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1 - L’evoluzione dei santuari ipogei

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 159-162)

I SANTUARI I TALICI

III. 1 - L’evoluzione dei santuari ipogei

La predisposizione delle prime aulae ad corpus fu accompagnata dalla costruzione di semplici strutture votive sui sepolcri; contestualmente, la devozione dei fedeli si riflesse nella costituzione di spazi di sepoltura privilegiati. Nella seconda metà del IV sec., particolare sviluppo ebbe il santuario di S. Alessandro sulla Nomentana.

iii.1a - La catacomba dei SS. Alessandro, Evenzio e Teodulo

Gli interventi che interessarono la catacomba di S. Alessandro nella prima metà del IV sec. furono piuttosto limitati. Attorno ai sepolcri di Alessandro ed Evenzio fu edificato un primo vano, raggiungibile sia dalla galleria G23, originata dalla scala S2, che dall’antica scala S1, secondo il modello dei gradus ascensionis et descensionis sperimentato in ambito romano534. La trasformazione del cimitero in un articolato complesso semipogeo si verificò tra il 370 e il 380 e determinò la formazione di due distinte aulae ad copus intonacate, M e T, rispettivamente presso le sepolture di Alessandro ed Evenzio e quella di Teodulo, a loro volta valorizzate da dispositivi liturgici a colonne. La fruibilità del nuovo santuario fu agevolata dall’apertura di un più comodo ingresso a N della scala S1, a sua volta ristrutturata, mentre la praticabilità del restante cimitero fu garantita da due accessi collegati ai vecchi ambulacri (fig. 507). Il cd. braccio di Teodulo aveva forma rettangolare e conteneva un primitivo ambiente scavato attorno alla tomba. L’unione dei vani A e M, invece, generò una grande aula (figg. 508-509) mentre i cubicoli C, D e Ta si configuravano come retrosanctos.

Sulla tomba di Alessandro ed Evenzio, coperta da un massetto sostenente una lastra di marmo bianco, fu costruita una struttuta a cassa (fig. 510), delimitata ai fianchi da due muretti, internamente foderati da lastre marmoree ed esternamente affrescati con motivi geometrici (figg. 511-512). La fronte era chiusa da una lastra marmorea mentre il retro era occupato da una transenna o pluteo. Il ritrovamento di due plinti iscritti, un capitello e frammenti di colonne, lascia intendere che l’organismo fosse sormontato da un ciborio o padiglione. I plinti, in origine quattro, erano poggiati ai vertici dei due muretti laterali, sostenevano le colonnine e presentavano incassi per l’alloggiamento di una mensa (fig. 513). Il testo riportato su uno di essi (“Iunia Sabina / c(larissima) f(emina) eius / fecerunt”) testimonia un’azione evergetica, metre nel corpo del secondo, tra le cornici inferiore e superiore, si legge “sanctorum/ornavit”. È probabile che un testo continuo di senso compiuto, ora mutilo, corresse sulle quattro basi. L’epigrafe su frammento di cornice riportante Al]exander

[---?] (ICUR VIII 22960), oggi perduta, è probabile facesse parte di una seconda iscrizione che si

sviluppava sull’epistilio sorretto dalle colonnine.

Il blocco tufaceo in cui si trovava il loculo di Teodulo, invece, fu tagliato e isolato; ai suoi quattro angoli furono collocate colonnine con capitelli compositi a foglie d’acqua (fig. 514). L’incavo presente in due delle tre colonne supertiti attesta che un pluteo o transenna delimitava il lato S della struttura, in corrispondenza della lastra di chiusura del loculo. Le pareti O e N del blocco tufaceo, invece, erano rivestite d’intonaco o di lastre di marmo; anche

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160 la superficie superiore era chiusa da una lastra. La fronte del monumento, infine, era occupata da una transenna decorata a squame ma non è chiaro se si trattase di quella frammentaria che fu rimontata negli anni ’30 o di una di quelle rinvenute nell’800. Quella recante sulla cornice superiore l’iscrizione “[---m]artiri [---] / ---?” non sembrerebbe compatibile con le dimensioni del monumento funerario, (fig. 515). L’altra, delle giuste proporzioni, reca sul margine inferiore l’epigrafe dedicatoria “[---?] / TA [---] ISSICA bonum solv[it]”, riferimento a un restauro del santuario promosso, ex voto, da un personaggio di presunta provenienza germanica (fig. 516). È probabile che la struttura commemorativa ricordasse i cibori di S. Pietro e S. Lorenzo se le sue colonne sorreggevano delle arcate.

