I SANTUARI I TALICI
I. 9 - Puglia e Calabria
Dei santi dauni ricordati nel Geronimiano, la critica storica ne riconosca soltanto due, il vescovo di Aeca (Troia) Marco e quello di Brindisi Leucio472. Stando a un’operetta agiografica dell’XI sec., alla guida della diocesi di Aeca fu anche Secondino, il cui sepolcro fu scoperto assieme all’epitaffio che lo definiva costruttore di chiese. Molto attivi sul piano edilizio nella prima metà del VI sec., furono anche i vescovi Lorenzo di Siponto e Sabino di Canosa. Stando alla Vita, Lorenzo fondò una chiesa dedicata ai martiri Stefano ed Agata mentre nella sua biografia (IX sec.) e in altre fonti Sabino è ricordato come amico di S. Benedetto e ambasciatore di pontefici.
A Herdonia si celebravano invece Felice e Donato, ma è più probabile che si trattasse di santi africani di cui giunsero in Italia delle reliquie; lo attesterebbero i loro nomi e la scarsa presa del loro culto in Puglia.
Il Liber de Apparitione Sancti Michaelis in Monte Gargano (fine VIII), facendo riferimento alle apparizioni dell’arcangelo presso la grotta garganica, poi sede del santuario, e quelle in sogno al vescovo di Siponto alla fine del V sec., sembrerebbe accreditare l’origine paleocristiana del culto473.
Il Geronimiano non ricorda alcun santo bruzio ma tradizioni tarde e leggendarie fanno riferimento ad alcuni gruppi di martiri, come quello di Senatore, Viatore, Cassiodoro e Dominata, attestato anche a Venosa474. L’unico santo storicamente attendibile è Fantino il Vecchio, vissuto a Taurianum nella prima metà del IV sec., la cui Vita ne ricorda il sepolcro, il santuario e il monastero, attestati archeologicamente.
470 Sebbene i Martirologi Storici facciano riferimento alle origini siciliane del culto, alcuni elementi accrediterebbero quella lucana: rinvenimenti archeologici presso il fiume Sele, dove morì secondo tradizione; costante riferimento alla Lucania nei racconti altomedievali di traslazione delle sue reliquie; forte devozione di cui ancora gode sul versante tirrenico della regione.
471 Poco attendibili sono la Passio XII Fratrum (VIII sec.) e una Passio anonima di XI. La prima, che fa anche riferimento al Felice di Venosa, è un’operetta agiografica ricca di elementi leggendari che ricorda il martirio di dodici fratelli a Velinianum e Sentianum, centri rurali tra Venosa ed Aequum Tuticum. La Passio anonima, invece, costituisce una sorta di compendium agiografico della Lucania, nel quale sono protagonisti, nell’ambito di un racconto favoloso, molti dei martiri menzionati nelle fonti più antiche.
472
Sui culti dauni, OTRANTO 2012, pp. 60-63. Alcuni riferimenti anche inCAMPIONE,NUZZO 1999, pp. 16-19.
473 In realtà, le prime evidenze monumentali a Monte Sant’Angelo risalgono all’Altomedioevo, quando il luogo d’apparizione andò strutturandosi come il santuario nazionale dei Longobardi (BERTELLI 2004, pp. 36-48; MOLA,BERTELLI 2001, pp. 11-15; OTRANTO,CARLETTI 1990, pp. 41-89).
474
150 CAPITOLO II
LE DEPOSITIONES ITALICHE
Come a Roma, la nascita degli altri santuari italici interessò sia gli spazi ipogei che i complessi cimiteriali subdiali e le basiliche funerarie. Naturalmente, santuari ipogei sono stati rinvenuti solamente nei luoghi in cui il fenomeno dell’escavazione a scopo funerario ebbe luogo, favorita dalla natura tufacea dei suoli; oltre che nel Lazio, quindi, in Campania, Sicilia e Sardegna. Grande diffusione ebbero nel V sec. le basiliche funerarie, mentre alcuni cimiteri, santificati da reliquie, si trasformarono in santuari di pellegrinaggio universali, dalla complessa ed estesa articolazione; tra i più noti, quello di S. Felice a Cimitile.
