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Distanza-disuguaglianza: considerazioni su un nodo concettuale problematico

Si sarà notato nel corso della trattazione come molto spesso il concetto di distanza sociale appaia contiguo, quando non sovrapposto, a quello di disuguaglianza sociale, il quale nell’analisi sociologica ha una tradizione lunga e consolidata. Si tratta in realtà di un nodo concettuale la cui chiarificazione ha rappresentato uno degli obiettivi della recente ricerca nazionale sulla distanza sociale nelle aree urbane italiane.

Il dato sicuramente imprescindibile su cui trova accordo tutta la letteratura sociologica in materia è che entrambe le categorie – quella di distanza e quella di disuguaglianza sociale – provengono da una comune matrice: il processo di differenziazione sociale. Sia che ci si riferisca alle componenti oggettive che a quelle soggettive della distanza sociale sia che si tratti delle disuguaglianze tra classi, strati o gruppi sociali, infatti, non vi è dubbio che il riferimento principale sia alle differenze sociali esistenti, alla separazione ontologica tra un noi e un alter, ad una

disomogeneità sociale che, non solo la natura, ma anche l’organizzazione sociale umana è capace di generare.

Eppure, mentre la componente soggettiva e psicologica della distanza sociale ha in qualche modo una natura e dei contorni distinguibili dalla disuguaglianza sociale riferendosi espressamente al grado di apertura/chiusura relazionale nei confronti di soggetti percepiti e riconosciuti come differenti, la componente oggettiva, in particolare di tipo strutturale, sembra inevitabilmente sovrapporsi alla categoria di disuguaglianza e a quella di stratificazione sociale23. In alcuni contributi teorici, addirittura, si sostiene un’interscambiabilità dei termini distanza sociale (verticale) e stratificazione sociale (Sorokin, 1965).

Qual è dunque l’utilità di un concetto che utilizza termini e categorie che si riferiscono spesso a questioni trattate dagli studi sulle disuguaglianze sociali? Perché, in altre parole, parlare di distanza sociale e non stratificazione e disuguaglianze sociali?

Le disuguaglianze sociali vengono definite come: “differenze oggettive esistenti tra i membri di una collettività, specie in campo economico e giuridico, o tra un insieme di individui qualsiasi e i loro gruppi di riferimento” (Gallino, 2004, p. 435). Tradizionalmente tali differenze sono legate alla posizione occupazionale o allo status socio-economico degli individui, ovvero si esprimono sotto forma di possesso di quantità più o meno grandi di risorse socialmente rilevanti (ricchezza, potere, prestigio). L’oggettività delle disuguaglianze sociali sta ad indicare che queste sono relativamente stabili sia rispetto al tempo che allo spazio, e che non dipendono da caratteristiche psicologiche dei singoli individui ma sono riferibili a gruppi sociali diversamente posizionati rispetto alle fondamentali strutture economiche e politiche di una società. (Schizzerotto, 1994). È pur vero, tuttavia, che anche le disuguaglianze sociali, così come la distanza sociale, presentano un aspetto soggettivo oltre a quello puramente oggettivo. Questo fa riferimento alla valutazione espressa dai gruppi sociali, i quali, riconoscendo una disparità nella distribuzione delle risorse, la

23 La stratificazione sociale è una delle forme principali di differenziazione e disuguaglianza sociale. Essa

si riferisce a “la disposizione oggettiva o la classificazione soggettiva, dall’alto in basso o viceversa, di una popolazione di individui o di collettività (…), ovvero di posizioni sociali o ruoli, in fasce contigue e sovrapposte dette strati sociali, i quali si distinguono tra loro per il differente ammontare di ricchezza, di potere, di prestigio o di altra importante proprietà socialmente rilevante che ciascuno di essi possiede.” Nella tradizione di studi sulle disuguaglianze sociali la scuola di pensiero statunitense utilizza il termine “stratificazione sociale” per indicare quelle disuguaglianze che in Europa sono invece identificate col termine “classe” o “struttura di classe”. Va inoltre rilevato come alcuni studiosi usino senza distinzione i termini struttura sociale e stratificazione, o strato e classe. Ciò è possibile solo se le classi vengono identificate come gruppi di individui con le medesime (o simili) caratteristiche sociali rispetto alla distribuzione delle risorse sociali rilevanti. Diversamente, quando le classi sociali sono considerate come soggetti collettivi che, a partire da una comunanza di caratteri sociali, riconoscono questa loro similitudine come fonte giustificativa di un’azione unitaria, queste non possono essere in alcun modo sovrapposte agli strati sociali, i quali sono invece dei puri aggregati statistici (Gallino, 2004).

