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Distanza geografica e distanza istituzionale

2.4 Il potere della distanza: le quattro dimensioni della distanza dei cittadini dallo Stato

2.4.1 Distanza geografica e distanza istituzionale

La distanza geografica indica la lontananza fisica di alcuni luoghi e gruppi sociali dai centri decisionali, politici ed economici di una società che può a volte sfociare in vero e proprio isolamento ed emarginazione. Tale lontananza può di fatto non essere oggettivamente elevata ma essere il risultato di una mancanza di vie e mezzi di accesso per raggiungere i luoghi del potere. Sia che si pensi ai villaggi rurali, che alle regioni di frontiera o ai quartieri periferici di una città è evidente che, in assenza di meccanismi di integrazione, di tipo materiale (infrastrutture e trasporti), comunicativo (mezzi di comunicazione) o istituzionale (canali di inclusione e partecipazione sociale e politica) la lontananza fisica è una significativa fonte di distanza dallo Stato.

Nell’analisi di Rokkan, la distanza geografica è una variabile che, insieme alla dotazione di risorse e ai canali di comunicazione, è in grado di differenziare i centri del potere. Se, infatti, un centro viene definito sulla base della sua capacità di dominio sulla periferia, un elemento importante con cui misurare il grado di controllo del centro sulle periferie consiste nella differenza tra il raggio potenziale del controllo - definito dall’assetto geografico e dalla tecnologia dei

trasporti – e il raggio d’azione effettivo – definito invece dalla distribuzione delle risorse militari, dalle vie commerciali e dai canali di comunicazione (Flora, 1980).

Correlata alla distanza geografica, i cui effetti possono essere talvolta ridotti o annullati da efficaci azioni “integrative”, è la distanza istituzionale dallo Stato.

Questa chiama in causa la serie di questioni facenti capo alla strutturazione e al funzionamento istituzionale di uno Stato, così per come è venuto a formarsi storicamente: verticalmente, attraverso la burocratizzazione e la crescita degli apparati e delle istituzioni statali di governo della società, e orizzontalmente, attraverso la democratizzazione e lo sviluppo di forme istituzionali per l’incorporazione attiva ed egualitaria dei sudditi-cittadini nello Stato (Raniolo, 2002).

La conditio sine qua non che consente l’accesso generalizzato alle istituzioni dello Stato tramite la predisposizione di canali di rappresentanza e partecipazione politica e che, in via potenziale, tende ad uniformare la misura di vicinanza strutturale alla politica, è il riconoscimento formale dei diritti politici di cittadinanza. Nella storia degli Stati europei questo avviene per diversi gradi e in diverse tappe, tra l’Ottocento e il Novecento, attraverso il processo di democratizzazione di massa delle società moderne39.

Dal punto di vista dell’inclusione/accesso alle istituzioni politiche ci sembra di poter dire, dunque, che la formazione e la democratizzazione dello Stato moderno muovano verso una riduzione e una uniformazione della distanza dei cittadini dalla politica. Tuttavia, bisogna ricordare che l’esser parte di una collettività politica non significa necessariamente prendere parte ai processi (decisionali) fondamentali e alle attività del sistema politico (Raniolo, 2002); di fatto, dunque, inclusione politica formale non significa vicinanza sostanziale ed effettiva alla politica, seppure la prima sia una pre-condizione imprescindibile per la seconda.

Se sul piano formale con la modernizzazione, e in particolare con la democratizzazione della politica, la distanza formale dalle istituzioni dello Stato tende a ridursi, è facile osservare come nel corso dello stesso processo essa tenda a differenziarsi al suo interno ed a diventare mutevole e articolata. Ciò è dovuto, come già osservato in precedenza, essenzialmente a due fenomeni tipici dello sviluppo politico moderno: la differenziazione strutturale del sistema di dominio politico e l’articolazione territoriale dei poteri e delle istituzioni politiche afferenti allo Stato, risultati, come visto, dal processo di penetrazione dello Stato sul territorio nazionale, dalla diffusione di strutture

39 La descrizione di stadi, crisi e sfide che hanno portato alla democratizzazione dei sistemi politici è stata

affrontata dalle teorie dello sviluppo politico. Alcune delle sequenze individuate da queste teorie sono state descritte nel corso del capitolo, nei paragrafi precedenti. Per un approfondimento al riguardo si vedano Sola (1996) e Martinelli (1998).

amministrative burocratiche e di rappresentanza e partecipazione politica dal centro alle periferie, e dall’articolazione dei poteri tra strutture organizzative centrali e periferiche.

