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La distanza elettorale: il non-voto

3.5 La distanza come (non) partecipazione politica

3.5.3 La distanza elettorale: il non-voto

Non è un caso che dall’ultima classificazione presentata restino fuori le modalità riferite alla partecipazione elettorale. Sebbene, infatti, la partecipazione alla vita politica possa avvenire attraverso una pluralità di forme, non vi è dubbio che nei regimi democratici il processo politico abbia come punto di partenza e di arrivo l’atto del voto (Raniolo, 2002), le cui conseguenze sono immediate e significative e in termini di selezione del personale politico e in termini di influenza sulle decisioni da questo prese (Pasquino, 1997). Uno spazio a sé stante dunque merita l’analisi del voto e, nel nostro caso, del non-voto.

Interpretazioni divergenti si ritrovano sul legame tra partecipazione elettorale e democrazia: da un lato c’è chi come Lipset (1963) sostiene che un’alta partecipazione al voto sia indice di inasprimento delle divisioni e del conflitto politico, che hanno ripercussioni negative sulla stabilità dei sistemi democratici; dall’altro, c’è chi ricorda che la democrazia è partecipazione, cosicché l’aumento del non-voto diventa un sintomo preoccupante dell’occlusione dei canali di partecipazione e della crisi strutturale dei meccanismi di rappresentanza (Pasquino, 1983). A questo riguardo, va sottolineato che i tassi di partecipazione elettorale presentano notevoli differenze nei vari regimi democratici; ciò dipende sia da elementi sistemici – le caratteristiche politiche ed istituzionali di ciascun sistema politico e le condizioni strutturali dei vari segmenti della società – sia da orientamenti soggettivi e inclinazioni psicologiche dei cittadini.

Fig. 3.2 Partecipazione elettorale, voto non valido e astensionismo (Raniolo, 2002) elezione voto voti non validi voti nulli schede bianche astensionismo apparente reale residenti all'estero certificati non consegnati per impedimento per scelta da apatia da protesta

Al di là del dibattito sul rapporto tra democrazia e partecipazione politica, tuttavia, è interessante mettere in luce le motivazioni possibili che sottintendono generalmente ad un comportamento astensionista. In proposito Raniolo (2002), riprende da Mannheimer e Sani la distinzione tra “astensionismo per impedimento” e “astensionismo per scelta”. Il primo è sostanzialmente apolitico e prevede al suo interno molteplici casi: cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune ma fuori sede nella data delle elezioni, elettori impediti per forza maggiore, come malati o anziani, e così via; il secondo è legato alla congiuntura e si riferisce ad un comportamento elettorale instabile, fluido, alcune volte strategico, che può cambiare da un’elezione ad un’altra. Andando più in profondità, ulteriori tipologie possono essere elaborate a partire dall’analisi dell’astensionismo per scelta, il quale può innanzi tutto essere suddiviso in “astensionismo per apatia” e “astensionismo per protesta”. L’astensionismo per apatia63 (detto anche da disinteresse politico o da alienazione) trova fondamento nella posizione di marginalità che la politica ricopre nell’orizzonte psicologico degli individui. In questo caso, l’interesse, l’impegno, il coinvolgimento nella benché minima attività di tipo politico è escluso dal panorama di scelte che afferisce a ciascun individuo, a vantaggio di altri aspetti della vita ritenuti più importanti (la famiglia, il lavoro, il tempo libero, la religione, le relazioni personali, ecc.). Questi elettori sono caratterizzati da

63 Alcune osservazioni interessanti su partecipazione, apatia e alienazione si trovano in La Palombara

indifferenza più che da ostilità o risentimento, anche se le ragioni che sottendono a questa posizione possono essere diverse (Raniolo, 2002). Un primo modello di lettura dell’astensionismo da apatia è quello che lo collega alla lontananza degli individui rispetto ad una serie di fattori strutturali (socioeconomici, culturali, di genere, demografici e relazionali) in grado di stimolarne l’attivazione politica. Si tratta del modello classico della centralità-perifericità, nelle sue versioni più semplici o più elaborate. Tuttavia, si fa rilevare come l’astensionismo da marginalità tenderebbe verso un progressivo calo dovuto alle trasformazioni sociali, economiche, culturali e tecnologiche delle democrazie contemporanee (Inglehart, 1983). La seconda lettura che si offre dell’astensionismo da apatia ha a che fare con la crescita nelle società occidentali di orientamenti individualistici e di stili di vita centrati sull’autorealizzazione personale, tali per cui sono tutte le esperienze di tipo solidaristico-collettivo a suscitare un minore interesse nella maggior parte degli individui. Vi è infine la terza spiegazione che riconduce l’apatia alla crisi delle capacità di rappresentanza e di mobilitazione delle organizzazioni politiche, ed in primis i partiti. In questo caso, la marginalità dell’elettore non è collegata né alla mancanza di risorse né al prevalere di valori individualistici ma alla difficoltà di individuare dei circuiti organizzativi o delle reti di relazioni in grado di sostituirsi ai tradizionali canali partitici e di avvicinare nuovamente i cittadini alla politica. L’attuale presenza di forme di indifferenza per la politica sarebbe così il risultato di una non rispondenza tra nuove forme di domanda politica e strutture partecipative tradizionali, che spingerebbe a parlare più che di apatia di “frustrazione” politica (Millefiorini, 2002).

Diversamente da quello per apatia, l’astensionismo per protesta non mostra un cittadino disinteressato alla politica ma un cittadino deluso, quando non anche disgustato, che esprime il suo disappunto rifiutandosi di votare. In questo caso, l’astensione è una non-azione che diventa una delle possibili scelte del vasto repertorio di modalità di relazione con il sistema politico. Attraverso la protesta passano diversi significati. Questi sono alla base della tipologia di “astensionisti per protesta” elaborata da Raniolo (2002), in cui si distinguono: 1) coloro che esprimono un “non voto ideologico”, cioè degli astensionisti arrabbiati che si avvicinano ai temi dell’antipolitica e dell’antipartitismo e che probabilmente si astengono stabilmente dal voto; 2) coloro che esprimono un “non voto strategico di tipo punitivo”, i quali si astengono perché in una determinata congiuntura non si ritrovano nella posizione di nessun partito o non trovano tra i candidati nessuno che catturi la propria fiducia; 3) coloro che esprimono un “non voto da reidentificazione”, ossia che stanno maturando la scelta di cambiare identificazione partitica o di coalizione. Pur esprimendo una forma di distanziamento, temporaneo o permanente, l’astensionismo per protesta non individua una posizione di distanza estrema dalla politica. È, infatti, possibile che pur decidendo di non recarsi a votare questi cittadini si relazionino con la

politica attraverso altre modalità, più o meno ortodosse e istituzionalizzate. Ma quand’anche la vicinanza alla politica non si traducesse in comportamenti concreti e visibili, rimane ancora quella forma di partecipazione che è stata definita “latente” o “invisibile” e che chiama in causa la componente psicologica della distanza sociale.