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IL NE BIS IN IDEM NEL PANORAMA INTERNAZIONALE 1.Il divieto di bis in idem nel contesto internazionale

Il divieto di bis in idem, espresso dal codice di rito all’interno dell’art.649 c.p.p, ha una efficacia eminentemente garantista, rispondendo ad una primaria esigenza di tutela della persona attraverso la preclusione a plurime persecuzioni in ordine al medesimo fatto; esso costituisce, dunque, derivazione del diritto di difesa e corollario ultimo del giusto processo legale. Dobbiamo valutare, in questa parte, il profilo internazionale del divieto di secondo giudizio, partendo da un confronto con la sua dimensione interna: a distinguere il versante interno dal versante internazionale del ne bis in idem è la diversità degli interessi coinvolti nel bilanciamento che l’ordinamento giuridico è chiamato ad operare.

Partendo dalla dimensione interna di tale principio, è dato constatare, da un lato, un interesse del singolo imputato a che, successivamente all’esaurirsi del processo, egli non debba più vivere nel perenne timore di una nuova indagine nei suoi confronti o effettivamente subire una nuova indagine o processo e, dall’altro, un contrastante interesse pubblicistico dello Stato e privatistico della vittima a che nulla ostacoli la ricerca della verità dei fatti e la punizione dei colpevoli. Allo stesso tempo esiste un ulteriore interesse pubblicistico dello Stato in ordine alla necessità che vi sia un meccanismo di preclusione al possibile moltiplicarsi di indagini e processi in ordine allo stesso fatto, al fine di evitare possibili conflitti tra giudicati e uno spreco di risorse organizzative ed economiche. Proprio attraverso il divieto di un secondo giudizio in relazione al medesimo fatto e nei confronti della stessa persona viene risolto da parte di numerosi ordinamenti il bilanciamento in esame, riconoscendo all’interesse dell’imputato una primazia nei confronti dei pur significativi interessi pubblicistici e privatistici inerenti all’accertamento della verità dei fatti.

Se si muove, invece, verso la dimensione transnazionale del principio si scorge un più ampio novero di interessi da porre in bilanciamento. Se nella sfera interna l’imputato ha interesse ad evitare una duplicazione di procedimenti, ma non teme una duplicazione di sanzioni, posto che qualsiasi decisione giudiziale interna si muoverà pur sempre all’interno dei compassi edittali previsti dalle singole fattispecie incriminatrici, nella sfera internazionale, invece,

140 l’imputato deve temere anche una duplicazione di sanzioni, in ragione del fatto che ogni Stato

potrebbe condannarlo ad una pena in linea con la propria fattispecie incriminatrice interna222.

Inalterati rimangono, soprattutto in caso di assoluzione dell’imputato nel primo procedimento, gli interessi della vittima e dello Stato all’accertamento della verità dei fatti, così come pure restano inalterati gli interessi ad un risparmio di risorse organizzative ed economiche; difetta, invece, sul versante internazionale, la necessità di un tale principio come strumento teso ad evitare la formazione di giudicati contrastanti. Tuttavia, nella versione internazionale del divieto, vengono in considerazione, in primo luogo, pretese di sovranità da parte degli Stati interessati: se già la giurisdizione di un altro Stato rispetto ad un fatto avvenuto al di fuori del suo territorio solleva questioni attinenti ai rapporti tra Stati sovrani, di certo non può che rappresentare una notevole ingerenza nella sovranità di uno Stato il divieto di esercitare la sua pretesa punitiva nei confronti di un soggetto sulla base della sua già avvenuta consunzione ad opera di un diverso Stato, operando in definitiva il ne bis in idem transnazionale come

strumento di riparto delle giurisdizioni nazionali223. Il bilanciamento operato dai diversi

ordinamenti giuridici ha, tuttavia, solo in rari casi privilegiato apertamente gli interessi del singolo imputato a non vedersi sottoposto a molteplici procedimenti: molto più spesso, infatti, si è ignorata la questione o, più di recente, si è intervenuti ad eliminare soltanto il pericolo di una duplicazione di sanzioni, affidando al giudice il compito di scomputare dalla pena irrogata una porzione corrispondente a quella già irrogata ed eseguita in ossequio ad una sentenza estera, declinando il principio unicamente come ne bis poena in idem (questa, ad esempio, è la scelta operata dall’ordinamento tedesco).

