2. I differenti profili della mancata giuridificazione
2.2. Profili di legittimazione interna
2.2.1. Regolamenti interni, statuti e costituzioni private
Abbiamo detto, quindi, che le comunità si auto regolamentano, almeno per ciò che concerne l'ordinamento interno.
Se infatti non tutte le comunità chiedono un riconoscimento giuridico (ma questo lo vedremo nel capitolo V), ognuna di loro rivendica un bisogno di autonomia interna, soprattutto «laddove non risultano sufficienti i tradizionali strumenti del contratto e dell'associazione al fine di dare regolazione a nuove tipologie relazionali volte a consentire la coordinazione etica e solidaristica di rapporti e organizzazioni cooperative».10
Si sviluppa così nelle comunità un processo di costituzionalizzazione - anzi di «auto costituzionalizzazione»11 - che va a creare un nuovo regime privatistico, teso a proteggere i particolari valori e le peculiari relazioni che vivono al loro interno. Si tratta, come rileva Mario Ermini, di «un atto spontaneo capace di regolare un sottosistema sociale organizzato sulla base di una logica autonoma di determinazione dei confini di vari modelli giuridici di attività».12
Nella pratica questo si traduce in due tipologie di atti normativi: la «costituzione» e il «regolamento interno», talvolta racchiusi in un unico atto complessivo firmato dai fondatori al momento costitutivo della comunità e accettato successivamente da tutti coloro che entrano a farne parte.
La «costituzione» o «carta costituzionale» (ma anche in questo caso non ci sono regole di denominazione ovviamente; vi sono casi infatti in cui il documento viene chiamato
10 M. Ermini, Cohousing, in AA. VV., L'esigenza abitativa. Forme di fruizione e tutele giuridiche. Atti del
Convegno in onore di Gianni Galli, op. cit., p. 250.
11 Ivi, p. 251.
«dichiarazione di intenti» o semplicemente «carta») contiene i preamboli etici, gli elementi fondanti, l'inspirazione che guida la comunità stessa, le regole sociali da seguire. Si tratta più che altro, come rileva Zucchini, di «principi di carattere morale»13
che definiscono i tratti essenziali della comunità.
Le disposizioni inserite nelle costituzioni non sono collegate a sanzioni e non hanno valore coercitivo: il loro rispetto è rimesso alla volontà dei residenti. La costituzione viene redatta di norma al momento della creazione della comunità, talvolta con l'aiuto di «facilitatori».
A volte il documento è meramente interno, altre volte è contenuto in altri «documenti formali associati con la forma legale»14
scelta o nella «letteratura promozionale»15
(web o opuscoli). Solitamente essi non hanno forza giuridica e sono rimessi alla libera adesione da parte dei residenti; talvolta però acquistano forza legale attraverso dei contratti procedurali tra residenti o tra residenti e soggetto giuridico collettivo.16
È chiaro che trattandosi di una carta più etica che giuridica, più valoriale che organizzativa, la costituzione assume rilevo differente a seconda della tipologia di comunità che si va ad analizzare.
Per esempio, abbiamo detto nel capitolo II che i cohousing e i condomini solidali non hanno necessita di condivisione valoriale mentre per le comunità intenzionali in senso stretto questo tipo di condivisione è imprescindibile. Da ciò si desume che nelle prime strutture citate la carta non può ricoprire il medesimo valore che ricopre nelle comunità intenzionali, soprattutto in quelle dove l'ispirazione ideologica è particolarmente sentita.
Cerchiamo di comprendere meglio con qualche esempio concreto.
Una nota costituzione di una comunità è quella di Auroville in India (che analizzeremo per altri motivi anche nel prossimo capitolo), chiamata anche La Carta di Auroville.17
É composta di soli quattro punti, da cui appare evidente la forte connotazione ideologica della comunità. Li riportiamo di seguito.
13 M. Zucchini, Aspetti operativi: il cohousing dal punto di vista giuridico, in AA. VV., Famiglia, reti
familiari e cohousing. Verso nuovi stili del vivere, del convivere e dell'abitare, (a cura di Sapio A.), Milano,
FrancoAngeli, 2010, p. 220.
