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I NEGOZIANTI E LA SFIDA DEL BLOCCO CONTINENTALE

62 Cfr MELVIN, 1919: 100-106.

63 A.N.P., AF^1307, doss. Gironde, n9106, informazione fornita nella lettera di accom­ pagnamento di una memoria della Camera di Commercio di Bordeaux alla Segreteria di Stato, 21 aprile 1806: 109 le navi danesi immobilizzate a Bordeaux a causa dell’embargo dell’agosto 1807, 13 navi di Papenburg, 12 di Kniphausen, e le restanti di diversi porti del Nord e del Bal­ tico. Cfr. anche BUTEL, 199lb: 576. Nonostante il numero di navi presenti a Bordeaux» BUTEL, 1967b: 196-197 segnala per l’estate del 1809 una carenza di navi e l’arrivo dai porti del Nord Europa di bastimenti in zavorra; una memoria di P.h G.t [con ogni probabilità, Phili- bert Guillhot] attribuiva la scarsezza delle spedizioni alla "manque absolu de navires neutres dans nos ports", A.N.P. F*22057, Paris, 17 marzo 1810.

64 Si vedano gli atti di queste vendite, concentrate attorno al 23-24 settembre 1806, nelle minute notarili in A.d.G., ad es. notaio Romegous (fondo non classificato), 29 semestre 1806, vendita di tre navi (180, 170 e 150 t. di stazza) appartenenti a D. H. Bunes di Stettino, a H. Mummsen (2 navi) e H. Lomer (1 nave) di Amburgo grazie all’intermediazione di Daniel Vin­ cent Pohls, negoziante a Bordeaux; i medesimi negozianti amburghesi acquistano alla stessa data un'altra nave ciascuno appartenente sempre a degli armatori di Stettino sempre con l'in­ termediazione di Pohls (notaio Maillares, 3E 31405); ibidem, in data 18 settembre, vendita di 5 navi del porto di Embden ad un negoziante lubecchese; in data 24 settembre, vendita della

Fanny di Stettino (150 t.) a C. Hanker & Jahn, negozianti a Bordeaux, per 10.550 franchi pa­

gati in tratte su Amburgo. La concentrazione delle vendite in pochi giorni corrobora l'ipotesi che si tratti di vendite fittizie, volte a proteggere le navi#fino alla fine delle ostilità. L'operazio­ ne in effetti non ingannò nessuno: nel novembre 1806 D. V. Pohls si vedeva costretto a passare una procurazione ad un avvocato al Conseil de Prise di Parigi per tutelare gli interessi dei nuovi proprietari, visto che le 4 navi da lui acquistate per H. Mummsen e le tre per J. H. Lo­ mer erano state sequestrate dal governo nel porto di Bordeaux come proprietà prussiana, mal­ grado la regolare notificazione alla Marina deH'awenuto passaggio di proprietà (notaio Rome­ gous, 21 novembre 1806).

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imposte per la composizione del carico di esportazione®6.

La disamina dei dati disponibili sulle spedizioni operate grazie alle li­ cenze di ancien système a Bordeaux rivela che dal porto girondino salparono almeno 88 navi. Nei primi mesi del 1811, di queste navi ne erano rientrate 20 a Bordeaux e 7 in altri porti francesi. Sette delle navi ritornate a Bordeaux erano salpate da altri porti per il viaggio di andata (lic. 108, 191, 198, 212, 247, 267, 279).

