• Non ci sono risultati.

3. Vicende antropologico-giuridiche della comunità: criticità fisiologiche e influenza della mancata giuridificazione

3.7. I processi decisional

Uno dei profili più rischiosi per la vita stessa della comunità è quello di stabilire in anticipo le normative relative ai processi decisionali.

Ci sono varie possibilità in base anche alla dimensione della comunità e alla tipologia di organizzazione comunitaria.

Nel caso in cui vi sia una gerarchia interna, i processi decisionali seguiranno le divisioni di potere della scala gerarchica.

É ciò che accade nella Comunità di Pignano dove il finanziatore e proprietario del terreno concede l'uso ai residenti per lo sviluppo di questo progetto di sostenibilità ecologica ma al tempo stesso individua un core business formato da persone di cui si fida e che in pratica prendono tutte le decisioni necessarie, poi portate in Assemblea (questa è peraltro una situazione temporanea, la comunità sta lavorando per aggiungere una struttura completamente egualitarie).

Nella stragrande maggioranza dei casi invece la struttura è egualitaria o almeno apparentemente tale per cui anche se c'è - come spesso accade - un leader, quest'ultimo dovrebbe solo ricoprire il ruolo di guida (anche se nella realtà tende ad assume le caratteristiche del vertice gerarchico).

Vediamo le differenti ipotesi che possono presentarsi nelle comunità egualitarie. Intanto possono esservi forme di democrazia deliberativa.57

Si tratta di metodi che si adattano bene alle comunità di piccole dimensioni.

Un gruppo di persone si riunisce per parlare di un questione specifica, ognuno esprime la propria opinione, aiutato dal «facilitatore», cioè dal moderatore del dibattito. Alla fine si arriva congiuntamente ad una decisione finale, che raramente corrisponde alla prima preferenza espressa da ogni componente del gruppo.

57 F. Sacchetti, Atti convegno Un patto tra noi. Comunità egualitarie di tutto il mondo, 18-19 maggio 2007, Segrate, pp. 34 ss.

La democrazia deliberativa può presentarsi in due varianti: assemblea con votazioni a maggioranza e metodo del consenso.

L'assemblea con votazioni a maggioranza rappresenta un metodo estremamente democratico ma meno «comunitario» in quanto ci saranno soggetti non soddisfatti delle decisione assunta. Il voto non è un processo di confronto ma piuttosto una procedura formale. Ci si riunisce in assemblea per discutere, a volte anche in modo aggressivo, e alla fine si giunge ad una votazione.

Questo modello contiene dentro di sé il rischio di far nascere lotte interne per il potere, di creare contrapposizioni eccessivamente forti tra minoranza e maggioranza e di escludere chi non appartiene ad uno dei due schieramenti.

Inoltre la parte del gruppo non soddisfatta non parteciperà alle attività connesse a quelle che sono state votate.

É il metodo che per esempio viene utilizzato dalla comunità del Forteto.

Il metodo del consenso58 è una tecnica comunicativa utilizzata dagli ecovillaggi per valorizzare le diversità ed eliminare alla radice ogni sorta di autoritarismo e di prevaricazione da parte della maggioranza.59

Vi sono delle assemblee periodiche in cui si affrontano le differenti questioni da risolvere. La decisione viene presa con il consenso del gruppo: il che non è equivalente ad una decisione assunta all'unanimità, almeno nel senso classico che si attribuisce a questa parola. In questo caso si discute e al termine si arriva a prendere una decisione che, seppur non condivisa, è accettata da tutti (in questo senso si parla di unanimità).

Il metodo del consenso comporta il vantaggio di demistificare il leader e di far partecipare tutti i componenti alle decisioni, evitando la contrapposizione tra maggioranza e minoranza. Il consenso ha peraltro origini antichissime, già la Duma Polacca nel 400 funzionava così anche se non ne rimane traccia scritta di alcun genere. Medesimo discorso lo potremmo fare per la comunità dei Quaccheri.

Il metodo del consenso è complicato e necessita spesso di una lunga preparazione: ci sono addirittura corsi di formazione che insegnano a gestire i metodi decisionali oppure ci si può rivolgere a figure esterne, professionalmente competenti.

58 L. Borio, Imparare a decidere in gruppo, in AA. VV., Cohousing e condomini solidali, op. cit., pp. 100 ss. Sul metodo del consenso, si veda anche il sito dell'International insitute for Facilitation and Consesus (IIFAC).

59 R. Guidi, Ecovillaggi: esperienze comunitaire tra utopia e realtà, tesi di dottorato, Università di Pisa, Dipartimento di Scienze politiche e sociali, a.a. 2007-2008, p. 114.

Più frequentemente, il «facilitatore» è un ruolo svolto da qualche interno, di norma a rotazione: regola imprescindibile è però che non prenda parte alla discussione, limitandosi a condurre il confronto e mantenendo centrale la questione da affrontare.

