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7.Le eccezioni al divieto

Dopo aver analizzato i presupposti del divieto di bis in idem, è necessario soffermarsi sull’ultimo periodo dell’art.649 c.p.p che precisa ‹‹ salvo quanto disposto dagli art. 69 comma 2 e 345 c.p.p››. In questa espressione sono contenute le due eccezioni che il legislatore ha posto all’istituto.

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Cass.pen., 30-03-1998, Sparacino, in Cass.pen., 2000,399. Si ritiene, in giurisprudenza, che, qualora la violazione del ne bis in idem sia deducibile soltanto nel giudizio di legittimità, a causa del passaggio in giudicato della sentenza successivamente a quel giudizio, la questione sia proponibile anche dinanzi alla Corte di Cassazione ( Cass.pen., 14-05-2004, Cascella, in CED n. 229283 ).

100 In particolare, l’art. 69 comma 2 c.p.p afferma che ‹‹ la sentenza non impedisce l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona, qualora successivamente si accerti che la morte dell’imputato è stata erroneamente dichiarata››.

L’art. 345 c.p.p, invece, dispone che ‹‹ il provvedimento di archiviazione, la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, anche se non più soggette a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o della autorizzazione a procedere, non impediscono l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona, se in seguito è proposta la querela, l’istanza, la richiesta o è concessa l’autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l’autorizzazione››; il secondo comma del medesimo articolo, inoltre, prosegue affermando che ‹‹ la stessa disposizione si applica quando il giudice accerta la mancanza di una condizione di procedibilità diverse da quelle indicate nel primo comma››.

Quest’ultima disposizione riprende, in via generale, il vecchio art. 17 c.p.p del 1930, in merito

al quale si era affermato156 che la sentenza di cui, appunto, all’art.17 c.p.p, seppure sentenza

meramente processuale, costituisce giudicato; ‹‹ naturalmente-si aggiungeva-il giudicato non può che investire quanto effettivamente è stato deciso, e cioè, nel caso di specie, l’accertata mancanza di una condizione di procedibilità e, quindi, la non proponibilità o la non proseguibilità dell’azione penale››. Pertanto ‹‹ un nuovo processo che si radichi su un’azione penale proponibile o proseguibile per la sopravvenienza della condizione di procedibilità è possibile, in quanto non tocca il giudicato, ma anzi lo presuppone e lo rispetta››.

Ciò, in altri termini, significa che nella sentenza di cui all’art.345 c.p.p è contenuta una pronuncia nella quale si accerta che l’azione penale non poteva essere iniziata o proseguita, una pronuncia, quindi, che non investe soltanto il merito, ma anche che esclude la valida presenza dell’azione penale. Premesso questo, ‹‹ quello che accade dopo non è certo da considerarsi un rinnegamento della cosa giudicata, in quanto non si ripropone l’azione penale, poiché, dato l’irrevocabile accertamento precedente della non proponibilità o proseguibilità dell’azione penale, essa viene per la prima volta promossa o ripresa al punto in cui era rimasta

paralizzata dalla mancanza della condizione di procedibilità››157

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156 G. Leone, Manuale di diritto processuale penale, Jovene, Napoli, 1988. 157 G. Leone, Manuale di diritto processuale penale, Jovene, Napoli, 1988.

101 Pertanto, laddove si inizi un altro procedimento per il fatto di essersi verificata la condizione di procedibilità, sarà ravvisabile, posto che il fatto rimane identico, un’eccezione al ne bis in idem, eccezione limitata, però, soltanto alle suddette ipotesi e per di più comprovante che il giudicato non è caratterizzato dall’accertamento contenuto nella sentenza giacchè, se così fosse, non si sarebbe resa necessaria la previsione della deroga suddetta, essendo l’accertamento ravvisabile nel giudicato diverso da quello oggetto del procedimento instaurato in seguito alla presentazione della querela.

