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Differenziazione e distanza sociale: classi, ceti, partiti

Al passaggio da società indifferenziate a società differenziate, ossia al processo di distribuzione della potenza in una comunità, va fatta risalire l’origine della distanza sociale. Come noto, è a questo particolare momento storico – che dà vita all’epoca e alle società moderne – che Weber riconduce la nascita dei tre elementi che vanno a incidere nella costruzione delle differenze sociali e della stratificazione: classi, ceti e partiti. Richiamiamo brevemente le caratteristiche di questi elementi che ci torneranno utili nel prosieguo della nostra analisi.

Nella prospettiva weberiana, le classi sociali sono un prodotto del mercato e possono risultare dalla condizione del possesso della proprietà o dalla vendita di prestazioni lavorative nel mercato. La situazione di classe è quindi sovrapponibile alla situazione di mercato. Sebbene accomunati dalla stessa posizione sul mercato e dalle stesse possibilità di vita, gli appartenenti ad una classe

non necessariamente mettono in atto un “agire di classe”. È per tale ragione che per Weber la classe non costituisce in ogni caso una comunità.

In antitesi alle classi, i ceti (o gruppi di status) sono delle comunità, anche se di tipo amorfo. I ceti si differenziano dalle classi sociali poiché derivano la loro importanza dal prestigio sociale e dagli stili di vita e non dal possesso materiale o dalla posizione lavorativa. Benché il prestigio possa dipendere da una situazione di classe, i compensi simbolici o di status non necessariamente vanno di pari passo con il potere economico. Quanto al contenuto, “l’onore di ceto si esprime normalmente nell’esigere una condotta di vita particolare da tutti coloro i quali vogliono appartenere ad una determinata cerchia” (Weber, 1974, p. 236). Questo comporta una chiusura verso l’esterno, una limitazione dei rapporti “sociali” (cioè rapporti di tipo non economico) agli appartenenti alla cerchia del ceto e un distanziamento da coloro che stanno al di fuori di esso. L’onore di ceto è dunque sempre fondato sulla distanza e sull’esclusività.

Il ceto si forma attraverso l’appropriazione e la monopolizzazione di beni o di possibilità ideali e materiali, e ha un accesso limitato da meccanismi selettivi. La selezione dei soggetti si fonda su svariati criteri. Si può trattare di una selezione personale di tipo antropologico puro (il ceto dei cavalieri è composto da individui fisicamente e psichicamente atti alla guerra) o può fondarsi sull’appartenenza politica o su una situazione di classe. Quest’ultima forma è fondamentale nelle società moderne, visto che la possibilità di uno stile di vita conforme al ceto è fortemente condizionata dalle possibilità economiche. Seppur semplificando fortemente, Weber ci dimostra come la situazione di classe è determinata da una relazione con la produzione e l’acquisto di beni, mentre la situazione di ceto si collega ai consumi attraverso cui si esplicita una specifica “condotta di vita”.

La chiusura di ceto può comportare una monopolizzazione di determinati impieghi e uffici e di certe attività economiche da parte dei gruppi delimitati in base al ceto, e ciò sia in senso positivo, perché solo un determinato ceto può pretendere quei beni o esercitare quelle attività, sia in senso negativo, perché lo stile di vita del ceto esclude il possesso di alcuni beni e l’esercizio di alcune attività. Un esempio di questo secondo caso è rappresentato dal valore squalificante che i gruppi privilegiati in base al ceto attribuiscono generalmente al lavoro manuale. E’ sulla scorta di queste riflessioni che Weber sostiene che ogni stilizzazione di vita, in qualsiasi forma si manifesti, ha un’origine di ceto.

Fondandosi sull’appropriazione e monopolizzazione di beni, l’organizzazione in ceti può rappresentare un ostacolo al libero mercato su cui si basa l’ordinamento economico, o all’accesso e alla circolazione del potere politico, costituendo in questo caso una forma di distanziamento del gruppo dei governanti - avente carattere cetuale – dal vasto e variegato

gruppo dei governati. Analizzeremo più in là, nel corso del capitolo, questo specifico aspetto della distanza nella sfera politica legato alla formazione di élites politiche a carattere cetuale. Per ora sia sufficiente indicare gli elementi che differenziano, stratificano e distanziano le componenti di una società a partire dalla Modernità.