giudicano iniqua e non conforme ai criteri di giustizia sociale. Occorre, dunque, una rappresentazione soggettiva affinché una differenza oggettiva sia percepita come disuguaglianza. Già da tempo, gli studi in materia rilevano una necessità di allargare il campo di analisi delle disuguaglianze sociali. Ciò che si mette in discussione è, non solo il carattere sistematico e coerente delle differenze sociali e, quindi, la possibilità di stabilire la collocazione sociale di individui e gruppi, ma anche il contenuto delle differenze che definiscono le nuove linee di frattura sociale.

In società investite dai processi di globalizzazione, infatti, aumenta il peso di nuove variabili nella definizione di condizioni di vantaggio o svantaggio sociale.

Cambiamenti rilevanti hanno investito le società occidentali, tanto in termini strutturali quanto a livello di esperienza soggettiva. La globalizzazione ha contribuito ad aumentare la frammentazione sociale, la precarietà, la fluidità nei rapporti finanziari, lavorativi, così come nelle relazioni con il tempo e lo spazio. Profondi cambiamenti demografici (primo fra tutti l’invecchiamento della popolazione) si combinano con mutamenti nell’ambito occupazionale (il moltiplicarsi delle forme di lavoro “atipico”, la diminuzione delle garanzie sociali, ecc.), con la crisi e l’indebolimento delle ideologie collettive e delle identità ad esse legate, con l’espansione di uno spazio estetico (media e consumi) accessibile a tutti, e con le difficoltà dello Stato nazionale a regolare la transizione. Dal punto di vista soggettivo, invece, ciò che è evidente è la progressiva individualizzazione dell’esperienza quotidiana e delle biografie personali, nella duplice accezione di “individualismo istituzionalizzato”, cioè una situazione in cui l’individuo diventa l’unità riproduttiva della vita sociale, e di costruzione perpetua della propria “identità a progetto”, in cui l’individuo è chiamato a dare delle soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche (Magatti, De Benedettis, 2006).

Così, se alcuni autori, pur rilevando l’esistenza di nuovi principi di differenziazione sociale, continuano a sostenere la persistenza di forme di disuguaglianza interpretabili attraverso il concetto di classe e la maggiore incidenza delle disuguaglianze sociali di tipo economico rispetto ad altre ineguaglianze (Schizzerotto, 1994), altri studiosi ritengono che, nelle società contemporanee la strutturazione gerarchica dell’eterogeneità sociale non si misuri più solamente a partire da differenze nella sfera economico-occupazionale degli individui ma si produca dall’intersecazione di più piani della vita sociale. “In un mondo sociale in rapida trasformazione, privo di un unico baricentro, organizzato su diversi piani spaziali e quadri istituzionali, con molteplici riferimenti culturali (…), la prospettiva analitica da assumere deve fare riferimento al modo in cui i gruppi sociali hanno accesso alle diverse risorse disponibili nei vari ambiti (…) e

come ciò pesi nel determinare i destini sociali delle persone e la loro capacità di interpretare se stessi e il mondo circostante” (Magatti, De Benedettis, 2006, p. 13).

Il punto in comune di queste prospettive di studio sta nel riconoscere l’azione di nuovi principi di differenziazione della realtà sociale contemporanea che possono risultare, nel lungo periodo, meno incisivi delle classi, oppure possono configurarsi a volte come linee di divisione e di tensione sociale più acute e visibili delle stesse fratture di classe.