Perché la riunione abbia un buon esito, deve esserci una divisione puntuale dei ruoli: ci sarà chi vigila sul tempo concesso ad ognuno (spesso chiamato «guardiano del tempo»), chi si occupa del verbale (il «guardiano delle memorie»), chi aiuta il «facilitatore» prendendo appunti visibili a tutti (lo «scriba»), chi aiuta i nuovi ingressi a integrarsi nelle riunione («guardiano della porta»), chi si occupa del cibo e delle pulizie necessarie al termine della riunione («squadra di gestione») e chi controlla che la tensione emotiva del gruppo rimanga sotto il livello di allarme («guardiano delle vibrazioni»). A prescindere dal carattere folkloristico delle denominazioni, sono figure che ricoprono ruoli fondamentali anche quando la comunità assume la forma dell'associazione o di un'altra formazione sociale.

Il metodo del consenso presenta tuttavia una serie di difetti: intanto è estremamente lento e richiede molte riunioni proprio perché non si vota «si» o «no» ma si discute ad oltranza; spesso le persone formate per moderare i dibattiti cambiano e occorre ripartire da capo; può verificarsi un abuso del potere di blocco che ogni partecipante ha a disposizione; vi è, infine, un'eccessiva influenza esercitata da chi ha buone capacità comunicative o oratorie.

Riprendendo un'usanza dei nativi americani, il Popolo degli Elfi e altre comunità utilizzano il metodo del cerchio, che rappresenta un sottoinsieme del metodo del consenso. Un ruolo fondamentale lo gioca nuovamente lo spazio: il metodo del consenso funziona infatti più facilmente se ci si dispone a cerchio, in modo da ricreare una figura geometrica egualitaria, favorendo così la partecipazione.

Si utilizza anche un oggetto (di solito il «bastone della parola») che si passa di volta in volta insieme al diritto di parola (si parla anche di metodo del bastone, in effetti), che non ha in questo caso limitazioni di tempo. Gli interventi si avvicendano in base all'età dei relatori. Il metodo del cerchio ha i medesimi pregi e i medesimi difetti di quello del bastone. Da una parte, la partecipazione sarà attivissima e convinta, dall'altra parte i tempi di decisioni saranno assai lunghi.

Un altro sottoinsieme è costituito dal metodo della condivisione.

Questo metodo è utilizzato dalla comunità cattolica praticante ACF, basata sul mutuo aiuto tradizionale tra vicini.60

Il metodo della condivisione rispecchia questa idea: si tratta infatti di assemblee periodiche nelle quali ognuno a turno e senza limiti di tempo interviene. Non c'è contraddittorio né dibattito ma solo l'esposizione personale di ognuno.

Il problema è che presenta termini ancora più lunghi sia del metodo del consenso che di quello del bastone.

Passiamo ora ai metodi di democrazia rappresentativa. Questa tipologia si adatta bene alle comunità di grandi dimensioni.

Le decisioni vengono prese da un gruppo di residenti che rappresentano gli altri.

In alcuni casi all'interno del nucleo comunitario sono effettuate delle libere elezioni degli organi decisionali.

In altri casi, invece, gli incarichi vengono effettuati a rotazione, onde evitare accumuli di potere che potrebbero essere letali per la comunità (e che di fatto costituirebbero delle strutture gerarchiche).

Altrimenti i soggetti destinati a rappresentare gli altri possono essere nominati in base ai criteri più svariati, di norma prestabiliti negli statuti. É quello che accade quando ci sono, per esempio, consigli di anziani ai quali viene lasciato il monopolio dei processi decisionali.

Dobbiamo infine aggiungere a questa carrellata tutte le formule ibride che possono concretizzarsi in varie combinazioni.

A Damanhur, per esempio, esiste un processo decisionale che è un mix di democrazia diretta e rappresentativa, nella quale alcune decisioni sono prese dagli organi elettivi e altre attraverso il metodo del consenso.

La medesima cosa accade a Findhron in Scozia: per quello che riguarda i singoli settori in cui è organizzata la comunità, le decisioni sono prese dai rispettivi responsabili; vi è poi una sorta di management costituito dai vari responsabili di settore; vi è infine un'assemblea che prende decisioni con il metodo del consenso.61

Anche ad Auroville in India, le decisioni settoriali sono prese all'interno di piccoli gruppi di lavoro mentre quelle comuni sono assunte col metodo assembleare.62

Per completezza, dobbiamo menzionare anche i metodi ispirati a principi spirituali o religiosi.

Per esempio, possiamo trovare, il metodo delle costellazioni familiari, una tecnica ideata dal tedesco Bert Hellinger, basata sui principi delle filosofia Reiki.

61 M. Olivares, op. cit., p. 123. 62 Ivi, pp. 132 ss.

Molte comunità scelgono anche metodi per così dire «informali» senza stabilire una procedura ma affidando al buon senso degli abitanti i processi decisionali che così cambiano di volta in volta.

Quale che sia il metodo scelto, i processi decisionali comportano sempre una serie di criticità che possono sintetizzarsi in questo breve elenco: scarsa capacità di ascolto, tendenza alla ripetizione, mancanza di centratura del problema, eccessiva concentrazione sui dettagli, competizione, verbosità, eccessiva passività, assenza delle informazioni necessarie, tendenza a evitare alcuni argomenti, mancanza di responsabilità nell'eseguire gli incarichi assunti, polarizzazioni, tecniche manipolative, eccessivo carisma del leader.

Ecco perché, dati tutti questi fattori ostativi, è buona regola stabilire le modalità dei processi decisionali fin dal principio.

Documenti correlati