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Principio di neutralità e diritto alla detrazione nella tradizionale interpretazione della Corte di Giustizia.

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 128-133)

L’ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA IN MATERIA DI LOTTA ALLE FRODI.

3.2.9. Principio di neutralità e diritto alla detrazione nella tradizionale interpretazione della Corte di Giustizia.

Abbiamo avuto modo di esaminare il significato da attribuire al principio di neutralità in ambito Iva.

La neutralità indica in primo luogo il risultato che si intende raggiungere con l’imposta sul valore aggiunto, ossia la neutralità per gli operatori economici, sui quali non devono riversarsi gli effetti di un’imposta che è destinata a incidere solo sui consumatori finali.

Partendo dal principio di neutralità, infatti, i giudici del Lussemburgo hanno avuto modo di affermare che “il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare

interamente l’imprenditore dall’Iva dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all’Iva”245.

244 Il disconoscimento del diritto alla deduzione dell’Iva sugli acquisti dall’Iva sulle vendite determina lo snaturamento dell’imposta, che finisce per assoggettare ad imposizione chi non dovrebbe essere colpito dal prelievo. L’Iva finisce per agire nei confronti di quel soggetto passivo non come imposta generale sui consumi, ma, piuttosto, come tributo sull’attività svolta del tutto sganciato da manifestazioni di capacità contributiva. Cfr. sul tema, GIOVANARDI, Le frodi Iva, cit., p. 61.

245 Cfr., ex multis, Corte di giustizia, sentenza 14 febbraio 1985, causa C-268/83, Rompelman, punto 19. In tal senso, anche, le seguenti sentenze: 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal, punto 15; 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., punto 44; 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National, punto 24; 27 settembre 2001, causa C-16/00, Cibo

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Il principio di neutralità fiscale, così declinato, non consente una distinzione generale fra le operazioni lecite e le operazioni illecite, derivandone che la qualificazione di un comportamento come riprovevole non comporta, di per sé, una deroga all’imposizione246.

Tenuto conto del suddetto principio, la Corte di giustizia ha precisato in passato che “gli Stati membri non possono stabilire che le rispettive Amministrazioni

tributarie effettuino indagini per accertare la volontà del soggetto passivo”, in

quanto “l’applicazione dell’imposta è subordinata esclusivamente alla natura

oggettiva dell’operazione economica”247.

Più in dettaglio, la Corte ha dichiarato che un’eventuale forma di accertamento della volontà del soggetto passivo è contraria agli scopi del sistema comune Iva, poiché ciò contrasterebbe ad obiettivi di certezza del diritto e alla necessaria rilevanza, salvo casi eccezionali, della natura oggettiva dell’operazione. Ancor più confliggenti con detti obiettivi sarebbe la previsione di un obbligo per il Fisco di tenere conto dell’intenzione di un operatore diverso dal soggetto passivo che invoca il diritto a rimborso o a detrazione, all’oscuro dell’intento fraudolento della controparte o di altri operatori inseriti nella catena di cessioni (punto 24 della sentenza C-4/94 citata).

In senso sostanzialmente conforme si esprime la sentenza resa nelle cause congiunte C-138/86 e C-139/86, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs248, che è utile perché contiene, fra l’altro, una delle prime definizioni di frode fiscale.

In tale sentenza la Corte precisa che “la nozione di “evasione” fiscale figura

all’art. 27, n. 1, della sesta direttiva in quanto nozione comunitaria; la sua definizione non è perciò lasciata alla discrezione degli Stati membri. La lettera di detto art. 27, in tutte le versioni linguistiche, fa una distinzione tra la nozione di “evasione”, che corrisponde ad un fenomeno puramente obiettivo, e quella di “frode”, che contiene un elemento intenzionale” (punti 20 e 21 della sentenza).

Questa distinzione, prosegue la Corte, “trova conferma nella genesi di detta

disposizione: mentre la seconda direttiva IVA (direttiva 288/CEE del Consiglio, Participations S.apunto 27; 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade S.p.a.

246 Cfr. DE GIROLAMO, L’evoluzione della giurisprudenza comunitaria in tema di responsabilità del cessionario nelle frodi Iva, in il Fisco, 2007, p. 4571 e ss.