Una soluzione preferibile a garanzia del diritto del singolo ad essere sottoposto ad un unico procedimento penale è data sicuramente dall’armonizzazione dei sistemi penali attraverso un sistema di regolamentazione delle giurisdizioni nazionali, di modo che sia evitata in radice la possibilità per più Stati di rivendicare la propria giurisdizione in ordine a medesimi fatti e si risolva al contempo il problema della litispendenza internazionale.

La regola che impedisce il secondo giudizio e la seconda eventuale condanna si pone, quindi, come corollario del giusto processo legale ed assurge a meccanismo di protezione delle garanzie fondamentali dell’individuo, trovando pieno riconoscimento, oltre che nell’ambito

222 R. Calò, “Ne bis in idem”: l’art.54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen tra garanzia dei diritti dell’uomo ed istanze di sovranità nazionale, in Riv.it.dir.proc.pen., 2008, p. 1120 ss.

223

141 normativo nazionale, anche nelle Carte internazionali predisposte a salvaguardia dei diritti dell’uomo: nello specifico, sia l’art.14 comma 7 del Patto internazionale sui diritti civili e

politici., adottato a New York il 19 dicembre 1966 ‹‹ sotto l’egida dell’ONU››224 sia l’art.4

comma 1 Protocollo n.7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, adottato a

Strasburgo il 22 novembre 1984225, esprimono tale divieto alla plurima esecuzione e

all’eventuale condanna nei confronti della medesima persona per il medesimo fatto.

Un primo tentativo di riconoscimento di tale principio all’interno di una fonte giuridica vincolante è avvenuto nel 1987 con una Convenzione internazionale aperta alla firma degli Stati membri della CEE, ovvero la Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee relativa all’applicazione del principio del ne bis in idem, ratificata, tuttavia, soltanto da pochissimi stati membri, tra i quali l’Italia mediante la legge n.350 del 16 ottobre 1989.

Il riconoscimento di tale principio, in una formulazione pressoché identica, è stato operato, a distanza di pochi anni, nella Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (CAAS): tale convenzione internazionale dava attuazione pratica all’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, teso a favorire la libertà di circolazione dei cittadini degli Stati aderenti attraverso la graduale eliminazione dei controlli alle frontiere interne. E’ parso ovvio in quel contesto che la mancata previsione di tale garanzia processual-penalistica avrebbe rappresentato un sicuro ostacolo al raggiungimento della prefissata finalità di favorire la libertà di circolazione dei cittadini, poiché il passaggio da uno Stato all’altro avrebbe al contempo comportato il rischio di subire un nuovo procedimento ed una nuova sanzione per fatti per i quali già si era subito un primo processo in un diverso Stato.

Il cammino per la costruzione dello spazio giudiziario europeo ha richiesto sforzi progressivi e rinunzie crescenti. Con il Trattato di Amsterdam del 1997 è stata ribadita e posta in primo piano l’esigenza della costruzione di uno “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, quale

224

R. Normando, Il valore, gli effetti e l’efficacia del giudicato penale, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, VI, Torino, 2009, p.52, che svolge un’esegesi della norma, a mente della quale ‹‹ No one shall

be liable to be tried or punished again fora n offence for which he has already been finally convinte or acquitted in accordance with the law and penal procedure of each country››. Il Patto è stato reso esecutivo in Italia con

l.25 ottobre 1977, n.881.

225

La Conv.eur.dir.uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, non prevedeva nel suo testo riginario un divieto di bis in idem nei confronti della medesima persona e dello stesso fatto; a questa lacuna ha sopperito il Prot. N.7 Conv.eur.dir.uomo, reso esecutivo con l.9 aprile 1990, n.98, per il cui art.4 comma 1 ‹‹ No one be liable to be

tried or punished again in criminal proceedings under the jurisdiction of the same State fora n offence for which he has already been finally acquitted or convicted in accordance with the law and penal procedure of that State››.

142 presupposto per il mutuo riconoscimento delle decisioni penali degli Stati membri e per la graduale armonizzazione delle legislazioni.

Le indicazioni di programma contenute nel Trattato di Amsterdam, vigorosamente riprese nel

corso del Consiglio europeo di Tampere226 del 1999, hanno posto la priorità della costruzione

di uno spazio giudiziario comune, eminentemente basato proprio sul reciproco riconoscimento

delle decisioni adottate dalle giurisdizioni straniere227.

