I SANTUARI DI R OMA
VI. 3 - Le aree cimiteriali sub divo
Se il papato di Damaso fu caratterizzato dall’attenzione per gli spazi ipogei, alla fine del IV sec. prese nuovo slancio la costruzione di basiliche funerarie e mausolei a pianta centrale, accompagnata dal restauro dei contesti fatiscenti.
vi.3a - I rifacimenti della basilica di San Paolo
Già papa Siricio s’interessò della basilica paolina, come attestano le due iscrizioni (ICUR II 4778 a-b) (per una delle quali l’attribuzione è dubbia), con le quali manifestava la propria devozione all’apostolo.
In seguito alle distruzioni determinate da un incendio o terremoto, testimoniate dal Liber
Pontificalis, papa Leone I e Galla Placidia intervennero ripristinando le murature e
rinnovando la decorazione339. L’intervento del pontefice, amche in questo caso, è attestato da tre iscrizioni poste nella basilica, una delle quali si trovava presumibilmente presso la fontana dell’atrio (ICUR II 4785) mentre un’altra nel mosaico dell’arco trionfale (ICUR II 4786 b). Il ciclo decorativo di Leone e Galla Placidia, in parte ancora conservato, era particolarmente ricco: sull’arco trionfale, a mosaico, iscrizione dedicatoria della donna (ICUR II 4780)340
, omaggio al clipeo raggiato del Signore da parte dei ventiquattro Vegliardi dell’Apocalisse, simboli degli Evangelisti e figure di Pietro e Paolo ai lati di Cristo (figg. 340-341); sulle pareti della navata centrale, scene vetero e neotestamentarie, grandi figure di Apostoli e Profeti, ritratti affrescati di pontefici entro clipei (figg. 342-345).
Probabilmente, il pontefice edificò anche un nuovo altare in luogo del precedente e la lastra iscritta fu riutilizzata come piano di essa, con testo epigrafico indirizzato ad Ovest, ad indicare che il celebrante era rivolto versus populum (fig. 346). In questa fase, fu realizzata una piccola apertura circolare sulla lastra, munita di incavo e di tre incastri funzionali all’apertura e chiusura di un coperchio (fig. 347). Solo più tardi, all’epoca di Gregorio Magno, furono realizzati gli altri due fori quadrangolari, che intaccarono il nome Paulo. In merito all’uso dei
formanina, si pensa che quello circolare servisse per versare sostanze liquide mentre quelli
quadrangolari per la produzione di brandea (fig. 348)341. Nella sistemazione dell’altare, il primo immetteva in un pozzetto cilindrico ricavato nella muratura posta tra le lastre e il sottostante sarcofago con le reliquie, la cui copertura fu all’uopo perforata. Le cavità quadrangolari erano invece legati a due pozzetti più piccoli, comunicanti tra loro e con quello principale. In fase con gli interventi di Leone, sono i resti di un recinto con zoccolo in muratura, emergente sul transetto (fig. 349)342. A partire dall’epoca di Simplicio, presso la basilica ostiense è documentato anche un battistero ma non è escluso che esso esistesse già nella fase originaria o, comunque, all’epoca di Leone.
La frequentazione devozionale della basilica così rinnovata è documentata da due iscrizioni funerarie di V sec., rinvenute proprio nell’edificio (ICUR 4969, 5745); seppur indirettamente (non sono contraddistinte dal classico formulario di carattere devozionale), alludono ad una richiesta di protezione da parte dell’apostolo. Più genericamente, della defunta Mandrosa si ricordava la devozione ai martiri (ICUR II 4985) (fig. 350).