E’ stato, peraltro, sostenuto che ‹‹ l’efficacia ostativa ricollegabile alla sentenza di proscioglimento per mancanza di una condizione di procedibilità, nei confronti di un processo iniziato successivamente sul presupposto dell’erronea dichiarazione relativa alla mancanza della querela, non consegue all’identità dell’oggetto dell’accertamento, bensì alla medesimezza del fatto materiale imputato, da cui discende il divieto di un nuovo procedimento, se in seguito alla modificazione del titolo, del grado o delle circostanze, il

reato, per il quale nuovamente si procede, risulti perseguibile d’ufficio››158

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Tuttavia, in dottrina, è stata fermamente sostenuta la tesi secondo la quale, in realtà, ‹‹ l’art. 17 c.p.p (oggi art.345 c.p.p) non importerebbe alcuna eccezione al ne bis in idem poiché il proscioglimento irrevocabile per mancanza di una condizione di procedibilità, avendo il valore di accertamento in ordine all’assenza della condizione in parola con conseguente impossibilità di sottoporre il prosciolto ad un nuovo processo sul presupposto, ad esempio,

della sussistenza della querela ritenuta mancante››159

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Per quanto riguarda, invece, il proscioglimento per erronea dichiarazione di morte dell’imputato, è evidente che, in questo caso, siamo in presenza di una sentenza inesistente, la quale, come tale, non passa mai in giudicato e, pertanto, non preclude una nuova azione. Si è osservato, inoltre, che il fatto che l’art. 649 c.p.p parli di preclusione processuale in rapporto alle sentenze irrevocabili e non alle sentenze passate in giudicato, non è certo un dato irrilevante, ma esso, al contrario, ha una portata assolutamente decisiva. Pensiamo all’ipotesi di un soggetto prosciolto con sentenza irrevocabile dall’imputazione di lesioni colpose lievi per mancanza di querela: ora, se la querela venisse presentata in tempo, non c’è dubbio che l’imputato potrà certamente essere sottoposto a nuovo procedimento penale. Se, invece, dopo

158 G. De Luca, I limiti soggettivi alla cosa giudicata penale, Milano, Giuffrè, 1963, p.157; V. Manzini, Trattato di diritto processuale penale, Torino, 1956.

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102 la sentenza irrevocabile il soggetto passivo dovesse morire in seguito alle lesioni riportate, la questione che si pone è se si può procedere nuovamente contro l’imputato, essendo, in questo caso, il fatto perseguibile d’ufficio. La risposta risulta semplice: se il principio della preclusione processuale derivasse dall’autorità di cosa giudicata, il prosciolto, nel caso dell’esempio di cui sopra, dovrebbe essere sottoposto a procedimento penale, in quanto non sussiste giudicato penale nella sentenza dichiarativa della mancanza di querela. Ma poiché il principio della preclusione processuale è basato, appunto, sull’irrevocabilità della sentenza, non è consentito aggiungere alle eccezioni previste dall’art.649 c.p.p un’altra eccezione. Infine, vale la pena osservare, come lo’art.90 c.p.p abrogato faceva salvo, in ultima ipotesi, anche il disposto dell’art.402 c.p.p del 1930 rubricato “Casi di riapertura”, il quale prevedeva che, chi fosse stato prosciolto nell’istruzione, avrebbe potuto essere sottoposto a nuovo procedimento per il medesimo fatto, laddove fossero sopravvenute nuove prove a suo carico e a condizione che non fosse intervenuta una causa di estinzione del reato. Si escludeva, in tal modo, l’effetto del ne bis in idem nel caso di sentenze istruttorie suscettibili di riapertura dell’istruzione. Si sosteneva, infatti, che la riapertura dell’istruzione integrasse un limite per l’irrevocabilità delle sentenze istruttorie, così come la revisione costituisce un limite per l’irrevocabilità delle sentenze di condanna; questa asserzione, peraltro, è stata successivamente contestata. Si riteneva, infatti, ‹‹ impossibile instaurare un parallelo tra la revisione e la riapertura dell’istruzione›› in quanto ‹‹ i requisiti, particolarmente rigorosi, che caratterizzano l’inammissibilità della revisione ne dimostrano il suo carattere eccezionale, mentre il fatto che la sopravvenienza di nuove prove a favore o a carico dell’imputato basti a giustificare la riapertura dell’istruzione, conferma il suo carattere non eccezionale e, quindi, la possibilità di considerare le sentenze istruttorie come mere sentenze “allo stato degli atti” non

idonee a costituire cosa giudicata››160

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Capitolo III