247 Corte di giustizia 6 aprile 1995, causa C-4/94.

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dell’11 aprile 1967, GU 1967, pag. 66) si riferiva unicamente alla nozione di frode, la sesta direttiva menziona del pari la nozione di “evasione fiscale”. Ciò significa che il legislatore ha voluto introdurre un aspetto nuovo rispetto alla preesistente nozione di frode fiscale. Questo aspetto consiste nella natura obiettiva inerente alla nozione di “evasione” fiscale, poiché l’intenzione del contribuente, che costituisce un aspetto essenziale della nozione di frode, non è necessaria come presupposto per l’esistenza di una “evasione”.

L’interpretazione di cui sopra è conforme al principio al quale si informa il sistema dell’IVA, cioè l’eliminazione dei fattori che possono provocare distorsioni di concorrenza sul piano nazionale e comunitario e l’istituzione di un’imposta, il più possibile neutra, il cui campo d’applicazione comprenda tutti gli stadi di produzione e di distribuzione. (…)

Ne consegue che il sistema dell’IVA considera soprattutto gli effetti obiettivi, indipendentemente dall’intenzione del contribuente (punti 22 e 23 della sentenza).

Dall’indicazione giurisprudenziale sopra evidenziata trova conferma il taglio oggettivo che la Corte imprime nella valutazione delle tematiche Iva, espanso, con l’ultima sentenza citata, anche all’ipotesi della frode che è tale in quanto al risultato, cioè la sottrazione effettiva di materia imponibile al consumo, mettendo in ombra il profilo soggettivo e, con esso, il comportamento dell’operatore economico249. In tal modo, la responsabilità dell’operatore per aver partecipato alle frodi Iva veniva accertata privilegiando l’aspetto oggettivistico-sostanziale della sua compartecipazione effettiva all’attività fraudolenta, anziché in senso soggettivistico- formale, ossia in termini di chiamata in responsabilità dell’operatore per il solo fatto di aver partecipato all’operazione viziata dalla frode (ma non alla frode stessa).

Il tipo di impostazione sopra descritto è perfettamente aderente al principio di neutralità dell’imposta e a quelli strettamente ad esso connessi, ossia al principio di certezza del diritto e del legittimo affidamento.

249 A tal proposito occorre rilevare che l’art. 395, 1 comma, della Direttiva 2006/112/CE (ex art. 27 della Sesta Direttiva) oggi prevede espressamente che: “Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali”. Come è ictu oculi, evidente dalla disposizioni oggi vigente è stato totalmente eliminato il richiamo alla nozione di frode e si parla solamente di “evasione” tout court.

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In base al principio di certezza del diritto, i soggetti dell’ordinamento comunitario, debbono avere la possibilità di conoscere i propri diritti ed obblighi, in modo da poter essere in grado di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e di regolarsi di conseguenza250.

Ne deriva che agli operatori economici deve comunque esser garantito l’affidamento circa i diritti e obblighi riconducibili alle loro attività in relazione alle norme che disciplinano l’imposta251.

L’adozione dei principi di neutralità e di certezza non è in linea con l’estensione della responsabilità per frode a soggetti che hanno materialmente partecipato alla complessiva operazione sulla base di una gamma di stati soggettivi che va dall’ignoranza, alla mera conoscenza fino alla connivenza (in quest’ultimo caso il soggetto è a conoscenza della frode, ne trae vantaggio senza tuttavia, di fatto, agire d’accordo con gli autori diretti dell’illecito): infatti, le esigenze di certezza del diritto e di agevolazione dei traffici economici, sottese al sistema Iva, mal si adattano ad un’impostazione che, con il riferimento al “sapeva o avrebbe dovuto sapere” diventa essenzialmente soggettivistica. Per non dire che detta impostazione finirebbe per avvicinare il giudizio tributario al giudizio penale, senza le garanzie proprie di questo.

L’unica limitazione ipotizzabile si connette al fatto che, come sancito dai giudici comunitari nella celeberrima sentenza Genius Holding252, la detrazione deve riguardare esclusivamente le imposte dovute, quelle cioè “corrispondenti ad

un’operazione soggetta all’Iva o versate in quanto dovute», non estendendosi

«all’imposta dovuta esclusivamente per il fatto di essere indicata in fattura». Si tratta di interpretazione questa «che meglio consente di prevenire le frodi fiscali che

sarebbero agevolate qualora ogni imposta fatturata potesse essere detratta”.

