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Convenzione OIL sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità d

CAPITOLO I. DATI SUL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO

3. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro e le convenzioni promosse

3.3. Convenzione OIL sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità d

migranti

La Convenzione 143/1975 concernente i lavoratori migranti132 è stata approvata il 24 giugno 1975. In quel periodo storico la recessione, che aveva colpito dai primi anni ‘70 le principali economie occidentali, comportò una forte riduzione del fabbisogno di manodopera straniera, situazione che giocò a sfavore dei movimenti migratori, i quali subirono limitazioni da parte delle politiche restrittive emanate da molti Paesi, con lo scopo di aumentare l’occupazione dei cittadini autoctoni, diminuendo il bacino di lavoratori133.

La ratifica della Convenzione sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti ha permesso di equiparare lo status del lavoratore straniero a quello di un cittadino autoctono. Nel Testo Unico sull’Immigrazione è stato inserito un riferimento diretto alla Convenzione 143/1975 dell’OIL, al secondo articolo, comma 3, si stabilisce «[l]a Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani».

132 Convenzione n. 143/1975 sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti, testo in italiano disponibile al seguente link:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---europe/---ro-geneva/---ilo-

rome/documents/normativeinstrument/wcms_153191.pdf, testo originale in lingua inglese: https://www.un.org/en/development/desa/population/migration/generalassembly/docs/globalco mpact/ILO_C_143.pdf.

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La norma dell’ILO intende contrastare la diffusa presenza di illicit and clandestine trafficking in labours calls nel mercato del lavoro globale134, con tale scopo impegna tutti gli Stati che ratificheranno la convenzione a rispettare i diritti fondamentali dell’uomo nei confronti di tutti i lavoratori migranti, ex art. 1. Ai sensi dell’articolo 2, è richiesto a ogni Membro di impegnarsi a stabilire sistematicamente se esistono lavoratori migranti illegalmente occupati sul proprio territorio e se esistono percorsi migratori con il fine di occupare gli stranieri, pratica che ricade nell’illecito della tratta a scopo di sfruttamento lavorativo, nonché pratica in contrasto con gli strumenti internazionali, che prevedono un confronto con la rappresentanza degli imprenditori e dei lavoratori per acquisire informazioni.

Con il fine di sopprimere le migrazioni clandestine, l’occupazione illegale di lavoratori migranti e di agire contro gli organizzatori di movimenti illeciti o clandestini di lavoratori migranti, si richiede una collaborazione fra gli Stati volta all’eliminazione di tali fenomeni criminosi. Oltre alla cooperazione fra i Paesi, è necessario un costante scambio sistemico di informazioni e il dialogo con le organizzazioni con i sindacati e con le associazioni di imprenditori. Si prescrive agli Stati di elaborare disposizioni a livello nazionale per un’identificazione efficace dell’occupazione illegale dei lavoratori migranti, nonché norme che definiscano le sanzioni amministrative civili e penali, che si prevede possano arrivare fino alla detenzione nel caso in cui si occupi illegalmente i lavoratori stranieri, ex artt. 4 e 6. All’articolo 10, primo articolo della Parte II, dedicata alla parità di opportunità e di trattamento, si afferma che «[o]gni Membro per il quale la convenzione sia in vigore s’impegna a formulare e ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire, con metodi adatti alle circostanze ed agli usi nazionali, la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, di sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio». La parità di trattamento è estesa anche ai migranti irregolari e alle loro famiglie grazie agli articoli 8 e 9, nei casi in cui sussiste la «condizione di aver risieduto legalmente nel paese ai fini

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dell’occupazione, il lavoratore migrante non potrà essere considerato in posizione illegale o comunque irregolare a seguito della perdita del lavoro, perdita che non deve, di per sé, causare il ritiro del permesso di soggiorno o, se del caso, del permesso di lavoro».

È previsto che al migrante, nel caso in cui perda il posto di lavoro, sia concesso di poter usufruire di un trattamento identico a quello dei lavoratori nazionali per quanto riguarda le garanzie relative alla sicurezza dell’occupazione, la riqualifica, i lavori di assistenza e di reinserimento. La parità di trattamento per quanto riguarda i diritti in fatto di retribuzione, di previdenza sociale e di altre facilitazioni deve essere garantita anche nei casi in cui la sua posizione non sia regolare.

In linea a ciò, la Convenzione OIL del 1975 ha permesso di agire l’azione giudiziaria antidiscriminazione, ai sensi dell’articolo 9, il lavoratore migrante, anche nel caso in cui sia stato occupato in modo non regolare rispetto alla legislazione vigente, ha diritto di beneficiare, sia per sé stesso sia per la sua famiglia, della parità di trattamento per quanto riguarda i diritti di retribuzione, di previdenza sociale e di altre facilitazioni. Nel caso in cui tali diritti non siano totalmente rispettati al lavoratore dev’essere data la possibilità di farli valere innanzi ad un ente competente. L’azione giudiziaria antidiscriminazione può essere attivata da parte di tutti quei cittadini stranieri che hanno subito un impedimento alla partecipazione a bandi pubblici indetti da aziende sanitarie, enti locali, università e che venivano riservati unicamente ai cittadini italiani e di altri Paesi membri dell’Unione europea135. Ad esempio, nella legislazione italiana alcuni degli impieghi che richiedono l’esercizio dei pubblici poteri o che sono correlati con la tutela dell’interesse generale sono riservati solo ai cittadini italiani. In alcuni casi tuttavia, pur essendo il datore di lavoro una pubblica amministrazione o un ente a partecipazione pubblica, il lavorare non va a svolgere pubbliche funzioni che richiedendo il possesso della cittadinanza italiana. Pertanto una sua esclusione dall’accesso a queste tipologie di impegno può essere in contrasto con la

135 Documento in cui sono riportate le riflessioni emerse in un seminario indetto dall’Università degli Studi di Firenze in collaborazione con ASGI e Regione Toscana, 20.02.2014, disponibile al seguente link:

https://www.asgi.it/discriminazioni/linee-guida-per-laccesso-degli-stranieri-al-pubblico- impiego-in-italia/.

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Convenzione 143/1975 e ASGI, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, ha messo in luce alcuni casi critici nella sua attività territoriale di “antenne anti-discriminazione”.

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