Si tratta di una figura largamente accolta nel diritto penale italiano, ma che non trova un’esplicita previsione. Anch’essa è inserita tra le varie situazioni cui può dar luogo il concorso apparente di norme e, più precisamente, essa è stata per lungo tempo indicata come una delle deroghe, accanto al reato continuato e al reato complesso, alle regole generali sul concorso di reati. ‹‹ E’ certo, infatti, che di fronte al reato progressivo si applica una sola disposizione di legge incriminatrice, quella, cioè, che prevede la figura criminosa del reato così come realizzata secondo la fattispecie legale in cui è prevista, senza tener conto, ai fini penali, degli altri specifici reati per cui l’attività del colpevole necessariamente passa per
arrivare e integrare la fattispecie criminosa in questione››179
. Varie sono le nozioni di reato
progressivo che ci offre la dottrina italiana: Paoli180 osserva che ‹‹ si ha reato progressivo
quando un’attività criminosa maggiore è comprensiva di un’attività criminosa minore, attraverso la quale occorre necessariamente passare per compiere l’altra››.
Grispigni181 asseriva, invece, che ‹‹ il reato progressivo si ha quando l’agente da una condotta
iniziale che realizza un tipo di reato passa ad un’ulteriore attività che realizza una forma di reato più grave, che include, tra i suoi elementi costitutivi, quello più semplice e meno grave. La stessa locuzione “reato progressivo” esprime il trascorrere da fatti meno gravi a fatti più
179
G. Vassalli, Reato progressivo, in Enc.dir., vol.XXXVI, Milano, 1987.
180
G. Paoli, Principi di diritto penale, vol.III, Padova, CEDAM, 1929.
181
112 gravi della stessa specie o di specie analoga e al tempo stesso si vuole indicare nella figura compiuta il punto d’arrivo dell’episodio delittuoso››.
Vi è, poi, una corrente interpretativa diversa secondo la quale ‹‹ il reato progressivo si realizzerebbe soltanto nei casi in cui esista una espressa previsione di legge per la quale si preveda l’assorbimento di una fattispecie legale minore in un’altra più grave della quale la prima costituisce presupposto necessario(…) Ferma restando la pluralità dei fatti, ciascuno dei quali, preso da sé solo, costituirebbe autonoma figura di reato, fermo restando il requisito dell’unicità e fermo restando che il fatto successivo e più grave debba implicare necessariamente la violazione di norme che prevedono offese meno gravi dello stesso bene giuridico od anche di altri beni giuridici, ma sempre meno importanti di quelli offesi dal reato progressivo nel suo insieme, occorrerebbe l’esistenza di una espressa disposizione di legge che escluda l’applicazione della fattispecie minore e conduca con ciò all’assorbimento della
pena meno grave in quella più grave››182
.
Un’altra teoria che vale la pena ricordare è quella prospettata da Ranieri183
: egli identificava il reato progressivo in ‹‹ una fattispecie legale penale astrattamente considerata che ne contiene necessariamente in sé altre, la cui realizzazione passa necessariamente attraverso la realizzazione di fattispecie minori e la cui pena non può che essere la pena stabilita per la fattispecie legale più ampia››.
Antolisei, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, inquadra questa figura come una specie di reato complesso in senso lato, individuandolo, più specificatamente, come un caso di contenenza implicita nella quale l’inclusione del reato minore nel maggiore non si desume dalla dizione della norma incriminatrice ma, bensì, dalla natura intrinseca del fatto in essa
configurato. In ordine al reato progressivo si era pronunciato anche Mantovani184 secondo il
quale la ragione della diversa denominazione deriva sostanzialmente ‹‹ dal diverso angolo visuale con cui i due fenomeni vengono guardati dai diversi autori: visti secondo la struttura della fattispecie legale si presentano come reati complessi, mentre visti nel dinamismo dell’attività criminosa (da minus a maius) si presentano come reati progressivi››.