Quello del mancato rientro in Francia delle navi fu uno dei problemi che inquietò maggiormente il Ministero degli Interni. Di fatto, i negozianti giron­ dini approfittarono della concessione di licenze e della neutralizzazione con­ cessa ai bastimenti - ancora nel 1808 Napoleone si era mostrato contrario ad accordarla - per fare uscire dal porto delle navi che rischiavano altrimenti di marcirvi. Una volta raggiunto il Mare del Nord, le navi potevano verosimil­ mente trovare impiego, in quanto neutrali, nel cabotaggio nordico o nei traffici col Baltico, ovviamente assoggettandosi alle disposizioni britanniche®6: opera­ zione, questa, evidentemente invisa a Parigi, ma che poteva procurare un qualche profitto all'armatore. Del resto, almeno a dar credito alle dichiarazioni dei negozianti bordolesi, questi non erano in numerosi casi che semplici commissionari degli armatori stranieri, per conto dei quali essi avevano ese­ guito le operazioni necessarie alla spedizione della nave: segno, questo, di una continuità delle strutture tradizionali del commercio tra Bordeaux ed il Nord Europa anche attraverso le difficoltà della guerra. La forte presenza di case commerciali di origine straniera, ed in particolare tedesche, tra coloro che usu­ fruirono delle licenze bordolesi, conferma l'ipotesi delle continuità. Tra le case commerciali che ottennero a Bordeaux cinque o più licenze, figurano Albrecht & Delbruck (tedeschi, rappresentanti a Bordeaux rispettivamente della Sasso­ nia e della Prussia; Delbruck era nativo di Magdeburgo), Ch. Batré, Schròder & Schyler (tedeschi), ciascuna con 9 licenze accordate, Ch. Reyher (7), J.n Du- comeau (6), D. C. Meyer (prussiano), Wilhelmy frères (tedeschi), Sollberg & C.ie (danese) (5 ciascuna)®7. Interessante notare che Charles Batré, consigliere di prefettura e dunque ben situato per ottenere l'appoggio delle autorità alle proprie domande, cedette ad altri 6 delle licenze ottenute.

Agendo dunque sovente come semplici commissionari delle case mercan­ tili del Nord Europa, i negozianti di Bordeaux dichiaravano per lo più di igno­ rare il destino che l'imbarcazione aveva subito una volta lasciato il porto gi-

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66 MELVIN, 1919: 102.

66 JOUVENEL, 1942: 362-369.

®7 Sulla forte richiesta di licenze da parte delle case mercantili di origine tedesca e danese si veda anche BUTEL, 1972: 31.

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rondino®®. Al prefetto non restava che far osservare al suo superiore

que les négociants refusent presque toujours de donner des renseignements posi­ tifs sur les résultats de leur opération, ils se croient intéressés à les tenir se­ crets®®.

In effetti, i negozianti di Bordeaux non sembrano affatto apprezzare le intru­ sioni del potere centrale nei loro affari. Una memoria di uno di loro, inviata a Parigi nel marzo 1810, nella quale il sistema delle licenze era definito come "la première consolation offerte au commerce de l'Europe écrasé sous les pertes multipliées d'une longue guerre maritime", dichiarava infatti:

Il est encore une raison qui pourra altérer l'empressement de nos négociants à demander des licences françaises; c'est la crainte un peu fondée d'ailleurs, et sur des événements récents, que l'on ne cherche à pénétrer trop avant dans le secret de leurs opérations, ou pour parler plus clairement, à connaître les véritables pro­ priétaires des marchandises exportés ou importés sous le manteau protecteur des licences7®.

Tale ingerenza - che non può che essere quella governativa - veniva qualificata di "mesure perfide", e la memoria invitava a far inserire nel testo stesso delle licenze, e non semplicemente a sottointendere per tacito contratto, che le navi ed il loro carico saranno rispettati "de quelque nation que soient les propriétai­ res" - frase che non può che indicare dei proprietari britannici. E' piuttosto raro trovare tra le carte del Ministero degli Interni dei rapporti di simile schiettezza, che non si sa se attribuire a pura ingenuità o alla certezza di una protezione sufficiente in alte sfere per poter dire pane al pane e vino al vino.

