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7.Il giudicato progressivo

Lo svolgimento del procedimento comporta la progressiva restrizione dell’oggetto della decisione: le parti, infatti, nell’esercizio dei loro poteri processuali, possono selezionare la materia da sottoporre alla cognizione del giudice di grado superiore, senza devolvere a

43 S. Ruggeri, Giudicato penale, cit., p.427. 44

Va sottolineata, peraltro, la propensione della giurisprudenza ad ammettere la reiterazione della domanda cautelare in tutti i casi in cui l’inefficacia del titolo originario sia stata dichiarata per violazioni di carattere puramente formale. Ciò deriverebbe, secondo un primo indirizzo, dall’inidoneità delle pronunce non riguardanti il merito cautelare ad acquisire l’autorità del giudicato e, conseguentemente, a produrre l’effetto preclusivo. In tal senso, Cass., S.U., 01-07-1992. Secondo Cass., S.U., 31-05-2000, la teiterazione del provvedimento estinto o annullato per ragioni diverse dal merito cautelare non esclude affatto la configurabilità del giudicato cautelare, dal momento che la validità del nuovo titolo restrittivo è comunque subordinata a un mutamento delle condizioni che hanno portato alla perdita di efficacia di quello precedente.

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In giurisprudenza, tra tante, Cass., S.U., 01-07-1992, Grazioso, cit.; secondo S. Ruggeri, Giudicato cautelare, cit., p.428, il ricorso ‹‹ quand’anche solo in via analogica, al ne bis in idem di cui all’art.649 c.p.p appare ben poco attagliato a quella classe di fenomeni che maggiormente ha condotto alla configurazione di un giudicato cautelare, relativo all’ambito dei rapporti tra decisioni del giudice dell’impugnazione cautelare e potere di revoca o sostituzione della misura, dove per definizione neppure si pone la questione di una nuova iniziativa cautelare sulla eadem res, anzi il successivo internevto si muove in una direzione opposta a quella segnalata da tale disposizione››.

34 quest’ultimo l’intera regiudicanda. Da quanto appena detto deriva che le parti della decisione che non siano oggetto di impugnazione divengono intangibili, a meno che la legge non preveda la devoluzione ex officio del tema trascurato al giudice superiore: è quanto previsto dall’articolo 597 del codice di procedura penale in tema di cognizione del giudice di appello,

che amplia i margini del giudizio di appello stesso oltre i limiti dell’ appellatum46.

Il fenomeno appena enunciato viene definito in modi diversi che dipendono dalle diverse angolazioni in cui esso può essere osservato: si parla, così, di “ giudicato progressivo”, evidenziando l’aspetto dinamico della formazione in itinere del giudicato; si parla, altresì, di “ giudicato parziale” se si considera il dato dell’avvenuta formazione del giudicato solo limitatamente alla parte della decisione non impugnata; si parla, infine, di “ giudicato interno” se si evidenzia l’acquiescenza della parte che non ha impugnato per intero una decisione sfavorevole, favorendo la formazione del giudicato all’interno del procedimento penale in corso. Nonostante tutto, le differenti denominazioni non intaccano l’unicità della tematica.

7.1 I referenti normativi

La nostra attenzione riguardo il fenomeno del giudicato progressivo deve focalizzarsi sulla disposizione dell’articolo 624 c.p.p, il quale disciplina l’annullamento parziale pronunciato, all’esito del giudizio di legittimità, da parte della Corte di Cassazione, stabilendo ‹‹ se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata ›› ( art. 624 c.p.p comma primo ). Questa disposizione, nonostante la sua primaria importanza nel tema del giudicato progressivo, va, tuttavia, ricondotta nell’ambito di un sistema più complesso, costituito da una serie di norme in materia di impugnazione.

