• Non ci sono risultati.

Le cause di diffusione del fenomeno: gli effetti della crisi declinati sull’abitazione

2. Le forme dell'abitare condiviso: una panoramica

2.1. Le cause di diffusione del fenomeno: gli effetti della crisi declinati sull’abitazione

All'inizio del capitolo, abbiamo visto come la crisi - nelle differenti forme in cui essa si presenta - conduce ad una riemersione dei valori della solidarietà, della partecipazione attiva, della condivisione dei beni.

Uno dei beni che sempre più frequentemente si condivide è l’abitazione, dando così vita a quelli che potremmo definire nuovi modi di abitare e che possono essere considerati anch'essi metodi resilienti.

Analizziamo ora brevemente i fattori che sono alla base della diffusione di questa recente

96 D. Ciaffi - A. Mela, op. cit., pp. 132 ss.

97 Vedi R. Joiner, Il rafforzamento della comunità e l'edilizia sociale a Glasgow: il diritto di vivere con

dignità, in AA. VV., Città Sostenibile e Sviluppo Umano, (a cura di L. Girard Fusco - B. Forte), Milano,

tendenza. Nella pratica, vedremo che si tratterà di declinare le varie cause già individuate nel paragrafo 1.1 a proposito dello sviluppo dell'etica della condivisione quali elementi motivazionali utili a spiegare l'incremento di tali nuove forme di convivenza.

In primo luogo, ricollegandoci a quanto detto sulla crisi economica globale - dobbiamo considerare il fattore del risparmio. Queste strutture sociali diventano un modo per risparmiare notevolmente sul costo dell'abitazione, sia essa in affitto oppure in vendita, e sulle spese di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria. Oppure, come nel caso del social housing98

, esse rappresentano l’unico modo possibile di accedere al mercato immobiliare senza dover sostenere i prezzi del mercato. O ancora, nel caso delle comunità intenzionali in senso stretto, lo stile di vita frugale che frequentemente è adottato comporta necessariamente un vantaggio economico consistente.

Il dissolvimento dello Stato sociale e del Welfare fa venire meno, come abbiamo visto, una serie di servizi essenziali (e non essenziali). I disservizi sempre più frequenti, i tagli alla spesa della sanità, dell’istruzione, dell’assistenza sociale rendono necessario l'adoperarsi per creare servizi sociali alternativi che sostituiscano l'apporto statale ormai scomparso.

La diminuzione di servizi non è causata solo dalle difficoltà in cui versa lo Stato sociale ma anche dalla fine della famiglia tradizionale allargata. Se infatti prima si poteva contare su una struttura familiare complessa i cui membri spesso coabitavano e si prestavano aiuto reciproco, oggi la famiglia è diventata mononucleare e spesso, complice la crisi economica, tutti i componenti adulti sono costretti a lavorare fuori casa. Il che comporta ovviamente una carenza di aiuto e assistenza che in qualche modo si cerca di colmare.99

Altri elementi da tenere in considerazione sono quelli della flessibilità e della precarietà che caratterizzano il mondo del lavoro e che favoriscono la scelta del vivere in comune: spesso infatti in queste forme di residenza si intrecciano attività lavorativa e vita domestica, in alcuni casi sono previsti spazi per chi lavora da casa e all’interno avvengono scambi professionali a costo zero.100

Non possiamo dimenticarci il deficit di valori, a cui abbiamo accennato, che pare contraddistinguere il nostro tempo. Indubbiamente è in atto una ricerca diffusa di diversi modi

98 Il fenomeno del social housing verrà analizzato nel paragrafo 2.6.

99 Vi sono nel Nord Europa (in Olanda per esempio se ne contano più di duecento) moltissimi cohousing o strutture di social housing riservati a persone anziane; si veda M. Brenton, Quattro esperienze di cohousing

per anziani, in AA.VV, Cohousing e condomini solidali, (a cura di M. Lietaert), Firenze, Editrice Aam

Terra Nuova, 2007. pp. 57 ss.

100 K. McCamant - C. Durrett, Una risposta contemporanea a un bisogno antico, in AA.VV, Cohousing e

di vivere, una riscoperta delle origini. La ricerca della comunità e il ritorno alla vita del villaggio, ad una dimensione più a misura di uomo connaturata da legami sociali più forti e stabili, sono alcuni dei motivi che conducono alla scelta di vivere in comune.101

Nei casi in cui la coabitazione funzioni non solo la qualità di vita tende a migliorare perché vi è un risparmio di spesa e si hanno dei vantaggi dal punto di vista dei servizi ma anche perché la condivisione abitativa porta con sé tutta una serie di profili positivi ulteriori. Pensiamo, per esempio, alla possibilità di avere maggiore tempo libero a disposizione (causato appunto dalla presenza di servizi sociali alternativi o dal fatto che, esemplificando, i compiti saranno suddivisi in base a turni di lavoro) o all'opportunità di sperimentare convivenze intergenerazionali, le quali - con la fine della famiglia allargata - parevano destinate a scomparire.

A tutto ciò dobbiamo aggiungere le problematiche energetiche e ambientali che meritano una riflessione a sé stante e che vedremo nel paragrafo sugli ecovillaggi.

Pare evidente che condividere l’abitazione non abbia la stessa valenza di condividere un bene qualsiasi poiché significa condividere una parte (almeno) di vita.102

Significa dover mettere in piedi un’organizzazione, una gestione interna, un sistema di regole e di sanzioni, metodi decisionali e così via.103

Queste nuove forme abitative sono caratterizzate dall'intenzionalità ovvero dalla volontà di condividere il luogo antropologico per antonomasia, la casa.

Questo le differenzia dalle forme comunitarie di convivenza che potremmo chiamare spontanee o tradizionali. Un villaggio indigeno104

o una comunità alpina, per spiegarsi meglio, costituiscono indubbiamente forme di condivisione degli spazi abitativi (e presentano spesso problemi similari) ma non si possono definire intenzionali. Se la condivisione ha origini di sangue, di parentela, di luogo o di nascita non può definirsi certamente definirsi volontaria.

101 Sulla questioni inerenti la famiglia nelle forme di vita comunitarie, cfr. H. Kackson, La questione dei

generi, in AA.VV, Cohousing e condomini solidali, op. cit., pp. 35 ss.

102 Interessante vedere a tal proposito, seppur specificatamente sui cohousing, D. Leafe Christian, La necessità

di una visione in comune, in AA.VV, Cohousing e condomini solidali, op. cit., pp. 72 ss.. L'autrice mette in

rilievo quattro componenti della visione di comunità. Troviamo allora la visione, ovvero l'immagine futura che ci si aspetta della comunità; la missione o intento che invece rappresenta la concretizzazione in termini fisici e materiali della visione (cosa si dovrebbe fare concretamente per portare a compimento la visione); i

valori che corrispondono ai comportamenti che si ha intenzione di tenere per la vita comunitaria; gli interessi ovvero gli obiettivi che ci si propone; le mete che sono gli obiettivi raggiungibili in tempi brevi; le aspirazioni, le quali sono invece i desideri da raggiungere a lungo termine; la strategia che raggruppa tutte

le decisione da prendere in merito alla costruzione, al finanziamento e alla gestione della comunità. 103 Questi aspetti saranno analizzati nel capitolo III.

Documenti correlati