• Non ci sono risultati.

L’esportatore abituale, le false dichiarazioni di intenti, i depositi fiscali.

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 121-123)

LE FRODI IVA.

3.2.5. L’esportatore abituale, le false dichiarazioni di intenti, i depositi fiscali.

Un ulteriore modalità, che consente alle organizzazioni criminali di lucrare attraverso l’evasione dell’Iva, sempre attraverso l’interposizione fittizia di appositi soggetti, consiste nell’uso distorto della disciplina prevista per i c.d. esportatori

abituali232, nata al fine di agevolare i rapporti di debito/credito Iva di quegli operatori

231 Allo scopo di individuare le società cartiere, anche se non è possibile la ricostruzione di un modello unico e generale, dalla prassi operativa degli organi investigativi sono emerse le seguenti caratteristiche, che accomunano l’organizzazione di detti soggetti e che sono risultate rivelatrici della fittizietà delle operazioni commerciali compiute: le società cartiere (i) spesso non effettuano gli adempimenti contabili e fiscali richiesti dalla normativa (non preoccupandosi di integrare e registrare le fatture ricevute dal fornitore comunitario, di effettuare le liquidazioni dell’imposta o di presentare la dichiarazione Iva e delle imposte sui redditi); (ii) rimangono attive per un periodo non superiore all’anno solare e vengono poste in liquidazione dopo un periodo molto breve di formale attività; (iii) nonostante gli ingenti acquisti intracomunitari, non dispongono di una vera struttura operativa (ad esempio, di beni patrimoniali, di locali idonei allo svolgimento dell’attività, di collaboratori o personale dipendente); (iv) quasi sempre la sede legale e amministrativa è fittizia (o sita presso studi di commercialisti, avvocati, o presso altri indirizzi di comodo); (v) il pagamento della merce avviene attraverso bonifici bancari urgenti e le somme sono accreditate quasi nello stesso giorno di effettuazione dell’operazione di acquisto o di vendita (in tal modo la società non impiega un proprio capitale, bensì utilizza la stessa somma pervenutagli in accredito (vendita) per il pagamento (acquisto), senza sostenere alcun rischio); (vi) i pagamenti dell’intermediario nazionale alla cartiera precedono i relativi pagamenti di quest’ultima ai suoi fornitori e le date delle fatture emesse sono molto ravvicinate; (vii) i conti correnti della società fittizia sono di fatto gestiti dai rappresentanti della società effettiva acquirente dei beni. A titolo esemplificativo, si veda la Circolare dell’Agenzia delle Dogane 17 novembre 2005, n. 45/D, nella quale si individuano alcuni elementi che possono far supporre la fittizietà delle operazioni poste in essere dal soggetto sottoposto a controllo, “quali, ad esempio, sottofatturazione, cessioni verso pochi e ricorrenti soggetti, omessi pagamenti di imposta, strutture logistiche inadeguate, inizio attività recente, esiguo numero di operazioni per ingenti quantitativi di merce”.

232 L’art. 8, comma 1, lettera c), del D.P.R n. 633/1972 dispone che costituiscono altresì cessioni all’esportazione le cessioni di beni nonché le prestazioni di servizi rese a soggetti aventi la qualifica di esportatori abituali, che si avvalgono della facoltà di acquistare o importare senza pagamento dell’Iva. Nello specifico, l’art. 1 del D.L. 29 dicembre 1983, n. 746 stabilisce che l’acquisto di beni e servizi in sospensione d’imposta è subordinato al soddisfacimento di tre condizioni: (i) la qualifica di esportatore abituale; (ii) la presentazione della dichiarazione di intento; (iii) acquisto di servizi in genere o di beni diversi dai fabbricati o dalle aree fabbricabili, purché l’Iva relativa all’operazione sia

122

economici che abitualmente compiono operazioni di acquisto nazionali e cessioni all’esportazione e/o operazioni di vendita intracomunitarie.

È evidente che in relazione a tali soggetti il meccanismo della detrazione genererebbe effetti distorsivi del sistema, in quanto porrebbe gli stessi in una situazione di perenne credito verso l’Erario, non avendo possibilità di recuperare, per compensazione, l’imposta pagata ai propri fornitori. Al fine di superare tale inconveniente è stabilito che l’esportatore possa effettuare acquisti di beni e servizi senza applicazione dell’imposta, a condizione che lo stesso dichiari per iscritto e sotto la propria responsabilità di avvalersi di tale facoltà (c.d. dichiarazione di

intenti).

Risulta ictu oculi evidente che un sistema siffatto si presti ad essere facilmente piegato a finalità illecite di evasione dell’Iva233.

Una falsa lettera di intenti, con conseguente falsa attribuzione della qualifica di esportatore abituale, pone il soggetto nella stessa posizione che si è visto rivestire dal soggetto interposto nelle operazioni intracomunitarie posizione che, consentendo di acquistare senza addebito di Iva, crea in capo a tali operatori economici, nel momento in cui rivendono il bene sul territorio nazionale, una situazione di “ingenti debiti”, il cui mancato assolvimento alimenta l’intera catena distributiva con tutti i conseguenti effetti distorsivi del sistema.

Tra le nuove frontiere dei fenomeni criminosi in esame, un nuovo filone delle frodi è connesso alla normativa relativa ai depositi Iva234.

Questi sono disciplinati dall’art. 50 bis del D.L. 30 agosto 1993 n. 331 e il loro obiettivo è quello di agevolare i rapporti commerciali tra gli operatori residenti in diversi Stati membri, rinviando la tassazione delle operazioni al momento dell’effettiva estrazione dei beni dal deposito.

La normativa consente, quindi, di custodire, all’interno di appositi depositi, beni nazionali e comunitari non destinati alla vendita al minuto, in

detraibile o parzialmente detraibile. Si veda sul tema, PEIROLO (a cura di), L’Iva nei rapporti con l’estero, Milano, 2000, p. 348; CENTORE, Iva europea, Aspetti interpretativi ed applicativi dell’Iva nazionale e comunitaria, Milano, 2006, p. 539.

233 SERINO, Iva: dichiarazioni di intento. Legittimità del cedente, frode del cessionario, in il Fisco, 2003, n. 2, p. 236; ID., Iva: esportatori abituali: obblighi inutili contro le frodi?, ivi, 2003, n. 47, p. 7346.

234 In dottrina, COALOA, Uso illegittimo dei depositi Iva: profili penali, in Riv. dir. trib., 2010, III, p. 257.

123

sospensione d’imposta, in quanto ogni operazione che rientri nell’elencazione di cui all’art. 50-bis, è effettuata senza pagamento dell’Iva. Si può facilmente comprendere quindi, come, attraverso false fatturazioni, la disciplina dei depositi Iva si presti a condotte frodatorie: se il bene è destinato al consumo nazionale, è sufficiente introdurlo in deposito, e poi emettere una falsa fattura che simuli una delle operazioni di cessione ricomprese nell’art. 50- bis, comma 4 del D.L. 331/93; in questo modo, il bene destinato al mercato nazionale sfuggirà all’estrazione che determina l’applicazione dell’imposta235. Si tratta, in sostanza, di frodi, realizzate con l’interposizione di vari soggetti fittizi, spesso rappresentati da una fitta rete di cartiere di varie nazionalità.

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 121-123)

Outline

Documenti correlati