Sul primo fenomeno, di cui abbiamo già discusso qualche paragrafo sopra, abbiamo osservato come con la differenziazione strutturale si moltiplichino e specializzino i produttori di distanza/vicinanza nella sfera politica e come tale distanza divenga più mutevole e sensibile ad ogni cambiamento nella struttura istituzionale del sistema politico (la crisi del sistema dei partiti e della I Repubblica agli inizi degli anni ’90 del XX sec. in Italia ne è un esempio).

L’altra dimensione di estrema rilevanza che dobbiamo considerare fa espresso riferimento all’architettura istituzionale dello Stato, ossia alla presenza di istituzioni della politica dislocate sul territorio nazionale. Questa dimensione chiama in causa la questione del decentramento e dei poteri politici locali.

A rigor di logica, ed escludendo l’azione di meccanismi distorsivi sull’applicazione del modello teorico, quanto più sono previsti congegni istituzionali inclusivi che permettono la rappresentanza degli interessi locali e la partecipazione politica di ciascun cittadino, e quanto più vi sono istituzioni politiche prossime ai cittadini dotate di autonomia e di poteri decisionali tanto maggiore sarà il grado di prossimità dei cittadini alla politica.

Se ostacoli di ordine geografico-territoriale o di altro tipo impediscono l’accesso alle strutture di uno Stato burocraticamente centralizzato e organizzato per rispondere ad attori e problemi nazionali piuttosto che a domande delle comunità locali, la distanza dei cittadini dalla politica tende ad assumere misure elevate.

La distribuzione territoriale del potere politico rimanda chiaramente alla distinzione tra Stato unitario e Stato federale, poli estremi della tipologia dei possibili modelli organizzativi statuali di una società.

Lo Stato unitario presenta quattro caratteristiche principali (Caciagli, 2003):

8. il centralismo, che esprime l’istanza all’unicità del centro politico, il quale è investito del potere sovrano esercitato grazie ad articolazioni istituzionali nei diversi ambiti (legislativo, esecutivo, giudiziario) di cui però conserva il controllo diretto;

9. la gerarchia, principio in base al quale il centro – vertice e motore del sistema istituzionale – è gerarchicamente sovraordinato alla periferia (semplice articolazione territoriale);

10. la centralizzazione, che indica l’assetto specifico della distribuzione del potere in un dato territorio, ossia il grado reale, l’intensità, con cui le risorse del governo, anche nei processi distributivi, sono concentrate sotto il controllo diretto del centro politico nazionale;

11. l’uniformità, cioè l’aspirazione ad escludere trattamenti differenziati (in termini di diritti e riconoscimenti) nei confronti di particolari aree del paese, e ad assicurare su tutto il territorio nazionale una sostanziale omogeneità giuridica, amministrativa e culturale. Le dinamiche del decentramento rappresentano un’articolazione del modello di Stato unitario, il quale trasferisce poteri e funzioni di governo ad enti collocati alla periferia territoriale rispetto al centro. Rispetto ai quattro caratteri del modello unitario di Stato sopra descritti, con il decentramento vengono mantenuti il principio dell’unicità del centro (è sempre il centro nazionale che delibera – o revoca - la redistribuzione territoriale del potere) e della sovraordinazione gerarchica (la condizione di periferia rispetto al centro non muta rispetto alla disponibilità, al controllo e all’ utilizzazione di risorse). Indeboliti appaiono invece i caratteri di centralizzazione e uniformità.

In base al grado di effettiva centralizzazione del potere è possibile distinguere tra decentramento amministrativo e decentramento politico.

