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5 - Le basiliche martiriali suburbane

Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 197-200)

I SANTUARI I TALICI

VI. 5 - Le basiliche martiriali suburbane

Molte delle basiliche di questa fase erano caratterizzate da piante centrali o avevano uno sviluppo longitudinale poco accentuato. La confessio coincideva ancora col presbiterio ma il deposito delle reliquie maggiormente apprezzato non era più la cassetta interrata sotto l’altare ma la fenestella confessionis che si apriva sulla sua fronte. L’importanza acquisita dallo

784 Sul santuario di VI sec.: EBANISTA 2006, pp. 68-75; EBANISTA 2005, pp. 344-351; EBANISTA 2003, pp. 170-208;EBANISTA 2011, pp. 404-405.

785 Sui tituli, noti da Silloge: LAMBERT 2012, pp. 519-520; CUSCITO 2012, p. 463; CARLETTI 2008, pp. 291-292.

786 L’assenza del nome non sorprende. Già Paolino aveva rinunciato a rivendicare i propri interventi.

787 Sebbene Paolino accennasse in più circostanze alla presenza di altari nel santuario (carm. 27, 401-402; epist. 32, 10), nessuno di essi era legato alle sepolture venerate. Non è chiaro se l’altare fosse munito di fenestella.

198 spazio presbiteriale determinò la necessità di regolarne l’accessibilità mediante la sistemazione di transenne, recinti e altri elementi di separazione. Caratteristici di questo periodo, sono i sacelli funerari annessi alle basiliche.

vi.5a - Gli altari confessionali

La pratica di consacrare edifici mediante la deposizione di reliquie nell’altare è documentata in modo chiaro nell’epistolario di Gregorio Magno, ove si fa frequente riferimento a donazioni reciproche di pignora tra pontefice, vescovi e laici (epist. 6,50; 9, 57; 6, 45;dial.

III, 30)788.

Gli altari confessionali erano solitamente a cassa, con fenestella centrale, come documenta quello di Primitivo sulla Prenestina, presso Gabii. In un piccolo edificio, forse scoperto, il presbiterio era pavimentato con lastre di marmo e decorato da immagini affrescate, tra le quali si riconoscono tre santi o pellegrini (fig. 796). L’ara poggiava su un podio con due gradini ed eraaddossata all’abside, a ridosso della quale si disposero tombe più volte riutilizzate (fig. 797)789. L’altare a blocco riquadrato da paraste (VI sec.), rinvenuto presso Boccea, doveva invece far parte della basilica dei SS. Mario, Marta, Audifax e Abbacuc (fig. 798)790. La fronte era decorata a rilievo con l’immagine dei presunti Pietro e Paolo ai lati della croce, e occupata da fenestella confessionis richiudibile per mezzo di un elemento mobile (figg. 799-800). L’ara, di modeste dimensioni, doveva poggiare su una fondazione ed essere in connessione coi sepolcri venerati, valorizzati da un pluteo di cui resta la lastra decorata a squame (IV-V) riportante l’iscrizione “[---] vixit / ---?” (fig. 801)791

. Un altare simile e coevo, con incavo confessionale richiudibile da sportello metallico, si trovava nella basilica funeraria della Pirrera a S. Croce di Camarina (fig. 802)792.

Gli altari potevano presentare iscrizioni, come quella dedicatoria rinvenuta a S. Primitivo. Sull’orlo della mensa di Otricoli (metà VI), invece, l’epigrafe commemorava in modo esplicito l’inventio del martire Vittore ad opera del vescovo Fulgenzio (ILCV 1851) (fig. 803)793.

Quando gli altari non erano a cassa, potevano essere costituiti da lastre assemblate, sul modello di quelli di S. Alessandro sulla Nomentana. La lastra marmorea riutilizzata come mensa nella basilica suburbana di Eleuterio e Anzia a Reate (Rieti) (fine V-inizi VI), ad esempio, doveva essere in connessione con un altare confessionale di qualche tipo (fig. 804)794. Una transenna marmorea con fenestella (V-inizi VI), decorata da croce monogrammatica e lettere apocalittiche, è ciò che resta della basilica cimiteriale di S. Castrese a Volturnum795.