E’, tuttavia, con il citato accordo di Schengen che sono state poste le fondamenta per un’integrazione effettiva delle funzioni giudiziarie in area europea: dopo il primo Accordo tra i cinque paesi fondatori, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, è stata elaborata una convenzione, firmata il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore nel 1995, che ha permesso di abolire controlli interni tra gli Stati firmatari e di creare una frontiera esterna unica, lungo la quale i controlli all’ingresso dello spazio Schengen sono effettuati secondo procedure identiche. Si è, così, consentita la libera circolazione delle persone all’interno dell’area Schengen, ponendo alcune misure compensative volte a migliorare la cooperazione ed il coordinamento fra i servizi di polizia e le autorità giudiziarie al fine di preservare la sicurezza

interna degli Stati membri e di contrastare la criminalità organizzata228. Sebbene oggi non vi

sia una perfetta corrispondenza tra i paesi aderenti alla Convenzione di Schengen e quelli aderenti all’Unione europea, lo spazio di cooperazione creato mediante il CAAS (Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen) ha determinato una graduale attenuazione delle istanze campanilistiche.

226 Si fa riferimento al Consiglio europeo straordinario tenutosi nei giorni 15 e 16 ottobre 1999 a Tampere. Nelle

conclusioni del Consiglio di Presidenza si legge che ‹‹ il Consiglio europeo è determinato a far sì che l’Unione diventi uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia avvalendosi appieno delle possibilità offerte dal Trattato di Amsterdam. Il Consiglio europeo intende trasmettere un forte messaggio politico per riaffermare l’importanza di questo obiettivo e ha convenuto una serie di priorità e orientamenti programmatici grazie ai quali il suddetto spazio si realizzerà rapidamente››.

227 Al riguardo, assume particolare rilievo il Programma di misure per l’attuazione del reciproco riconoscimento, adottato dal Consiglio a chiosa di Amsterdam e Tampere il 29 novembre 2000, su cui T.

Rafaraci, “Ne bis in idem” e conflitti di giurisdizione in materia penale nello spazio di libertà, sicurezza e

giustizia dell’Unione europea, in Riv.it.dir.proc.pen., 2007, p.625. 228

Sul tema, R. Calò, “Ne bis in idem”: l’art.54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen

tra garanzia dei diritti dell’uomo ed istanze di sovranità nazionale, in Riv.it.dir.proc.pen., 2008; G. De Amicis, Il principio del “ne bis in idem” europeo nell’interpretazione della Corte di Giustizia, in Cass.pen., 2009,

p.3162, S. Manacorda, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e CEDU: una nuova topografia delle

garanzie penalistiche in Europa?, in La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento penale italiano, a cura di V. Manes- V. Zagrebelsky, Milano, 2011, p.176 ss.

143 Per quanto concerne il divieto di bis in idem, l’Accordo ripropone nettamente (art.54-58 CAAS) il divieto di secondo giudizio per il medesimo fatto da parte dei paesi aderenti: ciascuno Stato accetta di riconoscere il valore precettivo e di contenuto della pronuncia resa

da un altro Stato, abdicando alle velleità di rinnovamento e di ripetizione del giudizio229.

L’art.54 dell’Accordo dispone, in particolare, che una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un altro Stato contraente, a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita, sia effettivamente in corso di esecuzione ovvero, secondo la legge della Parte contraente di condanna, non possa più essere eseguita. E’, quindi, impedito l’esercizio dell’azione penale nei confronti di coloro che abbiano già subito l’azione stessa in paese straniero, a prescindere dall’esito del giudizio o dalle vicende relative all’espiazione della pena, salvo il caso in cui la

condanna sia eseguibile ed esecutiva, ma non in corso di esecuzione230.

