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8.Il giudicato in senso sostanziale

Il giudicato formale assicura l’intangibilità del risultato dell’accertamento penale limitatamente ad uno specifico aspetto, nel solo ambito del processo al cui esito è stata

pronunciata la decisione definitiva ed irrevocabile54. L’irrevocabilità , tuttavia,

rappresenterebbe una condizione giuridica priva di significato se non accompagnata dalla intangibilità del contenuto della decisione, ottenuta attraverso la cristallizzazione degli effetti del giudicato, primo fra tutti il divieto di celebrazione di un nuovo giudizio sullo stesso oggetto.

In definitiva, nell’ordinamento processuale penale, la cosa giudicata formale incarna la condizione fondamentale ed imprescindibile per salvaguardare l’incontrovertibilità dell’accertamento giudiziario; tuttavia, per la sua piena ed effettiva esplicazione è necessario che tale autorità venga corroborata e garantita da un istituto giuridico capace di assicurare e preservare, anche all’esterno del procedimento, la sostanziale intangibilità del risultato processuale definitivo. L’irrefragabilità del giudicato sarebbe vanificata se, successivamente, lo stesso fatto, per cui l’imputato è stato condannato o assolto con sentenza irrevocabile,

53 Cass.pen., S.U, 26-03-1997.

54 G.De Luca, Giudicato, cit., 1, secondo il quale ‹‹ il formarsi del giudicato formale costituisce condizione una necessaria, ma non sufficiente, per garantire l’incontestabilità del risultato del processo››.

39 potesse essere oggetto di un ulteriore processo penale, e così sottoposto nuovamente all’accertamento di un giudice diverso.

Al fine di salvaguardare compiutamente l’effettiva e concreta incontrovertibilità del dictum penale, non si rivela sufficiente, quindi, l’irrevocabilità della sentenza, perché occorre parimenti garantire l’intangibilità della stessa impedendo un nuovo giudizio sullo stesso oggetto e nei confronti della medesima persona; a tutto questo provvede la cosa giudicata sostanziale nella sua efficacia tipica di vincolo negativo, tendendo ad impedire una illimitata pluralità di processi sullo stesso oggetto , invocando il principio del ne bis in idem, principio sancito dall’articolo 649 c.p.p secondo cui, appunto, : ‹‹ L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 68 comma 2 e 345. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo››.

Con l’espressione “ giudicato sostanziale ” si intende, quindi, il complesso degli effetti che scaturiscono dalla sua formazione per assumere valenza extraprocessuale, esterna al processo nel cui ambito è stato emesso il provvedimento divenuto regiudicata; emerge l’autorità ed il carattere vincolante del provvedimento giurisdizionale, il quale si presenta nella veste di vero e proprio atto imperativo.

8.1 Gli effetti del giudicato sostanziale

La cosa giudicata sostanziale rappresenta il generale valore vincolante della sentenza passata in giudicato ed ha un significato equivalente a quello della locuzione romana ‟ auctoritas rei iudicatae ” : ‟ auctoritas ” deriva dal verbo ‟ augere ”, che significa ‟ accrescere ”, ‟ aumentare ”, ‟ rafforzare ”. L’espressione viene, quindi, ad indicare l’accrescimento del valore giuridico dell’accertamento giudiziario; in definitiva, la formula ‟ autorità della cosa giudicata ” esprime l’efficacia cogente dell’accertamento giurisdizionale definitivo.

L’ auctoritas rei iudicatae può configurarsi secondo due modelli completamente differenti sia per il modo di operare sia per la sfera di applicazione: in una prima forma, il vincolo che scaturisce dalla cosa giudicata è un vincolo negativo che viene a precludere qualsiasi nuovo giudizio de eadem re. Questo vincolo, in materia penale, obbliga i successivi giudici dei futuri

40 processi a non pronunciarsi nuovamente in ordine alla questione già decisa, qualora il successivo giudizio riguardi l’accusa per lo stesso fatto a carico della medesima persona. Nella diversa accezione, il vincolo è inteso in senso positivo e obbliga i futuri giudici a uniformarsi al contenuto della sentenza passata in giudicato nel caso in cui il nuovo processo riguardi una regiudicanda diversa, connessa o dipendente da quella già decisa.

Il legislatore italiano del 1988 ha espresso il vincolo negativo dell’ auctoritas rei iudicatae mediante la predisposizione della regola contenuta nel già citato articolo 649 c.p.p, regola che, appunto, prescrive ai giudici di astenersi dal decidere nuovamente nei confronti della stessa persona in relazione allo stesso fatto, anche se questo viene diversamente considerato per il titolo, il grado o le circostanze. L’effetto preclusivo dell’articolo 649 c.p.p è ricollegato unicamente al passaggio in giudicato della sentenza pronunciata con riferimento ad un determinato fatto e nei confronti di una determinata persona, prescindendo dallo specifico contenuto materiale dell’accertamento racchiuso nella decisione penale irrevocabile.