II.1 - Le catacombe
In ambito ipogeo, si distinguono i santuari installati in precedenti cimiteri pagani da quelli che occuparono spazi funerari scavati dai cristiani e sviluppatisi per effetto delle depositiones. In entrambi i casi, la definizione dell’articolazione primitiva degli spazi confessionali è compromessa dagli interventi operati nei secoli successivi475.
ii.1a - La rioccupazione degli ipogei pagani
Come a Roma, la deposizione dei corpi venerati in cimiteri pagani in fase di cristianizzazione, generalmente datata tra la seconda metà del III sec. e gli inizi di quello successivo, è piuttosto comune. I casi meglio noti sono rappresentati dalle seguenti sepolture: del vescovo napoletano Agrippino (seconda metà III), nel vestibolo inferiore della catacomba poi detta di S. Gennaro)476; del martire Vittorino (fine III-inizi IV), nella catacomba sottostante la chiesa di S. Michele Arcangelo ad Amiterno)477; del proto-vescovo siracusano Marciano (metà III), nell’omonima Cripta adiacente la catacomba di S. Giovanni)478
; del vescovo Terenziano a Todi, presso l’odierna Parrocchiale479
.
Se l’identificazione delle prime tre confessioni non pone problemi, quella di Terenziano è controversa. Il Geronimiano e la passio (prima metà VI) concordano nell’ubicare nella Tuscia umbra la sepoltura del vescovo. Se il calendario è piuttosto generico (specifica solo “in Tudertina Tuscia”), la passio ricorda che la deposizione avvenne a 8 miglia da Todi, “in loco petroso”. In un sito distante da Todi circa 11-12 km., tra l’odierna Grutti e il castello di S. Terenziano, si estendono effettivamente delle grotte, presso le quali si sviluppò un cimitero pagano, cristianizzatosi tra III e IV secolo. Terenziano dovette esservi inumato se ancora oggi, nella parrocchiale a lui dedicata, sono venerati i suoi resti e quelli del compagno Flacco. I casi di Napoli e Siracusa dimostrano che le depositiones interessarono aree cimiteriali ben note e ampiamente sfruttate in epoca imperiale, l’attuale quartiere partenopeo della Sanità e l’antica Akradina, a N di Ortigia; anche il cimitero di Amiterno, tuttavia, era piuttosto esteso in epoca imperiale.
475 Nei casi più fortunati, è possibile ricostruire la conformazione originaria dei sepolcri e l’articolazione degli spazi circostanti ma in altri bisogna accontentarsi di ipotesi ricostruttive che riguardano solamente le aree confessionali. Non mancano, inoltre, i casi di santuari noti da fonti ma la cui ubicazione o articolazione è sconosciuta per motivi diversi.
476 Sulla confessio di Agrippino, FASOLA 1993, pp. 18-22. Per un inquadramento generale della catacomba e delle fasi costruttive: EBANISTA,AMODIO 2008, pp. 118-132; ARTHUR 2002, pp. 64-65; FIACCADORI 1992, pp. 151-152; LICCARDO 1999; LICCARDO 1991, pp. 96-99. Sulla storia delle ricerche, EBANISTA 2010, pp. 127-174.
477 Per le recenti ricerche sulla sepoltura, ricordata dal Geronimiano al LXXXIII miglio della Salaria, SOMMA
2012, pp. 185-188. Si veda anche PANI ERMINI 1978, pp. 5-8.
478 SGARLATA 2010, pp. 253-272; SGARLATA 2005, pp. 75-77; SGARLATA 2003
479
151 Gli ipogei funerari romani, rioccupati dai cristiani, erano solitamente quadrangolari, non molto estesi e talvolta affrescati, come dimostra l’esempio napoletano (fig. 441)480. In questi contesti, le tombe martiriali non rispondevano a una tipologia specifica: per Agrippino si scelse una forma scavata nella roccia tufacea, ancora visibile sotto il più tardo altare (fig. 442); il corpo di Vittorino fu sistemato nell’angolo N-E di un piccolo mausoleo romano semipogeo (II-III) (amb. A), all’interno di una cappuccina incassata nella parete, al secondo livello di una pila di sepolture analoghe (figg. 443-444)481; nell’ambiente compreso tra la parete di roccia e la fiancata sinistra della chiesa inferiore, la presunta sepoltura di Terenziano era del tipo a mensa e presso di essa furono deposti due balsamari vitrei (figg. 445-446). È difficile ricostruire l’assetto originario del santuario siracusano, sottoposto a reiterati inerventi che ebbero come esito la formazioe dell’attuale Cripta di S. Marciano. La tomba del santo è oggi identificata in una cassa conformata ad arcosolio, scavata in una delle pareti del vano e munita di fenestella confessionis ma non sappiamo se essa corrisponda al luogo di deposizione originario (fig. 447).