La progressiva enucleazione dei corollari del principio espresso dall’art.54 CAAS ha guadagnato margini di apertura, in seno alla cultura giuridica continentale, circa l’opportunità del riconoscimento dell’efficacia preclusiva del giudicato estero. Preziosa, sull’argomento risulta l’opera della Corte di Giustizia dell’Unione, più volte chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale a norma dell’art.265 Trattato FUE (ex art.234 Trattato CE) sull’esatta interpretazione del contenuto letterale e sistematico delle previsioni dettate in materia di ne bis in idem comunitario231. Con la sentenza resa nei casi riuniti Gozutok e Brugge l’11

229

Al riguardo, R. Barberini, Il principio del “ne bis in idem” internazionale, in Cass.pen., 1999, p.1790; L. Cordì, Il principio del “ne bis in idem” nella dimensione internazionale: profili generali e prospettive di

valorizzazione nello spazio europeo di sicurezza, libertà e giustizia, in Ind.pen., 2007, p.261 ss.; V. Del

Vescovo, Il principio del “ne bis in idem” nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, in

Dir.pen.proc., 2009, p.1413 ss.; E. Jannelli, La cosa giudicata, in Le impugnazioni. Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, dir. da M. Chiavario- E. Marzaduri, Torino, 2005, p.645, A. Mangiaracina, Verso l’affermazione del “ne bis in idem” nello spazio giudiziario europeo, in Leg.pen., 2006, p.240 ss.

230 S. Astarita, Ne bis in idem tra rimedi sanzionatori e spirito europeo, in Procedura penale e garanzie europee, a cura di A. Gaito, Torino, 2006. In giurisprudenza, Cass., sez.VI, 25 settembre 2006, Manieri, in Cass.pen., 2008, p.1061 ss., n.347. con nota di N. Plastina, Il ne bis in idem ai sensi dell’art.54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen: la Cassazione si pronuncia ancora sui limiti del giudizio.

231

Secondo R. Calò, Ne bis in idem: l’art.54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen tra

garanzia dei diritti dell’uomo ed istanze di sovranità nazionale, in Riv.it.dir.proc.pen., 2008, cit., p.1137, ‹‹ non

pare azzardato affermare, alla luce della più recente prassi internazionale, che proprio la necessità di far fronte ad esigenze di garanzia della persona è alla base degli odierni tentativi di predisporre strumenti capaci di evitare, o almeno di limitare, i conflitti postivi di giurisdizione ed i connessi pericoli di una duplicazione di procedimenti››.

144 febbraio 2003, i giudici dell’Unione hanno avuto modo di precisare che l’effetto preclusivo connaturato al ne bis in idem può sorgere anche a seguito di un semplice accordo, un transazione tra pubblico ministero e imputato, senza che sia necessario l’intervento espresso

di un giudice e la formale esistenza di una decisione giurisdizionale232.

La giustizia negoziata, a cui si è appena fatto riferimento, rientra, nel pensiero della Corte UE, nel novero del ne bis in idem comunitario, pur in presenza di discipline contrastanti a livello locale: né alcuna disposizione di rango pari all’Accordo applicativo subordina l’applicazione dell’art.54 CAAS all’armonizzazione o al semplice ravvicinamento delle diposizioni penali degli Stati membri. La Corte di Giustizia, nell’occasione, pone una clausola generale, che sarà poi ripresa nei suoi successivi interventi:‹‹ il principio del ne bis in idem implica necessariamente, indipendentemente dalle modalità secondo cui viene inflitta la pena, che esiste una fiducia reciproca degli Stati membri nei confronti dei loro rispettivi sistemi di giustizia penale e che ciascuno di essi accetta l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati membri, anche quando il ricorso al proprio diritto nazionale condurrebbe a soluzioni

diverse››233

.

Il ne bis in idem, secondo la Corte, è strumento di protezione contro gli abusi della giurisdizione, diritto fondamentale sancito in atti internazionali. Se, dunque, lo Stato procedente ha consumato l’azione penale e ha, in concreto, avuto la possibilità piena di perseguire in giudizio l’accusato, questo è sufficiente a ricondurre la decisione nell’ambito del merito; l’effetto preclusivo della decisione di un giudice ex art.54 CAAS, in chiave sovranazionale, dipende, appunto, dall’avvenuto esercizio dell’azione penale, anche se il

pre4cednte giudizio si sia concluso con una declaratoria di prescrizione dell’illecito234

.

Sulla stessa scia interpretativa, la Corte ha, nel corso degli anni, incluso nel novero dei provvedimenti idonei a produrre l’effetto impeditivo la sentenza che assolva per insufficienza

di prove235, la sentenza di condanna a pena condizionalmente sospesa236 e la sentenza di

condanna che non possa essere eseguita per specificità procedurali237.