339 Stando a un’iscrizione nota da silloge, Galla restaurò anche S. Croce in Gerusalemme (DAVID 2012, p. 687).
340 Sulle iscrizioni dedicatorie a S. Paolo, CUSCITO 2012, p. 462; PAPI 2011, pp. 191-192.
341 Sull’utilizzo dei foramina, EBANISTA 2006, pp. 39-40.
342
123 vi.3b - Le basiliche funerarie
Al Liber Pontificalis, si devono le notizie circa la committenza papale di alcuni edifici di culto343. Quello di S. Felicita nel cimitero di Massimo fu voluto da papa Bonifacio I (418-422), che s’interessò della decorazione del sepolcro venerato, vi appose il carme commemorativo (ICUR VIII 23394), e volle essere inumato nei suoi pressi (LP I, pp. 227-228)344. L’esistenza di quest’edificio è documentata solo nella cartografia del ’500 ma, come abbiamo visto, è possibile che gli archi di rinforzo della coeva basilica di Silano servissero a sostenere una struttura soprastante345. Anche i papi Anastasio (399-401) e Innocenzo (402-417) furono deposti sub divo, “ad ursum pileatum” (LP I, p. 218) a Ponziano, in edifici funerari segnalati dagli Itinerari (VZ II, p. 92, 151)346. Stando al Liber (I, p. 239), a papa Leone (440-460) si devono la basilica di Cornelio a S. Callisto e quella di S. Stefano al terzo miglio della Latina, interessata da scavi archeologici ottocenteschi. Come ricorda la dedica incisa su lastra marmorea (ICUR VI 15765), S. Stefano fu consacrata con le reliquie del martire, finanziata dalla patrizia Demetriade ed eretta nei suoi possedimenti, sotto la supervisione del presbitero Tigrino347. L’edificio aveva vocazione martiriale, cimiteriale e, forse, pastorale, essendo munito di battistero348. Costruito tra le rovine di una villa romana, di cui riutilizzava in parte le strutture, constava di un nartece orientale, tre navate separate da colonne sorreggenti archi, abside semicircolare e due ambienti ad essa adiacenti, uno dei quali occupato dalla piccola vasca battesimale (figg. 351-352). I muri erano costituiti da un paramento in opera listata con un’alternanza di un filare di tufelli ad uno di mattoni mentre il pavimento era marmoreo (figg. 353-354). Nell’ambito del V sec. inoltrato, fu risistemata la zona presbiteriale, con una solea che dalla corda absidale raggiungeva la metà della navata centrale. Forse appartiene alla fase altomedievale la cripta che sfruttava un ambiente preesistente della villa, sotto un altare confessionale ma l’attestazione di questi lavori indica che le reliquie fossero custodite, ab initio, presso il presbiterio. Il culto di Stefano ebbe una così rapida diffusione a Roma che, stando De Locis (VZ II, pp. 108-109), in un oratorio davanti S. Paolo si onorava una delle pietre con le quali era stato lapidato, posta sull’altare. Altri edifici funerari sono attestati negli Itinerari, sebbene nessuna fonte ne documenti la committenza episcopale. Per restare sulla via Latina, la basilica cimiteriale un tempo collegata alla catacomba di Aproniano per mezzo di una scala ospitava il corpo di Eugenia (VZ II, pp. 85, 112, 148)349. Probabilmente, risaliva almeno al V sec. poiché lo Josi, che forse la individuò nel 1937, vi vide sepolture datate a questo periodo. Che l’edificio fosse molto antico, peraltro, lo documenta lo stato in cui Giovanni VII (705-707) lo trovò, “longo per
tempore distecta atque diruta”, dovendolo ristrutturare (I, p. 385). Ad esso sono stati
ipoteticamente attribuiti alcuni resti sul sopraterra del cimitero.
Né il Liber Pontificalis né gli Itinerari menzionano l’oratorio subdiale legato a un martire di nome Massimo a S. Sebastiano, la cui esistenza è stata postulata sulla base dell’iscrizione dedicatoria rinvenuta nel cubicolo I della galleria 2 della catacomba (fig. 355)350. È possibile che il culto di tale santo sia stato importato da qualche cimitero circostante e che abbia trovato spazio proprio nella catacomba, laddove fu rinvenuta l’iscrizione351
.
343 Per un inquadramento delle basiliche di fine IV-V sec.:TARQUINI 2005, pp. 32-43;FIOCCHI NICOLAI 1991, pp. 113-114; MARINONE 2003, p. 31. Su quelle in cui i papi furono deposti, SPERA 2000, pp. 54-58.
344
La basilica va distinta da quella preesistente, restaurata da Simmaco (BISCONTI 2004, pp. 245-246).
345 Sulla basilica di S. Felicita: BONFIGLIO 2013, pp. 41, 48; BISCONTI 2004, pp. 245-247.
346 L’espressione usata per indicare la sepoltura di Anastasio farebbe pensare ad un mausoleo indipendente (LP I, 218-219).
347
Sulla dedica di Demetrias Amnia: CUSCITO 2012, p. 463; CARLETTI 2008, pp. 254-255.