ii.1b - Le catacombe scavate dai cristiani
Nelle catacombe di nuova escavazione, i corpi venerati trovarono spazio solitamente presso gli assi generatori, in gallerie o, più raramente, cubicoli482. Anche in questo caso non si riscontra un apprezzamento per una tipologia sepolcrale specifica, al punto che i santi sepolti nello stesso cimitero, come a S. Alessandro sulla Nomentana (VII miglio), trovarono riposo in contesti differenti (fig. 448)483. Il sepolcro di Evenzio e Alessandro, inumati in “uno monumento” (Passio), era costituito da una forma scavata nel tufo e rivestita di lastre di marmo, nella primitiva galleria G3 (figg. 449-450). Quello di Teodulo, invece, sepolto “in altero loco”, era un loculo, forse il più basso della pila, o, meno probabilmente, un arcosolio, sul fondo della galleria G1 (figg. 451-452)484.
Alle sepolture parietali era accordata una certa preferenza rispetto a quelle pavimentali, anche considerando che i loculi e gli arcosoli erano particolarmente diffusi in ambito ipogeo. Alla prima categoria appartengono le sepolture di Lucia a Siracusa (quartiere Akradina), Rufina e Seconda sulla Cornelia, forse Abbondio a Rignano Flaminio, Romano e forse Tolomeo a Nepi, Smaragdo (o Senatore) ad Albano Laziale.
Il loculo di Lucia (fig. 453) si presenta oggi totalmente isolato dal contesto originario, essendo inglobato nella seicentesca Chiesa del Sepolcro, per cui si può solo ipotizzare che si trovasse sul piano superiore dei tre di cui era costituito il cimitero, tra le regioni A e B, e fosse raggiungibile dalla galleria F che faceva parte della prima (fig. 454)485. Più elaborato era il presunto loculo di Rufina e Seconda, in un ambulacro della catacomba al IX miglio della Cornelia (diocesi di Silva Candida)486. Il sepolcro, sulla prima pila della parete O, occupa una nicchia scavata nella roccia, con la volta svasata, ed è configurata come una sorta di cassa composta, sul lato esterno, da laterizi intonacati e tegoloni sistemati ad angolo retto (fig. 455). Davanti al sepolcro, e per tutta la sua lunghezza, corre una mensola intonacata, sulla quale erano poggiate tre lucerne databili tra IV e V sec.; altre due erano adagiate sul coperchio fatto
480 Le basiliche devozionali costruite tra la tarda età paleocristiana e il Medioevo hanno spesso alterato lo stato dei luoghi ma ne non hanno cancellato le evidenze precristiane.
481 Del sepolcro venerato non restava che qualche traccia dell’incasso nella muratura.
482
Particolarmente numerose erano le catacombe laziali, legate sia a centri urbani che rurali. Erano più spaziose ma anche meno regolari, ricche e articolate di quelle romane e caratterizzate, frequentemente, dall’ingresso in piano (FIOCCHI NICOLAI 2006 (b), pp. 17-35).
483 Sul santuario nomentano, ricordato in numerose fonti (Geronimiano, Liber Pontificalis, Passio Alexandri,
Eventhii et Theoduli di VI sec., martirologi di Beda, Floro, Adone ed Usuardo), FIOCCHI NICOLAI 2009, pp. 219-276. Sulle fonti, in particolare, BONFIGLIO 2013, pp. 79-82.