788 La consacrazione degli edifici di culto con reliquie si riscontra con grande frequenza proprio nel VI sec., come dimostrano anche Vigilio (Patrologia Latina 69) e Gregorio di Tours (Franc. X, 31), per essere sistematizzata nell’Ordo XLI (seconda metà VIII).Sull’argomento,NUZZO 2012, pp. 329-341; SPERA 2012 (b), p. 279; DE SANTIS 2012, pp. 323-324.

789 MAJERINI,MUSCO 2001, pp. 490-499. In realtà, l’interpretazione delle strutture emerse duante lo scavo della basilica medievale è controversa. Non è ecluso che, in luogo della cappella scoperta, esistesse una vera e propria basilichetta (BONFIGLIO 2013, p. 109).

790 L’identificazione è stata agevolata dal Geronimiano, l’Itinerario Malmerburiense, il De Locis (VZ II, pp. 107, 142) e la Passio, che ubicano il santuario al XIII miglio della Cornelia, nonché da una bolla di Leone IV (854), che ricorda la basilica al fundum Buccege (BONFIGLIO 2013, p. 286; FIOCCHI NICOLAI 1988, pp. 64-72).

791 Il pezzo era reimpiegato in un muretto presso la cd. fonte di S. Mario, utilizzata già in età romana e forse da relazionare al toponimo “ad nymphas Catabassi”, ricordato nella Passio come luogo del martirio dei santi.

792 L’ara fu rinvenuta nel presunto battistero ma è possibile che, originariamente pertinente all’edificio più antico, vi sia stato riutilizzato (DI STEFANO,VENTURA 2012, pp. 155-165).

793 CUSCITO 2012, p. 460

794 Sulla basilica, nota in fonti altomedievali e sopravvissuta fino all’800, FIOCCHI NICOLAI 2009, pp. 133-146.

795 In realtà, la lastra avrebbe anche potuto far parte di un recinto connesso alla tomba venerata (EBANISTA 2011, p. 409;EBANISTA 2006, p. 70). Nella vicina Liternum, le reliquie di S. Fortunata si trovavano forse in una delle

199 In alcuni casi, l’esistenza di un altare confessionale è postulato sulla base delle fonti storiche. Nella basilicula di S. Giovenale a Narni, ricordata nella Vita (IX sec.), certamente ve n’era uno se Cassio, forse il fondatore dell’edificio, era solito celebrare presso la tomba del protovescovo (Gregorio Magno, Omelia sugli Evangeli)796. La basilicula, adossata alla cinta romana, si configurava come una struttura quadrata a sviluppo verticale, formata da due piani (fig. 805). Quello inferiore, semipogeo, ricalcava probabilmente la precedente memoria ed era riccamente decorato, con sectilia geometrici (fine VI) e marmi alle pareti. Il livello superiore ospitava un’aula destinata alle commemorazioni, forse accessibile da una scala posta tra la parete rocciosa e il muro E. Nella basilica sorta tra le rovine del tempio di Giove a Cuma (fine V-metà VI), erano invece deposte le reliquie di Massimo e Giuliana, come attestano le fonti e un’epigrafe funeraria di un comune fedele (VIII-IX) che si riferisce al culto del primo (figg. 806-807)797. Il loculum marmoreo entro cui furono deposte le reliquie della martire, ricordato nella Traslatio (XII sec.) potrebbe identificarsi nella fenestella confessionis dell’altare o, eventualmente, in una tomba del presbiterio.

Se l’identificazione della canosina S. Leucio con la basilica dei SS. Cosma e Damiano, che il vescovo Sabino (514-566) “extruxit eademque diversis columnis ac musivo decoravit” (Vita) coglie nel segno, dovremmo immaginare che le reliquie si trovassero nell’altare posto davanti l’abside O, dov’è tuttora. L’edificio paleocristiano era un doppio tetraconco con absidi esterne delimitate da colonne, copertura a crociera mascherata da padiglione e pavimenti mosaicati (figg. 808-809)798.