348 Sulla basilica di S. Stefano:NUZZO 2012,pp. 332-333; ROPERTI 2003, pp. 114-116 ; REA,EGIDI 2001, p. 293.
349 Sulla basilica di Eugenia:AUGENTI 2004, pp. 226-227; PERGOLA 2002, p. 170.
350 FERRUA 1990, p. 60.
351
124 Tra la fine del IV e il V sec., invece, data la basilica a tre navate che fu addossata alla tricora di S. Sinforosa sulla Tiburtina, in modo che la sua abside semicircolare poggiasse contro la conca centrale del trifoglio352. Due piccole aperture, tagliate nelle absidi contrapposte, generavano una fenestella confessionis che collegava in modo visivo e spirituale i due edifici. La costruzione della basilica maggiore, evidentemente, si ricollega allo sviluppo su larga scala del culto sinforosiano, che richiese la realizzazione di spazi atti a consentirne l’esplicazione. Il restauro di papa Felice (526-530) alla basilica di S. Saturnino, sul sopraterra di Trasone (VZ II, pp. 38-39, 76, 116, 144) ne certifica l’esistenza almeno a partire dal V secolo. L’edificio, documentato fino al XVI sec., era collegato alla sottostante catacomba per mezzo di una scala353. La pianta cinquecentesca redatta da Bufalini ci mostra un edificio a navata unica, di modeste dimensioni, ubicato presso la Salaria e non lontano dalle mura urbiche.
vi.3c - Le basiliche rievocative
La costruzione di edifici di culto ad aperto cielo, ma dedicati a santi sepolti in catacomba, non era inusuale e determinava lo sdoppiamento dei loro culti, sebbene sia possibile che, in taluni casi, tra i due santuari vi fosse un collegamento354. La basilica a tre navate di S. Ippolito, sul sopraterra del suo ipogeo, è ricordata da Prudenzio (Perist. XI, 215-226), mentre quella dei SS. Processo e Martiniano, sepolti sub terra (VZ II, p. 93), si trovava in un cimitero non lontano da S. Pancrazio e fu occupata, alla fine del IV sec., da un presbitero montanista (Praedest. 1, 86)355. Anche gli edifici dedicati a Cornelio a S. Callisto e a Castulo e Stratonico356 sulla Labicana (VZ II, p. 113) sono documentati solo storicamente. Il primo, tuttavia, voluto da Leone I (LP I, p. 239), doveva trovarsi nella zona delle cripte di Lucina, poiché il cimitero subdiale ivi individuato, intensivamente utilizzato, pare ne costituisse l’annesso sepolcreto. Sono forse riconducibili a quest’edificio, nell’area grossomodo ad O del sepolcro, alcuni rocchi di colonna rinvenuti in catacomba e una platea di fondazione in superficie357. Forse proprio a Leone I si deve una risistemazione degli accessi alle Cripte di Lucina, con la costruzione di una scala che collegava la basilica al santuario sotterraneo. Peculiare è il caso della basilica di S. Giovanni Ad Clivum cucumeris, sulla Salaria vetus, forse a nord di S. Ermete, dove si riscontra una doppia deposizione di reliquie di uno stesso santo. La testa era infatti sotto l’altare della basilica a lui dedicata, presumibilmente semipogea come si desume dal fatto che fosse parzialmente visibile dal sopraterra, mentre il corpo si trovava “in alio loco” (De Locis, VZ II, p. 118), forse in catacomba. È probabile che tale distinzione sia stata determinata da una traslazione atipica delle reliquie, con un prelevamento parziale di esse, sebbene il racconto agiografico contenuto nella Passio Pimenii alluda al martirio per decapitazione358.
vi.3d - Gli interventi di restauro
In questa fase, gli interventi di restauro e quelli finalizzati all’apporto di nuove decorazioni, interessarono le principali basiliche del suburbio359. Come nelle catacombe, la committenza ecclesiastica è chiaramente esplicitata nelle iscrizioni. Quella datata alla fine del IV sec., ricorda che il presbitero Leopardo, molto attivo, decorò l’abside della basilica di S. Lorenzo,
352 Su S. Sinforosa: MOSCETTI 2008, pp. 118-121;CALCI,MARI 2003, pp. 203-204; GRABAR 1946, pp. 102-104.
353
Sulla basilica di S. Saturnino, BONFIGLIO 2013, p. 49.