14 AA. VV., Cohousing e condomini solidali, (a cura di M. Lietaert), Firenze, Editrice Aam Terra Nuova, 2007, p. 77.
15 Ivi, p. 78.
16 M. Zucchini, Aspetti operativi: il cohousing dal punto di vista giuridico, in AA. VV., Famiglia, reti
familiari e cohousing. Verso nuovi stili del vivere, del convivere e dell'abitare, op. cit., pp. 219 ss.
17 AA. VV., Ecovillaggi. Una soluzione per il futuro?, ( a cura di G. Capriolo - B. Narici); Padova, 1999, pp. 19 - 20; si veda anche AA.VV., Gli ecovillaggi nel mondo, in AA. VV., Ecovillaggi e cohousing. Dove
sono, chi li anima, come farne parte o realizzarne di nuovi, (a cura di F. Guidotti), Firenze, Editrice Aam
Auroville non appartiene a nessuno in particolare. Appartiene all'umanità nel suo insieme. Ma per vivere ad Auroville bisogna essere il servitore volontario della Coscienza Divina.
Essa sarò il luogo dell'educazione senza fine, del progresso costante e della giovinezza senza vecchiaia.
Vuole essere il ponte tra il passato e il futuro. Valendosi di tutte le scoperte esteriori ed interiori, essa vuole lanciarsi arditamente verso le realizzazioni future.
Sarà il luogo di ricerche materiali e spirituali per dare un corpo vivo ad una concreta dignità umana.
Accanto alla costituzione (o direttamente incluso in essa) troviamo spesso un ulteriore documento che esplicita la «visione della comunità» (si veda il capitolo II), la quale, secondo Stephen Brown, fondatore del Shenoa Retreat and Conference Center in California, altro non è che «un avviso messo sul cancello di ingresso per tutti quelli che vogliono entrare».18
Prendiamo, ancora per esemplificare, la dichiarazione di visione della comunità di Dancing Rabbit ecovillage, negli Stati Uniti.
A differenze di molte altre non si presenta sotto forma di articolato ma con una impostazione narrativa. La dichiarazione intanto palesa quali sono i suoi obiettivi etici («creare una società delle dimensione di una cittadina o di un villaggio, composta di individui e da comunità di varie dimensioni e con varie strutture sociali»19), esplicita i valori di riferimento («vivere in modo sostenibile»20), descrive le intenzioni a lungo termine («è nostra intenzione crescere fino ad essere una cittadina autosufficiente di 500-1000 residenti»21) e i progetti concreti che intende realizzare (visite, pubblicazioni accademiche, promozione dello stile di vita sostenibile, conferenze e così via).
Ragionamento di differente tenore va fatto per il regolamento interno o statuto.
Questo a differenza della carta costituzionale contiene regole giuridiche sui comportamenti sociali da tenere all'interno della comunità e la loro sostanza dipende in larga parte dalla tipologia di modello giuridico che le comunità scelgono.
Da una parte il regolamento interno risente quindi delle «griglie» imposte dalla «veste» giuridica indossata, dall'altra i co-residenti «possono redigere una pattuizione diversa da quella normativamente prevista, purché diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela
18 AA. VV., Cohousing e condomini solidali, op. cit., p. 78. 19 Ivi, 81.
20 Ibidem.
(principio di autonomia contrattuale)».22
Per esempio, nel caso di cohousing e condomini solidali, nei quali si sceglie quasi sempre la forma giuridica del condominio, il regolamento rispetterà le norme inderogabili in materia.
Proprio per la diversità della struttura abitativa rispetto al condominio convenzionale, ci saranno tuttavia alcune norme inderogabili che mal si adatteranno a disciplinare la vita comunitaria. Prendendo come esempio la normativa italiana, possiamo citare fra le norme non adatte alle comunità abitativa quella che prevede la necessaria presenza di un amministratore anche per ciò che concerne le vertenze giudiziarie e amministrative (art. 1129 e art. 1131cc); quella che riguarda le regole di convocazione dell'assemblea ex art. 67 disp. Att; l'art. 1136 cc per il quale le decisioni debbono essere prese a maggioranza; il regime delle impugnazioni delle delibere assembleari previsto dall'art. 1137 (che insieme alla norma precedente impedisce di fatto alle comunità di assumere altri meccanismi decisionali).
