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La ratio e lo scopo del divieto ad impiegare gli stranieri irregolari

CAPITOLO I. DATI SUL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO

2. La direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni ed a provvedimenti ne

2.2. La ratio e lo scopo del divieto ad impiegare gli stranieri irregolari

La ratio che sottostà alla volontà di vietare l’impiego di stranieri illegalmente presenti consiste nell’idea che l’irregolarità della presenza comporti un’irregolarità dell’occupazione e una situazione di lavoro nero può, in modo più agevole rispetto a un lavoro regolare, condurre a situazioni di sfruttamento. Infatti, il testo è stato ispirato dalla «convinzione per cui la possibilità di ottenere un lavoro nel vecchio Continente in assenza di un soggiorno regolare rappresenti un invincibile richiamo per l’immigrazione illegale: per contrastare tale fenomeno, quindi, è stato sancito il divieto di occupazione di lavoratori clandestini, ponendo a carico dei datori di lavoro che lo trasgrediscono sanzioni finanziarie, amministrative e penali, unitamente all’obbligo di pagare ai medesimi lavoratori clandestini irregolarmente

220 F. BIONDI DAL MONTE, Dai diritti sociali alla cittadinanza. La condizione giuridica dello straniero tra ordinamento italiano e prospettive sovranazionali, Giappichelli Editore, Torino, 2013, p. 99.

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occupati le retribuzioni arretrate per il lavoro svolto, i contributi previdenziali e fiscali dovuti, nonché i costi per il loro rimpatrio ed il trasferimento delle somme maturate»221.

La principale finalità di questa norma non è tanto la tutela dei lavoratori che si trovano in una condizione di irregolarità - tutela che comunque è inclusa nel testo e si ottiene di riflesso alla finalità generale alla quale si intende rispondere -, ma piuttosto è quella di evitare distorsioni nel mercato unico causate dalla concorrenza sleale dei datori di lavoro che impiegano immigrati irregolari222. Tale volontà, che si attua eliminando il lavoro irregolare, produce come altro effetto, quello di disincentivare l’immigrazione irregolare, in quanto questa è alimentata dalla possibilità per lo straniero di trovare indipendentemente dal proprio status giuridico un’occupazione. A volte, il fatto di avere una posizione irregolare porta a ricevere retribuzioni inferiori, ma spesso, almeno nei primari accordi informali, maggiori rispetto al paese di origine. La precisazione di iniziali accordi è doverosa in quanto non sempre quello pattuito è poi rispettato e nei casi estremi di assenza di retribuzione corrisposta il guadagno maggiore non vi è. Quindi «il problema individuato come prioritario dal legislatore europeo non pare essere lo sfruttamento a cui sono facilmente soggetti i migranti privi di permesso di soggiorno, quanto l’immigrazione irregolare di per sé e la facilità di accesso al mercato del lavoro informale per i lavoratori privi dei requisiti per il soggiorno sul territorio dei Paesi membri. La domanda di forza lavoro fuori dai requisiti amministrativi di ingresso e permanenza regolare nel territorio nazionale e, in generale, dei vincoli di legge imposti alla libera circolazione delle persone, viene insomma vista dal legislatore europeo come un incentivo alle migrazioni irregolari»223.

La definizione di straniero irregolare è data all’articolo 2, comma 1, lettera b), con riferimento al «cittadino di un Paese terzo presente nel territorio di uno Stato membro che non soddisfi, o non soddisfi più, le condizioni di soggiorno o di

221 G. CAROSELLI, La Direttiva 2009/52 e la (quasi) sconosciuta responsabilità solidale nei subappalti, in Bollettino ADAP, 30.10.2015,

http://www.bollettinoadapt.it/wp-content/uploads/2015/10/2015_38_carosielli.pdf, p. 1. 222 Cfr. W. CHIAROMONTE, Lavoro e diritti sociali degli stranieri, op. cit., p. 65. 223 C. PITTALUGA, C. MOMI, L’impatto della direttiva 52/2009/CE, op. cit., p. 32.

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residenza in tale Stato membro». Mentre con il termine lavoro si intende ogni attività, compresa qualsiasi forma di manodopera o lavoro disciplinata dalla legislazione nazionale o conformemente a una prassi consolidata, svolta per conto o sotto la direzione o la supervisione di un datore di lavoro, ex art. 2, comma 1, lettera c), mentre per lavoro illegale si intende tutte le forme di impiego di cittadini di un Paese terzo il cui soggiorno è irregolare. Colui che lo impiega, il datore di lavoro, è definito come «qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico, comprese le agenzie interinali, per il cui conto o sotto la cui direzione e/o supervisione è assunto l’impiego», ex art. 2, comma 1, lettera e), il subappaltatore è «qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico cui è affidata l’esecuzione di una parte o dell’insieme degli obblighi di un contratto già stipulato», ex art. 2, comma 1, lettera g).

Infine, fra i vari datori di lavoro con i quali ci possiamo confrontare sono citate anche le agenzie interinali qualificate come «qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarle presso imprese utilizzatrici, affinché vi prestino temporaneamente la loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse». Il fatto che fra i datori di lavoro sono presenti anche le agenzie interinali nonché sono citate le imprese subappaltartici è molto significativo, in quanto nel panorama italiano di sfruttamento, ma non solo224, svolgono una funzione di raccordo in modo più o meno legale fra azienda agricola e lavoratore. Nel momento in cui questa funzione di intermediazione delle agenzie interinali è svolta in modo informale e all’oscuro della normativa vigente con molta probabilità ci troveremo di fronte a casi di sfruttamento. Il fatto di considerarle nella categoria di datori di lavoro è molto utile per far cadere in capo a loro determinati doveri e responsabilità.

224 Le agenzie interinali o persone che si definiscono tali, senza nessuna qualifica, operano anche in Polonia, da dove sono partiti alcuni giovani che poi si sono ritrovati sottoposti a sfruttamento lavorativo in agricoltura, come è ampiamente riportato in A. LEOGRANDE, Uomini e caporali.

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