L'esame dei dati relativi alle licenze per Bordeaux consente alcune osser­ vazioni ulteriori. In primo luogo, in diversi casi la partenza delle navi precede la rimessa della licenza all'armatore o addirittura l'accordamento della licenza stessa: l'armatore, cioè, presentata la domanda faceva salpare la nave senza attendere il responso favorevole da Parigi; tale fretta è dovuta con ogni proba­ bilità alla imminente scadenza delle licenze di navigazione inglesi, senza le quali era impensabile avventurarsi in mare; ma in ogni caso ciò comprova che l'applicazione delle normative da parte delle autorità preposte alla sorveglian­ za del porto girondino non doveva essere delle più rigorose: una situazione, questa, che non pare essere migliorata negli anni seguenti. Ancora nel novem­ bre e dicembre 1810, infatti, il negoziante Charles Fieffé faceva salpare due navi senza aspettare l'arrivo della licenza (del nuovo sistema) richiesta: la li­ cenza per il suo Jeune Frédéric, inviata da Parigi al prefetto il 14 gennaio

®® A.N.P., F 1^21 0 8, Renseignements, cit. (cfr. nota 54).

®® A.N.P., F ^2108, prefetto della Gironda a Ministro degli Interni, 7 maggio 1811. 7® Memoria di Philibert Guillhot, già cit., A.N.P., F^2057, Paris, 17 marzo 1810.

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1811, non fu-neppure ritirata, giacché la nave era a tale data già rientrata a Bordeaux, e non aveva subito con tutta evidenza alcun intralcio71. Nel dicem­ bre del 1813 il nuovo direttore generale di polizia a Bordeaux segnalava a Pari­ gi che la gestione del suo predecessore, il marsigliese Pierre Pierre, era stata confusa e assai poco efficiente: a bordo delle navi e dei corsari in partenza non si esercitava alcuna visita72. La Dogana, da parte sua, non pare brillare per u- na maggiore efficienza: la vicenda della licenza utilizzata da Clamageran e Olanyer agli inizi del 1813, che esporremo dettagliatamente, è una ulteriore ri­ prova della inesistenza dei controlli alla fine del regime napoleonico: l'armato­ re poteva permettersi di dichiarare di esportare vino per una quantità tripla ed un valore sette volte maggiore rispetto ai dati reali, senza temere evidente­ mente che la frode, volta a rendere possibile una maggiore importazione al ri­ torno, potesse essere scoperta. In tali condizioni ci sembra legittimo pensare che anche il rispetto delle proibizioni in entrata ed in uscita non fosse dei più rigorosi.

In secondo luogo, malgrado il carattere personale della concessione delle licenze, per almeno 33 delle navi partite da Bordeaux l’armatore che aveva ot­ tenuto la licenza l'aveva ceduta in seguito ad un altro negoziante; un fattore, questo, che relativizza notevolmente il valore di una analisi di tipo nominativo sulle licenze concesse. Butel ha segnalato l'esistenza a Parigi di forti preoc­ cupazioni su un altro degli abusi a cui le licenze davano luogo: pare infatti che esse fossero commerciate e rivendute ad armatori esterni alla piazza, vanifi­ cando così l'obiettivo primario del regime, quello di consentire l'esportazione del surplus agricolo francese, e servendo piuttosto a coprire, davanti ai corsari francesi o alleati, traffici non autorizzati73. A questo proposito, il Ministro de­ gli Interni osservava

J’ai lieu de craindre des abus, en ne voyant aucun des navires qui devaient navi­ guer sous la protection de ces licences entrer dans nos ports ou sur son lest, ou avec des marchandises permises pour exporter en suite des produits de notre sol ou de nos manufactures. Le commerce de Bordeaux gémissait et de ne point trou­ ver de débouchés pour ses vins et de manquer de bâtiments. Combien je n'ai pas lieu de m'étonner que des actes propres à faire cesser ces sujets de plaintes ne remplissent aucun de deux objets! Les négociants de Bordeaux feraient donc un trafic des licences que S.M. a accordées particulièrement à leur considération [...]. Livrer nos licences à des correspondants du dehors pour leur faciliter le cabotage d'un port étranger ou ennemi à un autre, à l'exclusion de ceux de l'Empire, c'est 71 Cfr. BUTEL, 1967b: 206-207 e A.N.P. F12*265r pp. 264v-265r.

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