All’interno delle fenestellae, i resti venerati erano custoditi in reliquiari. Si vedano l’ampolla avvolta in stoffe seriche nell’altare principale della basilica a croce greca dei SS. Andrea, Donato e Giustina (fine V-VI), nel suburbio O di Rimini, e la capsella argentea che ne occupava l’altare destro (figg. 810-811)799

. L’occupazione funeraria dell’edificio è documentata da diverse epigrafi, come quella del funzionario goto Leo.

Anche in questa fase, basiliche d’impianto classico, presumibilmente occupate da altari confessionali, furono associati a presunti martyria presistenti, come l’edificio mosaicato presso il martyrium di via Dottor Consoli a Catania (metà VI) o quello mononave di Porta Decumana ad Aosta (VI sec.) (figg. 812-813)800.

Laddove le reliquie erano costituite da un corpo intero e non potevano essere contenute nelle

fenestellae confessionis, venivano deposte in sarcofagi. Sembrerebbe dimostrarlo l’arca da S.

Pellegrina ad Ancona, che ospitò in seconda deposizione le reliquie di Dasios, come ricorda l’epigrafe sul coperchio: “Qui giace il santo martire Dasios, trasportato da Durostorum” (IGCVO 455) (seconda metà VI) (fig. 814)801.

vi.5b - Le recinzioni presbiteriali

due absidi poste a coronamento della piccola basilica ma nulla possiamo dire sull’articolazione dello spazio confessionale(ARTHUR 2002, pp. 75-76; EBANISTA 2011, p. 409).

796 Sulla basilica, a cui è possibile che la Vita si riferisse ricordando la residenza turriforme di Giovenale: ROMANO,PERISSINOTTO,VAKALIS,DE TURRES,ANGELELLI 1998, pp. 246-88; PANI ERMINI 1998, pp. 85-92; MONACCHI 1998, pp. 79-81;PANI ERMINI 1991, pp. 139-147; PANI 1991, pp. 95-98.

797

Sulla beati Maximi basilica, a cui si riferisce la Passio di S. Giuliana (X secolo):RESCIGNO 2013, pp. 1-15; DE ROSSI 2012, pp. 119-125; EBANISTA 2011, p. 407;CAPUTO,DE ROSSI 2007, I, pp. 970-990; MALPEDE 2005, pp. 199-201; ARTHUR 2002, p. 76; FIACCADORI 1992, p. 148.

798 Sull’edificio, ispirato a modelli siro-orientali e alla milanese S. Lorenzo: D’ALESSIO, GALLOCCHIO, MANGANELLI, PENSABENE 2012; VOLPE, FAVIA, GIULIANI 2003, pp. 68-70. Dedicato a S. Leucio nell’Altomedioevo, fu interessato da sepolture solo a partire dal VII sec. o poco prima.

799 Sulla basilica, citata nel 1085 e indagata nell’800: PORTA 2012, pp. 129-130; FIOCCHI NICOLAI 1991, p. 23.

800 CROSATO 2008, pp. 159-160; BONNET,PERINETTI 205, p. 160

801

200 Le recinzioni in ambito confessionale assolvevano alla funzione di delimitare e proteggere aree a fruizione ristretta, occupate da sepolcri e altari, e canalizzare il flusso dei devoti802. Il loro utilizzo, sia in ambito ipogeo che subdiale, data già a partire dal IV sec., per avere un decisivo impulso in quello successivo. Nelle prime fasi, le transenne e i plutei marmorei, decorati da motivi a squame tipici della tradizione romano-imperiale, segnalavano e proteggevano le sepolture venerate, come attestano i casi di S. Agnese sulla Nomentana e S. Ambrogio a Milano.

A Cimitile, le transenne che recingevano i sepolcri di Felice e Paolino non erano le uniche del santuario, come documentano i numerosi frammenti reimpiegati nelle più tarde strutture, pilastrini e cancelli in marmo bianco e, più raramente, cipollino803. I primi erano variamente conformati (fig. 815) mentre i cancelli costituiti da plutei e transenne lavorate a traforo, con partizione a losanghe e a squame inquadrate da listelli (figg. 816-817). Come nei recinti di Felice e Paolino, le transenne presentavano due o quattro iscrizioni sui listelli, probabilmente rubricate, con massime tratte da Vecchio e Nuovo Testamento (fig. 818). All’epoca di Paolino, alcuni cancelli si trovavano certamente all’ingresso delle tre cellae monastiche (Carm. 28, 19) e nel triforium di collegamento tra Aula ad corpus e Basilica Nova.