484 L’incertezza deriva dal fatto che della tomba si conserva solo il piano.
485 SGARLATA 2010, pp. 260-262; SGARLATA 2007, pp. 1565-1588
486
152 di tegoloni. Che la tomba di Abbondio nella catacomba di S. Teodora a Rignano Flaminio fosse un loculo, lo attesta la più tarda lastra funeraria del martire. Il sepolcro, assieme a quelli di Abbondanzio, Marciano e Giovanni, ricordati al XXVIII miglio della Flaminia (passio di X-XI), dovevano trovarsi presso l’ingresso della regione b perché è lì che si trovava la cripta dalla quale, a partire dalla Pace della Chiesa, si svilupparono gallerie retrosanctos (fig. 456)487.
Nella catacomba di S. Savinilla a Nepi, la sepoltura di Romano, “in interiori loco” (Passio di XI ca.), può essere riconosciuta nel grande arcosolio c della galleria A1 (fig. 457) perché, quando il piano dell’ambulacro fu sottoposto ad approfondimento, sotto la tomba fu risparmiato un ripiano di tufo, sorta di scalino, affinché continuasse ad essere fruibile (fig. 458)488. La tomba di Tolomeo si trovava proprio dove la localizzava la Passio, “in ingressu cryptae”, nel punto in cui convergevano le due gallerie originarie, in parte smantellate per consentire l’edificazione della basilica ad corpus. Proprio all’imbocco della galleria A1, nel corso dei restauri secenteschi, fu collocato l’epitaffio marmoreo recante “corpus b(eati)
T]olomei”, probabilmente attribuito al martire erroneamente (fig. 459)489. Il piccolo arcosolio di Albano Laziale, formato da una nicchietta semilunata, si trovava sulla parete di fondo dell’ambiente BI (figg. 460-461). Apparteneva all’eponimo del cimitero Senatore, ricordato nel Geronimiano, o a Smaragdo, rappresentato in almeno un paio di pitture del cimitero e ricordato nel più tardo epistilio490.
Il sepolcro di Eutizio nell’omonima catacomba a Soriano del Cimino, invece, era del tipo pavimentale. Sotto la più tarda edicola funeraria, una forma scavata nel suolo di un cubicolo (figg. 462-463) era sormontata da un tumulo trapezoidale ad angoli superiori smussati, sorta di cupa (fig. 464)491.
L’individuazione delle sepolture del marire Zotico e dei compagni Ireneo e Amanzio nella catacomba al X miglio della Labicana (territorio tuscolano, forse nella diocesi di Labicum) è controversa (fig. 465)492. Degne di venerazione, infatti, sembrano essere: una fossa terragna al centro della cripta storica (A), sulla quale fu costruito un altare con ciborio; un arcosolio sul fondo dell’adiacente ambiente A1, decorato da una pittura con quattro personaggi stanti (forse proprio i tre martiri e Giacinto) (fig. 466); una tomba a mensa ubicata sulla parete di fondo di una galleria, successivamente monumentalizzata493.
Non sempre l’individuazione delle sepolture venerate è andata a buon fine. In alcuni dei casi, tuttavia, anche in assenza di chiare evidenze, le informazioni storiche e l’analisi archeologica hanno consentito di proporre ipotesi sull’ubicazione e l’articolazione degli spazi confessionali. A tal proposito, si vedano gli esempi laziali delle catacombe di Bolsena,
Trebula Mutuesca e Rignano Flaminio, profondamente alterate dagli interventi medievali.
487 Sul santuario del presbitero-martire Abbondio, del suo diacono Abbondanzio e dei nobili Marciano e Giovanni, presso un vicus pertinente la diocesi di Aquaviva (XXVIII miglio della Flaminia): MASTRORILLI 2006, pp. 59-64; BONFIGLIO 2013, p. 18; FIOCCHI NICOLAI 1995, pp. 53-60; FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 306-332.
488
Al Tardomedioevo, infatti, risalgono i due pannelli laterali con Cristo e apostoli. Sulle sepolture dei martiri e proto-vescovi Tolomeo e Romano, sconosciuti alle più antiche fonti agiografiche: COMETTI 2006, pp. 51-58; FIOCCHI NICOLAI 1992, pp. 40-52; FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 241-263.
489 Sembrerebbe, infatti, che il testo attuale sia il risultato della contraffazione di un’epigrafe più antica. In realtà, anche l’attribuzione dell’arcosolio affrescato a Romano è molto controversa.
