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2. Le forme dell'abitare condiviso: una panoramica

2.3. I condomini solidal

Il condominio solidale nasce dalla combinazione tra le istanze solidaristiche e la necessità di condividere gli spazi.

Almeno apparentemente non è molto differente da un condominio «normale».

Si tratta infatti di un condominio caratterizzato dalla presenza di numerosi spazi in comune, al pari di molti altri condomini convenzionali. Capita spesso infatti che un condominio destini spazi come la lavanderia o la cantina all'utilizzo comune: ma si tratta di un uso meramente temporaneo che comporta vantaggi economici ma non implica nessun tipo di esperienza comunitaria e nessuna condivisione.106

Nei condomini solidali si sviluppa al contrario una particolare esperienza abitativa e comunitaria: i vari nuclei familiari attuano differenti forme di cooperazione e di mutuo aiuto (familiare, lavorativo, domestico) e - pur continuando ad abitare in residenze private - condividono spazi, tempi e attività.

Nei condomini solidali possono esservi locali in comune come, per esempio, la lavanderia, la sala dei giochi per i bambini, la cantina, il giardino, la sala televisione. Può esserci una stanza dedicata al fai da te, un deposito dove vengono sistemati, a disposizione di tutti i condomini,

105 M. Lietaert, Un'altra vita urbana è possibile, in AA. VV, Cohousing e condomini solidali, op. cit., pp. 5 - 6. 106 M. Olivares, Comuni comunità ecovillaggi in Italia in Europa nel Mondo, Firenze, Aam Terra Nuova,

tutti gli oggetti e gli elettrodomestici in disuso oppure un orto condominiale coltivato a turno. In altri casi troviamo addirittura una cassa comune, un servizio di baby-sitteraggio, di dopo- scuola o di assistenza agli anziani.

Questi condomini si trovano soprattutto negli spazi urbani e, materialmente parlando, si tratta quasi sempre di condomini già esistenti ai quali viene data una nuova impronta.

Non serve nessun tipo di condivisone valoriale o ideologica anche se poi, nella prassi, di solito i condomini solidali prendono origine dal mondo del volontariato cattolico.

La maggior parte dei condomini solidali sono parte infatti dell'associazione Mcf107

(Mondo famiglia e comunità). Mcf (un tempo Acf, Associazione famiglia e comunità) nasce nel 1988 ma prende ufficialmente solo nel 2003 con lo scopo di coordinare le diverse esperienze nate dalla comunità di Villapizzone a Milano.108

L'associazione raggruppa una ventina di comunità e condomini ubicati in Lombardia. Toscana, Piemonte e Friuli e cerca di far incontrare i soggetti interessati a questo tipo di esperienza, favorendo un volontariato di gruppo e non individuale. Mcf si richiama al mondo del cristianesimo, in particolar modo a quello gerosolimitano e a quanto scritto negli Atti degli Apostoli, secondo i quali i cristiani delle origini «stavano insieme e avevano tutto in comune, vendevano poi le proprietà dei beni e ne distribuivano il ricavato a tutti, secondo che ognuno ne aveva bisogno».109 Il fatto che l'associazione sia legata al mondo cattolico non comporta nessuna presa di posizione rigida sulla religione né implica obblighi spirituali di sorta ai membri del condominio.

Il cuore del condominio solidale è il nucleo familiare tanto che Mcf si autodefinisce un'associazione per la promozione della famiglia e della persona. La sua struttura è articolata in comunità familiari, gruppi di condivisione, gruppi di servizio e gruppi di lavoro. Potremmo anzi sostenere che la peculiarità principale di queste strutture sociali è proprio quella di aver saputo coniugare il mondo comunitario con quello familiare, a differenza per esempio di quanto accada nelle forme comunitarie nate sull'onda dell'antifamiliarismo degli anni '60.

Le famiglie sono legate tra loro da una sorta di patto che prevede le regole minime per le convivenza. Poiché la condivisione e quindi il comunitarismo non sono molto accentuati e le abitazioni rimangono private, non c'è bisogno di particolari normative o regole gestionali interne (salvo quelle necessarie per il funzionamento del condominio in senso stretto) e la maggior parte della gestione è affidata al buon senso.

107 Si veda il sito di Mcf, www.comunitaefamiglia.org

108 Per un approfondimento si legga l'intervista a M. Tringale in AA.VV, Cohousing e condomini solidali, op.

cit.

I vari nuclei familiari non si fondono ma piuttosto vivono secondo quelli che si possono chiamare principi del vicinato solidale.

