I SANTUARI DI R OMA
I. 2. - Il trofeo di Pietro
Maggiori informazioni si hanno della tomba di Pietro in Vaticano, dapprima monumentalizzata mediante l’addizione di un’edicola piuttosto povera e poi inglobata nella grandiosa basilica di Costantino.
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63 L’ubicazione in Vaticano della sepoltura venerata è attestata da diverse fonti: Liber
Pontificalis (I, p. 118), Eusebio di Cesarea, Atti apocrifi degli apostoli attribuiti al senatore
Marcello, Uomini illustri di San Girolamo. Eusebio, in particolare, ha tramandato le parole del presbitero romano Gaio che, durante il pontificato di Zefirino (199-217), in risposta all’eretico Proclo che vantava la presenza di tombe apostoliche in Asia Minore, asserì: “Io ti posso mostrare i trofei degli apostoli. Se infatti vorrai uscire verso il Vaticano o sulla via di Ostia, vi troverai i trofei di coloro che fondarono questa chiesa” (Hist. Eccl., II, 25, 6-7). Stando ad Eusebio, i due trofei erano ben segnalati alla sua epoca, se “il nome di Pietro e di Paolo si leggono sui loro sepolcri”.
i.2a - Il Vaticano
Innanzitutto, il Vaticano (Ager Vaticanus) si estendeva fuori l’Urbe, lungo la riva destra del Tevere, sebbene a partire da Augusto fosse stato incluso della Regione XIV, e costituiva un’area certamente non molto frequentata nel I sec. se Plinio (Naturalis Historiae, 8, 37), Tacito (Storie, 2, 93, 2), e Marziale (Epigrammi, 10, 45, 5 e 6, 92, 3) ne ricordavano la natura malsana, paludosa108. L’area successivamente occupata dalla basilica costantiniana, tuttavia, doveva essere più accogliente e ospitava gli “orti” di Agrippina Maggiore, al posto dei quali fu costruito il circo iniziato da Caligola e completato da Nerone, di cui si conserva tuttora l’obelisco egiziano, originariamente collocato al centro della spina che divideva la pista, e poi spostato nell’attuale Piazza S. Pietro da Domenico Fontana (fig. 15). Fu proprio in questo circo che Nerone condannò a morte, accusati d’aver provocato l’incendio di Roma, i cristiani e, tra questi, l’apostolo Pietro, crocifisso con il capo verso il basso. I giustiziati dovettero essere deposti nelle adiacenti necropoli pagane, che si dislocavano lungo le tre strade attraversanti il Vaticanum: l’antichissima via Trionfale, la via Cornelia e un braccio dell’Aurelia.
i.2b - La fossa petrina
La tomba di Pietro fu rinvenuta al limite occidentale di una serie di mausolei, costruiti a partire dagli inizi del II sec. lungo la Cornelia, che in questo punto correva parallela al fianco settentrionale del circo109. La maggior parte dei mausolei erano pagani, mentre quelli prossimi al sepolcro venerato già cristianizzati. La sepoltura dell’apostolo, in corrispondenza del soprastante altare maggiore dell’attuale basilica, era piuttosto semplice, una fossa terragna scavata, tra il 64 e il 67, in un’area già sporadicamente adibita ad usi funerari. Al momento del ritrovamento, si presentava come una cavità piuttosto sconvolta e non molto grande, forse conseguenza delle sevizie inflitte al corpo santo. Le presunte ossa di Pietro, rinvenute nel più
108 A partire dal II sec., si diffuse il toponimo Vaticanum, ad indicare un’area più ristretta, oggi coincidente grossomodo con la Città del Vaticano. Sul Vaticano in epoca imperiale:ZANDER 2007, pp. 6-11; LIVERANI 2003, pp. 73-77;LIVERANI 2000,pp. 39-41; LIBERATI SILVERIO 1985, pp. 83-85.
109 La scoperta della confessione petrina si deve all’intraprendenza di Pio XII Pacelli (1939-1958) che diede avvio a ricerche sistematiche sotto il pavimento della basilica. La complessa situazione stratigrafica che dovette fronteggiare la commissione preposta alla direzione degli scavi (determinata dalla sovrapposizione di innumerevoli elementi e dagli sconvolgimenti operati dagli architetti costantiniani), la difficoltà di operare sotto l’attuale chiesa senza intaccarne la staticità, la mancanza di regole stratigrafiche hanno reso difficile l’interpretazione dei dati archeologici (fig. 16). L’importanza del contesto, tuttavia, ha attirato l’attenzione dei più grandi studiosi di archeologia cristiana che, convenendo sulle dinamiche più significative, hanno proposto una ricostruzione attendibile dell’evoluzione della memoria: ZANDER 2007, pp. 6-15; 24-29; 114-120; 124-133; BIANCHI 2003, pp. 101-103;FIOCCHI NICOLAI 2001, pp. 12-13; Christiana Loca 2001, pp. 137-138; SPERA 2000, pp. 47-48; CECCHELLI 2000, p. 89; SPERA 1998, pp. 8-13;GUARDUCCI 1996; KRAUTHEIMER 1986, pp. 20-22; TESTINI 1980, pp. 164-180.
64 tardo loculo murario costantiniano, erano riferibili un maschio morto in età avanzata e di vigorosa statura (figg. 17-18)110.