490 PALOMBI 2006 (b), p. 85; FIOCCHI NICOLAI 1992, pp. 7-70. Per una storia delle ricerche, PALOMBI 2011, pp. 124-129. Forse nella catacomba erano deposti anche Secondo, Carpoforo, Vittorino e Severiano, ricordati nella
Depositio Martyrum (PALOMBI 2006 (b), pp. 81-82).
491
FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 212-215
492 Sul santuario, ricordato nel Geronimiano e nella Passio di Zotico (VI-VIII), CIPOLLONE,FIOCCHI NICOLAI, NIEDDU,SPERA 2001, pp. 270-273.
493 BONFIGLIO 2013, p. 127, in particolare, propende per la prima ipotesi, FIOCCHI NICOLAI,SANNAZARO 2012, p. 212, per la terza.
153 La tomba di Cristina a Bolsena, presso l’antica Volsinii, forse lungo la Cassia, doveva trovarsi in quel settore dell’ipogeo che fu manomesso dalla basilica ipogea (XI ca.) (fig. 467)494. Il piccolo cubicolo sottostante la sua abside, originariamente ubicato all’incrocio delle gallerie A1 (asse generatore della catacomba) e A4, costituiva presumibilmente la primitiva memoria, trovandosi nel settore più antico del cimitero, servito dalla scala S1. La frequentazione devozionale dell’ambiente è peraltro documentata dall’apertura di una più tarda finestrella nel muro N e dall’intensivo sfruttamento funerario a cui furono sottoposti gli spazi circostanti nel corso del IV secolo. Un documento medievale ricorda che, durante il X sec., la sepoltura di Vittoria a Trebula Mutuesca, presso l’attuale Monteleone Sabino, fu spostata da un settore all’altro della catacomba, determinando la chiusura e l’isolamento della primitiva confessione495. È possibile che quest’ultima fosse ubicata alle spalle del muro costruito lungo la galleria E che occluse, in epoca imprecisata ma comunque tarda, un settore della catacomba che è rimasto inesplorato (fig. 468-469)496.
La catacomba ad decimum della Latina, presso Tusculum, documenta il culto per un semplice presbitero, nell’ambito di un nucleo funerario ecclesiastico nato presso la scala d’accesso, laddove erano tre cubicoli decorati da pitture e marmi (fig. 471)497. La devozione per la tomba, ubicata in C2 e ornata sulla fronte da lastre marmoree, è attestata dall’apertura di un adiacente fenestella confessionis.
Sin dalle origini, alcune sepolture venerate erano decorate semplicemente con campiture geometriche, come attestano i riquadri lineari di colore rosso nel sottarco dell’arcosolio di Romano e la linea dello stesso colore lungo il bordo del tumulo intonacato di Eutizio. Alle decorazioni pittoriche dell’arcosolio di Albano Laziale erano invece associati mosaici.
ii.1c - I contesti scarsamente documentati
Su alcuni santuari laziali, sacarsamente indagati, mai individuati, o oggi irrintracciabili, gettano luce le fonti storico-agiografiche, unitamente all’attestazione di più tarde basiliche. Senza volersi soffermare su questi contesti, se ne fornisce un sintetico elenco.
La catacomba dei SS. Gratiliano e Felicissima, presso le mura di Falerii Novi e lungo il Rio Purgatorio, è ricordata nella passio dei santi (VII-VIII), secondo cui la depositio avvenne nelle vicinanze della città romana, accanto a un fiume, notizia riportata anche nel più tardo Martirologio di Usuardo (fig. 472)498. Presso l’ingresso del cimitero sono stati rinvenuti i resti della basilica mentre non v’è traccia dei venerati sepolcri; stando alla passio di S. Eutizio (VI-VII), tuttavia, la sepoltura avvenne in un “sarcophago novo”. A Nomentum era il santuario di S. Restituto, sepolto “in crypta in inferioribus” (Passio S. Restituti del VI sec.)499
. La catacomba e la basilica costruita sopra di essa furono individuate dal Bosio nell’area S/O di Monterotondo (fig. 473) e sono state soppiantate, rispettivamente, da una cantina e da un casale moderni500. A dispetto della dedica, diffusasi nel Medioevo, la catacomba e l’annessa basilica di S. Giovenale a Sutri, sulla Cassia, erano forse dedicate al martire Felice, poiché la
494 Sul santuario, ricordato dal Martirologio di Adone (“circa lacum Vulsinum”), sebbene le fonti agiografiche più antiche ricordino solo una Cristina di Tiro: MASTRORILLI,MAZZEI 2006, pp. 37-44; FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 134-185; CARLETTI,FIOCCHI NICOLAI 1989, pp. 31-41. Nel settore centrale della catacomba fu rinvenuto il sarcofago con le reliquie della santa, forse sistematovi da Matilde di Canossa, committente della basilica ipogea.
