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La valenza del ne bis in idem nell’itinerario esegetico delle Sezioni Unite Nel panorama di opinioni così individuato, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte d

2.L’irrevocabilità come presupposto del divieto

2. La valenza del ne bis in idem nell’itinerario esegetico delle Sezioni Unite Nel panorama di opinioni così individuato, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte d

Cassazione, che, individuata la lacuna normativa da colmare nelle ipotesi di litispendenza che non implichi un conflitto di competenza e non sia accompagnata dall’esistenza di una sentenza irrevocabile, hanno respinto sia l’indirizzo diretto a risolvere la problematica attraverso il ricorso alla disciplina sui conflitti di competenza, sia le richiamate prassi di frenare il corso del primo processo o di sospendere il processo avviatosi per secondo.

Sotto il primo profilo, ad avviso del Supremo collegio, deve ritenersi non corretta l’estensione della normativa sui conflitti di competenza alle duplicazioni del processo verificatesi all’interno della stessa sede giudiziaria, senza alcuna implicazione riguardante questioni di competenza per territorio e per materia. In questi casi, infatti, è da escludere la configurabilità di un conflitto positivo di competenza non solo se i procedimenti duplicati pendano dinanzi a giudici dello stesso ufficio, nella stessa fase o in fasi differenti, ma anche quando essi si trovino in gradi diversi; né risulta possibile ricorrere alla disciplina dei conflitti in casi analoghi, di cui all’art. 28 comma 2 c.p.p, mancando il presupposto costituito da una situazione di blocco o di stallo dei procedimenti duplicati, ciascuno dei quali risulta pienamente idoneo a svilupparsi autonomamente fino alla formazione del giudicato, senza che possano insorgere interferenze reciproche in grado di produrre ostacoli o intralci alla loro normale progressione verso il naturale epilogo.

Per quel che concerne il secondo aspetto, i giudici di legittimità hanno invocato i principi di tassatività dei casi di sospensione del processo e di irretrattabilità dell’azione penale ( art.50 comma 3 c.p.p ), per affermare l’illegalità delle prassi sopra indicate e di tutti quei rimedi empirici che, pur non traducendosi in una formale dichiarazione di sospensione, realizzano di fatto lo stesso risultato attraverso dilatorie condotte processuali volte a ritardare il normale andamento dei procedimenti.

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78 Scartate queste soluzioni esegetiche e ricondotta la problematica nell’ambito dell’alternativa relativa all’applicabilità o meno, nelle situazioni in prese in considerazione, del principio del ne bis in idem, le Sezioni Unite hanno fatto propria la conclusione cui sono pervenuti i più recenti orientamenti giurisprudenziali, consistente nel ritenere ammissibile la pronuncia di una sentenza di non doversi procedere per impromovibilità dell’azione penale non attraverso la diretta applicazione della disposizione dell’art.649 c.p.p, ma in virtù di un principio più ampio, di cui tale norma è espressione, il quale, anche in assenza di un provvedimento irrevocabile, rende la duplicazione dello stesso processo incompatibile con le strutture fondanti dell’ordinamento processuale e ne permette la rimozione con l’utilizzazione dei rimedi previsti dal sistema.

I giudici del supremo collegio hanno ritenuto, però, di dover integrare e approfondire le ragioni addotte a sostegno della soluzione prescelta.

Il primo chiarimento attiene alla precisazione dell’operazione ermeneutica compiuta: al di fuori dell’area del diritto penale sostanziale, dove vigono il principio costituzionale di legalità e la riserva assoluta di legge ( art. 25 comma 2 Cost. ), la mancanza di un’esplicita disposizione non può far considerare esaurito il compito dell’interprete, il quale, prima di negare l’esistenza di una norma, ha il dovere di sperimentare tutti gli altri strumenti ermeneutici di cui dispone, verificando, in particolare, la praticabilità della via additata dall’art. 12 comma 2 disp. prel., in forza del quale, se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, bisogna ricorrere alle norme che regolano casi simili o materie analoghe oppure ai principi generali dell’ordinamento giuridico.

In questa prospettiva, risulta possibile considerare il disposto dell’art. 649 c.p.p come ‹‹ un singolo, specifico punto di emersione del principio del ne bis in idem, che permea l’intero ordinamento dando linfa ad un preciso divieto di reiterazione dei procedimenti e delle decisioni sull’identica regiudicanda, in sintonia con le esigenze di razionalità e di funzionalità connaturate al sistema››; a tale divieto va attribuito, pertanto, ‹‹ il ruolo di principio generale dell’ordinamento dal quale, a norma del secondo comma dell’art. 12 delle preleggi, il giudice

non può prescindere quale necessario referente dell’interpretazione logico-sistematica››106

