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Bourdieu e la distanza sociale nel campo politico

Alcune delle questioni trattate da Sorokin nel suo contributo sulla stratificazione politica ritornano, con un maggiore o minore grado di adesione e approfondimento, in altri approcci teorici della sociologia.

Tra coloro che si sono occupati esplicitamente di distanza sociale, Bourdieu è l’altro autore che ci offre un’opportunità di lettura di questo fenomeno anche nel campo della politica.

La costruzione teorica di Bourdieu, l’abbiamo visto, è improntata sull’idea che lo spazio sociale, distinguibile in più campi, sia un ambito in cui ciascun agente e gruppo sociale si colloca in una posizione in base alla quantità di capitale globale e alla distribuzione interna di questo nei capitali specifici di ciascun campo. Tutti coloro che occupano una uguale o simile posizione nello spazio sociale così definito costituiscono, per Bourdieu, una classe sociale. La distanza sociale, in ogni campo e nell’intero spazio sociale, è misurabile come maggiore o minore differenza tra le posizioni degli agenti e delle classi di agenti che in esso operano.

In ogni campo è possibile distinguere dominanti e dominati a seconda della migliore o peggiore posizione sociale ricoperta. Nel campo della politica, per esempio, i dominanti sono coloro che, potendo contare su una quantità elevata di risorse politiche (o di potere) ricoprono una posizione di superiorità rispetto ad agenti e gruppi sociali dotati di minori quantità di tali risorse. Come in ogni altro campo dello spazio sociale, anche nel campo politico c’è una specifica autorità: l’autorità politica. L’autorità dipende dalla distribuzione del capitale specifico del campo e dall’andamento delle lotte tra coloro che sono favoriti dalla distribuzione delle risorse e che

hanno i mezzi per difenderla (i dominanti) e coloro che invece si oppongono a questa imposizione e distribuzione (i dominati). Anche i dominanti e i dominati nel campo politico sono uniti da una complicità oggettiva, non intenzionale, che favorisce il misconoscimento della realtà oggettiva del dominio come violenza simbolica, legato all’autorità. La complicità di dominanti e dominati si fonda sulla comune convinzione del valore della posta in gioco: essi, cioè, ritengono che la posta sia qualcosa per cui vale la pena di lottare, e questa convinzione favorisce l’esercizio dell’autorità. L’autorità è necessariamente dotata di capitale simbolico. Secondo Bourdieu, infatti, ogni forma di capitale può riprodursi e circolare liberamente solo se il suo uso è legittimato. Il capitale simbolico, dunque, legittima i rapporti asimmetrici e di potere fondati sulla diseguale distribuzione dei vari tipi di capitale, e quindi anche sulla diseguale distribuzione del potere politico.

La specificità del campo politico è quella di essere l’ ambito in cui, in maniera più significativa, si conducono le lotte per la definizione delle posizioni sociali e il cambiamento dei rapporti tra le varie classi sociali.

Le classi “sulla carta” individuate da Bourdieu sono costruite dal ricercatore sulla base di indicatori oggettivi, di tipo quantitativo e qualitativo, che permettono di collocare gli agenti sociali a partire dai tipi e dai volumi di risorse e potere specifico che questi posseggono in ciascun campo considerato.

In realtà, osserva Bourdieu, le classi sociali “sulla carta” rappresentano delle classi reali che agiscono e si mobilitano solo quando queste si individuano e si riconoscono in quanto tali. Ciò avviene a partire da un lavoro di lotta simbolica, per la classificazione e la definizione dei confini, che è specificatamente una lotta politica. Una classe sociale che agisce come gruppo reale è quindi il risultato dell’incontro tra la contiguità di posizioni e di habitus all’interno dello spazio sociale e il lavoro simbolico di tipo politico di rappresentazione di questa classe in quanto tale. Il lavoro politico è un tipo di lotta teorica e pratica allo stesso tempo. È una lotta di tipo teorico perché per suo tramite si produce la definizione delle classi e dei rapporti di classe, ed è una lotta di tipo pratico perché è attraverso le pratiche politiche concrete che le varie classi portano avanti i loro interessi.

In realtà, afferma Bourdieu, non sono solo le classi sociali ad essere definite in quanto tali dal lavoro politico. Quest’ultimo infatti è all’origine di ogni categorizzazione sociale legittima (si pensi alle categorizzazione uomini/donne, bianchi/neri, giovani/vecchi). Le categorie sociali, dunque, esistono nella misura in cui sono riconosciute e denominate come tali attraverso un tipo di lavoro che viene svolto nel campo politico.

La mera somiglianza di posizioni e chances di vita, non è sufficiente, come visto, a far sviluppare un’identità di gruppo, e a spingere il gruppo stesso ad agire politicamente. È necessaria a tale

scopo l’azione di due elementi: l’esistenza di un “portavoce istituzionalizzato” ossia di rappresentanti e delegati in grado di parlare a nome del gruppo, e l’auto-riconoscimento del gruppo sociale come classe in grado di mobilitarsi. Il riferimento di Bourdieu è senza dubbio alla classe operaia e al partito a cui dà origine.

Per Bourdieu, nelle società altamente avanzate e differenziate il lavoro politico si sviluppa inizialmente come sotto-campo del campo culturale in senso lato. Esso tende poi a diventare autonomo con il formarsi progressivo di istituzioni, forme di azione politica e particolari categorie di agenti sociali: i politici di professione che svolgono il lavoro politico.

Secondo il nostro autore a partire dal campo politico ha origine l’omologia di posizioni tra i vari campi dello spazio sociale. Ciò significa che chi è in posizione dominata nel campo politico è, generalmente, in posizione dominata anche negli altri campi, e questa omologia di condizione fa scattare una sorta di processo di aggregazione tra queste varie posizioni, fa sentire un tutt’uno, come di classe, questa pluralità di esperienze di dominazione. Lo stesso vale per i dominanti. Viene quindi a delinearsi una distanza sociale tra dominanti e dominati che, a partire dal campo politico tende a diffondersi, per omologia, negli altri campi dello spazio sociale.

Sebbene con costruzioni teoriche differenti ed obiettivi di studio del tutto estranei all’analisi della distanza sociale, la distanza tra gli attori dell’ordinamento politico è ciò che viene rilevata anche dalle teorie dell’elite, sia nelle versioni classiche che in quelle contemporanee.