È diffuso l'utilizzo della cassa comune, dove vengono versati i proventi dei vari componenti del condominio (ma il reddito viene prodotto interamente all'esterno) e ad ogni nucleo viene dato un assegno in bianco da compilarsi in base alle proprie necessità. Ciò che non è speso da ogni famiglia viene poi riutilizzato per le necessità delle altre.

Di solito l'immobile viene reperito da Mcf e la proprietà è della Curia locale che la affida alla gestione dei condomini.

I progetti sono solitamente finalizzati al reinserimento sociale dei soggetti ai margini della società (per esempio, ragazzi con difficoltà familiari, giovani, adulti rimasti senza lavoro) ed è per questo che ad ogni nucleo familiare viene richiesta la disponibilità ad ospitare altre persone (restando ben inteso che ogni nucleo lo fa secondo le proprie possibilità). Questa combinazione fra soggetti emarginati e nuclei familiari permette di abbassare il costo sociale dei primi in modo rilevante. Le esternalità positive sono anche altre: i condomini solidali, di solito situati in zone urbane o suburbane, permettono di riqualificare quartieri degradati.

Un esempio interessante - anche in questo ultimo senso - è il già citato condominio solidale di Villapizzone a Milano, primo archetipo dei condomini solidali in Italia.110

Il condominio viene creato attraverso l'occupazione da parte di tre nuclei familiari di un’antica villa, fino a quel momento occupata abusivamente da soggetti disagiati e da criminali.

I membri delle famiglie svolgono quasi tutti lavori manuali, per esempio producono oggetti di artigianato con materiali di recupero, utilizzando materiali rinvenuti da sgomberi di solai e cantine; ci sono però anche membri del condominio che lavorano all'esterno e che partecipano solo ad alcune attività comuni. Col tempo Villapizzone è diventato un caposaldo per il quartiere e si distingue per l'accoglienza di persone emarginate e per l'attivazione di particolari esperienza solidali come quella del Banco alimentare111

ed altre attività spesso organizzate sotto forma di associazione.

110 Su Villapizzone si veda l'interessante contributo di D. Passatutto - M. Carraro - S. Devivo - V. Comparin - L. Rossi Polidori, Il condominio solidale di Villapizzone (MI): una forma più partecipata di co-housing, disponibile in http://viverealtrimenti.blogspot.it/2010/07/il-condominio-solidale-di-villapizzone.html 111 Il Banco alimentare è una fondazione nata nel 1989 che si occupa della raccolta di derrate alimentari ancora

2.4. I cohousing

Il cohousing nasce in Danimarca nel 1972 e, da lì, trova grande diffusione in Olanda, in Svezia (dove già dagli anni '30 esiste una forte realtà comunitaria e dove negli anni '80 è riconosciuto dal governo), in Giappone, in Canada, in Australia, negli Usa e poi in tutto il mondo, giungendo solo recentemente nell'area mediterranea.

Il primo esperimento di questo genere è considerato Skråplanet, il cohousing (bofælleskaber, «comunità viventi» in lingua danese) fondato nel 1964 dall'architetto Jan Gødmand Høyer.112

Oggi ben il 2 % della popolazione danese vive in cohousing, tanto per dare un'idea della dimensione del fenomeno.

Il fatto che il cohousing nasca negli stati del Nord Europa non è casuale: è infatti in questi paesi che lo Stato del Welfare e la famiglia tradizionale entrano in crisi prima che altrove e dove si affaccia negli anni 70 la precarietà e la flessibilità lavorativa.

Il cohousing (traducibile con coabitare113

) sta a metà strada tra un condominio solidale e una comunità vissuta, però, con un approccio assolutamente moderno.

Lietaert lo definisce come «una particolare forma di vicinato, in cui alloggi privati e servizi in comune vengono combinati in modo da salvaguardare la privacy di ognuno e allo stesso tempo il bisogno di socialità, offrendo una risposta efficiente a alcune questioni pratiche del vivere in città come il mangiare, la gestione dei bambini ecc».114

Di norma vi sono delle case private di varie metrature dove abitano le singole famiglie ed un edificio comune dove invece si svolgono le attività di gruppo (la casa comune): il design e l'architettura stessa del complesso è funzionale115

ad una maggiore integrazione solidale tra vicini (quello che Mc Camant e Durrett 116

chiamano social contact design).

Le case private sono generalmente più piccole (dal 5 al 15 % in meno) delle abitazioni tradizionali e questo sia per favorire l'incontro e l'aiuto sia per abbattere i costi, tenuto conto che il cohouser partecipa anche al costo degli spazi comuni.

