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Sulla coesistenza di tendente liberiste e la contemporanea richiesta di protezione al re cfr HIRSCH, 1975 Sull’invio nel 1791 di un indirizzo all'Assemblea Nazionale sottoscritto da

FINO ALLA PROCLAMAZIONE DEL BLOCCO CONTINENTALE

94 Sulla coesistenza di tendente liberiste e la contemporanea richiesta di protezione al re cfr HIRSCH, 1975 Sull’invio nel 1791 di un indirizzo all'Assemblea Nazionale sottoscritto da

negozianti di Bordeaux contro il decreto del 15 maggio che aboliva la schiavitù nelle colonie, cfr. LÉON, 1920: 10.

95 GUARNIERI, 1962: 665. Documento anonimo del 1765, sicuramente toscano, e con ogni probabilità livornese, trascritto dal Guamieri e conservato nelle Carte Vivoli alla B.L.L.

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Ca p. 3 - Tipo lo g ia tradizionale degliscam bi nel Settecento

Per poter meglio comprendere le difficoltà incontrate dal commercio portuale in età napoleonica è opportuno richiamare a grandi linee la tipologia tradizio­ nale degli scambi nei tre porti considerati, cercando di individuarne gli ele­ menti strutturali di forza e di debolezza ed il loro grado di vulnerabilità in una congiuntura bellica. Lo stato attuale della ricerca e la distruzione di una buona parte del materiale archivistico in epoche diverse rendono impossibile una de­ terminazione esaustiva di quantità, merci e valori degli scambi, e del numero e stazza delle navi in entrata e in uscita in ciascuno dei porti. Ci siamo qui dun­ que limitati a condensare i risultati più attendibili delle ricerche esistenti.

Occorre comunque tenere presente che i dati relativi ai traffici del porto non sono a priori un indice delle fortune e sfortune dei patrimoni mercantili, come spesso viene assunto, tra l'altro, dalla storiografia sulle città portuali in età napoleonica. Un numero più basso di navi arrivate e partite dal porto, delle quantità inferiori di merci importate ed esportate hanno indubbiamente delle conseguenze negative sulla economia della città: meno lavoro per i marinai e per gli scaricatori, congiuntura negativa per quasi tutte le attività produttive connesse al porto. Ma, quanto ai negozianti (e con loro i sensali e gli assicura­ tori), il loro margine di profitto sulle transazioni in corso - tanto per quelle esercitate in proprio che per quelle su commissione - non è necessariamente orientato al ribasso. Specialmente in periodo di guerra infatti, la speculazione sulle merci può offrire margini di profitto decisamente più elevati che in tempo di pace, così che i profitti possono restare elevati malgrado la riduzione della quantità di merci trattate. Una diversificazione delle attività economiche po­ teva inoltre contribuire a compensare il calo del giro d'affari in uno specifico settore. Ritorneremo su questo punto quando affronteremo la problematica del­ l'influenza della guerra e della pace sui traffici portuali; sono infatti i conflitti tra le potenze europee la causa primaria delle variazioni dei traffici portuali.

Similmente non entreremo nel merito dei dati relativi alla navigazione sotto bandiera "nazionale", che spesso sono stati interpretati come sintomo della forza o della debolezza del commercio di una piazza. Benché infatti il pos­ sesso di una nave ed il guadagno sui noli che ne poteva derivare possano rap­ presentare una quota degli introiti dei negozianti di una piazza, non ci sembra di dover interpretare l'utilizzazione di navi di bandiera straniera di per sé come indice negativo della situazione commerciale della piazza; tanto più che in tempo di guerra i costumi dell'epoca in materia di, proprietà della nave e di

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produzione di documenti che la potessero mettere al riparo da rappresaglie ap­ paiono oltremodo spregiudicati, e sembrano così attestare che per gli armatori contemporanei la bandiera della nave era strumentale alle condizioni date, e non già priorità avente valore autonomo. Se un negoziante decide di ricorrere ad una nave straniera, ciò significa che, nelle condizioni politico-commerciali date, egli considera tale soluzione come la più atta - o la meno svantaggiosa - ad adempiere gli obiettivi commerciali prefissati. Possiamo avere sufficiente fiducia nelle sue capacità imprenditoriali per essere certi che se egli avesse valutato che il possesso di una nave in proprio gli avrebbe procurato dei gua­ dagni maggiori, non avrebbe esitato ad acquistarsi una imbarcazione. Se poi le condizioni internazionali gli impedivano di poter realizzare un guadagno in tal modo - a ragione delle politiche mercantilistiche dei vari stati, o delle la man­ canza di accordi commerciali con altre piazze o con i corsari barbareschi - ciò può semmai essere oggetto di speculazioni di natura economico-politica - e lo è di fatto abbondantemente stato - ma rientra solo marginalmente in uno studio sulle reali operazioni mercantili dei negozianti ad una data epoca1.

A rigore, per questo tipo di studio è relativamente indifferente anche la bilancia commerciale del porto in questione: la bilancia commerciale deficitaria di un paese - che tanto preoccupava i politici e gli osservatori e che induceva taluni a vedere nel libero sviluppo del commercio un potenziale pericolo - ha in effetti ben poco a che vedere con i profitti ed i passivi della bilancia personale del negoziante.

Nella esposizione seguente sui traffici settecenteschi non indugeremo in­ fine sulla congiuntura delle attività produttive delle tre città, attività da cui i negozianti sono ben lungi dall'essere estranei, sebbene la loro partecipazione si esplichi secondo modalità diverse (capitali, ordinazioni, rifornimento delle ma­ terie prime, piazzamento del prodotto finito). L'economia di Bordeaux, Am­ burgo e Livorno a fine Settecento è una economia prettamente portuale: ben­ ché una parte consistente della loro popolazione trovi sostentamento nelle in­ dustrie esistenti - raffinerie di zucchero, costruzioni navali, confezione di cor­ dami per la marina, fabbricazione di botti e di bottiglie (Bordeaux), stampa di tessuti di cotone e lavorazione del tabacco (Amburgo), lavorazione del cuoio, dei coralli, della paglia e fabbricazione di fez di lana per il Levante (Livorno) - queste sono strettamente legate per la loro sopravvivenza al commercio por­

1 Sulla marina amburghese si può consultare KRESSE, 1966. Sui tentativi della Reggenza

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