iii.1b - La valorizzazione dei sepolcri e degli spazi confessionali

Fuori del Lazio, la memoria di Agrippino a Napoli rappresenta uno dei casi meglio noti. Durante il IV sec., gli ambienti adiacenti la tomba furono distrutti per lasciar posto a un’aula

ad corpus. Si trattava di un edificio dalla pianta irregolare, con pareti spigolose e

asimmetriche, volta caratterizzata da tre diverse altezze e forme, sepolcro decentrato rispetto all’ultimo vano fungente da presbiterio (fig. 517)535

. La quota pavimentale della basilichetta fu abbassata, ad eccezione che nel settore presbiteriale, affinchè questo fosse soprelevato e raggiungibile da gradini. Al centro della parete di fondo, resa irregolarmente curva per ricordare un’abside, una cattedra scavata nella roccia richiamava la dignità episcopale del defunto. Della parete che separava l’originaria confessio (B12) dall’adiacente ambiente B11 furono conservati due pilastrini di roccia affinché il presbiterio fosse preceduto da un

triforium536.

L’addizione di strutture in muratura ai sepolcri venerati è abbastanza usuale nel corso del IV secolo. Una mensa o piccola edicola, formata da due colonnine addossate alla parete del mausoleo, inglobò la cappuccina di Vittorino, la cui fronte fu rivestita di tarsie marmoree (figg. 518-519)537.

Restauri della tomba e dell’ambiente confessionale interessarono il santuario di S. Lussorio, con soluzioni innovative rispetto a quelle tradizionali. All’ipogeo fu addossata una piccola abside ad O e un vano quadrato intonacato rosso-ocra a N, al centro del quale, sulla fossa del martire, fu eretto un monumento funerario in conci trachitici e cornice modanata (fig. 520)538. Presso di esso furono sistemati due sarcofagi, forse appartenuti ai socii di Lussorio Cisellus e

Camerinus ricordati nella Passio. Attorno alla memoria funeraria correva un deambulatorio a

U, con pavimento decorato da un mosaico a scacchiera (figg. 521-522). Il piano dell’ambiente sepolcrale era invece interessato da motivi geometrici e dalla scena delle colombe che si abbeverano a un kantharos. Graffiti devozionali furono tracciati sulle pareti intonacate. La memoria era accessibile da S, per mezzo di un arco a tutto sesto collegato a un vestibolo con gradini, parzialmente conservato. Ai lati della porta erano due finestre, in asse con le aperture del deambulatorio. Altri due accessi all’aula rettangolare, o forse uscite, si trovavano, rispettivamente, presso l’abside N e al termine del corridoio del muro E. Si definiva, in tal modo, un iter di pellegrinaggio: oltrepassato l’ingresso davanti alla tomba, i fedeli percorreva il deambulatorio, vedevano il sepolcro venerato e guadagnavano la porta d’uscita attraverso il corridoio.

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EBANISTA,AMODIO 2008, p. 130; FASOLA 1993, pp. 167-171. L’altare in muratura costruito sulla forma, con

fenestella confessionis e relativa capsella marmorea, potrebbe riferirsi all’ecclesia S. Agrippini, che fu voluta

dal vescovo Vittore (485-498), essendo citata nella sua biografia (Chronic. Epic. XIX, pp. 174-175)(GIORDANO

2009, pp. 397-398).

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Non è escluso che tale sistemazione fosse pertinente a un santuarietto più antico, incentrato solo su B12.

537 SOMMA 2012, pp. 188-189. PANI ERMINI 1978, pp. 8, 11-16, attribuiva a questa fase affreschi con un motivo a finto marmo sulle pareti del mausoleo e pensava a una struttura memoriale più elaborata rispetto alla semplice mensa ma non era a conoscenza dei dati emersi nelle recenti indagini archeologiche (2000-2003).

