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Proposte legislative di giuridificazione

3. Le comunità e l'ordinamento giuridico italiano: premesse dottrinali, possibilità attuali e prospettive de jure condendo

3.4. Le proposte di legge

3.4.1. Proposte legislative di giuridificazione

Il primo e più compiuto tentativo di dare una legittimazione alle comunità è la proposta di legge n. 3891 presentata in Parlamento il 23 novembre 2010 dall'onorevole Melandri durante la XVI legislatura.

La proposta è titolata «Riconoscimento e disciplina delle comunità intenzionali», e palesa così

72 AA. VV., Il regime patrimoniale della famiglia, la comunione legale e il trust, op. cit., p. 201. 73 Si veda a tal proposito quanto detto nel capitolo II.

immediatamente i suoi scopi.

Nella relazione accompagnatoria preliminarmente si rileva il fatto che le comunità, pur essendo da sempre parte integrante del tessuto sociale italiano e costituendo le più antiche forme di aggregazione, non trovino collocazione nel nostro ordinamento.

Dopodiché si illustrano le molteplici esternalità positive delle comunità.

In primo luogo, le comunità possono catalizzare i bisogni del territorio in cui si trovano e provvedere ad un recupero dello stesso e delle infrastrutture in esso poste.

In secondo luogo, le comunità possono essere utili a valorizzare antichi mestieri, prodotti di eccellenza, usi e tradizioni locali altrimenti destinati a scomparire.

Dal punto di vista sanitario, la migliore qualità della vita si traduce in minor costi sociali per la sanità.

Sotto il profilo ambientale, il vivere in comune fa risparmiare energie e risorse disponibili. Si mette poi in rilievo che la comunità può essere un baluardo nella lotta contro lo spopolamento di determinate zone e avere un ruolo di primo ordine nell'integrazione intergenerazionale.

Da ultimo, si fanno presenti i probabili effetti positivi sulla questione dell'esigenza abitativa soprattutto nelle metropoli dove gli alloggi sono pochi e a caro prezzo. A tal proposito, il testo cita direttamente due tipi particolari di comunità intenzionali: i cohousing, tipici delle società nord europee, e i condomini solidali.

Vediamo ora nello specifico il contenuto del progetto.

All'articolo 1 si sintetizzano le esternalità positive delle comunità intenzionali descritte nella relazione accompagnatoria, riconoscendone «il valore civile e la finzione di utilità sociale» poiché esse contribuiscono alla «solidarietà sociale, civile, economica e culturale e di tutela dell'ambiente, nonché al perseguimento di obiettivi di ricerca etica, interiore e spirituale», garantendo così un'attività a vantaggio della società e una contestuale riduzione della spesa pubblica.

É la prima volta in cui si parla di comunità intenzionali e si attribuisce loro una serie di funzioni: si esce dunque dall'idea utopistica o da quella ormai fondata nell'immaginario collettivo di comunità hippy completamente estraniate dal resto della società.

L'articolo 2 si preoccupa invece di definire la comunità intenzionale come «aggregazione di persone fisiche le quali condividono intenzionalmente un progetto di vita caratterizzato dalla ricerca etica e spirituale e fondato sulla comunione dei beni, sulla collettività, sulla

solidarietà e sul sostegno reciproco tra gli aderenti, attuato mediante una convivenza continuativa, anche legate ad un determinato territorio o a momenti di valorizzazione degli usi civici».

Il testo si fa più pregnante nell'art 3 ove sono elencati i requisiti costitutivi necessari per rientrare nelle comunità intenzionali.

Intanto per ciò che concerne la costituzione occorre la forma dell'atto pubblico.

La proposta di legge individua nelle persone fisiche i soggetti che possono fare parte della comunità mentre non si fa riferimento alla possibilità che essi siano persone giuridiche.

Al momento della costituzione il numero minimo di membri deve essere di dieci.

La comunità deve avere un progetto di vita che corrisponda alle finalità elencate nell'articolo 1 che preveda una convivenza continuativa, indicata in modo puntuale (si può configurare infatti come co-residenza o coabitazione) e lo svolgimento di attività di utilità sociale.

Infine la comunità deve reggersi su principi di uguaglianza e pari opportunità tra i membri, individuando le cariche elettive, redigendo il bilancio etico sociale, stabilendo i criteri di ammissibilità, regolando l'eventuale scioglimento della comunità.

Le novità sono molteplici: intanto il numero dei componenti che è raddoppiato rispetto a quanto previsto dalla definizione fornita della Rive75; poi la previsione di una serie di requisiti necessari fra cui spiccano ovviamente la convivenza continuativa e i principi di pari opportunità.

