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Fin dal Medioevo, circa la metà della popolazione di Amburgo non è nata nella città; la maggioranza degli immigrati proviene dalla bassa Sassonia ed in generale dai territori alla si­

FINO ALLA PROCLAMAZIONE DEL BLOCCO CONTINENTALE

32 Fin dal Medioevo, circa la metà della popolazione di Amburgo non è nata nella città; la maggioranza degli immigrati proviene dalla bassa Sassonia ed in generale dai territori alla si­

nistra del Reno. Per tutto il Settecento nella città si registra un tasso di mortalità superiore di circa il 5 per mille rispetto a quello di natalità, ed è solo l'immigrazione dunque a spiegare la vigorosa crescita della popolazione: REINCKE, 1951: 185-194. Anche a Bordeaux la forte cre­ scita demografica nel corso del Settecento è in gran parte da imputare airimmigrazione, ben­ ché a differenza di Amburgo, il saldo demografico fosse di regola positivo: cfr. POlJSSOU, 1983, e POUSSOU, 1968: 325-346. La forza di attrazione esercitata da Bordeaux sulla regione circostante ha consentito a G. Dupeux, in analogia con la situazione parigina, di parlare di un "deserto aquitano", cioè del mancato sviluppo di altri centri urbani nelle vicinanze (DUPEUX, 1986). Economicamente fondamentale, benché numericamente minoritaria - circa 1.000-1.500 persone in tutto il Settecento - l'immigrazione di mercanti stranieri. Quanto a Livorno, nel 1551 la città contava appena 480 abitanti (3.780 nel 1601, 9.000 nel 1622): PARDI, 1918: 22- 30. Il popolamento avviene per chiara volontà del principe attraverso una sua apposita poli­ tica. Esso è dunque recente e evidentemente frutto di immigrazione; mancano tuttavia studi dettagliati sull'entità e sulle principali direzioni di tale flusso.

La ristrutturazione urbanistica di Bordeaux data della seconda metà del Settecento. Dalla fine del regno di Luigi XIV a quella di Luigi XVI, la popolazione era raddoppiata, raggiun­ gendo nel 1790 la cifra di 110.000 abitanti; cfr. la sezione demografica a cura di POUSSOU, 1968: 325-346, e DOYLE, 1974: 1-2. Anche Amburgo conta circa 110.000 abitanti alle soglie della Rivoluzione Francese - nel 1710 erano circa 75.000 - di cui circa un decimo risiedono nei sue sobborghi di St. Georg e St. Pauli; cfr. REINCKE, 1951: 173-175. Livorno ha una taglia decisamente più modesta, ma un forte tasso di crescita per il Settecento: da circa 21.000 abi­ tanti nel 1710, si passa a 40.000 circa nel 1790: PARDI, 1918: 45-60.

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Particolarmente consistente, nelle tre città, la componente ebraica34, an­ che grazie ad una politica assai tollerante rispetto a quelle che erano le condi­ zioni nel resto dell'Europa: la posizione degli Ebrei a Livorno era garantita dalla Livomina35 (1593), mentre a Amburgo i rapporti giuridici tra la città e la comunità ebraica erano stati regolati con un contratto nel 1612, e poi nel 1710; anche a Bordeaux, nel corso del Settecento gli Ebrei si videro riconoscere ga­ ranzie più ampie. Il Parlamento e la Jurade intervenivano inoltre a loro favore contro gli eventuali attacchi della oligarchia cattolica. Agli Ebrei di Amburgo fu accordato nel 1765 il diritto all'acquisizione di proprietà immobili, ristretto peraltro ad un numero limitato di strade. Fino ad allora, questa era notoria­ mente avvenuta mediante un prestanome cristiano, ed anche successivamente l'obbligo di domicilio nelle 16 strade indicate non sembra essere stato osservato rigorosamente. In ogni caso, non vi era ad Amburgo nulla di simile ad un ghetto chiuso come quello esistente a Francoforte o in altre città tedesche. Gli Ebrei livornesi, che avevano ottenuto la facoltà di acquisire case e terreni già dal 1595, figurano tra i maggiori acquirenti di beni immobiliari a inizi Otto­ cento, anche prima -dunque dell'annessione all’Impero Francese e della conse­ guente vendita dei beni nazionali3®. Verso la fine dell'ancien régime, era consi­

34 A inizi Ottocento, secondo i dati più attendibili, circa il 6% della popolazione amburghese, il 9-10% di quella livornese e il 2% di quella bordolese sono di religione ebraica: cfr. i dati di KOPITZSCH, 1981: 208 (nota 104); SERCIA GIANFORMA, 1986: 65-84; CAVIGNAC, 1991: 15, 33. I negozianti ebrei a Livorno sono circa un terzo-un quarto del totale: 44 su 143 nel 1793, 46 su 199 nel 1796: FILIPPINI, 1984: 639.

