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Il regime del margine e le frodi Iva nel settore degli autoveicoli.

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 123-126)

LE FRODI IVA.

3.2.6. Il regime del margine e le frodi Iva nel settore degli autoveicoli.

Un’altra tipologia di frode è quella posta in essere utilizzando in modo distorto a fini di evasione dell’Iva il cd. regime del margine che, introdotto dagli artt. 36 e ss. del D. Lgs. 23 febbraio 1995, n. 41, consente al rivenditore di beni usati di applicare l’aliquota Iva non sull’intero imponibile riportato in fattura ma solo sulla differenza tra prezzo di acquisto e il prezzo di vendita. Tale istituto consente, pertanto, di evitare duplicazioni di imposta nei casi in cui oggetto di scambio siano beni già usciti dal circuito commerciale.

Tale frode, forse la più diffusa, si sostanzia in una iniziale cessione intracomunitaria che, come giusto che sia, avviene in regime di non imponibilità, ma solo cartolarmente, a società interposte nazionali o estere (nei casi di operazioni triangolari) che successivamente cedono al margine a società filtro (ulteriori società interposte), o direttamente agli autosaloni che immettono le autovetture sul

235 Si ipotizzi che una società italiana acquisti dei beni da una società non comunitaria introducendoli nel deposito [ex art. 50- bis, comma 4, lettera b)], onde commercializzarli poi nel mercato nazionale; se dovesse estrarli dal deposito vendendoli ad altro soggetto italiano, l’operazione non sfuggirebbe al pagamento dell’imposta ai sensi del comma 6 della citata norma. Il soggetto, invece, emette una falsa fattura per una delle altre operazioni non comportanti estrazione [ad esempio, fingendo una cessione ad un operatore comunitario ai sensi dell’art. 50- bis, comma 4, lettera f), del D.L. n. 331/1993 citato], vendendo “in nero” i beni al soggetto italiano (il quale, se del caso, potrà regolarizzare il proprio magazzino con una ulteriore falsa fattura).

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mercato236. In tal modo si consente all’acquirente nazionale di immettere nel mercato nazionale beni nuovi sui quali l’Iva si sarebbe dovuta calcolare non solo sulla differenza tra “nuovo” ed “usato” ma sull’intero valore iniziale d’acquisto237.

3.2.7. Conclusioni.

Alla luce di quanto sopra riportato, possiamo concludere che, pur nella loro sostanziale diversità, le frodi Iva possono essere di fatto ricondotte a pochi paradigmi.

Utilizzando categorie giuridiche proprie della giurisprudenza e della dottrina nazionale possiamo affermare che, alcune di esse si sostanziano per l’interposizione fraudolenta di un soggetto (il c.d. missing trader) in una catena di operazioni economiche oggettivamente esistenti238: in questo caso la simulazione riguarda lo

status soggettivo del cedente il bene o prestatore del servizio (così che l’operazione è

stata effettivamente realizzata, ma da parte di un soggetto inesistente ai fini Iva o inesistente tout court). La simulazione può, peraltro, concernere anche solo determinate condizioni soggettive come tali legittimanti un regime Iva diverso rispetto a quello ordinario (ad esempio, lo status di esportatore abituale, attraverso l’emissione di false lettere d’intento).

A fronte di frodi Iva in tal modo strutturate la prassi conosce ulteriori meccanismi fraudolenti che, nelle loro espressioni più estreme, si caratterizzano per un “mero giro cartolare di merci”, al quale non corrisponde una effettiva operazione economica sottostante. Tali meccanismi si connotano, infatti, per l’inesistenza

oggettiva dell’operazione economica: come abbiamo visto, essa esiste solo sulla

carta, nelle fatture appositamente emesse dalla società interposta (che proprio in

236 MOSCHETTI, Sul soggetto responsabile delle violazioni Iva (a proposito di operazioni soggettivamente inesistenti e regime del margine), in Rass. trib., 2007, p. 970.

237 Tale tipologia di frode consente un notevole risparmio di prezzo all’acquirente nazionale: è stato, infatti, calcolato come su un’autovettura del valore di trentamila euro, l’imposta sul valore aggiunto effettivamente sopportata ammonta a qualche centinaia di euro a fronte, invece, di un importo dovuto stimato intorno ai cinque mila euro. Cfr. sul tema, URBANI, Cooperazione amministrativa e contrasto alle frodi Iva: nuovi orientamenti giurisprudenziali, in il Fisco, 2007, n. 13, p. 1872. 238 Sul punto si v. FIANDACA-MUSCO, Diritto penale tributario, Bologna, 2002, p. 191. Cfr. anche Cass., 19 settembre 2012, n. 15741, per un’esemplificazione di operazione soggettivamente inesistenti e per la distinzione fra queste tipologie di frode e quella invece ascrivibile alla “inesistenza oggettiva”.

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funzione di ciò assume il ruolo di società cartiera), ma non esiste nella realtà, non essendo mai avvenuto alcun passaggio di merce da un operatore economico all’altro.

Gli innumerevoli “giri” cartolari che i beni normalmente compiono (dal fornitore comunitario alla cartiera, da questa al rivenditore, per poi essere rivenduti dall’ultimo al primo, con conseguente aumento esponenziale di debiti/crediti Iva) giustificano l’appellativo “carosello” attribuito a tale tipologia di frode.

Vi sono poi circostanze nelle quali la frode viene perpetrata mediante simulazione relative dell’operazione commerciale che, pertanto, è solo parzialmente inesistente.

Tirando le fila del discorso, possiamo affermare che la dissimulazione in pregiudizio del Fisco, su cui si fondano le frodi, può riguardare indistintamente sia gli elementi soggettivi che oggettivi del tributo, sia ancora lo status del soggetto passivo, sia le caratteristiche del bene o servizio venduto (pensiamo alle frodi perpetrate nell’ambito del c.d. regime del margine)239.

In molte di queste ipotesi l’intento elusivo e la sua concreta persecuzione ispira il comportamento di una sola delle parti, in altre ipotesi due di esse, in altre ancora tutte le parti fra le quali si sviluppa una più vasta operazione commerciale (è il caso dei c.d. caroselli): in ogni caso, le frodi sfruttano il principio di neutralità, alla cui realizzazione sono funzionali l’obbligatorietà della rivalsa e il diritto alla detrazione dell’Iva. Il vantaggio fraudolento si connette alla rottura del nesso tra imposta a debito, che non viene versata, ed imposta a credito, che invece viene detratta o richiesta a rimborso, generando dunque “l’indebito impoverimento” dell’Erario.

239 Sul tema, cfr. GREGGI, Presupposto soggettivo e inesistenza nel sistema d’imposta sul valore aggiunto, CEDAM, 2013, p. 10 e ss.

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Sezione II

L’ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA IN MATERIA

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 123-126)

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