FINO ALLA PROCLAMAZIONE DEL BLOCCO CONTINENTALE
56 BUTEL, 1974c: grafico n8 4, p 394.
Secondo i dati del console francese a Amburgo, la città assorbirebbe circa l’80% del totale delle esportazioni francesi verso le tre città anseatiche, JEANNIN, 1971: 56.
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banco equivalgono a 46 milioni di l.t. - non è dunque completamente inverosi mile. Piuttosto precisa è la quantità totale della esportazione francese di zuc chero, ricavabile in base alla frazione di Amburgo sul totale: 55 milioni di Kg. come media del periodo 1763-1776, cui possiamo paragonare i 53 milioni per il 1775 indicati da P. Léon®8. Quanto alle quantità delle importazioni coloniali amburghesi dalla Francia, possiamo comparare i dati di Westphalen con la me dia delle importazioni di zucchero dalla Francia tra 1749 e 1753, pari a 41.500 Fdsser59 - si avrebbe dunque un calo per il periodo 1763/76 - e a quella di 74 milioni di libbre di zucchero annue e di 34 milioni di libbre di caffè per il perio do 1791-1802®°. I dati di Westphalen confermerebbero dunque la stagnazione dei traffici coloniali con la Francia all'indomani della guerra dei Sette Anni.
Quanto esposto aiuterà a comprendere la difficoltà di una stima, seppure approssimativa, dei traffici anseatici nel Settecento. Accontentiamoci dunque di tenere come acquisite unicamente le direzioni principali dei traffici ambur ghesi: relazioni essenzialmente inter-europee; importazioni privilegiate dalla Francia, che fornisce le derrate coloniali, cui è in gran parte attribuibile l’accrescimento dei traffici di Amburgo nella seconda metà del Settecento; le gami intensi con le regioni protoindustriali (Slesia, Sassonia, Boemia) e coi mercati dell'Europa centrale (Lipsia).
33 Livorno
L'assenza pressoché totale di fonti passibili di un trattamento quantitativo re lative ai traffici del porto labronico ha costretto gli studiosi ad avvalersi delle memorie e delle osservazioni dei contemporanei per cercare di ricostruire a grandi linee la tipologia dei traffici di Livorno nel Settecento. L'interesse sto riografico appare peraltro maggiormente orientato a ripercorrere i provvedi menti granducali nelle varie epoche ed a giudicarne la razionalità e l'efficacia, piuttosto che a penetrare i meccanismi degli scambi della piazza. In generale,
prezzi delle derrate coloniali furono soggetti a sensibili aumenti in particolare dopo la guerra d'indipendenza americana: cfr. BUTEL, 1967c: 290.
LÉON, 1979: t. I, 83. Si noti peraltro che la media dello zucchero esportato in Europa dalla sola Bordeaux secondo i dati di MALVEZIN, 1892: t. Ili, 309 sarebbe per il periodo 1763- 76 di 50 milioni di Kg., e per il 1775 di 70 milioni: valori non compatibili con quelli di Léon. Tuttavia, i dati delle riesportazioni coloniali di Bordeaux sono "gonfiati" allo scopo di evitare di pagare i dazi di importazione per le derrate coloniali destinate al consumo interno francese: CROUZET, 1968a: 233. Secondo Malvezin, Bordeaux esporta mediamente tra 1763 e 1776 26 mil. libbre di caffè: su un totale francese che per Westphalen si aggira attorno ai 30 milioni di Kg., Bordeaux esporterebbe circa 40% del totale del caffè francese, il che è verosimile: nel 1786, Bordeaux esporta il 42% del totale francese (CROUZET, 1968a: 203).
Cioè di 37 milioni di libbre peso (cfr. però nota 52); JEANNIN, 1971: 5 In. 60 SOETBEER, 1840-46:1, 17.
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si insiste sull'assenza o sul fallimento degli sforzi atti a creare una marina to scana; sull'assoluto predominio di mercanti stranieri nei traffici del porto; sul l'estremo distacco tra Livorno e il Granducato: si è ripetuto spesso, non di rado con rammarico, come i legami con l'entroterra toscano siano decisamente se condari rispetto all'attività di porto di deposito, di emporio intemazionale do tato di magazzini e lazzaretti tali che i capitani del Mediterraneo potevano essere sicuri di trovarvi sempre un carico, senza che questo fosse gravato di ga belle e dazi onerosi. Un'attività, quella di deposito, che è stata considerata come ineluttabilmente destinata a portare alla rovina del porto con l'avvento degli scambi diretti tra le piazze commerciali®1.
Le franchigie di cui godevano i commerci a Livorno rendono in effetti pressoché impossibile la ricostruzione dei traffici del porto, dal momento che mancano registrazioni precise. I dati più completi riguardano il numero delle navi entrate, ma anche su di essi, come vedremo in dettaglio per gli anni No vanta del Settecento, esistono lacune e sensibili divergenze a seconda delle fonti utilizzate. Quanto alla stazza, alla bandiera e alla provenienza delle navi, le serie sono incomplete. Più grave ancora è l'assenza di indicazioni sistema tiche e relativamente affidabili sulla natura, quantità e valore dei carichi. Per i traffici d'esportazione, la situazione è ancora più desolante, giacché mancano del tutto informazioni. Filippini ha utilizzato in diverse occasioni i registri di Sicurtà®2, ma le obiezioni sul valore di questa fonte sono così considerevoli da scoraggiare a priori l'immenso lavoro di elaborazione dei dati che uno spoglio esaustivo richiederebbe. I registri segnalano infatti dettagliatamente le quan tità ed il valore delle merci assicurate, come pure la loro destinazione, il nome della nave e del capitano sulle quali sono da imbarcare, il tasso di assicura zione; tuttavia sfuggono alla registrazione tutte le merci assicurate su altre piazze, senza che sia possibile stabilire neppure in via approssimativa quanto queste potessero proporzionalmente incidere sul totale delle merci spedite dal porto labronico. Filippini sembra utilizzare un tasso di ponderazione differen ziato a seconda della nazionalità del negoziante, ma non indica i diversi coeffi cienti adoperati, né spiega i criteri che presiedono alla sua scelta dei tassi, né, soprattutto, specifica se tale ponderazione serva unicamente ad ovviare alla sottovalutazione delle merci assicurate che egli presuppone, o invece ad arri vare a dei valori globali delle esportazioni, comprensivi cioè anche delle espor
®* Per uno studio più esaustivo su Livorno si rimanda sopratutto ai numerosi contributi di GUARNIERI (vd. bibliografia), il cui pregio maggiore è forse quello di aver scelto, edito ed esposto in modo assai chiaro una mole considerevole di fonti in parte distrutte dalla seconda guerra mondiale, preziose anche per chi non condivida l'impostazione o alcune tesi di fondo dello studioso; cfr. anche BARUCHELLO, 1932; MORI, 1956.