Dobbiamo innanzitutto considerare l’articolo 581 comma primo lettera a) del codice di procedura penale, il quale pone a carico delle parti impugnanti l’onere di indicare i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione: quindi la cognizione del giudice superiore è limitata unicamente ai capi della sentenza o ai punti della decisione indicati dalle parti, con la conseguenza che la mancata indicazione di capi o punti determina la formazione progressiva del giudicato parziale. Fanno da corollario alla disposizione appena esaminata, l’articolo 597 c.p.p, in tema di appello ordinario, e l’articolo 609 c.p.p relativo al giudizio di

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35 cassazione, che ancorano i poteri decisori del giudice dell’impugnazione alle indicazioni operate dalle parti, attuando il principio generale del tantum devolutum quantum appellatum. Il principio della stretta correlazione tra punti e capi impugnati e ambito di cognizione del giudice dell’impugnazione soffre, tuttavia, importanti eccezioni, sia in sede di appello, sia in sede di giudizio di legittimità. Sotto il primo punto di vista, l’articolo 597 c.p.p , nei commi successivi al primo, delinea un ampio margine di cognizione officiosa, sia per l’appello proposto da parte della pubblica accusa, sia per l’appello esperito da parte dell’imputato; in ordine, invece, al giudizio di legittimità, l’articolo 609 c.p.p comma secondo estende la cognizione della Corte di Cassazione a tutte le questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo e a tutte quelle che non sarebbe stato possibili dedurre in grado di appello. La cosa giudicata, pertanto, copre tutti i capi e i punti della sentenza non indicati dalle parti, salva la previsione di ambiti cognitivi attribuiti ex officio al giudice dell’impugnazione.

7.2 La disciplina del giudicato progressivo

Nell’osservazione della disciplina del giudicato progressivo, non possiamo fare a meno di registrare i diversi nodi problematici che sono sorti soprattutto in ragione dell’approssimazione terminologica del legislatore in relazione all’articolo 624 c.p.p, disposizione principale in tema di giudicato progressivo, approssimazione e genericità che ha condotto a diversi interventi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Il legislatore, infatti, anziché fare uso delle locuzioni “ capo ” o “ punto ” ha annesso, nella formulazione dell’art. 624 c.p.p, l’autorità della cosa giudicata a quelle “parti della sentenza” prive di vincoli di connessione essenziale con la parte annullata della decisione: non è chiaro, quindi, se il legislatore abbia inteso richiamare i soli capi della sentenza oppure anche i punti della decisione.

Secondo un primo orientamento, la “parte della sentenza” sarebbe da identificare con il solo capo, di modo tale che il giudicato si formerebbe esclusivamente su di un preciso capo d’imputazione, escludendo la possibilità di giudicati parziali all’interno del medesimo capo. In un senso opposto, si ritiene, in dottrina e in giurisprudenza, che rientrino nella generica

36 nozione di parte della sentenza tanto i capi quanto i punti, entrambi, quindi, suscettibili di

essere coperti dal giudicato parziale47.

Questa pluralità di concettualizzazioni ha condotto ad una serie di prese di posizione da parte della Corte di Cassazione. Dagli enunciati giurisprudenziali non residuano dubbi circa la possibilità che il giudicato si formi in ordine all’accertamento della responsabilità dell’imputato, anche quando sia ancora aperta la cognizione relativa alla determinazione del trattamento sanzionatorio: quindi alcuni punti divengono immutabili, ovvero quelli relativi all’accertamento del fatto-reato e della responsabilità dell’imputato, mentre altri, concernenti l’ an e il quantum della pena da irrogare, sono destinati a costituire l’oggetto di un’ulteriore attività cognitiva. Da quanto appena detto deriva che l’eventuale insorgenza di una causa estintiva verificatasi dopo la formazione del giudicato sul reato, non può più essere rilevata,

fatta eccezione per la morte del reo prevista dall’articolo 151 del codice penale48

.

Occorre registrare, peraltro, come su tali punti si sia espressa, in dottrina, più di una riserva, evidenziandosi la natura di preclusione degli sbarramenti nascenti dalla sentenza di annullamento resa dalla Corte di Cassazione, nonché l’incompatibilità con la presunzione di

non colpevolezza degli orientamenti giurisprudenziali appena delineati49.

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Piuttosto articolata è la situazione in dottrina: a chi equipara senz’altro capi e punti della decisione, si contrappone chi, pur ritenendo che entrambi costituiscono parti della sentenza, esclude la formazione del giudicato sul punto della decisione sul quale, invece, si formerebbe una mera preclusione.

48

Cass. pen. 26-11-2003, n.974, in CED n.227678.

