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Chiarimenti in punto di ripartizione dell’onere della prova: la sentenza Mahagében – Dávid.

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 157-161)

L’ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA IN MATERIA DI LOTTA ALLE FRODI.

3.2.14. Chiarimenti in punto di ripartizione dell’onere della prova: la sentenza Mahagében – Dávid.

La Corte di Giustizia, nelle cause riunite C-80/11, C-142/11, (Mahagében - Péter Dávid) ha affrontato due importanti questioni: la prima riguardante il soggetto su cui grava l’onere della prova nei giudizi di frode e la seconda riguardante l’individuazione degli “elementi oggettivi” sulla cui sussistenza dovrebbe fondarsi la dimostrazione della consapevolezza della frode altrui, al fine della negazione del diritto alla detrazione291.

Nel primo caso, l’impresa ungherese Mahagében kft (di qui in avanti Mahagében) intendeva detrarre dall’importo dell’imposta di cui era debitrice l’Iva che aveva pagato al suo fornitore a fronte degli acquisti di vari quantitativi di tronchi di acacia non lavorati.

Il fornitore aveva emesso fatture sulla base della cessione di tali beni e aveva conseguentemente corrisposto all’Erario l’Iva che la società gli aveva versato. Quest’ultima, a sua volta, aveva esercitato il diritto a detrazione.

Tuttavia, in occasione di un controllo fiscale presso il fornitore, l’Amministrazione fiscale ungherese ha constatato, in particolare, che il quantitativo di tronchi di acacia di cui il fornitore disponeva, secondo i dati contabili, al momento delle vendite effettuate alla società ungherese, non era sufficiente per effettuare le cessioni fatturate.

Posto che le fatture presentate dalla società non riflettevano le circostanze reali di tali cessioni, l’Amministrazione fiscale ha negato la detrazione dell’imposta: secondo il fisco ungherese, la società cessionaria non avrebbe agito con la “dovuta

diligenza”, non avendo verificato se il cedente fosse un soggetto passivo esistente e

se disponesse dei beni che la società aveva l’intenzione di acquistare (punto 19). Mahagében impugnava il provvedimento impositivo eccependo di aver adottato comportamento diligente, avendo controllato che la società cedente fosse registrata, che disponesse di un numero di identificazione fiscale ed essendosi

291 Nello stesso filone interpretativo si inseriscono anche Corte di Giustizia, 6 settembre 2012, causa C-324/11, Gábor Tóth; ID., 6 settembre 2012, causa C-273/11, Mecsek-Gabona; ID., sentenza 27 settembre 2012, causa C-587/10, VSTR; ID., sentenza 6 dicembre 2012, causa C-285/11, Bonik; ID., sentenza 31 gennaio 2013, causa C-642/11, Stroy trans.

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sincerata della qualità e della quantità della merce compravenduta al momento della ricezione della stessa presso la propria sede (punto 20).

La seconda causa sottoposta al giudizio della Corte riguardava invece il sig. Dávid, che aveva svolto dei lavori di costruzione in attuazione di un contratto d’appalto e che dichiarava, nel corso di un controllo fiscale, di aver fatto realizzare le opere ad un subappaltatore, tale sig. Maté. Quest’ultimo, tuttavia, non disponeva degli operai e dei mezzi necessari e aveva riprodotto le fatture di altro subappaltatore, il quale non aveva alle dipendenze alcun operaio e non aveva presentato la dichiarazione dei redditi per il periodo considerato.

L’amministrazione finanziaria ungherese, pur prendendo atto dell’effettiva esecuzione dei lavori, disconosceva il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al sig. Dávid, perché non era possibile accertare quale imprenditore avesse realizzato i lavori, sicché, anche in questo caso, si contestava al contribuente di non aver osservato la dovuta diligenza richiesta dalla legge.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo, eccependo di aver osservato la “dovuta diligenza”, in quanto si era accertato del fatto che l’operazione economica fosse stata effettivamente realizzata ed aveva verificato che l’emittente della fattura avesse la qualità di soggetto passivo (punto 30).

Come già anticipato, il giudice del rinvio sottopone alla Corte due questioni pregiudiziali di grande interesse292:

la prima relativa all’ampiezza dei doveri di controllo e sul significato da attribuire alla nozione di “dovuta diligenza” nelle operazioni Iva; la seconda relativa alla ripartizione dell’onere della prova tra amministrazione e contribuente.

La Corte di Giustizia, seguendo quello che ormai è uno schema consolidato, esordisce premettendo che “occorre in primo luogo ricordare che […] il diritto di

detrarre l’IVA […] costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA […] e in linea di principio non può essere soggetto a limitazioni” (punti 37

e 38); inoltre, “si deve rammentare che la lotta contro eventuali evasioni, elusioni e

abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112.