Ben presto, la confessio cominciò ad esercitare la propria attrattiva poiché diverse sepolture privilegiate, dall’età di Vespasiano (69-79) e sino al IV sec., anche dopo che la basilica costantiniana era stata costruita, si impiantarono nelle sue adiacenze.
i.2c - Il trofeo di Gaio
Nella prima metà del II sec., la disposizione “a corona” di quattro mausolei attorno alla memoria determinò la formazione di un vero e proprio spazio recintato, il cd. campo P (figg. 19-20). Intorno alla metà del II sec., ad ovest di quest’ultimo, si sviluppò una seconda area cimiteriale all’aperto (Q) situata ad una quota più alta, per raggiungere la quale, il pendio (clivus) venne sistemato per mezzo di una rampa111. Per assicurare ad essa una spalla sicura, e proteggere il campo P da eventuali franamenti dell’area Q, si ricorse alla costruzione del muro rosso, cd. perché affrescato sulla faccia orientale (fig. 21).
Nel punto in cui tale struttura passava sopra la tomba dell’apostolo furono realizzate tre nicchie sovrapposte, la più bassa delle quali era sotterranea, quella di mezzo, corrispondente all’attuale “nicchia dei palli” (fig. 22), coperta da una lastra di travertino poggiante su due colonne, mentre la più alta era probabilmente conclusa da un frontone a timpano (fig. 23). Questa singolare sistemazione diede luogo ad un’edicola alta poco meno di tre metri, evidentemente il “trofeo di Gaio” che segnalava la tomba venerata (figg. 24-25). Sulla destra della nicchia mediana fu rinvenuto un pezzo d’intonaco proveniente dal muro affrescato, la cui iscrizione graffita (presumibilmente sciolta in ∏ετρος ενι, Pietro è qui) confermava inequivocabilmente la natura memoriale della struttura (figg. 26-27)112.
Tra l’edicola e la fossa fu posta, come diaframma a copertura di essa, una lastra di riuso pagana, con foro quadrato fortemente asimmetrico rispetto all’edicola e forse allineato alle coeve tombe a fossa (fig. 28). Anche la lastra non era perfettamente centrata ma orientata con un muretto intonacato meridionale, antecedente al muro rosso poiché coperto dalle sue fondazioni. Potrebbe trattarsi dei resti di una memoria più antica, forse riconducibile alla fine del I sec., se si considera che il Liber Pontificalis (I, p. 125) attribuisce a papa Anacleto (84-95), quando era ancora prete, il primo intervento di monumentalizzazione della tomba venerata.
1d - Il muro dei graffiti e gli interventi più tardi
Nel corso della prima metà del III sec., al muro rosso fu addossato perpendicolarmente cd. muro dei graffiti (g) (figg. 29-30). La sua costruzione, sul lato settentrionale dell’edicola, determinò la troncatura di una parte della mensa e l’arretramento a sud della colonnina ivi presente. Qualche decennio dopo, forse per rendere la memoria meno asimmetrica, fu edificato, sul lato opposto di g, in luogo di m, il muretto s, più lungo e stretto del suo corrispettivo settentrionale. Nell’ambito di queste ristrutturazioni, l’edicola fu abbellita con un rivestimento di marmi bianchi e grigi mentre il pavimento decorato con un mosaico a tessere bianche e verde scuro.
Tra la seconda metà del III e il primo ventennio del IV sec., la facciata del muro g, intonacata di bianco, fu invasa da una trentina di graffiti devozionali in latino, sovrapposti l’uno all’altro
110 Le indagini antropologiche sono integralmente riportate in GUARDUCCI 1996, pp. 85-116. La studiosa (pp. 51-54) ritiene che la mancanza di resti dei piedi sia da imputare alla circostanza che l’apostolo fu crocifisso, secondo la tradizione, “inverso capite”.
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La datazione del recinto Q, che ha consentito la contestualizzazione cronologica anche del muro rosso e dell’edicola, si basò sul ritrovamento di un canale che raccoglieva le acque piovane, munito di bolli doliari del 146-161 d.C..
112 GUARDUCCI 1996 ritiene che il graffito doveva trovarsi presso il loculo costantiniano entro cui furono deposte le reliquie al momento della costruzione della basilica.
65 in modo disorganizzato113. Pur non menzionando Pietro, riportavano acclamazioni di vario genere: semplici nomi (es. Leontia), espressioni augurali (Pavlina vivas), desiderio di comunione con Cristo (Simplici vivate in Christo) (fig. 31). In alcuni casi, come in altri contesti romani, il graffito è costituito semplicemente da un segno, di solito un segmento, una linea curva, un triangolo. Non mancano, inoltre, precoci monogrammi cristologici nelle forma decussata, impiegati generalmente come compendium scripturae in contesti di tipo acclamatorio.
Coevo a queste modificazioni era il graffito a carboncino, ora scomparso, che un fedele tracciò su uno dei muri di fondazione della costruenda basilica. Due teste rozzamente disegnate erano identificate dalle didascalie “Petr(us)” e “Paul(us)” (fig. 32)114. La prima, alla sinistra del volto inferiore, era maiuscola e chiaramente leggibile, mentre la seconda, alla destra dell’immagine superiore, era in minuscolo e reca maggiori problemi d’interpretazione; qualcuno propende per leggervi Chr(istus).
La tomba di Pietro finse sin da subito da elemento catalizzatore per lo sviluppo di un cimiteriolo papale, in uso fino al 199, quando morì Vittore. Nel Liber Pontificalis, infatti, in relazione all’ubicazione delle sepolture episcopali dei primi due secoli, ricorre sistematicamente il riferimento “iuxta corpus beati Petri, in Vaticano”. I sepolcri vanno riconosciuti nelle fosse anonime che occuparono il campo P in seguito alla deposizione di Pietro115.