L'istituto della ballottazione (accettazione formale in seno alla Comunità ebraica locale) dava accesso a tutti i privilegi previsti, compreso quello di divenire cittadino naturalizzato to­ scano sotto protezione delle leggi toscane. Di fatto, si fanno ballottare per lo più i mercanti con intenzione di residenza stabile. Cfr. FILIPPINI, 1983a: 199-268.

^ Per Amburgo: STREICHER, 1989: 5-6. Sugli acquisti fondiari di Ebrei livornesi, il caso più notevole è senza dubbio quello della famiglia Coen Bacri. Tra la fine del 1803 e la fine del 1806, Salomon Coen Bacri, negoziante ebreo originario di Algeri ma da più anni residente a Livorno, acquista case e ville per un valore di 171.154 pezze da 8/r, pari a circa 830.000 franchi francesi; la maggior parte di questi acquisti avviene con il socio e parente David Busnach, anch'esso ebreo, che acquista dunque anch'egli beni immobili per somme equivalenti: FILIP­ PINI, 1982b: 294-295. L'acquisto più rilevante è quello del palazzo detto "Il Castello" sulla via del Corso a Livorno, appartenente al nobiluomo pisano Gio. Francesco Mastiani Brunacci, per la rilevante somma di 128.608 pezze da 8/r, pari a circa 620.000 franchi: cfr. A.S.F., Notarile

moderno, Protocolli 34100, notaio Boldrini, n°5, 24 luglio 1807, atto da cui ne risulta l'acquisto

in data 26 agosto 1806. In età napoleonica, Francesco Mastiani è segnalato nella lista dei 61 capofamiglia di Pisa con una rendita di 140.000 franchi: cfr. COPPINI, 1986a: 304. Per gli ac­ quisti di negozianti ebrei di Livorno, si veda anche MINECCIA, 1982: 299: acquirente della fattoria granducale di S. Regolo, venduta nel 1804 per 100.000 scudi (pari a circa 588.000 fran­ chi) è Salomone de Montel, negoziante ebreo di Livorno. I nomi delle famiglie ebree livornesi che possedevano una villa sono ricordati in LO ROMER, 1987: nota 37, p. 304. Questo studioso

(.ibidem, p. 77) rileva anche come nella prima metà dell'Ottocento la maggioranza dei possedi­

menti fondiari dei negozianti labronici siano all'interno delle mura cittadine, e come gli Ebrei risultino tra i maggiori acquirenti: in questo senso, il caso di Bacri e Busnach è ben rappresen-

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derato un onore essere invitati nelle proprietà situate a Talence, località poco distante da Bordeaux, appartenenti ai Raba ed ai Peixotto, noti negozianti ebrei di Bordeaux37.

Se in una prima fase mercanti e banchieri ebrei nei tre porti erano quasi esclusivamente di origine portoghese, in seguito ad Amburgo divennero mag­ gioritari gli Ebrei tedeschi, mentre Livorno esercitò una grande attrazione su­ gli Ebrei dell'Africa del Nord e del bacino mediterraneo in generale, i cui arrivi furono consistenti ancora negli anni Novanta del Settecento. Sono questi Ebrei magrebini, capaci di parlare l’arabo, ad assicurare quasi esclusivamente i com­ merci tra Livorno e Tripoli, Tunisi, Algeri ed il Marocco, come attestano i regi­ stri di sicurtà38. A Bordeaux invece gli Ebrei portoghesi sono ancora la mag­ gioranza nel censimento napoleonico del 1808 (73,9%), contro un 14,5% di al­ saziani e un 7,5% di avignonesi39.

In generale, i ricchi negozianti e banchieri ebrei non avevano particolari problemi di inserimento. La profonda gratitudine che trapela dalle memorie di John Parish nei confronti di un suo creditore che, rinunciando all'immediata riscossione del denaro dovutogli, lo salvò dal tracollo finanziario è prova elo­ quente della stima che un negoziante cristiano poteva provare nei confronti di un collega ebreo40.