232

C. Giust. CE, 11 febbraio 2003, Gozutok e Brugge, in Dir.pen.proc., 2003, p.778 ss.

233

C. Giust. CE, 11 febbraio 2003, Gozutok e Brugge, punto 33, in Dir.pen.proc., 2003.

234

In senso critico, T. Rafaraci, “Ne bis in idem” e conflitti di giurisdizione in materia penale nello spazio di

libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione europea, in Riv.it.dir.proc.pen., 2007, p.632-634, che sottolinea come

la soluzione sia il frutto del timore delle conseguenze cui avrebbe potuto condurre un’opposta via.

235

145 Queste linee interpretative adottate dalla Corte UE, dopo aver incontrato alcune difficoltà iniziali, iniziano ad insinuarsi nell’ambito della normativa interna di ciascuno Stato membro. La Corte di Cassazione italiana ha, in un caso che ha suscitato notevole interesse, discutibilmente negato efficacia preclusiva, ai sensi dell’art.54 CAAS, al decreto di archiviazione emesso da altro ordinamento, sulla base della generica ed incondizionata

inidoneità del provvedimento anteriore al processo a definire il giudizio238. In seguito, una

correzione operata da parte del Giudice di legittimità ha precisato che anche il provvedimento di archiviazione può determinare l’effetto di ne bis in idem, a condizione che l’interessato possa dimostrare che con il provvedimento è stata compiuta una verifica circa l’infondatezza della notizia di reato e ‹‹ che tale apprezzamento ha condotto ad un giudizio definitivo di non

colpevolezza, suscettibile di passaggio in giudicato››239.Quanto appena osservato, è il segnale

che la manifestazione a livello comunitario del ne bis in idem genera dibattito, si sviluppa, prendendo spunto dalla normativa interna, e, in particolar modo, dall’art.649 c.p.p.

Un ulteriore elemento per la costruzione e per la tenuta del divieto in ottica sovranazionale, è costituito dalla nozione di idem factum rilevante ai fini della perimetrazione dell’efficacia oggettiva del provvedimento già reso. La terminologia utilizzata dall’art.54 CAAS non conduce ad un univoco risultato. La versione inglese dell’art.54 fa riferimento ai “same acts”, non precisando, però, come essi debbano essere valutati, se alla stregua di mera condotta materiale ovvero secondo specifici parametri di natura giuridica; il testo tedesco, invece, utilizza il lemma “Tat”, verosimilmente riferibile alla dimensione materiale della condotta,

mentre la versione italiana fa riferimento, nel codice, ai “medesimi fatti”240

.

La delicatezza del tema, riguardando strettamente l’efficacia preclusiva del divieto, esige risposte certe: in mancanza di dati testuali univoci ed incontrovertibili, la definizione

236 C. Giust. CE, 18 luglio 2007, Kretzinger, C-288/05, in Foro.it, 2007, IV, c.477 ss. 237

C. Giust. CE, 11 dicembre 2008, Bourquain, C-297/07, in Cass.pen., 2009, p.1277 ss., n.415.

238

Cass., sez. I, 3 giugno 2004, Desiderio, cit., p.985 ss., con nota di G. De Amicis, Osservazioni in tema di ne

bis in idem europeo. Di recente, ha ribadito questo orientamento Cass., sez. I, 5 maggio 2010, in CED, n.

247556.

239

Cass., sez. II, 18 gennaio 2007, Centonze, in Cass.pen., 2009, p.1060 ss., n.307, con nota di C. Tracogna, Ne

bis in idem e prova dell’esistenza di un provvedimento straniero preclusivo di un secondo giudizio.

240 Secondo C. Tracogna,“ Ne bis in idem” e prova dell’esistenza di un provvedimento straniero preclusivo di un secondo giudizio, in Cass.pen., 2009, p.1066-1067, il legislatore sovranazionale ha peccato per difetto nel

146 dell’idem factum è affidata all’operato della Corte di Giustizia. Con la sentenza pronunciata nel caso Van Esbroeck, ad esempio, l’identità è, in linea di principio, ricondotta all’elemento materiale del fatto, sebbene al punto n.38 della pronuncia si legga che spetta comunque ai giudici nazionali competenti per il rinnovamento del giudizio ‹‹ accertare se i fatti materiali di cui si tratta costituiscano un insieme di fatti inscindibilmente collegati nel tempo, nello spazio

e nell’oggetto››241

. In altra occasione, il caso Kretzinger, la Corte di Giustizia ha fornito una