Certamente, come dimostra il diffuso accordo a riguardo, l’emergere del nuovo ordine sociale non ha cancellato o reso meno rilevanti le disuguaglianze fondate sulla posizione lavorativa, ma il quadro è diventato così frammentato da rendere più evidente il carattere multidimensionale delle situazioni di maggiore o minore svantaggio sociale (Ranci, 2002). In particolare, vi sono alcune dimensioni di tipo culturale che, relazionandosi con elementi della sfera economico-lavorativa, concorrono in maniera più rilevante rispetto al passato a determinare le dinamiche della costruzione sociale dell’identità e della differenza. Allo stesso modo, l’esistenza di reti sociali solide, le relazioni con il territorio, e i legami istituzionali (soprattutto con la politica e la religione), rappresentano assi lungo cui si scompongono e ricompongono le nuove linee di differenza e disuguaglianza sociale.

La complessità dei fenomeni fin qui analizzati e su cui, per ragioni legate alla specificità dell’oggetto della nostra ricerca, pur ritornando nei capitoli successivi, non ci soffermeremo a lungo, ci interrogano sull’adeguatezza delle categorie di analisi finora utilizzate dagli studi sociologici a leggere la realtà sociale contemporanea.

Da qui la necessità di estendere il campo semantico delle categorie analitiche tradizionali o di individuarne (o riscoprirne) altre in grado di dar conto delle molteplici dimensioni entro cui si dispiega l’agire sociale degli individui e dei gruppi delle nostre società.

Per molti, il concetto di distanza sociale sembra offrire una probabile risposta all’esigenza di rinnovamento e adeguamento delle categorie analitiche di studio della sociologia contemporanea. Le ragioni sono ricollegabili alla multidimensionalità del concetto di cui ci occupiamo nel nostro lavoro, ossia dei molteplici piani che, come evidenziato dalla trattazione delle teorie presentate nei paragrafi precedenti, si intrecciano per dar forma ad una categoria di studio dagli aspetti e dai significati multipli, la cui coerenza interna non è sempre di semplice individuazione ed i nessi che li collegano ancora da indagare a fondo.

Già a partire dal suo uso di senso comune il concetto di “distanza” presenta una varietà di significati possibili. Se, infatti, nel suo senso immediato e non metaforico la distanza indica la lontananza di due elementi nello spazio fisico-geometrico (distanza come lontananza fisica), utilizzando una metafora geometrica il termine “distanza” sta ad indicare una differenza oggettiva

– o ritenuta tale – tra i caratteri, qualitativi o quantitativi, di due o più oggetti (distanza come differenza). Infine, ancora in senso metaforico, due o più soggetti si dicono “distanti” quando si percepiscono come tali, in virtù di una differenza oggettiva o di un sentimento di avversione nei confronti dell’altro (distanza come distacco psicologico). Tale percezione di distanza può tradursi o meno in comportamenti coerenti di distanziamento relazionale: “non volere avere a che fare con una persona o con un argomento” è un’espressione tipica utilizzata nel linguaggio comune (distanza come assenza di relazioni).

Tutti questi significati sono più o meno ripercorsi nel panorama semantico della sociologia e riassunti nel concetto di distanza sociale allorché riferiti a individui o gruppi sociali24. Le dimensioni della distanza sociale oggettiva, soggettiva, geometrica, relazionale, possono così combinarsi di volta in volta dando luogo a specifiche configurazioni dello spazio sociale e fisico, non necessariamente secondo regole prevedibili, spesso evidenziando elementi contrastanti. Ad esempio, di fronte a società in cui sono potenti le spinte omologanti da un lato e di differenziazione più complessa dall’altro, “se vasti spazi (e gruppi) sociali apparentemente si omogeneizzano, questo non conduce a una maggiore coesione sociale, o a una realtà in cui le differenze soggettive non contano più. Il punto semmai è che la distanza oggettiva minima nello spazio sociale può coincidere con la massima distanza soggettiva” (Magatti, De Benedettis, 2006, p. 15).

Come è evidente, allora, la ricchezza del concetto di distanza sociale rappresenta l suo principale punto di forza. Allo stesso tempo, però, essa può diventare la sua debolezza più consistente, laddove la multidimensionalità dei suoi fattori non viene delimitata ed esplicitata, risultando così in indefinitezza.