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2. Le forme dell'abitare condiviso: una panoramica

2.5. Comunità intenzionali in senso stretto

Un’altra modalità di vivere in comune è quella che prevede la coabitazione in quelle che sono chiamate comunità intenzionali.

Una comunità intenzionale è formata da gruppo di persone che hanno scelto di lavorare insieme con l'obiettivo di sviluppare un'idea o una visione comune, condividendo la terra e l'abitazione. Non è più co-residenza ma si tratta di coabitazione in senso stretto ed è ciò comporta un alto livello di condivisione.121

Anzi, probabilmente in questo caso si potrebbe parlare di convivenza ma anche di coworking, di sharing economy e così via. Insomma la condivisione è totale e riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana e difatti le comunità intenzionali sono di fatto le uniche e dirette eredi delle comuni hippy anni 60.

La struttura architettonica aiuta a capire la differenza con i cohousing o i condomini

119 Sul cohousing, si veda AA.VV, Cohousing e condomini solidali, op. cit.

120 Sul cohousing Numero Zero si veda il sito http://www.cohousingnumerozero.org/.

121 Si vuole intendere con «coabitazione» un livello più stretto di convivenza, nel quale si abita a 360 gradi nel medesimo alloggio. Il termine, ai nostri fini, non comprende quelle forme, come il cohousing, dove ognuno mantiene la sua abitazione privata (parliamo allora di «co-residenza»).

solidali: le comunità (non sempre, alcune sono strutturate diversamente) sono solitamente composte da uno o più grandi edifici dove possono coabitare più nuclei familiari.

La vita si svolge quasi interamente all’interno delle comunità stessa. I partecipanti non si limitano ad avere spazi in comune (che tuttavia rappresentano qui almeno il 25-30% dello spazio totale) o ad organizzare attività insieme ma lavorano nella e per la comunità, condividono cibo e servizi (spesso essenziali), cercano di raggiungere la completa autosufficienza.

Si tratta, nella maggior parte dei casi, di comunità costituite da 10 - 20 membri ma anche il numero dei partecipanti è molto flessibile poiché possiamo citare casi come il Popolo degli Elfi o Damanhur che sono composti da centinaia di persone.

Di solito sono situate in zone rurali anche in considerazione del fatto che elemento ricorrente è la ricerca di uno stile di vita a contatto con la natura.

Decidere di far parte di una comunità è una scelta radicale che ben si differenzia dal decidere di vivere in un cohousing o in un condominio solidale.

La privacy è quasi inesistente, lo stile di vita di solito estremamente frugale e difficoltoso. La comunità non sempre riesce ad integrarsi nell’ambiente circostante ed è probabile che si isoli dal resto della società.

Elemento fondamentale e caratterizzante è l’ispirazione ideologica che può essere di tipo religiosa, spirituale, ecologica o quanto altro. Se nel condominio e nel cohousing la condivisione valoriale può essere un utile surplus, nella comunità diventa elemento indispensabile: la stretta convivenza, la chiusura, la totale condivisione mette a dura prova l’esistenza stessa della comunità (peraltro caratterizzate da un tasso di insuccesso altissimo) e avere una visione comune aiuta a superare i numerosi ostacoli che si presentano.

Questo è anche il motivo per cui questa tipologia di forma di co-abitazione prende il nome di comunità intenzionale: a ben vedere, tutte le forme di convivenza di cui stiamo parlando sono forme intenzionali, nel senso di volontarie, di non spontanee ma volute. In questo caso tuttavia il carattere dell’intenzionalità emerge in modo violento e spicca sugli altri elementi. Se negli altri casi le motivazioni possono essere le più svariate (risparmio di denaro, sostenibilità ambientale, tentativo di creare servizi alternativi e così via), chi entra a far parte di una comunità è spinto dalla ricerca di un nuovo tipo di vita.

sorta di classificazione. Possiamo distinguere, seguendo il percorso tracciato da Olivares122 , fra comunità di matrice ideologica (in generale tutti gli ecovillaggi che vedremo in seguito); comunità del cosiddétto «comunismo dal volto umano» (per esempio, la Comune di Bagnaia); comunità laiche e tendenzialmente individualistiche (per esempio, Torri Superiore, nata allo scopo di ristrutturare un borgo antico abbandonato); comunità spirituali o religiose, le quali a loro volta possono essere suddivise in comunità cattoliche (come Nomadelfia), di matrice orientale (per esempio, la comunità di Miasto) o di matrice «gnostico-esoterica» (come Damanhur).

Lo stesso Olivares mette in guardia dalla scarsa affidabilità della sua classificazione rilevando che in effetti nella maggior parte dei casi le comunità si presentano come ibridi, mescolando differenti tipologie di motivazioni. Spesso capita infatti che una comunità si presenti per alcuni profili molto «comunitaria», per altri molto più tesa verso la gestione privatistica.

Le comunità possono essere organizzate in differenti modi, sia dal punto di vista prettamente abitativo che economico, lavorativo e finanziario.

La comune di Bagnaia123

, per esempio, presenta una struttura con camere private e spazi comuni, fra cui uno spazio appositamente pensato per avere momenti di intimità individuale. L’economia è a proprietà indivisa, i bisogni essenziali sono garantiti dalla comunità stessa e i residenti ricevono dei «mini-stipendi» mensili per le proprie spese.124 La comune è organizzata come una struttura composita a tre lati, attraverso la quale la proprietà della terra è in mano all'Associazione, i residenti sono usufruttuari e la gestione economica è formalmente in mano ad una cooperativa.

Per quello che concerne il lavoro invece, i membri possono lavorare sia all’interno che all’esterno, pur destinando ogni loro introito alla Cassa comune.

La comunità è retta da un’ispirazione politica e valoriale comune che ha dato origine alla comune alla fine degli anni '70 ed è tuttora questa spinta motivazionale, seppur adattata ai tempi moderni, che regge il funzionamento della struttura.

Quella di Bagnaia è - a prescindere dal nome - una delle pochissime comuni rimaste. Le comuni infatti, intese come comuni hippy anni '60, non hanno resistito nel mondo attuale e se ne trovano pochissimi esperimenti spesso mal riusciti. A sopravvivere sono solo quelle poche

122 M. Olivares, op. cit., p. 164.

123 La Comune di Bagnaia si trova nel senese.

124 F. Guidotti, Gli ecovillaggi in Italia, in AA. VV., Ecovilllaggi e Cohousing, Dove sono, chi li anima, come

farne parte o realizzarne di nuovi, (a cura di F. Guidotti), Firenze, Edizioni Aam Terra Nuova, 2013, pp. 36

che come Bagnaia sanno rinnovarsi. Damanhur125

, altra famosa comunità piemontese, ha una forte ispirazione filosofica e spirituale; dal punto di vista economico presenta un’organizzazione a più livelli, senza escludere la proprietà privata. C'è una cassa comune alla quale tutti partecipano ed esiste addirittura una sorte di moneta locale con la quale i membri delle comunità possono fare compravendite con molti esercizi economici convenzionati delle località circostanti.

A Torri superiore126

, una roccaforte ristrutturata in Liguria, invece la spinta intenzionale sta nella «volontà di riabitare il borgo abbandonato»127

ed è su questa base che si è organizzata anche se poi, col tempo, si è espansa (anche grazie al turismo ecosostenibile di cui ha fatto la principale fonte di reddito) ben oltre le intenzioni originarie.

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