicazione degli Itinerari (le reliquie furono venerate sull’Appia per un quarantennio, quindi dal 258 alla fine del III sec.); il ritrovamento del secondo reliquiario in Vaticano (il loculo nel muro g, evidentemente, era stato aperto per evitare la seconda forzatura del sepolcro); il dato, desunto da fonti più tarde, secondo cui, al momento delle incursioni saracene, la testa di Pietro (si trattava quindi di una reliquie già venerata separatamente dal resto del corpo) fu traslata tra le mura urbiche, nel più sicuro Sancta

Sanctorum del Laterano. Le spoglie apostoliche comunque, prima della seconda traslazione,

avevano già esercitato la propria attrattiva, determinando la formazione di quella vasta catacomba che, proprio per effetto delle persecuzioni di Diocleziano, beneficiò presto della presenza del corpo di Sebastiano.

Una seconda ipotesi, fondata sul “hic abitasse” riportato nell’iscrizione damasiana che celebrava i due apostoli sull’Appia, individuava nella Memoria Apostolorum una sorta di santuario teofanico, luogo del loro soggiorno romano121. Una terza prevedeva che il sito dell’Appia costituì solo un luogo di sepoltura temporaneo per i due apostoli, prima della duplice deposizione in Vaticano e sull’Ostiense, mentre una quarta considerava la possibilità che in quel luogo fossero state trasferite solo reliquie rappresentative. Se le ultime tre ipotesi trovassero conferma, dovremmo dedurne che il loculo ricavato nel muro g in Vaticano fosse stato aperto prima dell’intervento costantiniano per preservare dall’umidità del suolo le ossa di Pietro o in occasione della costruzione della basilica per renderle visibili.

Le più recenti linee di ricerca tendono ad escludere la presenza sull’Appia di reliquie corporali o rappresentative, ridimensionando l’importanza stessa del contesto martiriale; e questo sebbene il ricordo delle sepoltura apostolica sull’Appia sia esplicitato nella fantasiosa

passio Petri et Pauli (V sec.), a cui s’ispirarono Gregorio Magno (Ep. 4, 23) e poi il Liber Pontificalis (I, 150; II, 61) e gli Itinerari (VZ II, 85, 111, 148)122. Alla luce di questo ridimensionamento, è stato proposto che Memoria Apostolorum sarebbe sorta per ovviare al divieto di frequentare i cimiteri cristiani previsto dal dispositivo legislativo della persecuzione123. Nel suo spazio, non caratterizzato da natura funeraria, si poteva legittimamente prestare culto ai due apostoli ed, eventualmente, a tutti i defunti della comunità. Questa teoria, tuttavia, non spiega il perché sia stato scelto proprio il terzo miglio della via Appia, ma è probabile che ci fossero motivazioni di cui non è restata traccia nella documentazione storico-archeologica.

1.6 - I santuari devozionali degli apostoli

Ai due apostoli erano legati diversi luoghi di culto paleocristiani che commemoravano eventi legati alla loro vita124. In molti casi, questi edifici sono attestati per la prima volta in epoche

121 Tale ipotesi è stata sostenuta, in particolar modo, da GUARDUCCI 1996, pp. 66-70.

122 Martiri, santi, patroni. Per un’archeologia della devozione (2012), pp. 527-534

123 FELLE 2012, pp. 529-530

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69 relativamente tarde ma è molto probabile che gli spazi sui quali sorsero furono oggetto di una devozione molto antica.

Su una diramazione dell’Ostiense, la via Laurentina, si commemorava il luogo dell’esecuzione di Paolo, dove si verificò il miracolo dei tre zampilli d’acqua scaturiti dai punti in cui la sua testa era rimbalzata. Il luogo, noto come “ad Aquas Salvias”, era conosciuto già negli Atti apocrifi di Pietro e Paolo dello Pseudo-Marcello (IV-V sec.)125. La tradizione era confermata da Gregorio Magno (Registrum Epistolarum, XIV, 14) e dall’autore del De Locis (VZ II, p. 109). Il pontefice, per mezzo della lettera indirizzata al rettore del

Patrimonium Appiae, donava alla basilica di San Paolo Fuori le Mura (luogo di deposizione

dell’apostolo) la tenuta delle Acque Salvie (luogo del martirio), per fare in modo che con i proventi del seconda si potesse curare perennemente l’illuminazione del sepolcro venerato. Proprio alle Acque Salvie sorse il più tardo monastero di S. Paolo alle Tre fontane, la cui abbaziale era caratterizzata da un’icnografia del tutto particolare, indizio della volontà di preservare preesistenze sacre ritenute inviolabili.