Le comunità che siano in possesso dei requisiti pre-elencati e che siano attive da almeno tre anni possono chiedere l'iscrizione al Registro nazionale delle comunità intenzionali presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (art 3).

La non obbligatorietà della registrazione ci porta a concludere che esisterebbero, al pari di quanto accade per le forme associative, comunità intenzionali riconosciute e comunità intenzionali di fatto.

Le comunità registrate acquisiscono a tutti gli effetti la personalità giuridica, diventando esse stesse titolari diritti e doveri.

A proposito del Registro nazionale, il testo si preoccupa anche di stabilire la normativa transitoria: entro due mesi dell'entrata in vigore della legge le comunità in possesso dei requisiti richiesti all'art 3, anche se già operanti sotto differenti forme giuridiche, possono fare richiesta per la registrazione (art. 12, II comma). Una volta ottenuta la registrazione, le

comunità hanno un anno di tempo per trasformarsi in comunità intenzionali ai sensi della legge (art. 12, II comma).

La registrazione garantisce inoltre una serie di vantaggi normativi e fiscali equiparando le comunità alle Onlus e alle associazioni no profit.

Presso il Ministero viene istituito anche un Osservatorio nazionale sulle comunità, il quale, ricordando in linea di massima quanto accade ad Auroville, ha al suo interno un rappresentante delle comunità.

La proposta di legge inizia poi a disciplinare i vari aspetti delle vita in comunità come vedremo di seguito.

Dal punto di vista economico (art. 4), il testo si preoccupa di elencare le possibili risorse delle comunità: quote o contribuzioni libere dei membri; erogazioni liberali; contributi pubblici; entrate derivanti dalla fornitura di servizi nei confronti di soggetti pubblici e privati; entrate derivanti dalla cessione di beni ottenuti attraverso attività economiche svolte con prestazioni di opera commerciale, artigianale o agricolo dei membri; altre entrate originate da iniziative promozionali.

Tutte le entrate, la cui documentazione deve essere conservata per almeno tre anni, debbono essere reinvestite nella comunità e mai distribuite fra i membri.

La proprietà dei beni (art. 7) può essere privata o collettiva. In questo ultimo caso, si devono seguire le prescrizioni concernenti la materia della trascrizione dagli articoli 2659 e 2660 del codice civile e ovviamente i beni collettivi (e le eventuali rendite) debbono essere riferibili alle attività istituzionali.

Dal punto di vista contabile, la comunità deve redigere un bilancio annuale di tutte le entrate e le uscite (art 4, comma III) e un bilancio etico sociale.

Il bilancio etico-sociale nasce come strumento a disposizione della Pubblica amministrazione per impostare i rapporti coi cittadini sulla base della trasparenza. Il Ministero degli Interni lo descrive come «l’esito di un processo con cui l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato».76 Il testo della proposta di legge fa propria la definizione generica comunemente utilizzata ovvero quella di una sorta di rendicontazione annuale sui rapporti tra la comunità e i gruppi

76 Ministero dell’Interno, Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, Linee guida per la

rappresentativi della collettività e mette così in evidenza le interconnessioni tra i fattori economici e socio-politici e le scelte operate dalla comunità stessa.

A proposito dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, è prevista la possibilità di effettuare convenzioni finalizzate alla forniture (e al pagamento) di servizi (art 5, I comma) e per quanto riguarda la «costruzione o l'ampliamento di strutture edilizie-urbanistiche anche in deroga ai piani regolatori generali comunali».

Viene introdotta inoltre l'opportunità di ottenere la qualificazione di «area speciale» per strutture ed edifici utilizzati per le attività istituzionali «anche finalizzati alla valorizzazione degli usi civici» (art. 6).

I membri che lavorano all'interno hanno diritto al mantenimento in base alle condizioni economiche della comunità e comunque in misura tale da garantire il livello di esistenza previsto dagli articoli 36 della Costituzione e 230 bis c.c.

Niente vieta tuttavia di organizzare altre tipologie di lavoro diversificate (art. 7, II comma). Dal punto di vista del carico fiscale sul lavoro, l'articolo 10 stabilisce differenti ipotesi. Le prestazioni dei membri possono essere a titolo oneroso e quindi soggette a regime agevolato per quanto riguarda l'imposizione fiscale ai fine Irpef (in misura forfettaria del 20%) oppure a titolo gratuito dei membri sono in regime di esenzione fiscale.

Possono esservi poi le prestazioni lavorative rese da terzi in cambio di ospitalità, le quali sono soggette a regime agevolato per quanto riguarda l'Irpef (in misura forfettaria del 20%) una volta però decurtate le spese dell'ospitalità.