292 Cfr. sul tema, VINCENZO, Detrazione Iva: quando la consapevolezza dell’evasione è “causa ostativa”, in l’Iva, 11, 2012, p. 21.

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Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente” (punti 41 e 42). Di

conseguenza, qualora ricorrano tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per esercitare il diritto alla detrazione, ovvero colui che intende esercitare tale diritto è un soggetto passivo, il servizio o il bene invocato a fondamento del diritto di detrazione è stato utilizzato in operazioni soggette ad imposta e la fattura contiene tutte le informazioni richieste per essere considerata tale, allora l’esercizio della detrazione non può essere negato (punti 43 e 44).

Solamente nel caso in cui, alla luce di elementi oggettivi, si dimostri che l’acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere che tale operazione si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, il beneficio del diritto alla detrazione può essere negato. E ciò in considerazione del fatto che chi sapeva o avrebbe potuto sapere deve essere considerato, come si è già visto, a tutti gli effetti partecipante alla frode, indipendentemente dalla circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette ad imposta da lui effettuate a valle, mentre chi non poteva essere a conoscenza che l’acquisto si iscriveva in un contesto fraudolento deve mantenere il suo diritto a detrarre, non risultando di certo conforme al principio di proporzionalità l’introduzione di un regime di “responsabilità oggettiva” (punto 48, laddove si cita la sentenza Federation

of Technological Industries e a., punto 32).

La Corte, però, non si ferma qui, ma va oltre, chiarendo su chi debba incombere l’onere della prova293. Infatti, al punto 49 della sentenza, stabilisce che “dato che il diniego del diritto a detrazione […] è un’eccezione all’applicazione del

principio fondamentale che tale diritto costituisce, spetta all’Amministrazione fiscale dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuta a monte nella catena di fornitura”.

293 Cfr., sul punto, senza pretese di completezza, IORIO - SERENI, Fatture per operazioni inesistenti e riparto dell’onere probatorio, in Corr. trib., 2013, p. 484-485; FERRARIO, Operazioni inesistenti e onere della prova. Recenti sviluppi, in l’Iva, 2013, 1, p. 27.

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I giudici di Lussemburgo chiariscono, inoltre, che gli “elementi oggettivi” necessari per dimostrare la consapevolezza della frode non possono corrispondere al fatto che (i) il cessionario non si è assicurato che il cedente sia un soggetto passivo, che (ii) disponga dei beni oggetto della cessione e sia in grado di fornirli e che (iii) abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’Iva.

La conoscenza di questi elementi, infatti, non corrisponde alle misure che si possono ragionevolmente richiedere agli operatori al fine di assicurarsi che le loro operazioni facciano parte di una frode.

E ciò in quanto, sul punto la Corte è categorica, spetta alle autorità fiscali effettuare i controlli necessari presso i soggetti passivi al fine di rilevare irregolarità e evasioni in materia di Iva nonché infliggere sanzioni al soggetto passivo che ha commesso dette irregolarità o evasioni (punto 62).

Ebbene, concludono i Giudici europei, imponendo ai soggetti passivi le misure elencate al citato punto 61, l’amministrazione “trasferirebbe sui soggetti

passivi i propri compiti di controllo, contravvenendo alle summenzionate disposizioni” (punto 65).

In conclusione, la Corte afferma che, la consapevolezza della frode non può essere dimostrata sulla base di elementi oggettivi che riguardano esclusivamente il cedente, altrimenti si chiederebbe al cessionario di svolgere un ruolo di controllore che non gli spetta, con l’effetto di rallentare i rapporti commerciali e minare i principi di certezza del diritto e di proporzionalità (56).

Di conseguenza, le prove che l’Amministrazione finanziaria deve addurre per dimostrare la consapevolezza, dovranno basarsi su elementi di fatto che rientrano nella sfera di controllo del cessionario, ossia su quelle circostanze che rendono “anomala l’operazione”, come l’aver acquistato ad un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato o l’aver portato a termine la transazione mediante prassi commerciali inusuali. Nel caso in cui l’Amministrazione assolva al proprio onere probatorio, sarà il contribuente a dover dimostrare l’irrilevanza delle circostanze addotte ai fini della valutazione dello stato soggettivo di buona fede294.

294Sul tema, senza pretesa di completezza, cfr. BASILAVECCHIA, Sulla prova della responsabilità del cessionario nelle frodi IVA, in Corr. trib., 2007, p. 1628; GREGGI, Fattispecie di evasione e detraibilità dell’imposta nel regime Iva degli scambi tra Italia e Repubblica di San Marino, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2002, II, p. 33; DORIGO, Frodi carosello e detraibilità dell’Iva da parte del

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3.2.15. Irrilevanza del concetto di operazioni inesistenti al fine di stabilire la

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 157-161)

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