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3 - Oratori e mausolei

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 190-193)

I SANTUARI I TALICI

V. 3 - Oratori e mausolei

Lo sviluppo delle basiliche fu accompagnata dalla costruzione di piccoli oratori o mausolei, ugualmente santificati da frammenti di reliquie o brandea orientali, e talvolta occupati da spoglie vescovili. In alcuni casi, tuttavia, la funzione martiriale è fortemente dubbia.

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La localizzazione presso Gennazzano della basilica, restaurata da Adriano I (LP I, p. 510), è suggerita dal Regesto Sublacense e da due documenti medievali (BONFIGLIO 2013, p. 110; LUTTAZZI 1999, pp. 52-54; TESTINI

1978, p. 153). In entrambi i siti, la ricognizione non ha consentito il riconoscimento di aree confessionali.

727 BONFIGLIO 2013, pp. 245-246

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SPANU 2000, pp. 119-140; GIUNTELLA,PANI ERMINI 1989, pp. 66-67; MASTINO,VISMARA 1994, pp. 54-75. Sull’epitaffio di Adeodata: MAZZOLENI 2012, p. 512; CARLETTI 2008, pp. 295-296. Del cimitero faceva parte anche il mausoleo cruciforme riutilizzato come cripta della basilica romanica al momento della traslazione dei martiri turritani dal S. Gavino a Mare.

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L’identificazione è stata facilitata dalla costatazione che la distanza dalla città riportata nella Passio corrisponde grossomodo a quella reale (SPANU 2000, pp. 115-140; MASTINO,VISMARA 1994, pp. 54-75).

730 ARTHUR 2002, pp. 76-77

731 Sulla basilica, la cui prima attestazione si deve alla menzione di una “Porta Sancti Gaudencii” nel Breviarium

Ecclesiae Ravennatis (fine VIII): NEGRELLI 2008, pp. 21-25; CURRADI 1984, pp. 87-88.

732 La basilica, nota per la prima volta in documenti del 919, si è conservata fino al 1727.

733 FIOCCHI NICOLAI,SANNAZARO 2012, p. 200

734 Il vescovo riportò a Napoli le spoglie del vescovo Massimo. L’articolazione della basilica è incerta, essendo stata alterata dall’edificio seicentesco. Come quello, doveva almeno in parte essere scavato nella roccia inglobando alcuni settori della catacomba.

735 La basilica, citata in già alla metà del V sec. in un sermone del bolognese Petronio, va riconosciuta nell’attuale S. Zeno Maggiore, in luogo di un cimitero della via Gallica, poiché è lì che furono riutilizzati elementi architettonici di VI secolo.

191 A Ravenna, il Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis ricorda i “monasteria”, forse consacrati con reliquie dei santi a cui erano dedicati736. Il corpo del vescovo Severo era nel “monasterium sancti Rophilli”, da riconoscere nel mausoleo rettangolare mosaicato (prima metà V) che venne a trovarsi presso l’ingresso della più recente chiesa (figg. 741-742)737. Munito di triforio d’ingresso e abside, presso cui si disponevano due sepolture, il

monasterium era preesistente all’adiacente edificio B. Nel monasterium Sancti Pullionis,

nell’area S/E della città, e in quello Sanctae Petronillae, laddove fu poi costruita la basilica degli Apostoli, erano inumati, rispettivamente, Liberio III e Fiorenzo, successori di Severo738. È probabile che i mausolei ravennati ospitassero sarcofagi, come indica il confronto con la sepoltura del dignitario di corte Lauricio (V sec.) e la tradizionale attribuzione a Liberio III del sarcofago attualmente conservato. Se non era nell’ipogeo di Bonaria, è possibile che anche il corpo del cagliaritano Lucifero si trovasse in un grande mausoleo, intensivamente occupato da sepolture di diversa ipologia739.

Presso la necropoli di Porta Decumana, la principale del suburbio di Aosta, la costruzione di tre mausolei allineati (fine IV-V), occupati da grandi tombe in muratura, determinò lo spianamento delle precedenti strutture funerarie (figg. 743-744)740. Quello centrale, più antico, era preceduto da atrio e concluso da nicchia rettangolare allungata. Un sepolcro privilegiato presso l’entrata era più grande degli altri e disposto con diverso orientamento741. Se fosse stato venerato, il mausoleo occ., con quattro tombe rivestite d’intonaco rosso, avrebbe potuto costituire un retrosanctos mentre l’orientale, occupato da altare, sarebbe stato legato a esigenze cultuali. Il mausoleo di Mondolfo, riutilizzante strutture funerarie pertinenti un cimitero pagano (fig. 745), aveva un basamento valorizzato da specchiature rettangolari ed elevato movimentato da trifore (fig. 746)742. La sepoltura privilegiata, una fossa rettangolare tagliata nel basamento (fig. 747), accolse probabilmente il sarcofago marmoreo rinvenuto nella cripta medievale, decorato con pavoni, croci e monogrammi costantiniani743.

