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La distanza nelle interazioni sociali: Il Cambridge Stratification Group e l’indice d

1.4 La distanza sociale negli studi contemporanei

1.4.2 La distanza nelle interazioni sociali: Il Cambridge Stratification Group e l’indice d

Alcuni lavori sulla distanza sociale pongono al centro dell’analisi l’interazione sociale, assumendo che è attraverso il modo in cui i singoli individui interagiscono e si relazionano gli uni con gli altri che le distanze sociali si costruiscono, si manifestano e si esprimono.

All’interno di questa categoria di studi rientrano molte ricerche. Tra i più recenti lavori, vale la pena soffermarci sia sui contributi del Cambridge Stratification Group, che collega la distanza sociale nell’interazione alla teoria delle classi e della stratificazione sociale, sia sulle ricerche di Jon Hess sulle strategie e sulle tattiche usate dagli individui per mantenere le distanze nelle relazioni sociali in atto.

Dopo aver esposto i diversi tentativi di ampliare gli studi sulla disuguaglianze che vanno oltre l’analisi delle classi sociali, Prandy e Bottero (2003), due studiosi del Cambridge Stratification Group, sottolineano la peculiarità di quello che definiscono “approccio della distanza sociale”, caratterizzato dall’inversione del focus d’indagine rispetto agli studi esistenti fino a questo momento in materia. In particolare, mentre le ricerche tradizionali sulla stratificazione e sulle disuguaglianze sociali suddividono a priori la popolazione in gruppi gerarchici a seconda di attributi ed elementi strutturali (distribuzione di risorse materiali e simboliche), il loro approccio pone al centro dell’analisi le interazioni sociali, a partire dalle quali diventa possibile ricostruire la stratificazione sociale in gruppi che caratterizza ogni società. In altre parole, l’approccio della distanza sociale proposto da Prandy e Bottero, utilizza i modelli di interazione sociale per ricostruire le strutture dentro le quali si muovono gli individui. In esso, l’attenzione viene focalizzata sul modo in cui gerarchie e disuguaglianze si riproducono in forma routinaria nelle interazioni sociali, sebbene venga riconosciuto dagli stessi studiosi che la distanza sociale sia il prodotto di una varietà di processi economici, sociali e culturali. Le differenze materiali, culturali e sociali dei diversi attori e gruppi sociali si riflettono nella distanza relazionale; tuttavia, tale distanza, pur essendone influenzata, non è pienamente riconducibile a nessuna di queste differenze. Quello che lo spazio e le distanze al suo interno ci rivelano è, per Prandy e Bottero, il modo in cui alcune risorse particolari sono combinate e aggregate socialmente di modo da creare delle generali condizioni di vantaggio (o di svantaggio). Queste ultime, che sono definite da differenze materiali, culturali, sociali e di stili di vita stratificano la società in gruppi sociali gerarchicamente (sovra o sotto) ordinati.

Strettamente collegati alla dimensione microsociale, già analizzata da Prandy e Bottero, sono gli studi dell’ultimo autore che prendiamo in considerazione: Jon Hess. Così come gli studiosi precedenti, infatti, Hess analizza la distanza sociale all’interno delle interazioni sociali, ma con un obiettivo diverso. Egli, infatti, non vuole risalire al tipo di stratificazione sociale che le interazioni esprimono e contribuiscono a generare, ma si interessa alla comprensione delle strategie che l’attore sociale mette in atto all’interno di ogni relazione al fine di distanziare l’altro.

Per Hess (2003), ogni relazione interpersonale può essere descritta in termini di vicinanza o lontananza. Quando definiamo un’ amicizia come “stretta” stiamo sottolineando l’intensità del sentimento di vicinanza che proviamo nei confronti di un nostro amico.

Hess nota come all’interno delle dinamiche dell’interazione sociale siano stati spesso studiati i caratteri della vicinanza (la vicinanza è determinata da una comunanza di gusti, idee, pensieri), ma trascurati i caratteri della distanza. Per Hess la distanza non è semplicemente assenza di vicinanza. Rappresentando distanza e vicinanza come l’estremità negativa e positiva di un continuum, se chiedessimo a qualcuno di posizionare su di esso una persona che non ha i suoi stessi gusti, difficilmente la collocherebbe al polo negativo del continuum. Più spesso tenderà a collocarla verso il centro, cioè verso una posizione di indifferenza.

La distanza in una relazione, quindi, va oltre l’indifferenza ed è caratterizzata da un certo grado di ostilità o rifiuto nei confronti dell’altro.

Torniamo qui a parlare, ancora una volta, di una forma di distanza psicologica, in particolare di una distanza percepita che si traduce in comportamenti.

Hess costruisce un indice attraverso cui vuole rilevare i comportamenti attuati dalle persone per mantenere le distanze da altri. Individua così tre principali strategie di distanziamento: esitamento, disimpegno e dissociazione cognitiva. Ogni strategia è composta da singole tattiche, ovvero azioni pratiche di distanziamento

È da rilevare come in questo caso siamo all’interno della relazione sociale in atto (o attuata in passato). Stiamo cioè indagando delle situazioni reali di interazione sociale, senza interrogarci sulle cause che determinano la distanza (disuguaglianze materiali, differenze culturali, politiche, ecc.).

Tab. 1.1 Strategie e tattiche di distanziamento (Hess, 2003)

Evitamento

1. Non appena possibile ho cambiato il mio comportamento per evitare di incontrare X 2. Quando X mi è stato vicino ho fatto finta di non vederlo

3. Quando mi è capitato di parlare con X, ho fatto in modo che l’incontro fosse più breve possibile, per esempio dicendo che ero d’accordo o non rispondendo alle domande 4. Ho provato a interagire con X stando in compagnia di altri piuttosto che da stando da soli 5. Quando c’era X mi chiudevo in me stesso e parlavo di meno di quanto avrei fatto se mi

fosse piaciuto

Disimpegno

1. Quando mi è capitato di parlare con X, ho portato la conversazione lontano da argomenti intimi o personali

2. Quando ho parlato di me con X ho detto bugie o comunque modificato la verità

3. Quando ho interagito con X, ho distolto la mia attenzione da questa persona, per esempio dando attenzione a qualcun altro o semplicemente non guardandolo/a

4. Quando ho interagito con X, ho usato poco segni non verbali che dimostrano intimità (per es. sorrisi, contatti fisici, sguardi)

5. Non ho fatto cose che normalmente avrei fatto (per es. scherzare con qualcuno) perché avrebbero potuto avvicinarmi a X

6. Ho trattato X in maniera impersonale, come avrei trattato uno sconosciuto

7. Quando X parlava, lo assecondavo e lo trattavo come se fosse meno capace di agire in modo responsabile rispetto a altri

Dissociazione cognitiva

1. Quando ho ascoltato X ho trascurato quello che diceva o lo ho interpretato minimizzando la sua importanza

2. Ho sminuito X nella mia considerazione, come per esempio vederlo come meno che umano, meno capace, o avente meno diritti degli altri

3. Ho ignorato i pensieri, i sentimenti e le intenzioni di X

4. Ho cercato di non creare con X nessun legame o di non cambiare i miei sentimenti negativi nei suoi confronti.

5. Ho sentito che X apparteneva a un gruppo sociale diverso dal mio.

1.5 Distanza-disuguaglianza: considerazioni su un nodo concettuale