Per quello che concerne i rapporti interni si fa, invece, riferimento alle normative codicistiche sulla famiglia, prevedendo un obbligo di assistenza non solo economica ma anche sanitaria.

La proposta di legge si preoccupa anche di disciplinare il caso dell'eredità. Se un membro decede e non vi sono altri membri l'eredità è devoluta non allo Stato, così come previsto dall'art. 586 c.c., ma alla comunità intenzionale di appartenenza.

Per tutto ciò che non è previsto si rinvia alla normativa sulle associazioni di promozione sociale.

Il testo, affidato alla I commissione Affari costituzionali, è fermo alla prima lettura della Camera.77

77 La proposta di legge è assegnata alla I Commissione Affari Costituzionali in sede Referente il 21 dicembre 2010. E' richiesto il parere delle Commissioni: II Giustizia, V Bilancio, VI Finanze (ex articolo 73, comma 1- bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII Ambiente (ex articolo 73, comma 1- bis, del regolamento), XI Lavoro e XII Affari sociali.

Il progetto di legge non va esente da critiche e alcuni temono che possa rappresentare un regime di favore nei confronti della comunità di Damanhur, da molti ritenuto essere da sempre un referente privilegiato di una parte del mondo politico.78

A parere di chi scrive, la proposta di legge ha l'indubbio merito di avere tentato per prima un riconoscimento e di averlo fatto alla luce del sole, dichiarando i propri intenti. Si parla chiaramente di costruire un modello sociale, culturale e legale che si adatti alle centinaia di comunità presenti sul territorio.

Di contro, la proposta della Melandri è forse eccessivamente limitante nei confronti della libertà delle comunità stesse.

Premettendo, e lo vedremo meglio nell'ultimo capitolo, che il pericolo inevitabile del riconoscimento è proprio quello di colpire eccessivamente l'autodeterminazione delle comunità, le prescrizioni più pregnanti sono quelle che prevedono la forma dell'atto pubblico per la costituzione, un numero di membri che è il doppio di quello previsto dalla Rive, come dicevamo sopra, l'obbligatorietà di prevedere i criteri di ammissione e di uscita e di tenere un bilancio etico-sociale, alla stregua di un ente pubblico, senza averne però né la struttura né i medesimi obblighi di trasparenza nei confronti dei cittadini.

Una previsione non chiara è quella concernente la necessaria previsione di attività di utilità sociale. Abbiamo infatti visto che le comunità non sono necessariamente dotate di motivazioni altruistiche o solidaristiche nei confronti dell'esterno e non si comprende il perché di questa previsione che tende a farle apparire molto simili alle organizzazioni di volontariato e ne incrina inevitabilmente l'identità. Un conto è, infatti, avere esternalità positive più o meno accidentali, un altro è dover svolgere obbligatoriamente attività sociali.

Non esente da critiche è anche la norma che prevede il divieto di distribuzione degli utili, la quale escluderebbe dal novero delle comunità intenzionali quelle comunità come la Comune di Bagnaia che hanno un sistema basato su una cassa comune accompagnata tuttavia dalla distribuzione di una sorta di piccolo budget mensile da dedicare alle spese personali che non rientrano nei servizi comunitari.

Le previsioni della normativa tendono comunque a dare risposte (o almeno tentano di farlo) ai principali problemi che la comunità si trova a dover affrontare. In tal senso, è ampia la parte dedicata alle prestazioni lavorative e al regime fiscale: si vuole prevenire fenomeni di sfruttamento dei membri e le condotte di evasione o elusione fiscale.

Un altro progetto di legge è stato presentato recentemente - il 1 aprile 2014 - dall'onorevole Busto.79

Il provvedimento è ancora in fase di assegnazione.

Non essendo possibile momentaneamente reperire il testo, è impossibile analizzarne il contenuto. Merita comunque rilevare che il titolo è esattamente identico a quello presentato dalla Melandri nel 2010 e anche gli intenti sembrano simili. In un recentissimo intervento a tal proposito, il primo firmatario Busto infatti dichiara che scommettere sul riconoscimento giuridico significa «investire su un nuovo modello sociale, economico e di valori che rivaluta ed arricchisce territori, spesso marginalizzati o abbandonati, riqualifica infrastrutture, recupera antichi mestieri e tradizioni»80

, ricordando peraltro come già molte amministrazioni locali hanno riconosciuto il valore di queste strutture, promuovendo bandi e iniziative di agevolazione.

In una recente intervista rilasciata da Melo, Presidente del Conacreis, sembra di capire che il testo di legge presentato da Busto sia esattamente quello proposto dell'associazione e che analizzeremo nel paragrafo seguente.81

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