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Centro e periferia, le dimensioni geometriche della politica

Un modo per studiare le distanze nello spazio della politica è quello di guardare alle società in termini di centri e periferie. Centro e periferia sono dimensioni costitutive della politica e del potere, poiché si misurano sul controllo, a livello materiale e simbolico, delle risorse, dei ruoli autoritativi e dei centri decisionali da cui sono composte le società (Costabile, 1996).

I concetti di “centro” e di “periferia” sono stati ampiamente usati nell’analisi politica e sociale a partire dai primi anni Sessanta del XX secolo.

Il paradigma centro-periferia “riguarda il grado di distanza sia geografica che sociale dall’asse centrale di una società, e può riferirsi tanto al territorio quanto ai gruppi sociali” (Urwin, 1991, p. 708).

Attraverso lo schema che guarda alle società umane in termini di centri e periferie sembra più facile interpretare e dare la giusta importanza al perpetuo moto di avvicinamento e di allontanamento rispetto al centro della società, nonché ai conflitti fra i membri della società che cercano di mutare la loro posizione rispetto agli altri e viceversa. In questo quadro, buona parte del mutamento politico e sociale si connota infatti come lotta per entrare a far parte, rimanere o, quanto meno, condizionare e ricevere risorse dai centri del potere.

La natura del rapporto centro-periferia va oltre la mera geografia ed è stata considerata, di volta in volta, nel suo carattere economico, in quanto fondata sulla dipendenza delle periferie dalle risorse economiche del centro politico, in quanto collegata all’esistenza di apparati burocratici che

impongono le decisioni prese al centro sulla periferia, o culturale, in quanto connessa alla trasmissione del sistema di valori centrale nella periferia (Tarrow, 1979) 30.

Il centro è una realtà multiforme: una società può avere contemporaneamente diversi centri, economici, politici, istituzionali, culturali, scientifici, ecc. Ciò che li accomuna è la ricerca del dominio sulle periferie.

Il centro rappresenta il potere, sia in senso materiale che simbolico, e la distanza da esso è distanza dal potere (Costabile, 2002).

Da quanto detto, emerge con chiarezza che il centro è un’ area privilegiata del territorio dove i detentori delle principali risorse politiche, economiche e culturali si riuniscono in apposite istituzioni per esercitare il loro potere decisionale.

Un’altissima concentrazione di molte risorse in una stessa area geografica può dar luogo a strutture monocefale, dove cioè esiste un solo centro dominante. Viceversa, laddove i possessori di risorse e le istituzioni in cui si esercitano i poteri decisionali sono dispersi geograficamente sul territorio, tendono a crearsi strutture policefale, ossia più centri di potere. Queste strutture sono il risultato dei modi diversi in cui si è realizzata la costruzione dello Stato e possono determinare effetti diversi in termini di distanze.

La periferia viene quindi a caratterizzarsi attraverso fattori di distanza, differenza e dipendenza: distanza dai luoghi dove si prendono le decisioni, differenza culturale e dipendenza economica. Anche le periferie, così come i centri, sono eterogenee. La perifericità può anche non manifestarsi in tutti i settori: per esempio, l’assoggettamento politico può non comportare una standardizzazione culturale, così come la periferia può anche non essere dipendente economicamente dal centro.

Gli studi empirici sull’Europa occidentale (Rokkan, 1975; Rokkan e Urwin, 1983) hanno consentito di individuare quattro tipi di periferie: la periferia esterna, esposta all’influenza di un solo centro geograficamente lontano, dipendente economicamente da esso e culturalmente

30 A partire da ciò, all’interno delle scienze sociali, le diverse teorie hanno attribuito un peso differente ai fattori alla base della distanza tra centro e periferia. Attorno alla nozione di “centro” ha, per esempio, ruotato buona parte dell’antropologia strutturale (Remotti, Scarduelli, Fabietti, 1989) la quale sottolinea come il simbolismo del centro come perno del mondo sia quello più presente nelle rappresentazioni collettive delle società arcaiche. Ma anche il funzionalismo e lo struttural-funzionalismo (Shils, 1984) hanno attribuito un forte peso alla nozione di centro. Essa racchiude l’idea che ogni società e cultura politica sia fondata su un insieme di valori di riferimento che costituiscono in qualche modo un aspetto sacrale. Questo sistema di valori rimane solitamente allo stato latente e viene risvegliato e percepito collettivamente solo in particolari momenti di effervescenza comunitaria o nazionale, attraverso simboli e rituali politici: i culti della bandiera, l’apparizione pubblica delle autorità, il discorso di un presidente, sono cerimonie che, da un lato, ribadiscono la vitalità del legame alla comunità nazionale e, dall’altro, manifestano la sacralità civile dell’autorità, legittimandone l’esistenza politica (Navarini, 2001). Nella sua essenza simbolica, il centro è costituito da un sistema di valori e dalle autorità che incarnano tali valori e ne sono agenti.

marginale; la periferia interfaccia, situata in un territorio marginale posto in mezzo a due o più centri dominanti che appartengono a Stati diversi (anche se collegata ad ognuno di questi centri, la periferia interfaccia non è mai pienamente integrata con nessuno di essi); i centri falliti, si tratta di aree che in passato contavano proprie strutture dominanti ma che, successivamente, hanno dovuto cedere alle iniziative di annessione promosse da altri centri; le periferie enclaves, accerchiate geograficamente dalla cultura dominante e sottoposte alle pressioni costanti delle istituzioni centrali, che ne minano la sopravvivenza.

Le periferie possiedono due dimensioni spaziali interrelate, che non coincidono necessariamente ma che, nondimeno, forniscono le basi della loro mobilitazione. Si tratta dello spazio di appartenenza, formato da un gruppo con caratteristiche socio-culturali comuni e riconosciute, e lo spazio geografico, cioè il territorio vero e proprio. Ancora una volta, si ribadisce così il legame inestricabile tra spazio fisico e spazio sociale.

Il rapporto della periferia con il centro è dialettico e non va inteso in senso unilineare. Le iniziative del centro e le reazioni della periferia possono dar luogo a diverse configurazioni di potere e di distanza; le periferie, inoltre, possono tentare di diventare centri autonomi, oppure di sostituirsi al centro esistente.

E’ questo che rende il rapporto centro-periferia dinamico e mutevole e la sua analisi necessariamente multi-dimensionale. E’ infatti evidente che l’approccio centro-periferia riesce ad attribuire rilevanza sia alla dimensione territoriale della politica che ai fattori economici, politici e culturali che definiscono il centro (e la periferia) di una società. Ma non solo. Nell’individuare la dinamica dei rapporti tra centro e periferia e i fattori che la influenzano, questo approccio permette di comprendere quali sono i meccanismi di produzione, riproduzione e mutamneto di molti aspetti della distanza dalla politica e nella politica.

2.3 Formazione del centro, formazione delle distanze: dalla comunità politica