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Nuove discipline per contrastare la schiavitù: Patto internazionale sui diritti civili e politic

CAPITOLO I. DATI SUL FENOMENO DELLO SFRUTTAMENTO

2. Le Nazioni Unite e gli interventi promossi contro le forme di schiavitù

2.1. Nuove discipline per contrastare la schiavitù: Patto internazionale sui diritti civili e politic

I testi finora approvati «non prevedevano un organismo per il monitoraggio e l’implementazione delle norme in esse contenute. [Per tale motivo] il Consiglio economico e sociale richiese al Segretariato generale delle Nazioni Unite di provvedere alla nomina di un relatore speciale allo scopo di ottenere un quadro informativo più puntuale sulle modalità e sulla diffusione della schiavitù (Risoluzione 960/XXXVI). Il relatore, Mohamed Awad, nel suo rapporto dimostrò esaurientemente come il lavoro schiavo continuasse ad essere largamente diffuso in numerose parti del mondo e come le donne ed i bambini ne fossero le principali vittime. Successivamente, la Commissione sui diritti umani incaricò la Sottocommissione per la prevenzione delle discriminazioni e la protezione delle minoranze di occuparsi delle questioni ascrivibili alla riduzione in schiavitù e al commercio degli esseri umani»93.

Un nuovo progetto per contrastare la schiavitù, già espressamente vietata nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo all’articolo 4, iniziò nel 1963 per volere del Segretario Generale delle Nazioni Unite, il quale affidò a degli esperti il compito di esaminare la questione della schiavitù a livello mondiale. Il rapporto, indirizzato alla Sottocommissione per la prevenzione della discriminazione e la

93 P. DEGANI e P. DE STEFANI, Note su schiavitù e diritti umani. L’attività del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di schiavitù, in Pace, diritti dell’uomo, diritti dei popoli, n. 3/1993, disponibile al seguente link:

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protezione delle minoranze, includeva nella pratica di schiavitù le forme di privazione della libertà per aver contratto un debito, il lavoro forzato e il traffico di persone94. Questo studio è stato poi tradotto in norma, nell’articolo 8 del Patto internazionale sui diritti civili e politici95 approvato dall’Assemblea ONU il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976.

Si afferma che nessuno può essere tenuto in uno stato di schiavitù, che la schiavitù e la tratta degli schiavi in qualsiasi forma sono proibite. Inoltre si sancisce il divieto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio, ex art. 8. La definizione data a lavoro forzato è in negativo e prevede che esso non sia costituito dai lavori forzati come pena inflitta da un tribunale competente, o dal servizio di carattere militare, ove previsto, o da qualsiasi servizio imposto in situazioni di emergenza o calamità, altresì da un obbligo civico.

2.2. (segue) Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

Nello stesso anno le Nazioni Unite hanno prodotto un altro importante testo in cui si ravvisano alcuni importanti riferimenti riguardo forme di sfruttamento lavorativo: il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali96, adottato a New York, il 16 dicembre 1966, entrato in vigore dieci anni dopo nel 1976. Al sesto articolo si afferma che gli «Stati Parti del presente Patto riconoscono il diritto al lavoro, che implica il diritto di ogni individuo di ottenere la possibilità di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente scelto od accettato, e prenderanno le misure appropriate per garantire tale diritto»97.

Connesso a questa volontà vi è l’articolo 11, in cui gli Stati firmatari del Patto riconoscono il diritto ad ogni individuo ad un livello di vita adeguato a sé e per la

94 Ibidem, pp. 31-32.

95 Patto internazionale sui diritti civili ed economici, Nazioni Unite, 16.12.1966, testo originale in lingua inglese disponibile al seguente link:

https://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CCPR.aspx.

96 Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, Nazioni Unite, 16.12.1966, testo originale in lingua inglese disponibile al seguente link:

https://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CESCR.aspx. 97 Articolo 6, comma 1, Ibidem.

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sua famiglia, livello che si considera raggiunto quando si è in grado di vivere con un’adeguata alimentazione, vestiario ed alloggio, nonché la possibilità di migliorare continuamente le proprie condizioni di vita.

Nel testo all’articolo 7 è previsto che, oltre al riconoscimento del diritto al lavoro, ogni individuo debba godere di condizioni favorevoli di lavoro che possano garantire una remunerazione pari ad un equo salario, che abbia lo stesso valore senza distinzione alcuna di genere, e che possa essere tale da garantire una vita dignitosa. Inoltre, ogni lavoratore ha diritto alla sicurezza nel luogo di lavoro, alla possibilità di far carriera, nonché è garantito il diritto al riposo, agli svaghi e alle ferie periodiche retribuite. Altresì, sono riconosciute le libertà sindacali, ex art. 8, in particolare il diritto di sciopero, il diritto di iscriversi ad un sindacato, il diritto dei sindacati. Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali è il primo dei trattati internazionali che pone attenzione non solo al divieto del lavoro forzato come forma di schiavitù, ma promuove e descrive anche cosa si intende per lavoro un lavoro giusto ed equo.

Nel 1975 all’interno delle Nazioni Uniti venne istituito il Gruppo di lavoro sulla Schiavitù, che poi, nel 1988, verrà rinominato in Gruppo di lavoro sulle forme contemporanee di schiavitù, fu fortemente voluto dalla Sottocommissione per la prevenzione delle discriminazioni e la protezione delle minoranze. L’attività del Gruppo riguardava l’ampliamento del concetto di schiavitù per arrivare ad includere al suo interno la fattispecie della tratta di esseri umani. Il suo principale compito è stato quello di monitorare le situazioni in cui sono rilevabili forme di sfruttamento riconducibili alla schiavitù o a pratiche analoghe. Come è stato evidenziato, «i temi centrali attorno a cui si sono articolati gli studi condotti dagli organismi preposti alla tutela dei diritti umani hanno rilevato da un lato il carattere di complessità e di trasversalità che connota le forme contemporanee di schiavitù, dall’altro la necessità di definire degli interventi operativi condotti a diversi livelli e volti a fronteggiare il dilagare di questo fenomeno. Il lavoro, che sul piano internazionale è stato svolto nel corso degli ultimi decenni, si è orientato più precisamente sia nella direzione del dar conto della pluralità delle pratiche schiavistiche concettualizzandone l’analisi e considerandone perciò anche i legami con le culture e gli ambienti sociali che implicitamente alimentano queste

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violazioni, sia nella definizione di misure che in qualche modo ostacolino l’estendersi del fenomeno e nel contempo considerino come prioritaria la riabilitazione delle vittime, anche attraverso un’azione di legittimazione e di riconoscimento dell’operato delle numerose organizzazioni non governative impegnate in questo settore»98. Le pratiche contemporanee che vennero ritenute analoghe alla schiavitù dal Gruppo di lavoro furono il lavoro forzato, la schiavitù per debiti, lo sfruttamento dei lavoratori migranti, la tratta degli esseri umani, il lavoro minorile e la vendita di bambini, la prostituzione forzata, i matrimoni forzati, il turismo sessuale e il traffico di organi.

2.3. La Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i

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