182 G. Sabatini, Il reato progressivo nel sistema delle deroghe al concorso di reati, in Studi in onore di Ugo Conti, Città di Castello, 1931.
183
S. Ranieri, Manuale di diritto penale, Padova, CEDAM, 1952.
184
113 In tema di reato progressivo, per la maggior parte della dottrina italiana, il divieto di un secondo giudizio trova applicazione tanto nel caso di giudicato sul reato di maggiore gravità
quanto nel caso di giudicato sul reato meno grave185.
In ogni caso, possiamo osservare, come scrive Leone186, che in caso di giudizio per reato
progressivo possono verificarsi le seguenti situazioni:
a) giudicato di condanna per il fatto che costituisce il reato più grave: ‹‹ poiché la pena di questo abbraccia la sanzione per tutti i fatti compresi nella situazione di progressione delittuosa, il giudicato consuma l’azione penale nei confronti anche di quei fatti che, per quanto non dedotti specificatamente in imputazione, sono riportabili all’attività progressiva su cui è caduto il giudicato››. Ad esempio, la condanna per partecipazione al delitto di procurato aborto (art.547 c.p) impedisce un nuovo processo per istigazione all’aborto (art.548 c.p) oppure la condanna per associazione a delinquere (art.416 c.p) impedisce un nuovo processo per assistenza agli associati (art.418 c.p);
b) giudicato di assoluzione per il fatto che costituisce il reato più grave o il fatto ultimo della serie progressiva: non si esclude, in questo caso, che la medesima persona possa essere chiamata in un nuovo processo a rispondere di un nuovo fatto meno grave o facente parte della serie progressiva che però non sia stata dedotta nel precedente giudizio. Si dice, infatti, ‹‹ nessuna ragione può escludere che colui che sia stato assolto dall’imputazione di partecipazione al delitto di procurato aborto o di associazione a delinquere possa essere successivamente chiamato a rispondere per istigazione all’aborto o di assistenza agli associati per delinquere››;
c) giudicato di assoluzione per il fatto che costituisce il reato meno grave o una fase iniziale o intermedia della progressione criminosa: in questo caso il giudicato di assoluzione non impedisce un nuovo processo per i fatti costituenti il reato più grave o una fase diversa della progressione quando, si aggiunge, ‹‹ non sia indispensabile all’economia del reato la preesistenza dei fatti integranti i reati meno gravi››;
d) giudicato di assoluzione o di condanna in quei casi in cui eccezionalmente il reato progressivo si realizza in un’azione unica: in questo caso eccezionale, data l’unità dell’azione, si afferma l’assoluta inderogabilità della cosa giudicata, anche se questa si riferisca al reato
185 F. Cordero, Procedura penale, Milano, Giuffrè, 1987; A. Giovene, Giudicato, in Dig.disc.pen., UTET, 1991;
G. Lozzi, Giudicato (dir.pen.), in Enc.dir., Giuffrè, 1969.
186
114 meno grave. In questo caso, l’unicità dell’azione ci riporta alla regola secondo cui la diversa qualificazione del titolo del reato (ad esempio omicidio invece di lesioni) non intacca l’autorità del giudicato;
e) giudicato di condanna per il fatto che costituisce il reato meno grave, mentre il fatto più grave si verifica o viene a conoscenza successivamente: in questo caso il giudicato di condanna formatosi in relazione al fatto meno grave da una parte non impedisce che sia perseguito il fatto costituente il reato più grave mentre, dall’altra, non può condurre ad una duplice punizione (quella del reato meno grave e quella del reato più grave), quando il diritto sostanziale ne commina una sola (quella del reato più grave). In questa situazione si istituirà un “giudizio suppletivo” che, nel caso di riconosciuta responsabilità per il fatto nuovo, condurrà all’applicazione di una pena unica comprensiva di quella già applicata con il giudicato precedente.