Se gli Ebrei svolgevano un ruolo economicamente fondamentale so­ prattutto per le operazioni di cambio e di sconto, le comunità inglese, olandese, e tedesca (a Bordeaux e a Livorno)41 - numericamente esigue ma con una assai

tativo. Sulle proprietà fondiarie ebraiche si veda anche FRATTARELLI FISCHER, 1983. 37 PARISET, 1968: 151. Anche Napoleone, di passaggio a Bordeaux nel 1808, passerà dai Raba a Talence: cfr. Bibl.Mun.Bx., manuscrits 1474, Journal de Delpit, 9 aprile 1808.1 "nuovi Cristiani” avevano ricevuto fin nel 1550 il diritto di acquistare proprietà fondiarie grazie alle Lettere Patenti di Enrico II, riconfermate poi nel 1656 e nel 1723: in quest'ultima occasione, i mercanti portoghesi furono ufficialmente riconosciuti come Ebrei, lasciando cioè cadere la designazione di "nouveaux Chrétiens": cfr. MALINO, 1978: 2-7.

38 FILIPPINI, 1980b.

Sui conflitti tra le due comunità ebraiche a Bordeaux cfr. MALINO, 1978.

EHRENBERG, 1905: 25-29. Più problematica era invece la convivenza tra le classi popo­ lari locali e il consistente numero di Ebrei non benestanti, specie a Livorno, dove periodica­ mente si verificavano assalti contro la popolazione ebraica: cfr. MANGIO, 1974: 7, 106-107, 134-138, 203, 225, e SONNINO, 1937a; sugli incidenti del 1790 TURI, 1969: 8-18. Ad Am­ burgo, gli ultimi incidenti registrati nel Settecento sono nel 1730 e nel 1746: su questo aspetto, e sulla comunità ebraica in generale, cfr. FREIMARCK, 1989. Nella prima metà del XIX secolo alcune forme di protesta sociale manifesteranno elementi antiebraici: cfr.: ZIMMERMANN, 1983. Per Bordeaux non ho trovato tracce di tumulti anti-ebraici.

La Comunità olandese-alamanna di Livorno, fondata nel 1622 con finalità essenzialmente assistenziali, riuniva fiamminghi e tedeschi; nel 1781 si ebbe una separazione degli ambur­ ghesi, a causa di dissidi interni ma anche della guerra tra Gran Bretagna e Olanda: finita que­ sta diatriba, la Congregazione restò unita, e si allargò anzi accogliendo svizzeri, danesi, norve­ gesi e svedesi, mentre il console amburghese restò da allora in poi figura a sé stante: CASTI-

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elevata percentuale di negozianti al loro interno - avevano anch'esse un ruolo economico essenziale, costituendo infatti fisicamente una trama di legami per­ sonali e famigliali tra le diverse piazze commerciali, indispensabile in un'epoca in cui nel grande commercio intemazionale, ancora mal tutelato dalla legisla­ zione, il rapporto di fiducia coi partners commerciali era elemento di primor­ diale importanza. A Livorno, a causa degli intensi legami con il Levante, era consistente inoltre anche la comunità greca. Ancora nell'Ottocento l'afflusso di stranieri nella città labronica - organizzati per "nazione", secondo la tradizione mediterranea levantina42 - rivestirà un'importanza economica fuori discus­ sione43.

Anche ad Amburgo si ritrovano consistenti nuclei di stranieri, ma ad avere statuto- giuridico proprio erano esclusivamente la comunità calvinista fiamminga (1605), progressivamente assimilatasi a quella locale luterana; la

Englische Court (1611), sciolta per ordine francese nel 1807 e di fatto non più

ricostituita, malgrado alcuni tentativi in questo senso dopo la Restaurazione44; e, come si è accennato, la comunità ebraica (1612, e successivo regolamento del 17IO)45. A tutti gli stranieri di fede luterana era aperta la via dell'acquisizione

GNOLI, 1979: 170-175; BEUTIN, 1933: 162-164. Sulla comunità anglo-irlandese di Bordeaux, cfr. POUSSOU, 1974, per il XIX secolo DUPEUX, 1974.