In alcuni casi, i presunti mausolei martiriali erano cellae trichorae. Quella presso il sepolcreto al XVIII miglio della Tiburtina, databile tra IV e V sec., inglobò forse la tomba del martire locale Vincenzo744. La siciliana Cuba di S. Teresa (prima metà V) era semipogea, preceduta da atrio o nartece occupato da sedili e circondata da un recinto rettangolare; al suo interno è stato rinvenuto un frammento di sarcofago (fig. 748). Nel piccolo edificio di Licatia, invece, la pianta ottagonale trifoliata era inscritta in un quadrato (fig. 749)745.

Non sappiamo se fosse inglobata in una struttura funeraria la tomba a cassa di V sec. sopra la quale, forse in virtù della sua presunta importanza, fu eretto il sacello milanese di S. Satiro (seconda metà IX). Vi erano dipinte una croce e l’iscrizione “HIC RE”, per “hic requescit”746.

736 FARIOLI CAMPANATI 1986, p. 167

737 Il mausoleo, in concomitanza della consacrazione della basilica, fu decorato da mosaici, sui quali campeggiava anche un’iscrizione riportante il nome del santo. Si vedano: AUGENTI 2012, pp. 543-544; RIPOLL

2007, pp. 9-11; CHRISTIE 2007, pp. 11-14; RIPOLL,CAU 2007, pp. 24-27; PICARD 1988.

738 Il monasterium di Petronilla le fu forse intitolato nell’Altomedioevo, in occasione della traslazione delle sue reliquie. Il mausoleo di S. Pollione, stando al Liber, fu fondato proprio da Liberio.

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Il monumentum fu rinvenuto, assieme ad altri due, presso S. Lucifero(MARTORELLI,MUREDDU 2006,p. 20).

740 Sui mausolei, poi affiancati da basilica (VI):BONNET,PERINETTI 1986, pp. 50-53; CORNI 1989, pp. 131-132.

741 Più tarda era la tomba recintata che fu addossata alla nicchia.

742 Sul masuoleo di Mondolfo, rinvenuto sotto la chiesa medievale di S. Gervasio di Bulgaria e assimilabile a

martyria e strutture funerarie d’area slava databili tra IV e V sec., PROFUMO 2008, pp. 171-181.

743 L’attribuzione del sarcofago al primo venticinquennio del VI sec., tuttavia, cozza con la datazione del mausoleo al IV. È anche ipotizzabile che il taglio nel basamento, originariamente una tomba a fossa, abbia ospitato l’arca in un secondo momento.

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Sul santo,ricordato nel Geronimiano,BONFIGLIO 2013, pp. 106-107.

745 Sulle tricore siciliane, MARGANI 2005,pp. 29-107. GIGLIO 2003, pp. 211-212, non esclude che la tricora di Licatia, la cui destinazione funeraria è suggerita dalle ridotte dimensioni e dalla mancanza di finestre, fosse in realtà un mausoleo pagano di III sec., essendo costruito con conci basaltici regolari.

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192 CAPITOLO VI

I SANTUARI ITALICI ALLA FINE DELL’ANTICHITÀ

La seconda metà del V sec., come a Roma, segnò il graduale abbandono funerario delle catacombe, che continuarono a funzionare come poli devozionali e luoghi di sepoltura del clero e di pochi privilegiati. Maggiore risalto venne dato agli spazi ad aperto cielo, con la costruzione di nuove basiliche che alle funzioni martiriali associavano quelle pastorali. In maniera sempre più incisiva, la confessione era costituita dall’altare confessionale nel presbiterio.

Il declino delle città, portò alla diffusione di santuari rurali e all’acquisizione di prerogative episcopali da parte dei complessi suburbani di maggiore importanza.

VI.1 - Le catacombe

L’occupazione funeraria ordinaria degli ipogei cedette il passo alla costruzione di basilichette e alla formazione di aree funerarie privilegiate riservate quasi unicamente ai membri del clero. vi.1a - La Minor di San Gennaro e le basilichette ipogee

Agli inizi del VI sec., nell’ambito di un progetto mirante ad assicurare una migliore fruizione degli spazi confessionali nella catacomba di S. Gennaro, furono edificate una basilica ipogea, definita nelle fonti “minor”, e una chiesa subdiale, la “maior” (figg. 750-751)747

. Il santuario napoletano aveva acquisito le caratteristiche di un complesso variamente esteso tra sopraterra e settore ipogeo. Lo documenta chiaramente l’altomedievale Homilia de Miraculis Sancti

Ianuari (pp. 866-870), facente riferimento agli “omnia tecta antraque beati matyris Ianuarii”. La Minore, accessibile da triforium preceduto da nartece e illuminato da lucernario (fig. 752) si trovava sopra la confessio, visibile dal centro (fig. 753), e davanti la Cripta dei Vescovi, che ne costituiva il presbiterio (figg. 754). La navata, anch’essa illuminata da lucernario, era coperta a botte e messa in comunicazione col restante cimitero per mezzo di arcate (fig. 755); un angolo dell’aula era sostenuto da archi edificati nella sottostante galleria B8 (fig. 756). La

minor era riccamente decorata (fig. 757). Sulla volta, il catalogo affrescato dei vescovi

napoletani era costituito da quattordici ritratti numerati (figg. 758-759), sotto cui correva una frase biblica a grandi lettere, mentre sulla parete di fondo era una scena di Crocifissione d’incerta datazione.