I membri del cohousing sono attivi fin dalla fase della progettazione del complesso,

112 Cfr. F. Bergamasco - G. Canossa, Jan Gødmand Høyer, l'ideatore del cohousing, in AA.VV, Cohousing e

condomini solidali, op. cit.

113 M. Lietaert, op. cit. p. 5 114 Ibidem.

115 Questo aspetto sarà approfondito nel capitolo III.

116 K. McCamant - C. Durrett, Cohousing: a contemporary approach to housing ourselves, Berkley, Ten Speed Press, 1994.

scelgono i metodi di selezione dei cohousers, sono coinvolti nella ricerca dei finanziamenti e nella formulazione delle regole operative interne.

Spesso il cohousing è recintato o comunque ben delimitato, il che da una parte garantisce un livello di sicurezza abbastanza elevato, soprattutto per i bambini, dall'altra parte fa somigliare questi complessi abitativi alle gated communities che vedremo meglio nel proseguo.

Vi sono molti servizi comuni, gestiti direttamente dai residenti. Alcuni autori parlano infatti di «multifunzionalità comunitaria».117

Non ci sono scale gerarchiche ma piuttosto ruoli e funzioni ben definiti che permettono una migliore organizzazione delle attività.

La maggior parte dei membri lavora all'esterno; all'interno del cohousing raramente si produce reddito anche perché mancano le strutture per agire in questo senso. Semplicemente si utilizzano gli spazi e si organizzano attività in comune, scambiandosi esperienze e competenze.

Il livello di condivisione può essere di varia intensità e non vi sono, come del resto anche nelle altre esperienze di coabitazione, schemi prefissati.

Come nel condominio solidale, si può approfittare di servizi sociali a costo zero o a costo molto più basso di quello di mercato, come la baby-sitter o l'assistenza agli anziani.

Dal punto di vista economico, possiamo trovare cohousing dotati di una cassa comune nella quale vengono versati i redditi esterni e poi suddivisi in base alle esigenze personali e altri dove invece la gestione economica è completamente individuale/familiare e il contributo nei confronti del gruppo è soddisfatto mediante una sorta di quota di ingresso o di versamento annuale.

Non serve una visione ideologica unica anche se spesso i residenti hanno un patrimonio valoriale unico, per esempio, per ciò che riguarda la sostenibilità ambientale, le energie rinnovabili, la riscoperta della vita comunitaria e delle tradizioni. Questo ultimo dato, oltre ad una differente struttura architettonica (ma questo non è un elemento fondante) è ciò che contraddistingue i cohousing sia dai condomini solidali che dalle comunità intenzionali.118

Il cohousing è la forma coabitativa che più delle altre permette di mantenere la privacy

117 V. Baglioni - F. Chiodelli, Esperienze di cohousing a Milano e Torino in AA.VV., La città intraprendente.

Comunità contrattuali e sussidiarietà orizzontale, Roma, Carocci editore, 2012, pp. 33 - 42.

118 Sul punto, non tutti concordano. Per esempio, Baglioni e Chiodelli ritengono fondamentale la componente valoriale, tanto da farne una delle caratteristiche fondanti del cohousing.V. Baglioni - F. Chiodelli, op. cit.

e probabilmente è anche la formula che trova minori difficoltà di sopravvivenza.119

Nonostante ciò, se per esempio facciamo un raffronto sul territorio italiano, si nota che vi sono pochissime esperienze di cohousing (anche se in continuo aumento) rispetto invece alla numerosi realtà di condomini solidali o di comunità intenzionali.

Fra queste esperienze italiane, possiamo citare il Cohousing Numero Zero a Torino. Il complesso non ha (tanto per confermare quello che abbiamo ripetuto più volte, ovvero che non ci sono regole precise per la realizzazione di queste strutture abitative) la comune forma architettonica di cui abbiamo detto sopra ma è costruito dentro un palazzo dell'Ottocento, che è stato così riqualificato. Vi sono spazi comuni facilmente accessibili: un terrazzo, due corti, i locali tecnici, un laboratorio, due sale multifunzionali, spazi lavanderia, un sala del fai da te, un forno comune. Il cohousing viene disciplinato da regole interne condivise e per quanto concerne l'aspetto economico i membri lavorano all'esterno ma per incrementare i fondi comuni una parte del cohousing è stata destinata all'ospitalità alberghiera con la predisposizione di due bed and breakfast.120

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