^ La "nazione”, in quanto associazione di mercanti (universitas) uniti da interessi comuni, origine geografica e sovente dalla medesima religione, era una istituzione medioevale diffusa negli scali del Mediterraneo. Nei suoi organismi (assemblea) predominarono ben presto i nego­ zianti. Inizialmente erano questi a eleggere il console, ma nel corso del Settecento è ravvisa­ bile, a Livorno come altrove, la tendenza alla trasformazione del console in diplomatico sempre più distaccato dalla "nazione” cui appartiene. Esistono anche casi di "nazioni" senza console e viceversa. La Livomina riconosceva alle nazioni il diritto di autogiurisdizione, ma di fatto esso era accordato solo alla Comunità ebraica, della quale peraltro il Granduca si riservava la no­ mina dei Massari. Difficile stabilire il numero dei membri delle varie nazioni a Livorno: verso il 1770, si hanno una dozzina di francesi e di olandesi, una ventina di inglesi, una cinquantina di Ebrei, ma in seguito vi furono nuovi arrivi. Tuttavia, e ciò differisce dalla situazione degli scali del Levante, una parte consistente dei negozianti forestieri di Livorno non apparteneva a nessuna nazione (talora impropriamente si parla di "nazione italiana", ma non esisteva nes­ suna struttura corrispondente a tale definizione). Airintemo delle nazioni livornesi esisteva inoltre una rivalità assai maggiore che negli scali del Levante e molta meno propensione a sot­ tomettersi a scelte e restrizioni assembleare cfr. FILIPPINI, 1988.

Suirimportanza deH’afilusso straniero a Livorno nell’Ottocento, e sulla necessità per gli stessi negozianti toscani di intensi legami internazionali per garantire la propria riuscita si veda LO ROMER, 1987: 71-72.

** Sulla Englische Court si veda HITZIGRATH, 1904.

L'accordo del 1612 concerneva esclusivamente gli Ebrei portoghesi; da metà Seicento, tut­ tavia, il numero di Ebrei tedeschi si accrebbe notevolmente. Il regolamento stabilito dalla commissione imperiale ad Amburgo nel 1710 riguardava l'insieme della popolazione ebraica amburghese, cui veniva concessa la protezione della città in cambio del rispetto delle leggi vi­ genti e delle istituzioni religiose cristiane. Il culto era tollerato in forma privata, e veniva con­ sentito in materia matrimoniale e ereditaria di procedere secondo la legge mosaica. La comu­ nità ebraica poteva rifiutare l'insediamento a nuovi venuti - dispositivo che venne utilizzato

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del diritto di cittadinanza (.Bürgerrecht) e, con esso, l'accesso a tutte le cariche pubbliche e amministrative. Agli stranieri di altra religione era invece pos­ sibile regolare la propria posizione giuridica col Fremdenkontrakt. In ogni caso, la storiografia ha ripetutamente segnalato la maggiore tolleranza nei confronti degli stranieri che si registra ad Amburgo rispetto ad altre città tedesche - tolleranza del resto funzionale agli interessi mercantili della città, giacché l'insediamento di una temibile concorrenza di agguerrite minoranze straniere nell'attigua cittadina danese di Altona era tutt'altro che auspicabile - e la ra­ pidità della loro assimilazione nel tessuto sociale urbano46. Quanto a Borde­ aux, purché dotati di abilità e di un po' di fortuna negli affari, i negozianti stranieri non sembrano aver conosciuto eccessive difficoltà a inserirsi nel-

Yestablishment locale, sovente anche grazie ad un matrimonio celebrato con un

esponente di una famiglia di correligionari già insediata da tempo nella città. Una qualche forma di riconoscimento giuridico era ovunque necessaria per gli stranieri, affinché il loro patrimonio e la trasmissione dell'eredità fossero ga­ rantiti e assicurati. Nel periodo considerato, sono sovente i trattati di com­ mercio a tutelare i- negozianti emigrati, conferendo loro anche alcuni privilegi daziari o fiscali47.

A Livorno come ad Amburgo e Bordeaux, le relazioni d'affari superavano quotidianamente il gruppo etnico-religioso di appartenenza, anche a ragione della relativa complementarità delle funzioni commerciali esercitate dai di­ versi negozianti. L'apprendimento di due-tre lingue straniere, o almeno del vo­ cabolario di base per il commercio, doveva facilitare i contatti. I termini di con­ siderazione sociale erano, inoltre, elemento unificante, al di là delle differenze "nazionali": stima, rispettabilità, solidità del patrimonio, correttezza e pru­ denza negli affari appaiono in ogni caso essere più determinanti che la fede re­

soprattutto per respingere poveri e mendicanti, giacché la comunità doveva provvedere coi propri mezzi ad assistere gli indigenti ebrei. Il censimento napoleonico del 1811 conterà 130 ebrei portoghesi e 6.299 ebrei tedeschi. Cfr. STREICHER, 1989: 1-6, 13.

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