354 Sulle basiliche rievocative, SPERA 2012, p. 41.
355 Il cimitero dei SS. Processo e Martiniano non è stato ancora identificato (BONFIGLIO 2013, pp. 257-259).
356 Non sappiamo se il vescovo straniero Stratonico fu seppellito a Roma o se le sue reliquie vi giunsero in un momento successivo (BONFIGLIO 2013, p. 114).
357 Sulla basilica di Cornelio, SPERA 2004 (d), pp. 156-158.
358 Sulle varie ipotesi che spiegano la separazione delle reliquie, BONFIGLIO 2013, p. 34. Sulla basilica, CARLETTI 2004, pp. 114-119.
359
125 finanziando la redazione di un nuovo mosaico. Lo stesso personaggio, assieme al collega Paolino, affidatari della giurisdizione di S. Agnese, restaurarono il tetto di quella basilica e ne decorarono l’interno (LP, p. 222). Stando a una lettera di Adriano I (772-795), la basilica di S. Silvestro fu decorata da papa Celestino (422-432) con un ciclo d’affreschi che raffigurava l’ingresso nella Gerusalemme celeste dei martiri Felice e Filippo360
. Anche il muro della navata centrale della basilica di S. Pietro, nel V sec., fu decorato da cornici in stucco e da un doppio ordine di affreschi, con storie del Vecchio Testamento. La facciata dell’edificio, invece, fu ornata da mosaici per iniziativa di papa Leone ma con il contributo del console
Marinianus e della moglie Anastasia (ICUR II, 4102).
Proprio l’evergetismo delle aristocrazie dava un po’ di respiro alle casse della Chiesa361 . Una tale Anastasia curò a proprie spese la valorizzazione del battistero vaticano per mezzo di una splendida decorazione marmorea (ICUR II 40097) mentre l’aristocratico Gallo si fece promotore di un intervento decorativo all’interno della basilica (ICUR II 4122). A S. Paolo, si registrano i lavori del prefetto Flavio Eugenio Asello (ICUR II 4789) e quelli rivendicati da un tale Petrus cum suis (ICUR II 4776) (fig. 356), mentre un anonimo fedele dedicò una transenna che recava l’iscrizione: “in honor[em Pauli apostoli […] posuit]” (ICVR II 4777). La devozione di cui godeva Felicita ad aperto cielo, è attestata dal ritrovamento di un iscrizione nella sua catacomba, menzionante il dono fatto da due fedeli per sciogliere un voto (ICVR VIII 23398)362.
Anche le venerate sepolture erano oggetto di interventi di restauro. Alla metà del V sec., ad esempio, due iscrizioni tradite da Silloge, ricordano i lavori patrocinati da Florus presso la tomba di Liberale (ICUR X, 27256-27257), ricordata dagli Itinerari nella basilica di S. Giovanni ad clivum Cucumeris (VZ II, pp. 118, 143). Dalla prima delle iscrizioni apprendiamo che Floro ornò l’oratorium mentre dalla seconda si ricava che esso fu restaurato dopo i danni subiti nel corso della guerra, forse il saccheggio di Alarico nel 410363. Il pluteo marmoreo a squame con iscrizione “[…] mar(tyri?)” (ICUR X 27274) (fine IV-inizi V), rinvenuto nella zona absidale a S. Valentino, faceva forse parte di un dispositivo che decorava il sepolcro santo. Quest’ultimo continuava ad essere particolarmente venerato se tre epitaffi alludenti al suo nome furono rinvenuti nel santuario (ICUR X 27276-27278).
vi.3e - L’attrazione di Pietro
L’occupazione funeraria delle basiliche di antica fondazione non interessava solo i comuni defunti. Tra i mausolei addossati agli edifici di culto più importanti, si segnalano quelli presunti di Onorio e Teodosio, collegati tra loro e al transetto di S. Pietro per mezzo di narteci. Il richiamo esercitato dal sepolcro di Pietro, in questa fase, doveva essere piuttosto forte se nei suoi pressi fu inumato anche Leone I (LP I, p. 239), che tante attenzioni aveva rivolto proprio al santuario apostolico. Il corpo del pontefice fu trasferito, nel 688, all’interno della chiesa dal successore Sergio I. La descrizione della traslazione operata da Sergio I (687-701), riportata dalla biografia papale (I, p. 375), e le informazioni desumibili dall’elogio tradito da silloge (“trovò sepoltura sotto il pavimento nella parte estrema della chiesa: ormai lo nascondono i numerosi sepolcri dei pontefici”) hanno indotto a ritenere che la sua tomba si trovasse sotto il secretarium (sagrestia vecchia) nel portico d’ingresso364. In Vaticano furono sepolti quasi tutti i successori di Leone fino al Medioevo, tra i quali anche Felice III (483-492), che desiderava la vicinanza del padre, prete all’epoca del Magno, Anastasio II
360 FERRUA,CARLETTI 1985, p. 44. Ad illustrare le pitture fatte eseguire da Celestino per il suo sepolcro stava anche un’iscrizione didascalica (CARLETTI 2008, p. 207).