Salvo le norme inderogabili, per il resto la comunità è libera di autodeterminarsi. Riprendendo l'esempio della struttura condominiale, possiamo menzionare alcuni esempi di variazione e innovazione, riprendendoli dall'elenco che fa Zucchini23: l'inserimento di un preambolo etico all'interno del regolamento; la creazione di liste di attesa per i potenziali nuovi ingressi (lo vedremo a breve); la fissazione delle regole generali di utilizzo degli spazi condivisi (utilizzo libero, programmato a ore, programmato a turni, su prenotazione); la previsione di una sorta di consiglio simile al consiglio di condominio24; la proceduralizzazione di un tentativo facoltativo di conciliazione tra residenti in caso di lite.
Vediamo, sempre per esemplificare e capire la differenza con lo stile e la sostanza delle carte costituzionali, due statuti interni.
Lo statuto della Comune di Bagnaia prevede molti articoli, i quali si preoccupano di disciplinare molti aspetti giuridici interni.
Al suo interno troviamo introdotto25
intanto un regime di proprietà collettiva («Tutte le risorse [….] sono a disposizione dei membri»).26
L'economia - che prevede altri principi di stampo collettivista - è fondata su un'agricoltura differenziata e sostenibile, che viene riconosciuta come attività primaria della comunità.
22 AA. VV., Cohousing e condomini solidali, op. cit., p. 78.
23 M. Zucchini, Aspetti operativi: il cohousing dal punto di vista giuridico, in AA. VV., Famiglia, reti
familiari e cohousing. Verso nuovi stili del vivere, del convivere e dell'abitare, op. cit., pp. 225 - 226.
24 Introdotto dalla legge n. 220 del 2012.
25 F. Guidotti, Gli ecovillaggi in Italia, in AA. VV., Ecovilllaggi e Cohousing, op. cit., pp. 39 - 41. 26 Ivi, p. 39.
Ogni membro può scegliere l'attività lavorativa da svolgere ma comunque tutti sono tenuti a collaborare e partecipare alle attività di gestione della comunità. Il testo si preoccupa anche di ribadire l'effettiva parità dei sessi nelle attività lavorative.
Per ciò che concerne vi è la previsione dell'assemblea come unico organo deliberativo, visto che si rifiuta ogni forma di autoritarismo.
Il regolamento entra poi anche nella sfera intima dei membri: esso prevede infatti la ricerca di uno stile di vita sobrio, la creazione di una rete affettiva estesa a tutti i membri e che i rapporti interpersonali debbono essere improntati alla fiducia e all'amicizia.
Nel documento è previsto anche un obbligo di partecipazione ad almeno alcune delle attività comunitarie (pur non essendo obbligatoria la convivenza totale) mentre nulla è stabilito circa il numero massimo di membri.
Vediamo ora alcuni punti fondamentali dello statuto della comunità di Lumen.27
Fra le altre cose si fa presente che la comunità è «apartitica, asindacale e aconfessionale».28 Si esplicitano poi gli scopi culturali, scientifici, formativi e assistenziali e l'assenza di scopo di lucro.
Lo statuto elenca poi nel dettaglio la tipologia e i caratteri delle attività formative che vuole effettuare (diffusione della medicina naturale, delle arti sanitarie non mediche e della concezione olistica).
Come vediamo fra i due statuti vi è una enorme differenza.
Lo statuto della Comune di Bagnaia (la quale, come vedremo a breve, è organizzata come una cooperativa agricola e come un'associazione culturale), affianca ai numerosi contenuti etici (che lo fanno sembrare a tratti più vicino ad una carta costituzionale che ad uno statuto interno di una persona giuridica) altrettanto numerosi principi giuridici e di organizzazione economica.
Lo Statuto di Lumen è in sostanza una mera dichiarazione di intenti: nulla dice sulle norme interne, limitandosi ad effettuare una descrizione programmatica delle attività comunitarie. Come già accennato, in assenza di regole le denominazioni che le comunità attribuiscono a questi documenti non sempre corrispondono al loro contenuto.
27 F. Guidotti, Gli ecovillaggi in Italia, in AA. VV., Ecovilllaggi e Cohousing, pp. 66 - 67. 28 Ivi, p. 66.