La cosa giudicata sostanziale, nella sua accezione negativa del ne bis in idem, riguarda non solo le sentenze di merito ma anche le sentenze meramente processuali: questo si evince dalla lettura dell’articolo 345 c.p.p, il quale precisa che le sentenze di proscioglimento per mancanza di una condizione di procedibilità ( e quindi sentenze processuali ) non più impugnabili, non precludono l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e nei confronti della medesima persona, se successivamente la condizione viene a realizzarsi. La disposizione appena citata permette, quindi, di osservare che il giudice non può rivalutare la già contestata impromuovibilità o improseguibilità dell’azione penale qualora venga investito di un nuovo processo contro la stessa persona e per il medesimo fatto, ma può solo valutare il successivo venir meno dell’ostacolo alla procedibilità.

La cosa giudicata sostanziale, nella sua accezione positiva, invece, si traduce nell’efficacia vincolante dell’accertamento contenuto nella sentenza irrevocabile: questo vincolo impone ai giudici dei futuri processi di uniformarsi al contenuto della sentenza passata in giudicato, quando il nuovo giudizio abbia ad oggetto una questione diversa ma connessa o dipendente da quella decisa nel precedente giudizio.

Quindi, in questa prospettiva, l’ auctoritas rei iudicatae costituisce l’efficacia normativa dell’accertamento giurisdizionale ad versus omnes.

La cultura giuridica contemporanea, tuttavia, tende a disconoscere che la sentenza passata in giudicato abbia effetto vincolante negli altri processi penali. Innanzitutto, a sostegno di questa posizione, si osserva come un tale vincolo contrasterebbe con il principio del libero

41 convincimento del giudice, il quale sarebbe, in tal caso, vincolato dall’esistenza di un obbligo a giudicare in un determinato modo. Inoltre si ritiene che il fondamentale principio della ricerca della verità, che caratterizza il processo penale, renda impossibile ammettere la precostituzione di una situazione di fatto non più sindacabile dal giudice. Infine si ritiene che un’efficacia positiva della cosa giudicata sostanziale, violerebbe i diritti costituzionalmente tutelati della difesa ( articolo 24 comma 2 Costituzione ), in quanto l’accertamento della responsabilità penale di un imputato di un reato dipendente o connesso ad un altro già giudicato con sentenza irrevocabile verrebbe pregiudicato da un responso reso in una causa in cui l’imputato non ha potuto partecipare. In questa prospettiva l’idea del giudicato si trasforma: da principio di tutela dei cittadini contro le istituzioni statali regredisce a principio di tutela delle istituzioni statali anche a costo di danneggiare le ragioni individuali dei cittadini; non ci si preoccupa più, infatti, di sottrarre il singolo ad una illimitata possibilità di persecuzione penale bensì di garantire la credibilità degli organi repressivi dietro la barriera di una incontestabile correttezza.

Alla luce del sistema processuale penale vigente, si può affermare che la cosa giudicata sostanziale opera in materia di giudizi penali, solamente come vincolo a non sentenziare più di una volta per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona ( ne bis in idem ), quindi è caratterizzata dall’indifferenza del contenuto della decisione rispetto al prodursi della sua efficacia; in altri termini la sentenza irrevocabile viene in considerazione nell’ordinamento giuridico come fatto giuridico in senso stretto, ponendosi non come atto normativo dotato di efficacia regolamentare ma come presupposto di fatto di taluni effetti, che per il suo tramite si fanno discendere dalla legge.

Nell’ordinamento penale non è, infatti, presente una norma che stabilisca una generale efficacia vincolante dell’accertamento giurisdizionale, né esiste una disposizione specifica corrispondente all’art.2909 c.c che, in materia civile, stabilisce che ‹‹ l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa››.

In realtà, il giudicato sostanziale, nella sua accezione di vincolo positivo, opera soltanto nei casi disciplinati dagli articoli 651-654 c.p.p, laddove è espressamente previsto che la sentenza penale irrevocabile, a certe rigorose condizioni, dispiega una determinata efficacia generale di accertamento, ma esclusivamente nell’ambito di specifici giudizi civili, amministrativi e disciplinari: di questa efficacia extrapenale del giudicato tratteremo più dettagliatamente nella parte ad essa dedicata.

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