361 Sull’evergetismo aristocratico, SPERA 2012, pp. 42-45.
362 Su alcune di queste iscrizioni devozionali, MAZZOLENI 2012, pp. 504-405.
363 Sulle due epigrafi, CARLETTI 2004, p. 118.
364
126 498) e Ormisda (514-523), i cui l’elogi, traditi da Silloge (ICUR II 4149, 4150), ricordavano le rispettive sepolture nel pavimento del quadriportico antistante la basilica365.
L’attenzione dei pontefici verso la basilica vaticana dovette portarli a riorganizzare l’assetto del suo spazio presbiteriale. Le trasformazioni apportate a partire dalla seconda metà del V sec. furono limitative della libertà di accesso dei fedeli poiché determinarono la chiusura con parapetti dell’abside e la sistemazione di recinzioni sempre più stabili ed articolate. L’altare, in questo contesto, acquisì maggiore importanza366. Agli inizi dell’Altomedioevo, la nuova sistemazione liturgica precludeva parzialmente il contatto con le reliquie, come attesta anche il diacono franco Agiulfo, in visita alla basilica nel 590 per procurarsi reliquie da contatto (Gregorio di Tours, De Gloria martyrum, 27).
vi.3f - La Platonia e i presunti mausolei martiriali
Anche in questo periodo, alcuni dei presunti edifici martiriali non avevano impianto basilicale ma si configuravano come strutture funerarie a pianta centrale. Tra la fine del IV e gli inizi del V sec., nella cd. Platonia, un mausoleo ad emiciclo addossato a un piccolo edificio funerario preesistente e al deambulatorio della Basilica Apostolorum, a cui era collegato per mezzo di una scala, furono deposto le reliquie del vescovo di Siscia Quirino367. Esse, secondo la passio, erano state traslate a Roma da un gruppo di pannoni in fuga dalle invasioni barbariche368. Il mausoleo, voltato a botte, decorato da pitture, cinto da un bancone e pavimento in mattoni, era stato costruito qualche decennio prima proprio da un’importante famiglia o associazione di Pannoni, dai quali era stato in parte già utilizzato a scopo funerario (fig. 357). L’accesso avveniva per mezzo di una scala ad L, che girava attorno all’edificio funerario preesistente, adibito a vestibolo trapezoidale.
Al centro dell’edificio, le presunte reliquie erano deposte in due cassette marmoree, ricavate da due blocchi di reimpiego e chiuse da un coperchio con grappe di ferro (fig. 358); contenevano le ossa di almeno quattro defunti. I reliquiari erano stati murati nel cementizio che delimitava un’adiacente tomba scavata nel pavimento, a ridosso, ma ad una quota leggermente più alta, dalla sua parete occidentale (fig. 359). Questo piccolo vano funerario era rivestito da marmi, voltato a botte e presentava un pozzetto quadrangolare originariamente chiuso da lastra. Si trattava di un bisomo, con due arche realizzate sistemando di taglio un’altra lastra marmorea di separazione. Il sepolcro era decorato da pitture: stelle bianche su fondo rosso sulle pareti del pozzetto; tracce indecifrabili sulla lunetta orientale; teoria di apostoli trasportanti corone sui settori laterali della volta (figg. 360-361), incedenti verso il gruppo con Cristo tra due santi rappresentato sulla lunetta occidentale (fig. 362). Il santo incoronato da Cristo era probabilmente Quirino, mentre l’altro va riconosciuto in Sebastiano. Poco dopo la traslazione delle reliquie, il piano pavimentale e la scala che conduceva al deambulatorio della circiforme furono rialzati. Lungo tutte le pareti del mausoleo, anche nel vestibolo, furono costruiti quattordici nicchioni posti a coronamento di tombe a pozzetto (figg. 363-364) e valorizzati da stucchi policromi con raffigurazioni reiterate di apostoli-filosofi (figg. 365-366). L’occupazione funeraria privilegiata nel mausoleo, anche più tarda, prevedeva file di tombe a cassa sopra i nicchioni e pozzetti scavate disordinatamente nel pavimento. Contestualmente, alla base della volta, lungo il lato curvo, fu redatta un’iscrizione con lettere capitali di colore bianco su fascia rossa, composta da sei esametri (figg. 367). In essa, il dedicante faceva riferimento all’impegnativa impresa realizzata in onore del santo, a