Il progressivo restringimento dei vincoli d’accesso alla confessio, determinato dallo sviluppo del pellegrinaggio, ma anche dall’assimilazione tra reliquie e eucaristia (la celebrazione eucaristica era riservata al solo clero) è confermato da Gregorio di Tours (De virtutibus sancti

Martini); questi, rievocando l’accostamento degli infermi al sepolcro di Martino, evidenziava

che alla sua epoca tale contatto era precluso da cancelli lignei. Tra la fine del V e il VI sec., infatti, sistemi di recinzione erano solitamente utilizzati in ambito basilicale per limitare la circolazione nel presbiterio e circoscrivere l’altare804.

In questa fase, il semplice repertorio decorativo degli elementi marmorei fu sostituito da motivi ispirati alla dottrina cristiana e all’arte bizantino-ravennate, con rappresentazioni di croci, monogrammi, soggetti geometrici, floreali e animalistici. Frequenti, ad esempio, sono gli agnelli contrapposti alla croce o a un simbolo cristologico, mentre pavoni e cervi sono spesso accostati al cantharos. Il pluteo a pelte sovrapposte e riempitivi fitomorfi rinvenuto a Cimitile sembra chiaramente ispirato a motivi orientali e variamente datato tra epoca paleocristiana e altomedievale. Quello con monogramma cristologico affiancato da due croci latine, assieme ad altri due elementi scultorei, occupava invece il presbiterio dei SS. Andrea, Donato e Giustina (fine V-VI) (fig. 819). Per restare in ambito riminese, pertinenti una recinzione presbiteriale dovevano essere due frammenti marmorei decorati, provenienti dalla basilica a croce greca di S. Gregorio (V-VI), in un’area funeraria presso la Flaminia805. Un frammento di pluteo con chrismon centrale inquadrato da cornici è stato invece ritrovato nella basilica dei Canzi di seconda fase806. Anche della basilica ad corpus voluta dal prefetto del

802

Gli studi sulla disposizione delle recinzioni in ambito confessionale, che non prevedano un mero approccio stilistico, sono relativamente recenti ma limitati all’analisi degli elementi lapidei, essendo perduti quelli in materiale deperibile, come legno, tessuti, stucco e corde. Alcune evidenze, tuttavia, come tracce in negativo lasciate nel piano pavimentale o la disposizione dei tappeti musivi, consentono di ricostruire l’articolazione delle recinzioni. Si vedano: PORTA 2012, pp. 119-135; DESTEFANIS 2012, pp. 137-153;BOESCH GAJANO 2012, p. 12.

803 I recinti erano precedenti la fine del VI, essendo le loro iscrizioni tratte da testi pregeronimiani, forse addirittura anteriori gli inizi del secolo, poiché numerosi pezzi furono reimpiegati dopo l’alluvione(EBANISTA

2012, pp. 167-184).

804

I livelli di accessibilità alla confessio rispecchiavano il diverso status di chierci e laici, spesso esternato nelle fonti: Tertulliano distingueva tra Ordo e plebs (De exhortatione castitatis 7, 3); il Codice Teodosiano (9, 45, 4), in una disposizione del 431 e in riferimento al diritto di asilo nelle chiese, vietava ai rifugiati la profanazione degli altari, ammettendo l’occupazione di spazi invalicabili e ben definiti; il concilio di Laodicea (can. 44) e un’epistola di Gelasio I (9, 26) facevano riferimento al divieto d’accesso all’altare per i laici; il concilio di Tours (567) (ca. 2), nel ribadire questa regola, prescriveva che non si dovessero valicare i cancella.

805 Sulla mosaicata S. Gregorio, disegnata prima che venisse distrutta nel 1834 e menzionata la prima volta nel 1144: PORTA 2012, pp. 130-131; NEGRELLI 2008, pp. 21-25. Corpi santi sono ricordati dall’Adimari nel 1616.

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Nel documento Santuari paleocristiani in Italia (pagine 197-200)