Come le classi si sviluppano all’interno dell’ordinamento economico e i ceti all’interno dell’ordinamento sociale – cioè nella sfera della distribuzione dell’onore – un terzo elemento si forma nell’ordinamento politico. Si tratta dei partiti, associazioni libere dotate di un qualche ordinamento razionale e da un apparato di persone pronte ad attuarlo. L’agire dei partiti è sempre rivolto ad un fine deliberato, “oggettivo” come l’acquisizione della potenza per l’attuazione di un programma con scopi materiali o ideali, o “personale”, cioè diretto ad ottenere benefici, potenza e onore per i capi, i seguaci e l’intera associazione (ivi, p. 243). Il partito è un’organizzazione politica in grado di condizionare in modo indipendente la distribuzione delle risorse e così facendo la stratificazione sociale e le distanze strutturali tra i vari gruppi della società. Weber sostiene che il sistema di stratificazione, sintesi di classi, ceti e partiti, può, entro certi limiti, essere manipolato dall’intervento politico. Se classi e gruppi di status, infatti, possono all’occorrenza influenzare un partito (per esempio, collaborando alla formulazione dei programmi politici), è altrettanto vero che il partito, nel momento in cui assume il potere, può influenzare classi e gruppi di status. In altre parole, l’intervento politico agisce sui processi di stratificazione e distanziamento-avvicinamento tra i vari strati della società, i quali percepiscono e si relazionano con il potere politico in maniera differenziata.

Attingendo all’elaborazione teorica weberiana, Bagnasco e Le Galès (2001) evidenziano come l’intervento politico di regolazione economica e di sostengo alle possibilità di consumo abbia inciso sulla strutturazione sociale delle società contemporanee, contribuendo a delineare una situazione in cui non vi è più piena corrispondenza tra le linee di demarcazione sociale tracciate dalla posizione di mercato degli individui (classi sociali e gruppi professionali) e quelle tracciate dalla situazione di ceto. È a partire dagli anni della grande crescita (orientativamente dal secondo dopoguerra fino agli ultimi decenni del XX sec.) che, secondo i due autori, è possibile parlare di uno specifico cleavage di ceto. In questo periodo, infatti, le politiche di welfare dello Stato – garantendo diritti e agevolazioni sulla casa, l’istruzione, l’assistenza, il risparmio, e così via – hanno permesso la formazione di una vasta middle-class, in cui operai e impiegati, grazie all’aumentata capacità di spesa, sono divenuti più simili in quanto a stili di vita e di consumo, ormai più centrati su temi e tempi di non lavoro. Il peso relativo delle divisioni di classe e/o di quelle di ceto nella determinazione della struttura sociale cambia nel tempo. Nelle società industriali moderne il cleavage di classe è stato il principale fattore di aggregazione sociale e

della domanda politica, in forme diverse a seconda delle tradizioni istituzionali e della forma concreta dell’economia dei diversi Paesi. Successivamente, miglioramenti nelle condizioni salariali, risparmio e investimenti patrimoniali in capitale di consumo (casa, titoli di Stato, azioni, ecc.), crescita dei sistemi di welfare, e, in genere, vantaggi politicamente gestiti hanno aumentato il peso di orientamenti di ceto, i quali, specie in alcune realtà, sono divenuti anche la base di aggregazione della rappresentanza politica. Con la crisi della società fordista e la fine della grande crescita, tuttavia, individui e gruppi sociali sono ridiventati più esposti ai rischi del mercato, e le loro possibilità di vita risultano oggi più chiaramente collegate alla loro posizione di classe. Allo stesso tempo, però, i cambiamenti del sistema economico e sociale portati dalla globalizzazione hanno aumentato la differenziazione delle classi sociali; la struttura sociale, in altri termini, è divenuta più complessa, fluida e difficile da decifrare, sia per i sociologi che per gli stessi attori sociali e politici.

Come la strutturazione per ceti e per classi si articoli concretamente nelle società contemporanee, e come tali linee di demarcazione sociale riproducano e si riflettano nei cleavages della politica è ancora un problema aperto e da esplorare. Senza dubbio, però, i mutamenti in corso hanno effetti rilevanti sulle caratterizzazioni delle forme di distanza che animano la sfera politica.