365 Sugli elogi di Anastasio II e Ormisda, CARLETTI 2008, pp. 213-215.
366 Sulla disposizione liturgica del presbiterio vaticano, in questa fase, DESTEFANIS 2012, p. 146.
367
Sul mausoleo di Quirino: NIEDDU 2009, pp. 408-418; NIEDDU 2008, pp. 361-364; NIEDDU 2006, pp. 294-297; PERGOLA 2002, p. 185; FERRUA 1990, pp. 54-55. Il mausoleo deve il nome alla credenza popolare, nata nel Medioevo, che al suo interno vi fossero i corpi di Pietro e Paolo e la lastra (platoma) loro dedicata da Damaso.
368 La traslazione delle reliquie è datata con una certa precisione perché Prudenzio le ricorda ancora in Pannnonia mentre il Geronimiano sull’Appia.
127 cui si assicurò degna sepoltura369. Potrebbe darsi che sulle reliquie, volutamente nascoste, si ergesse un altare per segnalarne la presenza di cui si conserva reimpiegato, nell’attuale mensa, una lastra recante una croce monogrammatica a rilievo (figg. 368-369).
In conclusione, se le cassette marmoree contenevano probabilmente reliquie, ivi incluse quelle di Quirino, l’adiacente sepolcro monumentale doveva appartenere al fondatore o ai fondatori del mausoleo, evidentemente pannonici come testimonia il coevo sarcofago rinvenuto presso il perimetrale. Esso riportava sul coperchio i nomi delle defunte Maximilla e
Numita (389), conterranee del santo vescovo (fig. 370)370.
Anche sul sopraterra delle catacombe di Ponziano, le sepolture venerate si trovavano probabilmente all’interno di mausolei. Quello absidato (fine IV-inizi V), al centro di un recinto funerario, potrebbe aver ospitato le spoglie di papa Anastasio (399-401) o di Innocenzo (401-417), sepolti in questo cimitero (LP I, pp. 218 e 222) (VZ II, p. 92, 151), o aver costituito una delle tre basiliche dedicate a Candida, Pollione e Abdon e Sennen (VZ, II, pp. 91-92)371.
I santuari di Tiburzio, Valeriano e Massimo e di Zenone a Pretestato (VZ II, pp. 86, 111, 149) potrebbero essere riconosciuti in una di quelle infrastrutture che sono testimoniate da vecchi disegni e fotografie, e documentate dai ritrovamenti archeologici: edificio circolare, costruzione a sei absidi, struttura quadrata con tre nicchie rettangolari, una serie di mausolei372. L’esaconco, con absidi a ferro di cavallo aperte sulla sala circolare originariamente coperta a cupola (si tratta di un edificio unico nel suo genere in ambito paleocristiano), e il monumento cruciforme con tre nicchie ai lati di un ambiente quadrangolare, sono ancora relativamente ben conservati (figg. 371-372). I due edifici, prossimi tra loro, sono allineati e condividono il medesimo orientamento, per cui è probabile che fossero contemporanei. La tecnica costruttiva in opera laterizia, con riuso di mattoni antichi, il ritrovamento di alcuni manufatti marmorei e le tracce di mosaico rinvenute nelle nicchie del monumento cruciforme, suggeriscono una datazione compresa tra la seconda metà del IV e gli inizi del V sec. (figg. 373-374). Un’antica pianta di Fra Giocondo mostra che essi, assieme ad altri monumenti funerari di diversa forma e dimensioni, si addossavano ad un insieme architettonico composto da due cortili messi in comunicazione da una sorta di corridoio, forse ciò che restava di una basilica. Nell’esaconco e nell’edificio cruciforme