495 Sul santuario, ricordato dal Geronimiano sulla Salaria: FIOCCHI NICOLAI 2009, pp. 195-233; MASTRORILLI
2006 (b), pp. 67-74.
496 L’originaria sepoltura, stando alla Passio Sanctarum Virginum Anatholiae et Victorinae (VIII sec.), era un sarcofago, da riconoscere molto ipoteticamente nell’arca che il vescovo Dodone (1137-1181) sistemò nell’ambiente A, cd. sacello di S. Vittoria (fig. 470).
497
Su questo sepolcreto, che ospitò le spoglie di un diacono (A), due esorcisti (C3 e F3) e un lettore: PALOMBI
2006 (c), pp. 75-80; FIOCCHI NICOLAI 1986, pp. 194-195.
498 FIOCCHI NICOLAI 1988,pp. 266-283
499 FIOCCHI NICOLAI 2009, pp. 443-457; FIOCCHI NICOLAI 2004, pp. 114-115
500
154 sua tomba è ricordata “iuxta muros civitatis Sutrinae” in una passio di VII sec.501
. Presso
Lorium, stando al Geronimiano, all’Itinerario Malmesburiense e ad altre fonti altomedievali
fu sepolto S. Basilide502. In accordo con l’Itinerario, un piccolo ipogeo con annessi sepolcri subdiali tardoantichi, fu individuato nel ‘700 in zona Bottaccia, al XII miglio dell’Aurelia. La catacomba un tempo esistente al XIV miglio della Flaminia (loc. Bamboccio), forse in luogo del moderno Malborghetto, era ipoteticamente legato a un santuario devozionale. Il toponimo Vadi Quattro, associato al cimitero dagli eruditi seicenteschi, infatti, potrebbe derivere da “Beati Quattuor” e riferirsi ad Abbondio, Abbondanzio, Marciano e Giovanni, giustiziati proprio al XIV miglio della Flaminia503. Sul culto di un tale Euticio, ricordato nella passio di Ilario e Valentino di Viterbo, esisteva una testimonianza epigrafica d’incerta provenienza504. L’epitaffio menzionante un Euticius confessor (CIL XI 3516), vista dal De Rossi a S. Maria in Castello (Tarquinia), infatti, poteva riferirsi proprio all’omonimo santo.
Del tutto particolare è il caso della catacomba di S. Ilario ad bivium (XX miglio della Latina, al bivio della Labicana), presso Valmontone505. Nessuna evidenza storica o archeologica documenta un culto devozionale, sebbene una basilica dedicata a S. Ilario fosse stata costruita nell’Altomedioevo a ridosso della sua entrata (fig. 474).
Fuori dal Lazio, la casistica si riduce considerevolmente, interessando contesti la cui vocazione martiriale è dubbia. Non lontano dalle mura di Capua, nell’ipogeo in loc. S. Agostino, presso la chiesa altomedievale di S. Agostino ad Arcum, è presumibile si trovassero le spoglie dell’eponimo vescovo, martirizzato nella seconda metà del III sec.506. A Palermo, nel piccolo ipogeo di S. Michele (sotto l’omonima chiesa cinquecentesca) (fig. 475), nella catacomba di Porta D’Ossuna (fig. 476) e nella camera funeraria presso la chiesa di S. Antonino (fig. 477), le nicchie, i sedili, le mense e gli elementi decorativi potrebbero ricondursi a commemorazioni funebri507. A Siracusa, invece, nel settore più antico dell’ipogeo di Vigna Cassia (cd. Cimitero Maggiore), il Cubicolo delle Rose fu interessato da seriori trasformazioni che portarono alla creazione di uno spazio con proprio accesso a S e copertura a botte (fig. 478)508.