49

E. Jannelli, La definizione costituzionale del giudicato penale: conseguenze sull’ammissibilità del c.d

giudicato parziale ovvero progressivo, in Cass. pen., 1996, p.129 ss., il quale osserva, in particolare che ‹‹

dichiarare che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato, che difetta una condizione di procedibilità, quindi l’opportunità di punire, viene incontro alla logica costituzionale della presunzione di non colpevolezza. Ed il fatto che nel processo sia intervenuta la preclusione alla discussione sulla responsabilità dell’imputato, in forza di un’impugnazione dal contenuto limitato ad alcuni aspetti meramente funzionali alla determinazione della pena ovvero in forza di un annullamento parziale della Corte di Cassazione, non può certo spostare i termini del problema, dal momento che le diverse situazioni di preclusione non si traducono in situazioni ragionevolmente differenziate ex art.3 Cost., tali da giustificare un trattamento diverso sul versante della verità processuale e della giustizia››.

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7.3 Giudicato progressivo ed esecutività

Il binomio irrevocabilità-esecutività trova un’eccezione proprio nel caso di giudicato progressivo.

Applicando il principio enucleato nell’articolo 650 c.p.p, infatti, il giudicato formatosi su alcuni punti della decisione dovrebbe consentire l’immediata esecutività delle statuizioni in essi contenute, in assenza di diversa disposizione di legge: ‹‹ Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili ››. La giurisprudenza ha fatto ricorso ad una serie di distinzioni per giustificare la non eseguibilità del giudicato parziale. Si ammette, così, l’esecuzione della sentenza di condanna quando sia in corso il solo accertamento di ipotesi di reato connesse con quella già

definita50: in questa evenienza il giudicato si forma su un capo autonomo della sentenza, non

potendo esservi alcun dubbio in ordine alla possibilità di eseguire un giudicato parziale che riguarda una parte della sentenza del tutto avulsa e non più condizionabile dalle altre.

I maggiori dubbi sorgono, poi, con riferimento all’esecutività della sentenza quando, come spesso accade, la non definitività attiene all’entità della pena da irrogare: in tal caso, la questione ancora in sospeso, pur non incidendo sulla formazione della cosa giudicata,

comunque avvenuta con regolarità, determina senz’altro l’ineseguibilità della sentenza51. La

riprova dell’assunto sta nel fatto che l’eventuale detenzione sofferta medio tempore dall’imputato va considerata come scontata a titolo di custodia cautelare in carcere e non

come esecuzione di pena definitiva52.

50

Cass.pen., 20-03-2000, in Arch. Nuova proc. Pen., 2000,412; Cass.pen., 20-08-1997, Maddaluno, in Riv. Pen., 1998,188; Cass. pen., 10-12-1990, Teardo, in Cass. pen., 1992,2769, evidenziano come, allorquando la decisione irrevocabile contenga già l’indicazione della pena minima che il condannato deve comunque espiare, non vi sono ragioni ostative all’esecuzione.

51

Cass.pen., 30-05-1994, Antonimi, in Cass.pen., 1996,568; Cass.pen., 12-02-1993, Fracapane, in Arch. Nuova

proc.pen., 1993,278.

52 Cass.pen., 05-05-2004, De Finis, in Arch. Nuova proc.pen., 2005,373. Cfr., in chiave critica, R. Orlandi, Provvisoria esecuzione, in AA.VV., Presunzione di non colpevolezza e disciplina delle impugnazioni, Milano,

38 In realtà, la giurisprudenza di legittimità pare operare una confusione di concetti tra irrevocabilità ed esecutività. Da segnalare, sul punto, è l’intervento delle Sezioni Unite della

Corte di Cassazione53 che, nel riconoscere la possibilità che il giudicato si formi in maniera

progressiva, nel caso in cui l’annullamento ad opera della Suprema Corte abbia interessato, ai sensi dell’articolo 624 c.p.p, solo alcuni punti interni a un capo della sentenza, hanno precisato che l’autorità di cosa giudicata non debba essere confusa con la esecutorietà di una decisione, poiché, per un verso, l’esecutorietà non è sufficiente ad attribuire a un provvedimento l’autorità di cui si tratta e, talvolta, neppure il carattere dell’irrevocabilità e, per altro verso, vi possono essere decisioni aventi autorità di cosa giudicata senza essere in tutto o in parte eseguibili, come nel caso della condanna a pena condizionalmente sospesa o che fruisca di indulto revocabile o condizionato ovvero nei casi di differimento dell’esecuzione della pena previsti dagli articoli 146 e 147 del nostro codice penale.