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161 In alcuni casi, gli interventi furono più limitati, come quelli che interessarono la presunta tomba di Romano a Nepi, dettati dall’esigenza: l’approfondimento del livello pavimentale dell’ambulacro, infatti, richiese il risparmio di un gradino presso l’arcosolio per permetterne la fruizione. Contestualmente, decorazioni pittoriche con riquadri lineari rossi occuparono il sottarco539. Nuove murature affrescate interessarono anche la confessione di S. Cristina a Bolsena540. Caso particolare, sulla tomba di Abbondio a S. Teodora, fu apposta un elegante epitaffio di breccia rossa con venature chiare recante: “Abundio pr(es)b(ytero)/ martyri

sanct(o)/ dep(osito) VII idus dec(embres)” (ICI IV 6) (fig. 523)541. iii.1c - Le tombe ad sanctos

La diffusione di sepolture ad sanctos nel corso della seconda metà del IV sec. è ben attestata. A Napoli, la deposizione di Agrippino determinò lo sviluppo delle Catacomba Inferiore: i cubicoli sul lato S della basilichetta (B15, B16) furono adibiti a retrosanctos; tre nuove gallerie s’irraggiarono a partire dalla parete E del Vestibolo (quella più vicina alla confessione fu occupata da nicchioni profondi sino a 8 m.) (fig. 524); il piano pavimentale del vestibolo stesso fu invaso da tombe terragne, alcune particolarmente profonde per ospitare un maggior numero di inumati. Anche l’area circostante le tombe venerate della Nomentana fu intensivamente sfruttata a scopi funerari, come dimostrano gli abbassamenti di livello del piano pavimentale e la formazione di tre retrosanctos (C, D e Ta) con loculi e arcosoli. La coesistenza di sepolture privilegiate di diversa tipologia, con occupazione di gallerie cimiteriali e retrosanctos, è comune a tutti i contesti. Ad Amiterno, tombe a cassa laterizia occupavano uno spazio aperto, ma anche le grotte che si aprivano nel fianco della collina; due gallerie cimiteriali furono scavate presso il sepolcro di vittorino, mentre un retrosanctos (B) era accessibile da un’apertura realizzata nel muro N del mausoleo (fig. 525)542. A S. Cristina a Bolsena furono sfruttate intensivamente le gallerie prossime al sepolcro (A5 e A6). Al centro del retrosanctos C (cd. sepolcreto longobardo), formatosi in seguito alla distruzione di parte delle gallerie A3 e A4, una tomba si distingueva dalle altre, sporgendo marcatamente dal suolo a costituire una sorta di sarcofago scavato543. Di particolare importanza erano anche i due loculi presso il sepolcro venerato (fine IV-inizi V), decorati dai ritratti delle defunte, mentre l’epitaffio di un diaconus stava in rappresentanza delle gerarchie ecclesiastiche. Semplici loculi e tombe pavimentali occupavano il retrosanctos G3 a S. Eutizio, mentre un cimitero ad aperto cielo si sviluppava ad O dell’attuale basilica. Nella catacomba di S. Zotico, al contrario, l’area privilegiata, attorno alla cripta, era contraddistinta da cubicoli544

. La mancanza di spazi induceva a sfruttare all’osso quelli disponibili, come dimostrano gli accatastamenti di tombe in muratura lungo le pareti, fin sopra i soffitti, nelle gallerie di S. Vittoria.

La capienza ridotta degli ipogei portò alla progressiva occupazione delle confessioni, dapprima rispettate. Fosse pavimentali si disposero serratamente nel cubicolo con l’arcosolio affrescato a S. Zotico545, nelle cripta di S. Antioco (fig. 526) e in quella di S. Marciano, laddove si trovavano arcosoli polisomi. Anche le aulae ad corpus di S. Alessandro pare fossero ingombrate da formae, mentre due tombe a cappuccina erano parallele al sepolcro di Alessandro ed Evenzio. Talvolta, l’attrattiva delle reliquie era così forte da determinare la

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FIOCCHI NICOLAI 1992, p. 40

540 FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 174-185; CARLETTI,FIOCCHI NICOLAI 1989, p. 40

541 L’iscrizione fu recuperata da De Rossi sul mercato antiquario, ma proveniva proprio dalla Flaminia(FIOCCHI

NICOLAI 1995, pp. 53-55; FIOCCHI NICOLAI 1988, p. 329).

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SOMMA 2012, p. 189

543 MASTRORILLI,MAZZEI 2006, pp. 42-43; CARLETTI,FIOCCHI NICOLAI 1989, pp. 37-40; FIOCCHI NICOLAI

1988, pp. 174-185; FIOCCHI NICOLAI 1986, p. 194

544 FIOCCHI NICOLAI 1986, p. 194

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162 nascita di nuovi cimiteri, come la catacomba di S. Giovanni (prima metà IV) presso la cripta siracusana di Marciano.

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 159-162)