. Enucleato dal sistema un principio generale di ne bis in idem, la Corte ha proceduto, poi, ad identificare la matrice nella categoria della preclusione processuale, che è suscettibile di manifestarsi in forme differenti, accomunate dal risultato di costituire un impedimento

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79 all’esercizio di un potere del giudice o delle parti in dipendenza dell’inosservanza delle modalità prescritte dalla legge processuale, o del precedente compimento di un atto incompatibile, ovvero del pregresso esercizio dello stesso potere. Ed è proprio quest’ultima forma di preclusione, derivante dalla consumazione del potere, ad offrire la chiave per risolvere la questione relativa all’applicabilità della regola del ne bis in idem alle situazioni di litispendenza, in fasi o in gradi diversi, di procedimenti dinanzi a uffici della stessa sede giudiziaria. Insuperabili esigenze di ordine logico e sistematico, infatti, impongono di ritenere che lo stesso ufficio del P.M, che ha esercitato l’azione penale in relazione ad una determinata imputazione, non possa successivamente promuovere un nuovo processo contro la stessa persona per il medesimo fatto, per la semplice ragione che, restando immutati i termini oggettivi e soggettivi della regiudicanda, è definitivamente consunto il potere di azione di cui quell’ufficio è titolare.

Il pregresso esercizio dell’azione penale, dunque, ad avviso dei giudici del Supremo collegio, radica una preclusione da bis in idem in capo al medesimo ufficio del P.M che ha già proceduto per lo stesso fatto e nei confronti dello stesso soggetto.

La fonte normativa di questa preclusione va rinvenuta nel vincolo di legalità insito nel carattere di obbligatorietà ex art. 112 Cost., il quale rende l’azione penale non solo irretrattabile, ma anche non reiterabile, se non nei casi previsti dalla legge, ad opera del medesimo ufficio della pubblica accusa. Un sistema processuale che lasciasse alla discrezionalità dello stesso organo della pubblica accusa la possibilità di reiterare l’esercizio dell’azione penale contro la stessa persona per il medesimo fatto si muoverebbe lungo linee assolutamente contraddittorie e dissonanti, asimmetriche rispetto al principio di legalità e non compatibili con i caratteri salienti del giusto processo prefigurato dall’art. 111 Cost. Questo, difatti, nella sua impronta tipicamente accusatoria, richiede non solo la rispondenza alle regole della ragionevole durata del processo e della parità delle parti, ma sottende anche, in armonia e compatibilmente con le principali fonti normative internazionali, il diritto dell’imputato a non essere perseguito più di una volta per l’identico fatto. E’ evidente, inoltre, che un sistema che non riconoscesse al divieto del bis in idem il carattere di principio generale dell’ordinamento potrebbe dischiudere la via a prassi anomale e a condotte qualificabili come vero e proprio “abuso del processo”, perché idonee a vulnerare la regola dell’immediatezza e della concentrazione della formazione della prova in contraddittorio, rendendo possibile un uso strumentale del potere di azione per finalità inconciliabili con la legalità e l’ordine processuale.

80 Il Supremo collegio ha ritenuto, inoltre, di dover svolgere un’ulteriore notazione: ‹‹ nell’ipotesi di pronuncia di una sentenza non irrevocabile nel primo processo, nel perimetro della preclusione-consumazione ricade, oltre che l’esercizio dell’azione penale, anche il potere di ius dicere ad opera del giudice dello stesso ufficio investito della cognizione

dell’identica regiudicanda nel secondo procedimento››107

. Analoghi spunti in tal senso possono trarsi dalla disciplina legale degli effetti delle decisioni giurisdizionali, che, per loro natura, non possono essere eliminati o modificati dallo stesso giudice che le ha emesse, per la precisa ragione che, al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge, le decisioni stesse possono essere confermate, riformate o modificate esclusivamente dal giudice superiore investito della cognizione del processo a seguito dell’attivazione dei rimedi offerti dal sistema delle impugnazioni. Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite merita, dunque, di essere testualmente riportato: ‹‹ le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell’ambito dei conflitti di competenza di cui all’art. 28 c.p.p, devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, l’impromuovibilità dell’azione penale in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, sempre che i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del pubblico ministero e siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della stessa sede

giudiziaria››108

.

Allo stato attuale, pertanto, il divieto del ne bis in idem consegue al giudicato o anche alla ‹‹ coesistenza di procedimenti iniziati per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona, anche se pendenti in fasi o gradi diversi, nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del

medesimo ufficio del pubblico ministero››109: il divieto postula, così, anche la mera

litispendenza di un procedimento penale, superando il tradizionale ancoraggio alla pronuncia di una sentenza irrevocabile.

107 Cass .pen., S.U., Donati, cit. 108 Cass .pen., S.U., Donati, cit.

109 Così Cass. pen., 29-01-2007 in CED n. 237240; Cass. pen., 22-02-2006, Frazzini, n. 19820, in CED n.

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