Al fine di sgravare il centro di parte dell’attività amministrativa, con la prima forma di decentramento vengono istituiti enti locali dotati di personalità giuridica a cui vengono delegate e trasferite funzioni amministrative e a cui viene concessa una certa autonomia operativa da parte degli apparati centrali. Con il decentramento politico, invece, al fine di garantire una maggiore rapidità nell’assunzione delle decisioni ed una gestione amministrativa più efficace ed efficiente, vengono riconosciute agli enti locali forme di autonomia politico-gestionale (che si realizzano nella possibilità di dotarsi di organismi politici elettivi) oltre che gradi diversi di autonomia statutaria, organizzativa e fiscale. Sebbene con il decentramento politico si indeboliscano tre dei quattro principi di uno Stato unitario (centralizzazione, uniformità e gerarchia), non viene ancora ad essere intaccato il principio di centralismo, in base al quale i governi periferici continuano ad operare in un quadro legislativo definito dal centro, e risultano dotati di competenze e risorse stabilite solo attraverso provvedimenti legislativi nazionali.

Diverse sono, invece, quelle forme di spiccato decentramento politico rappresentate dalla devoluzione, in cui gli enti di governo della periferia hanno una potestà regolativa e legislativa costituzionalmente riconosciuta. In questo caso, lo Stato unitario risulta indebolito anche rispetto al centralismo per via della maggiore concessione di autonomia ai governi periferici e dalla riduzione del controllo del centro sulle periferie.

Con soluzioni istituzionali differenti al suo interno appare anche il modello di Stato federale, sul polo opposto rispetto allo Stato unitario. In uno Stato federale non esiste uno ma più centri, posti al livello nazionale e al livello delle unità federate. I poteri di governo sono distribuiti tra organizzazioni politiche distinte, con proprie competenze e con giurisdizione su porzioni di

territorio differenti (Ventura, 2002). Questa forma di territorializzazione e organizzazione del potere politico si fonda sul principio federale, il quale presuppone che unità territoriali autonome che entrano in un unione durevole, ma limitata al perseguimento di obiettivi comuni, mantengano un certo grado di autonomia, di autogoverno, e al contempo, diano vita ad istituzioni comuni per perseguire gli obiettivi condivisi. Secondo tale principio, un sistema politico organizzato federalmente tutela la libertà degli individui e delle minoranze, ed è basato sul consenso e sulla vicinanza dei cittadini alle istituzioni politiche.

Negli Stati Uniti d’America, come sottolineato dalle analisi di Tocqueville e confermato dalle ricerche dei molti studiosi che lo hanno succeduto, le strutture politiche locali hanno sempre avuto un grande peso e goduto di forte legittimazione. L’autorità politica viene prima legittimata a livello locale e poi a livello nazionale. Ancora oggi le strutture e le organizzazioni politiche locali continuano a mantenere una sorprendente forza e ad essere considerate dai cittadini come presenti nella loro vita quotidiana e dotate di un alto grado di responsiveness (Davis, 1999). In Europa la situazione è in qualche modo differente poiché gli Stati nazionali tendono ad essere molto più centralizzati e le strutture politiche locali sono meno forti e legittimate. Tuttavia, le dimensioni fisiche più ridotte degli Stati europei e le garanzie e le misure previste dal Welfare State hanno in passato limitato il senso di distanza dallo Stato. L’accesso ai benefici delle politiche di welfare e l’azione di regolazione sociale dello Stato avrebbero di fatto consentito ai cittadini di sentire la presenza delle istituzioni politiche nella vita di tutti i giorni, evitando in tal modo (o riducendo) la sensazione di abbandono o di lontananza della politica dai bisogni dei cittadini (ivi).

Questa riflessione raccoglie di certo delle osservazioni generalmente valide che, tuttavia, da un lato non si soffermano sugli effetti dell’attuale crisi dello Stato sociale e dall’altro non tengono in considerazione le peculiarità dei contesti locali, le quali hanno spesso fornito delle eccezioni del tutto singolari al modello generale europeo.

Inoltre, una forte spinta verso il decentramento e l’aumento dell’autonomia degli enti territoriali è ciò che caratterizza l’Europa e l’Italia soprattutto negli ultimi decenni, anche per via delle diffuse istanze di autonomia e federalismo provenienti da alcune aree dei diversi Paesi. In Italia il riferimento è di certo al Settentrione il quale, attraverso la Lega Nord ha espresso, a partire dagli anni ’90 del XX secolo, diffuse volontà secessionistiche riuscendo sicuramente ad influenzare il recente processo di riforma del sistema regionale nella direzione di un maggiore riconoscimento dei poteri e delle autonomie locali.