Sulla base dell’antico “Martirio del santo apostolo Pietro” e di più tarde passioni dei martiri, si evince che anche lo spazio urbano fosse costellato di luoghi santi riconducibili alle figure degli apostoli. Una memoria sulla via Sacra è ricordata da Gregorio di Tours, in luogo di una roccia venerata sulla quale si aprivano due piccole cavità prodottesi per effetto dell’inginocchiamento dei due santi, che vi erano soliti pregare; l’acqua piovana che si raccoglieva al loro interno, si credeva, aveva effetti miracolosi (De gloria Martyrum, 28, 750). In quel luogo, ove Paolo I (757-767) costruì una “nuova” chiesa (Liber Pontificalis), gli Atti di Vercelli (IV sec.) ricordano la caduta di Simon Mago.

Almeno quattro santuari erano dedicati al solo Pietro: due di essi facevano riferimento agli eventi che ne precedettero il martirio mentre gli altri due erano legati all’attività pastorale del pontefice. Presso il non lontano carcere Mamertino, sulla propaggine settentrionale del colle, sorgeva la chiesa di S. Pietro in Vincoli, che forse commemorava la prigionia romana dell’apostolo, ricordata in diverse fonti agiografiche. La basilica, edificata nel IV sec., fu ricostruita da Sisto III e ancora oggi conserva le presunte catene dell’apostolo. Sull’Appia intramuranea, invece, l’antico titolo dell’attuale basilica dei SS. Nereo e Achilleo era “Fasciola”, forse in ricordo del luogo in cui Pietro perse la benda durante la fuga da Roma. Sulla stessa via, tra il I e il II miglio, almeno dal IX sec., esisteva una basilica detta “Ubi

Dominus apparuit”. Era legata, probabilmente, all’episodio del Quo Vadis?, durante il quale

Cristo venne incontro a Pietro in fuga da Roma per indurlo ad affrontare il martirio. La tradizione legata a quest’evento è antichissima poiché già nel II sec. Origine ne leggeva i contenuti in atti apocrifi a lui contemporanei (Commentarius in Evangelium Ioannis, XX, 12). In riferimento ai luoghi segnati dall’attività pontificale di Pietro, un oratorio a lui dedicato si trovava presso la chiesa si S. Pudenziana (seconda metà IV-inizi V), in ricordo del luogo egli officiò messa per la prima volta. Una tradizione ascrivibile al VI sec., infatti, ricordava che l’evento si verificò proprio presso la casa dei Pudenti.

Un luogo di culto analogo è possibile si trovasse anche in ambito ipogeo126. Mi riferisco alla cd. Regione “delle cattedre” nel Coemeterium Maius che nacque, nella prima metà del IV sec., per ricordare probabilmente la cathedra Petri, il luogo deputato dal primo papa all’amministrazione del battesimo127

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125 Sulle Acque Salvie, BERNACCHIO 2011, pp. 73-96.

126 PERGOLA 2002, pp. 134, 145-146

127 In realtà, se un culto petrino nel cimitero Maggiore parrebbe indiziato dalle fonti letterarie, il collegamento con la regione della cattedre sembrerebbe arbitraria e fondata solamente sull’esistenza in quel settore ipogeo di sedili funzionali al refrigerio (NIEDDU 2006 (b), pp. 12-13). Infondata appare anche la vecchia localizzazione del battistero “ubi prius Petrus baptizavit” nella Regione del battistero delle catacomba di Priscilla, ove in età costantiniana furono effettivamente condotti interventi edilizi per la captazione delle acque (GIULIANI 2006, pp. 267-268).

70 CAPITOLO II

LE DEPOSIZIONI DEI SANTI

La venerazione dei sepolcri di Cristo e degli apostoli incentivò il culto di martiri e pontefici romani, le cui sepolture trovarono spazio in area suburbana. Inizialmente, le deposizioni interessarono aree funerarie pagane, ma a partire di primi anni del III sec. lo scenario mutò in relazione alla formazione di cimiteri cristiani esclusivi. Come il culto delle reliquie prese le mosse da quello comunemente prestato ai defunti, la predisposizione dei sepolcri venerati s’innervò nella tradizione funeraria romana, beneficiando tuttavia di apporti innovativi.

Sulle tombe dei martiri s’organizzarono ben presto le prime memoriae, segnacoli architettonicamente poco elaborati e scarsamente decorati. La modestia di questi monumenti e l’assenza di spazi ausiliari per le cerimonie liturgiche, dimostra l’inadeguata organizzazione delle Chiesa primitiva; l’incapacità, da parte della comunità (ancora povera economicamente e politicamente ininfluente), d’incidere sulla topografia urbana; l’assenza di un culto dei santi strutturato e percepito come fondante della propria spiritualità; l’intenzione di connotare di egalitarismo le tombe di tutti i credenti in Cristo.

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 67-70)