Il caso traeva origine dal fatto che, all’esito di una verifica tributaria nei confronti della Genius Holding, impresa edile olandese, l’Amministrazione

250 Si veda Corte di giustizia, 21 settembre 1983, cause riunite C-205/82, C-215/82, punto 30; Id., 22 febbraio 1989, cause riunite C-92/87, C.93/87, punto 22; Id., 29 giungo 2000, causa C-455/98. 251 Sul legame sussistente tra il principio di certezza del diritto e quello del legittimo affidamento in ambito Iva cfr. Corte di giustizia, 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01, C-7/02.

252 Corte di giustizia, sentenza 13 dicembre 1989, causa C-342/87, Genius Holding Bv..

Sul tema, cfr. RAGGI, Fine delle operazioni inesistenti nell’Iva?, in Dir. e prat. trib., 2011, n.2, p. 253 e ss.

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finanziaria le aveva contestato l’illegittimità della detrazione dell’Iva riportata in fattura emessa a suo carico dal proprio subappaltatore.

La rettifica dell’Erario era motivata dal fatto che, a tenore della legislazione nazionale olandese, era l’appaltatore principale (ossia Genius Holding) a risultare l’unico e solo debitore d’imposta.

Di qui, la richiesta del giudice nazionale rivolta alla Corte di sapere quali conseguenze comportasse l’emissione di fattura con indicazione di un’Iva non dovuta, segnatamente per stabilire la legittimità o meno, del diritto alla detrazione esercitato dal suo destinatario.

Segnatamente, alla Corte è stato chiesto di chiarire se il diritto alla detrazione del committente potesse esercitarsi per ogni imposta indicata nelle fatture ricevute, o invece dovesse considerarsi limitato alle sole imposte dovute in quanto effettivamente corrispondenti ad un’operazione soggetta ad Iva.

Nelle proprie conclusioni, l’Avv. Generale affermava che, negando a Genius Holding il diritto di portare in detrazione l’Iva addebitatagli dai propri fornitori, ancorché irregolarmente, si sarebbe verificato in capo alla stessa una doppia imposizione che contrasta con il principio di neutralità253.

La Corte, chiariva, invece, che al fine di garantire l’applicazione del principio in oggetto, “spetta agli Stati membri contemplare nei rispettivi ordinamenti giuridici

interni la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata purché chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede”.

La Corte, in buona sostanza, nella sentenza in esame, da un lato ha applicato quanto previsto dalla disposizione a mente della quale “l’Iva è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura”, dall’altro ha negato – sconfessando la tesi propugnata dall’Avvocato generale – che tale Iva possa considerarsi dovuta e quindi detraibile.

La Corte, tuttavia, nel ribadire l’indetraibilità dell’Iva non dovuta, in quanto richiesta a fronte di un’operazione non soggetta ad Iva, ha simmetricamente sancito che, per evitare una violazione del fondamentale principio di neutralità, ciascuno Stato membro dovrà consentire all’emittente di fattura irregolare, di ottenere a rimborso l’imposta.

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È di fondamentale rilevanza sottolineare che, nella causa Genius Holding sopra illustrata, la Corte non ha dovuto vagliare se, l’operazione per la quale era stata emessa fattura irregolare, fosse il risultato di un comportamento illecito o abusivo dell’emittente cui il destinatario dell’operazione aveva preso parte, o del quale era a conoscenza254.

E ciò per la semplice ragione che, in definitiva, a condurre i giudici a negare il diritto a detrazione, era risultata decisiva ed assorbente la considerazione che l’Iva recata in fatture fosse, pacificamente, non dovuta.

Tanto è vero che, pur se, sulla scorta degli atti di causa, non era stato possibile stabilire se il fornitore (i.e. il subappaltatore che aveva emesso la fattura irregolare) e l’acquirente (i.e. Genius Holding) avessero agito in collusione fra loro, la Corte non ha ritenuto necessario assumere ulteriori informazioni al riguardo.

Non vi è stato, insomma, alcun bisogno, per affermare l’illegittimità dell’esercizio del diritto a detrazione, di anticipare gli esiti della giurisprudenza che, come si vedrà più oltre, ha derogato al principio di neutralità in ragione della consapevolezza della frode altrui.

3.2.10. Frode altrui ed esercizio del diritto alla detrazione da parte del

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 128-133)

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