Un’iscrizione a sgraffio faceva riferimento all’ampliamento dell’area del sepolcro per rendere visibili gli altari748. L’espansione della basilica, propiziato dalle distruzioni delle pareti, infatti, la portò a raggiungere forma trinave e ad acquisire l’attributo di “adiecta”. L’edificio richiamò l’attenzione dei fedeli, come dimostrano i graffiti antichi e moderni che ne occuparono le pareti (fig. 760), nonché l’intensa occupazione funeraria, testimoniata da fosse polisome, loculi ed arcosoli, alcuni dei quali pertinenti a vescovi e duchi dell’Altomedioevo. Anche la costituzione della basilichetta di Albano Laziale, forse l’ecclesia sancti Senatoris nota dalle fonti, fu determinata dall’ampliamento della precedente cripta, dall’apertura di un ampio lucernario e dalla stesura di affreschi e intarsi marmorei (fig. 761)749. Una decorazione pittorica con Cristo giovane tra Pietro e Lorenzo a destra e Paolo e Smaragdo a sinistra interessava anche la parete di fondo del contiguo vano D (fig. 762).

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Sulla basilica, ricavata dalla distruzione di precedenti gallerie e sepolture e dall’unione degli ambienti A1, A2 e A4: FASOLA 1993, pp. 171-193; EBANISTA,AMODIO 2008, pp. 124, 131.

748 Su quest’iscrizione, forse riconducibile all’epoca di Giovanni II il Mediocre (533-555): CARLETTI 2008, p. 288; EBANISTA 2006, p. 69.

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193 In un momento imprecisato, ma forse ascrivibile a questa fase, sono gli interventi che portarono alla trasformazione delle confessiones di Zotico, Eutizio, Cristina, Senatore, Marciano e forse Ippolisto in spaziosi ambienti ipogei (fig. 763). Al centro della basilichetta quadrata del primo, il cui accesso fu agevolato dalla sistemazione di un percorso e il cui interno fu illuminato da un lucernario, l’altare con ciborio retto da quattro colonne si trovava sulla presunta fossa venerata; vani adiacenti fungevano da retrosanctos (fig. 764)750. Nella Cripta di S. Marciano, in parte costruita e in parte scavata nella roccia, l’espansione dello spazio fu garantita da grandi absidi semicircolari751. L’originaria catacomba di Eutizio, invece, è stata talmente manomessa nei secoli da assumere l’aspetto di una grande spelonca quadrangolare, per cui non sappiamo se avesse ospitato una vera e propria basilica752. Probabilmente, è all’ipogeo di S. Ippolisto ad Atripalda, se non a un’aula ad corpus addossata, che si riferiva la descrizione duecentesca del vescovo Ruggiero: il luogo di culto, occupato da reliquie di diversi martiri, era costituito da una cripta absidata decorata da mosaici pavimentali e pitture raffiguranti venti martiri ai lati del Salvatore.

Il miglioramento dell’accessibilità rappresentava il presupposto indispensabile per garantire la fruibilità dei santuari, come dimostra l’apertura, forse ancora in epoca paleocristiana, di un accesso indipendente al nucleo genetico della catacomba di Vigna Cassia, occupata da ignoti sepolcri venerati753.

v.1b - La renovatio dei santuari sardi

Il rinnovamento degli ipogei di S. Antioco e S. Lussorio, votato a un potenziamento delle decorazioni, è testimoniato dalle epigrafi dei vescovi committenti Pietro ed Elia. La prima, che stando a un manoscritto di fine ‘500 si trovava sulla tomba del santo (fig. 765), alludeva a nuovi arredi marmorei dell’aula, di cui dovevano far parte il pluteo decorato a pelte, i capitellini con croce, la mensa d’altare, le lastre figurate e i frammenti di ciborio rinvenuti nel santuario754.

La renovatio rivendicata da Helia (fig. 766) si estrinsecò nella costruzione della nuova ala or. in opus africanum, con abside accessibile da soglia trachitica e originariamente chiusa da cancello755. L’esedra, affrescata a finte tarsie marmoree e con un motivo riproducente travi lignee, ospitava una mensa d’altare, attestata dagli incassi dei trapezofori (fig. 767). Nuovi mosaici pavimentali, occuparono sia il nuovo settore che quello vecchio, con un motivo a squame. Lo sviluppo del santuario coincise con un incremento delle deposizioni privilegiate nel settore N/E, alcune delle quali in monumentali casse litiche.

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 190-193)